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Invito Presentazione libro di Emenike Uchenna Benneth
- Subject: Invito Presentazione libro di Emenike Uchenna Benneth
- From: Flora nw <associazionebambiniafroitaliani at yahoo.it>
- Date: Mon, 7 Jan 2008 15:20:29 +0100 (CET)
Invito presentazione libro
Libreria Melboostore ROMA Via Nazionale 254 - 255
Venerdì 25 gennaio ore 18.00
Emenike Uchenna Benneth
presenta il suo romanzo
Sogni infranti
(Jaca Book) (http://jacabook.it/ricerca/schedalibro.asp?idlibro=3017)
vedere anche il sito dell'autore:
http://www.emenikeub.eu
Intervista a Uchenna Benneth Emenike
Quanto c’è di autobiografico nel
tuo romanzo Sogni infranti?
Il libro è un mix di fantasia, esperienza personale e cruda realtà di vita vissuta. Nasce dalla capacità di osservare e incamerare ogni piccolo dettaglio di quello che accade intorno. Per rispondere alla tua domanda, direi che una grande parte del racconto riguardante Francis, il personaggio principale, rispecchia la mia persona: il suo modo di pensare, di agire e di comportarsi. Il percorso di vita sin dalla partenza dalla Nigeria, la situazione incontrata all’arrivo in Italia e la difficoltà di inserimento é simile al mio vissuto. Tuttavia molte delle cose successe a Francis in Italia non sono personali, ma provengono da esperienze dirette ed indirette di tanti altri immigrati nigeriani. Il carattere di Teresa, la prostituta nigeriana, è stato suggerito dalle mie conoscenze di ragazze conosciute nel periodo in cui i lavori in nero erano l’unica mia fonte di reddito. Io compravo il giornale romano di annunci “PortaPortese” , e poi trovavo gli appartamenti in affitto per conto di altri immigrati incassando una commissione. Questo lavoro, unitamente a quello di tassista abusivo, mi ha consentito di conoscere molte ragazze ed ascoltare le loro tristi storie. La figura di Teresa quindi è la sintesi delle esperienze di diverse ragazze e non di una sola ed in ogni caso rispecchia la realtà della vita delle ragazze nigeriane, almeno fino a qualche anno fa. Pertanto posso rispondere che sì, una parte del romanzo è autobiografica, ma la maggior parte riguarda la comunità nigeriana.
Il libro è un mix di fantasia, esperienza personale e cruda realtà di vita vissuta. Nasce dalla capacità di osservare e incamerare ogni piccolo dettaglio di quello che accade intorno. Per rispondere alla tua domanda, direi che una grande parte del racconto riguardante Francis, il personaggio principale, rispecchia la mia persona: il suo modo di pensare, di agire e di comportarsi. Il percorso di vita sin dalla partenza dalla Nigeria, la situazione incontrata all’arrivo in Italia e la difficoltà di inserimento é simile al mio vissuto. Tuttavia molte delle cose successe a Francis in Italia non sono personali, ma provengono da esperienze dirette ed indirette di tanti altri immigrati nigeriani. Il carattere di Teresa, la prostituta nigeriana, è stato suggerito dalle mie conoscenze di ragazze conosciute nel periodo in cui i lavori in nero erano l’unica mia fonte di reddito. Io compravo il giornale romano di annunci “PortaPortese” , e poi trovavo gli appartamenti in affitto per conto di altri immigrati incassando una commissione. Questo lavoro, unitamente a quello di tassista abusivo, mi ha consentito di conoscere molte ragazze ed ascoltare le loro tristi storie. La figura di Teresa quindi è la sintesi delle esperienze di diverse ragazze e non di una sola ed in ogni caso rispecchia la realtà della vita delle ragazze nigeriane, almeno fino a qualche anno fa. Pertanto posso rispondere che sì, una parte del romanzo è autobiografica, ma la maggior parte riguarda la comunità nigeriana.
Che differenze ci sono tra l’immagine che si ha dell’Italia in Nigeria e la realtà che l’immigrato si trova ad affrontare al suo arrivo nel nostro Paese?
