docenti universitari per il primo marzo
- Subject: docenti universitari per il primo marzo
- From: "luisa" <luisa.rizzo at alice.it>
- Date: Sat, 13 Feb 2010 01:55:08 +0100
Lettera dei/delle docenti universitari/e contro il razzismo a sostegno del primo marzo, “una giornata senza di noi” Noi docenti precari/e e docenti non precari/e delle
università italiane abbiamo deciso di aderire alla giornata del primo marzo,
“una giornata senza di noi”, presentando ai nostri studenti e alle nostre
studentesse, dove possibile anche durante le ore di attività didattica nei
giorni che precedono il primo marzo, dapprima la lettera dei lavoratori africani
di Rosarno, riunitisi in assemblea a Roma alla fine di gennaio, e poi il testo
che leggeremo alla fine della loro lettera e invitandoli/e a partecipare alle
iniziative della giornata: “I
mandarini e le olive non cadono dal cielo In data 31 gennaio 2010 ci siamo riuniti per costituire
l´Assemblea dei lavoratori Africani di Rosarno a Roma. Siamo i lavoratori che sono stati obbligati a lasciare
Rosarno dopo aver rivendicato i nostri diritti. Lavoravamo in condizioni
disumane. Vivevamo in fabbriche abbandonate, senza acqua né elettricità. Il
nostro lavoro era sottopagato. Lasciavamo i luoghi dove dormivamo ogni mattina
alle 6.00 per rientrarci solo la sera alle 20.00 per 25 euro che non finivano
nemmeno tutti nelle nostre tasche. A volte non riuscivamo nemmeno, dopo una
giornata di duro lavoro, a farci pagare. Ritornavamo con le mani vuote e il
corpo piegato dalla fatica. Eravamo, da molti anni, oggetto di discriminazione,
sfruttamento e minacce di tutti i generi. Eravamo sfruttati di giorno e
cacciati, di notte, dai figli dei nostri sfruttatori. Eravamo bastonati,
minacciati, braccati come le bestie...prelevati, qualcuno è sparito per sempre.
La gente non voleva vederci. Come può manifestare
qualcuno che non esiste? Le autorità e le forze dell’ordine sono arrivate e ci
hanno deportati dalla città perché non eravamo più al sicuro. Gli abitanti di
Rosarno si sono messi a darci la caccia, a linciarci, questa volta organizzati
in vere e proprie squadre di caccia all´uomo.
Eravamo riusciti a trovare un lavoro che abbiamo perduto
semplicemente perché abbiamo domandato di essere trattati come esseri umani. Non
siamo venuti in Italia per fare i turisti. Il nostro lavoro e il nostro sudore
serve all´Italia come serve alle nostre famiglie che hanno riposto in noi molte
speranze. Domandiamo alle autorità di questo paese di incontrarci e di ascoltare
le nostre richieste:
L´Assemblea dei Lavoratori Africani di Rosarno a Roma”
Dapprima in Francia, poi in Italia, in Spagna, in
Grecia e in altri paesi europei, la giornata del primo marzo è stata proclamata
“una giornata senza di noi” con l’intento da parte dei/delle migranti che vivono
in questi paesi di far percepire, per un giorno, l’importanza della loro
presenza economica e sociale sia attraverso lo sciopero sia attraverso
altre forme di protesta come l'astensione dai
consumi. Ispirata alla
giornata del primo maggio del 2006, quando in varie città degli Stati Uniti i/le
migranti privi/e di documenti di soggiorno erano riusciti/e a bloccare la vita
economica e sociale di quelle città attraverso una massiccia astensione dal
lavoro e fluviali manifestazioni in cui ricordavano a tutti che “We are
America”, questa giornata ci sembra di
particolare importanza anche per iniziare una necessaria riflessione sulle forme
della nostra esistenza comune di cittadini/e e non cittadini/e, migranti e non.
Per questo, abbiamo deciso di assumere come parte del
nostro testo quello sottoscritto da alcuni lavoratori africani di Rosarno.
