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Inviato: domenica 10 agosto 2008
9.18
A: africa at peacelink.it
Oggetto: [africa] Fra l’8 e
il 13 luglio visita segreta di Maroni a Bagnasco
Rom, visita segreta di Maroni a Bagnasco
10 agosto 2008
Era il momento più caldo della questione rom, il periodo del fuoco incrociato
sul ministro leghista Roberto Maroni che aveva delegato ai prefetti di Roma,
Milano e Napoli la schedatura dei campi nomadi e il rilevamento delle impronte
digitali ai minorenni. In quella fase, estremamente delicata, Maroni ha
incontrato in segreto il vescovo di Genova, e presidente della Conferenza
episcopale italiana, cardinale Angelo Bagnasco. Un summit nella curia del
capoluogo ligure e però «riservatissimo», su esplicita richiesta
dell’arcivescovo.
Era la metà di luglio e da quel momento la metamorfosi nelle posizioni del
titolare dell’Interno, e soprattutto della chiesa sul tema delle
impronte, è stata lenta ma costante. Bagnasco non si è quasi più pronunciato
sul tema; “Avvenire” - che della Cei è l’organo di stampa -
ha mitigato le posizioni e meno bordate sono giunte pure da “Famiglia
Cristiana”, il settimanale dei paolini che ha una linea editoriale
diversa, ma è pur sempre un punto di riferimento per i credenti di
tutt’Italia. Le scelte del governo hanno fatto il resto. Con il consiglio
dei ministri del primo agosto si è stabilito di “congelare” ogni
scelta definitiva in materia di rilievi dattiloscopici fino a settembre, in
attesa di avere un parere della Commissione europea che aveva fino ad allora
criticato il Viminale.
La notizia del blitz è stata confermata ieri al Secolo XIX dal ministro stesso,
attraverso il suo staff: Maroni ha ribadito d’essere stato a Genova nel
periodo compreso fra l’8 e il 13 luglio (non ha volutamente specificato
la data e, ironia della sorte, il 10 fu organizzata un’iniziativa
dell’Arci contro il “censimento” cui prese parte don Andrea
Gallo) per un colloquio «informale». E ha aggiunto un dettaglio d’un
certo rilievo, per calibrare l’attenzione che l’esecutivo
Berlusconi riserva ai rapporti con il numero uno della Cei. Sentendosi «sotto
attacco», chiese a Bagnasco un faccia a faccia proponendo come sede Roma. Ma dalla
Liguria, insieme a una dichiarazione di disponibilità, giunse l’esplicita
richiesta di organizzare la cosa all’ombra della lanterna nonostante il
cardinale sia spesso nella capitale.
Il ministro si è trattenuto negli uffici dell’Arcivescovado alcune ore,
un passaggio fugace del quale erano informate poche persone in città,
praticamente solo gli ufficiali e i funzionari che hanno curato le misure-lampo
per garantire la sicurezza (non va dimenticato che Bagnasco è stato oggetto
d’intimidazioni l’anno scorso, ndr). Quel giorno non aveva in
agenda altri impegni genovesi e anzi, gli esponenti della Lega Nord contattati
dal nostro giornale si sono detti all’oscuro della visita.
Le “Disposizioni urgenti per fronteggiare lo stato d’emergenza in
relazione agli insediamenti di comunità nomadi in Campania, Lazio e
Lombardia” erano contenute in un’ordinanza del 30 maggio. I
prefetti dei tre capoluoghi diventavano a tutti gli effetti commissari, sebbene
le polemiche fossero divampate a un mese di distanza, ovvero il 25 giugno quando
Maroni illustrò le linee programmatiche del dicastero alla commissione Affari
costituzionali della Camera. «Abbiamo chiesto di rilevare le impronte ai
nomadi, anche ai minori - ribadì - ma non si tratta di un allarme su
un’etnia bensì sui campi».
Da lì in avanti è stata battaglia, e anche l’espressione del mondo
cattolico ha giocato un ruolo determinante. Basti pensare che già a metà
maggio, prima della visita del Papa a Genova, Bagnasco rilasciò dichiarazioni
importanti sul caso rom dopo i tre attentati incendiari agli insediamenti di
Ponticelli (Napoli). «Occorre neutralizzare gli estremismi - disse - che non
possono dettare legge a nessuno e non vanno considerati come la realtà totale
d’un popolo. E occorre, in positivo, creare condizioni di accoglienza e
di dignità per tutti quelli che rispettano le regole della convivenza e
s’impegnano per una reale integrazione». A luglio la temperatura
s’era surriscaldata, con il j’accuse di “Famiglia
Cristiana” («indecente la proposta razzista di prendere le impronte
digitali ai bimbi»), dell’arcivescovo emerito di Firenze Silvano
Piovanelli («la strada è sbagliata») e il dibattito aperto sulle pagine di
“Avvenire” con un’incalzante intervista al ministro. E poi
l’Europa: il 10 luglio il parlamento di Strasburgo aveva bollato
l’iniziativa con una mozione che definiva le impronte «discriminazione
razzista»; a distanza di venti giorni sarebbe tornato alla carica il Consiglio
(organizzazione non comunitaria che raccoglie 47 paesi del Vecchio Continente
allo scopo di vigilare sul rispetto dei diritti fondamentali), con la relazione
del responsabile per i diritti umani Thomas Hammarberg che segnalava il rischio
di «fomentare altri episodi xenofobi»; accennava inoltre, salvo fare marcia
indietro nello spazio di mezza giornata, a presunti blitz violenti della
polizia. Maroni ha sempre replicato con una certa fermezza, ma è un fatto che
(anche) dopo il passaggio “genovese” i suoi tecnici si siano
rimessi al lavoro. E a tre settimane dal blitz, ogni decisione finale in
materia d’impronte è stata rinviata, mentre il censimento dei campi si è
concretizzato in modo più soft.
http://ilsecoloxix.ilsole24ore.com/genova/2008/08/10/1101687716293-rom-visita-segreta-maroni-bagnasco.shtml
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«E' ora quindi che parliate tutti voi che amate la libertà, tutti voi che amate
il diritto alla felicità, tutti voi che amate dormire immersi nel vostro
privato sogno, è ora che parliate o maggioranza muta! Prima che arrivino per
voi»
Primo Levi