Una differenza inenarrabile che diviene il principale motivo dell’infinito flusso dell’immigrazione africana in Europa in generale e Italia in particolare. L’idea che si ha dell’Europa nei paesi africani è quella di un eldorado, un paradiso terrestre dove tutto funziona alla perfezione. Si pensa che nella terra dell’uomo bianco la ricchezza fiorisce come gli alberi nella foresta; si pensa che il denaro sia di facile ottenimento e che chiunque con poco sforzo può accaparrarsi tutto ciò che desidera e che non ci siano cittadini poveri ma soli ricchi spreconi. Gli immigrati che dopo un periodo di soggiorno in Europa ritornano in patria, non raccontano la verità ai loro coetanei. Forse per vanità, forse per non ammettere i loro sbagli di gente emarginata e discriminata in Europa. Le persone immigrate dai paesi cosiddetti “Terzo mondo”, e in particolare da quelli africani, sono considerati alla stregua di esseri inferiori, praticamente una “sottorazza della razza umana”. Io credo che ciò che subiscono gli immigrati africani in Europa sia in massima parte il frutto di questa considerazione degradante. Spesso siamo trattati peggio degli animali, ma nonostante questo la forza trainante del flusso dell’immigrazione è così allettante che noi africani sopportiamo di tutto anche a costo di sfidare la morte pur di riuscire nel nostro intento e cioè quello di migliorare, non tanto le nostre singole situazioni economiche, quanto quelle delle nostre famiglie rimaste in patria.
Una differenza inenarrabile che diviene il principale motivo dell’infinito flusso dell’immigrazione africana in Europa in generale e Italia in particolare. L’idea che si ha dell’Europa nei paesi africani è quella di un eldorado, un paradiso terrestre dove tutto funziona alla perfezione. Si pensa che nella terra dell’uomo bianco la ricchezza fiorisce come gli alberi nella foresta; si pensa che il denaro sia di facile ottenimento e che chiunque con poco sforzo può accaparrarsi tutto ciò che desidera e che non ci siano cittadini poveri ma soli ricchi spreconi. Gli immigrati che dopo un periodo di soggiorno in Europa ritornano in patria, non raccontano la verità ai loro coetanei. Forse per vanità, forse per non ammettere i loro sbagli di gente emarginata e discriminata in Europa. Le persone immigrate dai paesi cosiddetti “Terzo mondo”, e in particolare da quelli africani, sono considerati alla stregua di esseri inferiori, praticamente una “sottorazza della razza umana”. Io credo che ciò che subiscono gli immigrati africani in Europa sia in massima parte il frutto di questa considerazione degradante. Spesso siamo trattati peggio degli animali, ma nonostante questo la forza trainante del flusso dell’immigrazione è così allettante che noi africani sopportiamo di tutto anche a costo di sfidare la morte pur di riuscire nel nostro intento e cioè quello di migliorare, non tanto le nostre singole situazioni economiche, quanto quelle delle nostre famiglie rimaste in patria.
Che speranze hanno le ragazze nigeriane di liberarsi dalla schiavitù della prostituzione?
Pressoché nulle. Questo deriva dal fatto che a finanziare i viaggi delle future schiave del sesso sono le stesse ragazze già in Italia che a loro volte hanno subito la sottomissione e la costrizione a prostituirsi. Le principali cause di questa marcia verso l’Europa per vendere il proprio corpo al primo offerente sono, in ordine di importanza, la povertà, l’ignoranza e la mancanza di istruzione di base. La poca voglia di cambiare vita viene da questi tre fattori. La necessità di trovare soldi in fretta per cambiare la sorte della propria famiglia lasciata in patria è la forza motrice del mercato del sesso. Altra elemento assai influente è la classe sociale bassa delle stesse; esse spesso non hanno l’istruzione necessaria per ragionare diversamente, mancano di inventiva e così anche quando hanno acquisito il denaro sufficiente per cambiare vita, preferiscono continuare anziché investire in un’attività commerciale. Purtroppo, quello delle prostitute nigeriane è un circolo vizioso che dura ormai da un quarto di secolo. Cioè da quando agli inizi degli anni ottanta l’oligarchia militare, che fino allora aveva sottomesso l’intero popolo nigeriano a un governo dittatoriale, distrusse l’economia del paese costringendo la massa all’immigrazione come l’unica soluzione per sfuggire la povertà. In più, il problema è diventato anche culturale. Le ragazze che seguirono la prima generazione abituatasi alla prostituzione, considerano il prostituirsi uno stile di vita generalmente accettato. Quindi, credo che l’unico modo per cambiare la situazione è di risolverla partendo dal basso; dalle origini di queste ragazze, intervenendo con progetti di educazione e di prevenzione.
