L'Africa ha fame di medici. Le soluzioni di AMREF alla crisi del personale sanitario in un convegno realizzato con il contributo della Fondazione MPS (comunicato stampa)



Comunicato stampa

L'AFRICA HA FAME DI MEDICI
Le soluzioni di AMREF alla crisi del personale sanitario al centro di un convegno realizzato con il contributo della Fondazione Monte dei Paschi di Siena

SIENA, 23 ottobre 2008 - L'Africa ha bisogno di cibo ma anche di medici. L'Organizzazione mondiale della sanità ha stimato infatti che nei Paesi dell'area Sub-Sahariana il personale sanitario dovrebbe crescere di almeno un milione di unità per potersi avvicinare alla realizzazione degli Obiettivi del Millennio che riguardano la salute, che prevedono entro il 2015 la riduzione di due terzi del tasso di mortalità infantile sotto i cinque anni e del tasso di mortalità materna, e lo stop alla diffusione dell'Aids, della malaria e di altre malattie come la tubercolosi. Traguardi molto ambiziosi, destinati a restare un miraggio in assenza di investimenti seri in infrastrutture e risorse umane - dottori, infermieri, tecnici di laboratorio, farmacisti, assistenti medici - che rappresentano il punto focale di ogni sistema sanitario, ma sono sempre state una componente trascurata delle politiche nazionali e internazionali.

AMREF, la principale organizzazione sanitaria no profit del continente, per poter rispondere in modo efficace alla fame di camici bianchi ha cercato delle soluzioni africane, che sono state presentate e discusse oggi a Siena nel convegno "Cercasi medici disperatamente! Soluzioni africane alla crisi del personale sanitario: il caso Sud Sudan", organizzato con il contributo della Fondazione Monte dei Paschi di Siena e moderato da Enrico Cecchetti, della Euro-African Partnership for Decentralized Governance.

Erano presenti Gabriello Mancini, presidente della Fondazione MPS, Lorenzo Garibaldi, assessore alla Salute del Comune di Siena, Pietro Del Zanna, assessore alla Cooperazione internazionale della Provincia di Siena, Tommy Simmons e Giulia Agostini, rispettivamente direttore e advocacy officer di AMREF Italia, Peter Ngatia, responsabile dell'Area "Capacity Building" di AMREF HeadQuarters a Nairobi, Maria Josè Caldes, della Cooperazione Sanitaria della Regione Toscana, Cécile Kashetu Kyenge, presidente dell'associazione interculturale DAWA e coordinatrice per il Nord Italia della Diaspora Africana, Barbara Tomasini e Stefano Zani, intervenuti entrambi in rappresentanza di Medici con l'Africa CUAMM e dell'Azienda Ospedaliera Universitaria Senese.

"In Europa - ha esordito il direttore di AMREF Italia, Tommy Simmons - l'immigrazione dai Paesi dell'Africa Sub-Sahariana è spesso associata all'idea dell'invasione e della clandestinità. Dal 1990, però, l'Africa perde ogni anno ventimila tra medici e infermieri specializzati che decidono di emigrare, attratti dalla prospettiva di migliori condizioni di vita e di lavoro nel Nord del mondo. E' una vera e propria emorragia di risorse umane qualificate che comporta un costo altissimo per il continente, dal punto di vista economico e ancora di più in termini di mancata assistenza sanitaria alla popolazione. L'Africa, infatti, deve sostenere il peso del 24 per cento delle malattie globali, ma ha solo il 3 per cento del personale sanitario mondiale, pagato con meno dell'1 per cento del budget globale per la salute".

La fuga dei cervelli in camice bianco sta seriamente aggravando la crisi del personale sanitario nel continente africano. Nel 2001 solo 360 dei 1.200 medici formati in Zimbabwe negli anni Novanta erano ancora residenti nel Paese. Nel 2002-2003 più di tremila infermieri formati in Zimbabwe, Nigeria, Ghana, Zambia e Kenya sono andati a lavorare in Gran Bretagna. In Etiopia il settore sanitario pubblico perde ogni anno il 9,6 per cento dei suoi dottori, che decidono di andare a lavorare in altri Paesi o nel settore privato, in cerca di migliori condizioni salariali e contrattuali. Il fenomeno non ha risparmiato nemmeno il Sudafrica, che pure può vantare la metà del Prodotto interno lordo continentale. Ogni anno, infatti, circa 150 medici sudafricani lasciano il paese in cerca di stipendi più elevati, e tra quelli che rimangono oltre il 60 per cento lavora nel servizio privato, a cui si rivolge soltanto il 20 per cento della popolazione.