Riteniamo, infatti, che quanto accaduto a Rosarno nei primi giorni di gennaio –
le intimidazioni e le violenze sui migranti, la rivolta dei lavoratori africani,
la “caccia al nero” dei giorni successivi, il coinvolgimento di alcune parti
della mafia nella “gestione dell’ordine pubblico”, il trasferimento d’urgenza di
tutti i lavoratori africani, la loro detenzione nei centri di identificazione ed
espulsione e la minaccia di espulsione per quelli privi di permesso di soggiorno
– sia il precipitato, soltanto più visibile, delle scelte politiche con cui
negli ultimi anni i governi che si sono succeduti hanno affrontato e voluto
gestire il fenomeno globale delle migrazioni. Il risultato, innanzitutto, di una
volontà di generale clandestinizzazione della presenza dei/lle migranti e dei
lavoratori e delle lavoratrici migranti che ha permesso, non solo a Rosarno, ma
nel Sud come nel Nord del paese, tra i campi di agrumi e le serre così come
nelle fabbriche e le piccole imprese, o nelle famiglie, forme di assoluto
sfruttamento della forza lavoro possibili grazie a un’illegalità diffusa del
mercato del lavoro generata proprio dalle leggi che normano l’immigrazione.
Ricordiamo di seguito alcuni dei provvedimenti e dei fatti che stanno alla base
di quanto accaduto a Rosarno così come di quanto accade quotidianamente nel
resto d’Italia: l’istituzione dei centri di
detenzione nel lontano 1998, con cui si apriva il capitolo del doppio binario
giuridico, uno per i cittadini, un altro per i non cittadini, passibili di pene
detentive in assenza di reato; il nesso inscindibile tra contratto di lavoro e
permesso di soggiorno, con la legge del 2001, che spianava la strada a ogni
forma di ricattabilità da parte dei datori di lavoro sulla forza lavoro
migrante, compresa la ricattabilità sessuale delle lavoratrici migranti
impiegate nel lavoro domestico; gli innumerevoli provvedimenti delle recenti
norme previste dai pacchetti sicurezza ispirati tutti a un orizzonte di
discriminazione e razzismo (l’aggravante di clandestinità, il reato di
clandestinità, il prolungamento a sei mesi della detenzione amministrativa,
l’interdipendenza tra permesso di soggiorno e atti dello stato civile, tra cui
il riconoscimento dei figli e il matrimonio, l’istituzione di corpi speciali
privati per il mantenimento dell’ordine pubblico); i respingimenti verso
Aderiamo a
questa giornata perché riteniamo che questa domanda coinvolga la vita di tutti e
di tutte, migranti e non, studenti, studentesse, lavoratori e lavoratrici,
disoccupati e disoccupate, in Italia così come nel resto d’Europa e in altri
paesi del mondo. In quanto docenti, sappiamo che nelle università, anziché come
studenti e studentesse nelle nostre aule è più facile incontrare i/le migranti
come lavoratori e lavoratrici delle cooperative di servizi, assunti/e con bassi
salari e senza garanzie. La scandalosa
difficoltà nell’accesso a un permesso di soggiorno per studi universitari,
attraverso una politica delle “quote” anche nel campo del sapere che rende
quest’ultimo esclusivo privilegio dei cittadini, è parte integrante della
chiusura nei confronti dei/delle migranti che caratterizza il nostro paese. Per
questo ci impegniamo a lottare anche per garantire la piena accessibilità
dell’Università ai/alle migranti. Siamo più in generale convinti che soltanto
cancellando il razzismo istituzionale e sociale come pratica quotidiana di
sfruttamento sarà possibile costruire spazi di convivenza futuri.
Docenti precari/e e docenti non precari/e delle
Università italiane firmatari: Fabio Amaya
(Università di Bergamo) Anna Curcio
(Università di Messina) Umberto
Galimberti (Università di Venezia) Maria Grazia
Meriggi (Università di Bergamo) Sandro
Mezzadra (Università di Bologna) Renata Pepicelli (Università di Bologna)
Luca Queirolo Palmas (Università di
Genova) Antonello Petrillo (Università Suor Orsola Benincasa,
Napoli) Federico
Rahola (Università di Genova) Fabio Raimondi
(Università di Salerno) Maurizio
Ricciardi (Università di Bologna) Anna Maria
Rivera (Università di Bari) Gigi Roggero
(Università di Bologna) Pier Aldo
Rovatti (Università di Trieste) Devi Sacchetto
(Università di Padova) Anna Simone
(Università Suor Orsola Benincasa, Napoli) Federica Sossi
(Università di Bergamo) Alessandro
Triulzi (Università di Napoli L’Orientale) Tiziana
Terranova (Università di Napoli L’Orientale)
Fulvio
Vassallo Paleologo (Università di Palermo) per adesioni: http://www.PetitionOnline.com/march1st/petition.html |
Allegato Rimosso
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