Pressoché nulle. Questo deriva dal fatto che a finanziare i viaggi delle future schiave del sesso sono le stesse ragazze già in Italia che a loro volte hanno subito la sottomissione e la costrizione a prostituirsi. Le principali cause di questa marcia verso l’Europa per vendere il proprio corpo al primo offerente sono, in ordine di importanza, la povertà, l’ignoranza e la mancanza di istruzione di base. La poca voglia di cambiare vita viene da questi tre fattori. La necessità di trovare soldi in fretta per cambiare la sorte della propria famiglia lasciata in patria è la forza motrice del mercato del sesso. Altra elemento assai influente è la classe sociale bassa delle stesse; esse spesso non hanno l’istruzione necessaria per ragionare diversamente, mancano di inventiva e così anche quando hanno acquisito il denaro sufficiente per cambiare vita, preferiscono continuare anziché investire in un’attività commerciale. Purtroppo, quello delle prostitute nigeriane è un circolo vizioso che dura ormai da un quarto di secolo. Cioè da quando agli inizi degli anni ottanta l’oligarchia militare, che fino allora aveva sottomesso l’intero popolo nigeriano a un governo dittatoriale, distrusse l’economia del paese costringendo la massa all’immigrazione come l’unica soluzione per sfuggire la povertà. In più, il problema è diventato anche culturale. Le ragazze che seguirono la prima generazione abituatasi alla prostituzione, considerano il prostituirsi uno stile di vita generalmente accettato. Quindi, credo che l’unico modo per cambiare la situazione è di risolverla partendo dal basso; dalle origini di queste ragazze, intervenendo con progetti di educazione e di prevenzione.
Cosa puoi raccontarci della tua esperienza in carcere?
Non racconto volentieri la mia esperienza in carcere perché è una esperienza che vorrei dimenticare il più velocemente possibile per vari motivi personali. Comunque, una cosa mi piacerebbe rendere evidente: le contraddizioni nelle leggi italiane. Dalla mia esperienza di detenuto straniero in un carcere italiano ho potuto vivere in prima persona queste incoerenze. Come il protagonista maschile del mio romanzo Francis, anch’io ero venuto in Italia con l’intenzione di proseguire nei miei studi e come lui, questo desiderio nobile fu ostacolato dalle leggi troppe rigide che fra altre cose non permettono l’iscrizione in università agli stranieri presenti nel territorio nazionale se non possiedono già un permesso di soggiorno. Stranamente, quando ho avuto la sfortuna di entrare in carcere tutto divenne possibile. Proprio tutto! Come “clandestino”, o anche se fossi stato “regolare”, non potevo dedicarmi alla mia prima passione: lo studio. Da detenuto, invece, non solo ho potuto iscrivermi all’università , ma sono riuscito a laurearmi con il massimo dei voti e la lode. Come straniero libero non potevo lavorare regolarmente pagando le tasse, invece da detenuto ho potuto lavorare con busta paga versando i contributi. Infatti, per sei anni ho versato i contributi come qualunque persona “normale”. Come vedi, le leggi si contraddicono. Se sono libero senza commettere un reato non posso costruirmi una vita regolare. Al contrario, se per sfortuna mi trovo in carcere mi si aprono tutte le porte. Strana la vita, non credi?
Non racconto volentieri la mia esperienza in carcere perché è una esperienza che vorrei dimenticare il più velocemente possibile per vari motivi personali. Comunque, una cosa mi piacerebbe rendere evidente: le contraddizioni nelle leggi italiane. Dalla mia esperienza di detenuto straniero in un carcere italiano ho potuto vivere in prima persona queste incoerenze. Come il protagonista maschile del mio romanzo Francis, anch’io ero venuto in Italia con l’intenzione di proseguire nei miei studi e come lui, questo desiderio nobile fu ostacolato dalle leggi troppe rigide che fra altre cose non permettono l’iscrizione in università agli stranieri presenti nel territorio nazionale se non possiedono già un permesso di soggiorno. Stranamente, quando ho avuto la sfortuna di entrare in carcere tutto divenne possibile. Proprio tutto! Come “clandestino”, o anche se fossi stato “regolare”, non potevo dedicarmi alla mia prima passione: lo studio. Da detenuto, invece, non solo ho potuto iscrivermi all’università , ma sono riuscito a laurearmi con il massimo dei voti e la lode. Come straniero libero non potevo lavorare regolarmente pagando le tasse, invece da detenuto ho potuto lavorare con busta paga versando i contributi. Infatti, per sei anni ho versato i contributi come qualunque persona “normale”. Come vedi, le leggi si contraddicono. Se sono libero senza commettere un reato non posso costruirmi una vita regolare. Al contrario, se per sfortuna mi trovo in carcere mi si aprono tutte le porte. Strana la vita, non credi?