Uno squilibrio analogo si riscontra nella distribuzione del personale sanitario sul territorio. In quasi tutta l'Africa Sub-Sahariana, infatti, i pochi medici e infermieri disponibili sono concentrati nelle aree urbane a scapito di quelle rurali, i cui abitanti spesso chiedono assistenza ai guaritori tradizionali prima di cercare aiuto presso un'infrastruttura sanitaria.

"In Sudafrica - ha precisato a questo proposito Peter Ngatia, responsabile dell'area 'Capacity Bulding' di AMREF HeadQuarters a Nairobi - i guaritori sono il punto di riferimento per le esigenze sanitarie di più del 60 per cento della popolazione rurale. Per questo abbiamo promosso un progetto di formazione dei guaritori sulla prevenzione di Hiv e tubercolosi e su come gestire registri sanitari appropriati. Più della metà dei guaritori tradizionali è analfabeta, quindi è stato necessario adattarsi al contesto in modo creativo, cercando modalità formative originali, come la creazione di un manuale di formazione e di registri sanitari che utilizzano solo le figure. In Uganda, invece, AMREF ha formato dei volontari, i Community Medicine Distributors, destinati a somministrare farmaci anti-malarici e a sensibilizzare le comunità sulle azioni per prevenire la malattia. Grazie a questo progetto sono aumentati i bambini sotto i cinque anni che hanno  accesso a farmaci anti-malarici entro 24 ore dalla comparsa dei sintomi e quelli che dormono sotto una zanzariera, ed è cresciuto anche il numero delle donne incinte che utilizzano il trattamento preventivo intermittente".

Cercare delle soluzioni "africane" ai problemi dell'Africa, ha precisato Ngatia, significa dunque "elaborare delle soluzioni locali che siano in grado di portare i più ampi benefici possibili considerati i limiti e le caratteristiche del contesto locale di riferimento. E farlo incoraggiando il coinvolgimento e la partecipazione diretta della popolazione e delle istituzioni, perché solo così è possibile ottenere dei risultati duraturi nel tempo. E' quindi di fondamentale importanza che le competenze del personale medico corrispondano ai bisogni del contesto di riferimento e che i progetti di sviluppo sanitario siano disegnati in base alle caratteristiche specifiche del territorio in cui devono essere realizzati".

In Kenya, dove l'85 per cento degli infermieri possiede esclusivamente una qualifica di primo livello - ovvero non sono in grado di fornire molti dei servizi sanitari di base e non hanno le competenze per gestire e curare malattie come l'HIV/AIDS, la malaria e la tubercolosi - questa capacità di adattamento si è tradotta in un innovativo progetto di e-learning, realizzato da AMREF in collaborazione con Accenture, una società di consulenza specializzata nel campo dell'Information Technology. L'obiettivo è quello di di trasformare 22mila infermieri di primo livello in infermieri di secondo livello attraverso moduli formativi installati nei computer di numerosi centri di apprendimento a distanza distribuiti nelle aree remote di tutto il Kenya.

"Usando i sistemi di insegnamento tradizionale nelle classi - ha aggiunto Ngatia - il Kenya allo stato attuale ha le risorse economiche e le infrastrutture sufficienti per formare soltanto cento infermieri di secondo livello ogni anno. Di questo passo servirebbe quindi un secolo per consentire l'aggiornamento professionale dal primo livello al secondo livello degli attuali infermieri. Grazie al nostro progetto, al quale partecipano 25 scuole di formazione per infermieri, siamo invece già riusciti a formare 4.500 infermieri di secondo livello. L'e-learning si è rivelato uno strumento formativo flessibile, che gli studenti possono usare in ogni momento della giornata, senza doversi assentare dal lavoro. Inoltre è uno strumento efficace e a basso costo per formare personale sanitario nelle aree rurali, dove il personale sanitario impiegato è spesso insufficiente, inesperto e non aggiornato. Per questo AMREF intende esportare questo progetto pilota  anche in altri Paesi africani in cui mancano gli infermieri specializzati e le infrastrutture per formarli".