Che importanza ha avuto per te la scrittura di Sogni infranti e come sei arrivato a pubblicare il libro ?
La scrittura di questo mio primo romanzo è stata per me l’inizio di una nuova avventura. Da sempre la mia prima passione è stata la lettura e il potere scrivere, ma per superare la sopravvivenza , fino allora, non avevo potuto esprimermi nella scrittura come avrei voluto. Quindi appena mi si é presentata l’occasione (l’obbligo di stare in un posto dove il tempo si ferma e il mondo reale sfuma fino a scomparire), ho deciso di occupare la monotonia delle mie giornate con la scrittura. All’inizio, annotando ricordi in un quaderno rimediato da un compagno di stanza, poi dopo sei mesi, quando ho iniziato a lavorare come quello che in carcere chiamano “scrivano”, cioè colui che scrive le domande ed le istanze ai detenuti meno colti, ho potuto avere a disposizione un computer; da lì ho iniziato la vera scrittura del romanzo elaborando gli appunti precedentemente raccolti. Partendo dal fatto che il carcere è un posto aberrante al margine della sopravvivenza umana, la scrittura, insieme allo studio, è stata l’unica ancora di salvezza. Oggi posso dire che ho avuto fortuna, perché sono riuscito ad emergere dal baratro del carcere italiano con una certa visibilità regalatami da entrambe le attività anche a livello di stampa nazionale. Non dimenticherò mai come mi sono buttato a capo fitto anche in esperienze teatrali recitando in ruoli difficili di personaggi delle commedie shakespeariane, come Calibano in “La Tempesta” e Laerte in “Amleto”, pur di evadere spiritualmente dal doloroso percorso carcerario. Sono felice di essere riuscito a sopravvivere con la mia onestà intellettuale ed uscirne senza apparenti danni. La pubblicazione del libro è stata per un colpo di fortuna. Un’amica insegnante di italiano all’interno della struttura carceraria, mi aveva regalato un libro per il Natale di 2001. Questo libro del famoso scrittore nigeriano, Chinua Achebe, era pubblicato dalla Jaca Book. Era una letteratura che si leggeva in tutte le scuole superiori nigeriane, quindi l’avevo già letto in Inglese. Dopo averlo letto anche in Italiano, decisi di provare a mandare il romanzo che avevo appena completato alla stessa casa editrice. Devo dire che rimasi sorpreso quando alcune settimane dopo aver spedito il manoscritto alla Jaca Book, mi è pervenuta la comunicazione che il mio romanzo era stato accettato e che per la sua pubblicazione mi sarebbe arrivato un contratto da firmare. Poi però le cose non filarono così liscio. Per oltre due anni non ho ricevuto alcuna notizia dalla Jaca Book riguardo l’uscita del libro. Accade poi che incontrai nel 2004 Francesco Martello, e siamo diventati molti amici. Dopo aver letto alcuni miei romanzi inediti e aver saputo della situazione stagnante di quella con la casa editrice decise di venirmi in aiuto. Fu così che sottoscrivemmo un accordo e lui divenne il mio agente letterario. Allora, con il suo aiuto la situazione si sbloccò definitivamente e un anno dopo, verso la fine del 2005, il libro uscì nelle librerie. Purtroppo, a causa della mia detenzione, non mi fu possibile promuovere il romanzo. Ciononostante, i miei numerosi lettori continuavano a mandarmi corrispondenze per complimentarsi con me per un lavoro giudicato interessante. Il più importante fu l’interessamento di un grande produttore cinematografico, Fabrizio Mosca della casa produttrice Titti film che ne acquistò i diritti cinematografici. È lo stesso produttore del film I cento passi di Marco Tullio Giordana e del più recente NuovoMondo di Emanuele Crialese, che ha vinto numerosi premi. Il resto è la mia storia. Dopodiché, a oggi, ho terminato altri tre romanzi che il mio agente sta trattando la pubblicazione con alcune case editrici. Spero di avere la stessa fortuna che ho avuto con la Jaca Book. [david frati]
La scrittura di questo mio primo romanzo è stata per me l’inizio di una nuova avventura. Da sempre la mia prima passione è stata la lettura e il potere scrivere, ma per superare la sopravvivenza , fino allora, non avevo potuto esprimermi nella scrittura come avrei voluto. Quindi appena mi si é presentata l’occasione (l’obbligo di stare in un posto dove il tempo si ferma e il mondo reale sfuma fino a scomparire), ho deciso di occupare la monotonia delle mie giornate con la scrittura. All’inizio, annotando ricordi in un quaderno rimediato da un compagno di stanza, poi dopo sei mesi, quando ho iniziato a lavorare come quello che in carcere chiamano “scrivano”, cioè colui che scrive le domande ed le istanze ai detenuti meno colti, ho potuto avere a disposizione un computer; da lì ho iniziato la vera scrittura del romanzo elaborando gli appunti precedentemente raccolti. Partendo dal fatto che il carcere è un posto aberrante al margine della sopravvivenza umana, la scrittura, insieme allo studio, è stata l’unica ancora di salvezza. Oggi posso dire che ho avuto fortuna, perché sono riuscito ad emergere dal baratro del carcere italiano con una certa visibilità regalatami da entrambe le attività anche a livello di stampa nazionale. Non dimenticherò mai come mi sono buttato a capo fitto anche in esperienze teatrali recitando in ruoli difficili di personaggi delle commedie shakespeariane, come Calibano in “La Tempesta” e Laerte in “Amleto”, pur di evadere spiritualmente dal doloroso percorso carcerario. Sono felice di essere riuscito a sopravvivere con la mia onestà intellettuale ed uscirne senza apparenti danni. La pubblicazione del libro è stata per un colpo di fortuna. Un’amica insegnante di italiano all’interno della struttura carceraria, mi aveva regalato un libro per il Natale di 2001. Questo libro del famoso scrittore nigeriano, Chinua Achebe, era pubblicato dalla Jaca Book. Era una letteratura che si leggeva in tutte le scuole superiori nigeriane, quindi l’avevo già letto in Inglese. Dopo averlo letto anche in Italiano, decisi di provare a mandare il romanzo che avevo appena completato alla stessa casa editrice. Devo dire che rimasi sorpreso quando alcune settimane dopo aver spedito il manoscritto alla Jaca Book, mi è pervenuta la comunicazione che il mio romanzo era stato accettato e che per la sua pubblicazione mi sarebbe arrivato un contratto da firmare. Poi però le cose non filarono così liscio. Per oltre due anni non ho ricevuto alcuna notizia dalla Jaca Book riguardo l’uscita del libro. Accade poi che incontrai nel 2004 Francesco Martello, e siamo diventati molti amici. Dopo aver letto alcuni miei romanzi inediti e aver saputo della situazione stagnante di quella con la casa editrice decise di venirmi in aiuto. Fu così che sottoscrivemmo un accordo e lui divenne il mio agente letterario. Allora, con il suo aiuto la situazione si sbloccò definitivamente e un anno dopo, verso la fine del 2005, il libro uscì nelle librerie. Purtroppo, a causa della mia detenzione, non mi fu possibile promuovere il romanzo. Ciononostante, i miei numerosi lettori continuavano a mandarmi corrispondenze per complimentarsi con me per un lavoro giudicato interessante. Il più importante fu l’interessamento di un grande produttore cinematografico, Fabrizio Mosca della casa produttrice Titti film che ne acquistò i diritti cinematografici. È lo stesso produttore del film I cento passi di Marco Tullio Giordana e del più recente NuovoMondo di Emanuele Crialese, che ha vinto numerosi premi. Il resto è la mia storia. Dopodiché, a oggi, ho terminato altri tre romanzi che il mio agente sta trattando la pubblicazione con alcune case editrici. Spero di avere la stessa fortuna che ho avuto con la Jaca Book. [david frati]
I libri di Uchenna Benneth Emenike:
Sogni infranti
Sogni infranti
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