La formazione di quadri sanitari intermedi e di base, con competenze di sanità comunitaria e primaria, è un'altra soluzione che può rispondere alla mancanza di personale sanitario in situazioni di urgente bisogno. E' il caso del Sud Sudan, reduce da una guerra civile lunga più di vent'anni che ha lasciato in eredità la distruzione quasi totale del suo sistema sanitario e ne ha decimato il personale, oggi composto da circa 4.600 operatori tra cui figurano soltanto un centinaio di medici. Il loro numero si colloca molto al di sotto della soglia necessaria per fornire un'assistenza adeguata a una popolazione di circa otto milioni di persone, cui sono destinati ad aggiungersi tre milioni di rifugiati fuggiti a causa del conflitto.

Le conseguenze della guerra si riflettono anche negli indicatori sanitari del Paese, che sono tra i peggiori del mondo: il 48 per cento dei bambini sotto i cinque anni è malnutrito, solo uno su quattro è vaccinato contro il morbillo e soltanto il cinque per cento dei parti è seguito da staff specialistico. Numeri che si traducono in un tasso di mortalità infantile impressionante: in Sud Sudan, infatti, un bambino su quattro muore prima del suo quinto compleanno, un dato 62 volte più alto rispetto a quello registrato in Italia.

L'Istituto Nazionale di Formazione Sanitaria che AMREF gestisce a Maridi fin dal 1998 è l'unica scuola di formazione per assistenti medici e ostetriche comunitarie in Sud Sudan e risponde alla necessità di formare personale di base che, grazie a una combinazione di conoscenza teorica ed esperienza pratica, possa ricoprire il ruolo di medico in Paesi con ridotte risorse economiche. Ad oggi l'Istituto ha formato 212 assistenti medici - più della metà di quelli presenti in Sud Sudan - che al termine di un corso di tre anni tornano a vivere nei loro villaggi, diventando le fondamenta sulle quali costruire il futuro sistema sanitario.

Gli assistenti medici formati presso l'Istituto di Maridi formulano diagnosi, praticano operazioni chirurgiche di base (parti cesarei, appendiciti, ernie), insegnano educazione sanitaria comunitaria e gestiscono piccole strutture locali. Sono, in sostanza, i medici del Sud Sudan, addestrati però con un decimo dei costi di formazione di un dottore e nella metà del tempo. Con un ulteriore vantaggio: le loro competenze sono diverse da quelle richieste nel Nord del mondo e rappresentano perciò un antidoto efficace alla fuga dei cervelli.

"Abbiamo creduto molto nel progetto presentato da AMREF per il sostegno alla ricostruzione del servizio sanitario in Sud Sudan - ha spiegato Gabriello Mancini, presidente della Fondazione Monte dei Paschi di Siena - poiché non vi può essere sviluppo laddove siano assenti e non assicurate a tutta la popolazione le condizioni sanitarie di base. Il Sudan è un'area a noi particolarmente cara e nella quale abbiamo investito importanti risorse, poiché ritenuta strategica per lo sviluppo dell'Africa. La Fondazione da alcuni anni a questa parte ha allargato i propri orizzonti di riferimento verso le comunità maggiormente bisognose. Il nostro impegno finanziario nei confronti delle iniziative di questo tipo negli ultimi cinque anni ha infatti superato i 24 milioni di euro. Il percorso intrapreso è stato possibile grazie alla convinta e unanime volontà degli Organi della Fondazione di muoversi nella direzione della cooperazione internazionale, con  l'indispensabile e diffuso consenso della comunità di riferimento. La comunità senese, infatti, ha condiviso la nostra scelta di allargare i confini di redistribuzione della ricchezza generata".

Nel corso del convegno è stato anche proiettato il video "Walking towards a healthy future", che documenta il progetto di AMREF per la ricostruzione del servizio sanitario in Sud Sudan. Il documentario è stato realizzato dal Different Perspectives Crew, il team formato da tre ragazzi di Nairobi - Elizabeth, Henry e Niko - che hanno partecipato al laboratorio di video-formazione promosso da AMREF nella capitale del Kenya nell'ambito del progetto "Children in need", che fornisce assistenza e opportunità di riscatto sociale ai ragazzi di strada delle baraccopoli.

Ufficio Stampa AMREF Italia - Simone Ramella
Tel. 06-99704664 - Cell. 347-9416538 - E-mail: simone.ramella at amref.it

Ufficio stampa Fondazione Monte dei Paschi di Siena - Gianni Tiberi
Tel. 0577-246020-54 - Cell. 334-6668027 - E-mail: gianni.tiberi at fondazionemps.it
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