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Incertezza e tensione per il rinvio delle elezioni in Congo R.D.
- Subject: Incertezza e tensione per il rinvio delle elezioni in Congo R.D.
- From: Alessandro Marescotti <a.marescotti at peacelink.it>
- Date: Wed, 04 May 2005 19:59:06 +0200
Cari amici,l'approssimarsi delle elezioni nella R.D. del Congo stanno generando gravi preoccupazione in quanto è in atto un tentativo di ulteriore rinvio che potrebbe generare una catena di proteste con conseguenze imprevedibili.
La tensione è nell'aria.Questo potrebbe consigliare un rinvio dell'invio del container di Adria, di cui abbiamo parlato in queste pagine web
http://lists.peacelink.it/kimbau/msg00030.html http://lists.peacelink.it/kimbau/msg00008.htmlLa dottoressa Chiara Castellani, con cui siamo in collegamento costante, sta valutando cosa è meglio fare.
Riporto qui sotto un po' di informazioni sulla situazione critica che si sta generando nella R.D. del Congo (metto appuntato R.D. in quanto il "democratica" sembra un aggettivo-beffa che non sembra ben accordarsi con "repubblica").
Invito chi mi legge a inserire - a proposito della situazione politica in Congo - link a informazioni tratte dal web; è ora possibile a tutti infatti inserire su
http://db.peacelink.org/tools/link.php?id=1984&id_topic=61 dei link a pagine o siti web con una breve descrizione a nche con un commento.In tal modo possiamo fare del sito http://www.kimbau.org un sito di informazione generale anche di tipo politico sul Congo.
Ancora una volta la politica si occupa di noi anche se qualcuno non si vuole occupare di lei...
Nel frattempo invito tutti a comprendere le difficoltà in cui il progetto Kimbau si muove non per scoraggiarsi ma per lavorare con ancora più determinazione.
Un cordiale saluto Alessandro Marescotti http://www.kimbau.org http://www.peacelink.it ----------- Rassegna stampa sulle elezioni in CongoAFRICA/CONGO RD - Preoccupazione per le elezioni nella Repubblica Democratica del Congo previste a fine giugno
Kinshasa (Agenzia Fides)- “Secondo le notizie che ci giungono, è ormai difficile, quasi impossibile, che le elezioni in Congo possano aver luogo il 30 giugno 2005” afferma una nota, inviata all’Agenzia Fides dalla Rete “Pace per il Congo”, un’associazione che riunisce missionari e organizzazioni non governative che operano nella Repubblica Democratica del Congo. A livello legislativo, mancano ancora il testo della Costituzione per la 3ª Repubblica, la legge sul referendum costituzionale e la legge elettorale. L’inizio del censimento elettorale è stato annunciato per la fine del mese di giugno. Alcune regioni, soprattutto all’Est, subiscono ancora violenze da parte di gruppi armati e di milizie straniere. L’esercito che, insieme alle forze della polizia, dovrebbe garantire la sicurezza della nazione durante il periodo elettorale, non è ancora riunificato, né integrato a livello delle truppe. Inoltre, non essendo pagati a causa di una supposta malversazione del denaro destinato alla loro paga, i militari continuano a commettere abusi nei confronti delle popolazioni. Molti politici al potere cercano di prolungare la transizione, perché temono le elezioni, essendo ormai già sicuri di perderle e, con esse, anche la poltrona che ora stanno occupando. “Di fronte a questa situazione”, prosegue la nota, “ci si interroga su che cosa potrà accadere il 1° luglio. Alcuni hanno già minacciato delle manifestazioni di massa; altri parlano di un ritorno all’ordine politico della Conferenza Nazionale Sovrana (CNS) del 1992, con la formazione conseguente di un nuovo governo; altri propongono la nomina di un Primo ministro o Coordinatore del Governo; altri si attengono alle disposizioni dell’attuale Costituzione della transizione, soprattutto all’art. 196, che prevede, per motivi legati alla realizzazione delle elezioni, un prolungamento della transizione per un periodo di sei mesi, rinnovabile una sola volta; altri addirittura prevedono un possibile colpo di stato” Secondo testimonianze locali, la gente vuole le elezioni il prima possibile, per poter eleggere lei stessa le persone che dovranno guidare il Paese. Per questo, si sta preparando attraverso corsi di formazione civica, riflettendo sui temi più svariati: la democrazia, i partiti, il profilo dei candidati, lo svolgimento concreto delle elezioni. “Pace per il Congo” chiede che sia formata al più presto la Commissione elettorale indipendente, che vengano pagati i salari dei soldati e che tutte le forze politiche intraprendano un vero dialogo che permetta di arrivare alle elezioni il più presto possibile. (L.M.) (Agenzia Fides 29/4/2005 righe 33 parole 404)
http://www.fides.org/ita/news/2005/0504/29_6252.html -------- Congo, transizione infinita Il voto di giugno sarà rinviato. Tutti lo sanno, ma pochi lo diconoL'est turbolento La regione dell'Ituri è controllata dalle milizie. L'Onu ha lanciato un disarmo ma non agisce sui «mandanti»: Ruanda e Uganda
RAFFAELE K. SALINARI* DI RITORNO DA KINSHASAI cittadini di Kinshasa aspettano le elezioni presidenziali, previste per giugno, come un momento chiave per determinare una svolta positiva nella guerra civile che attanaglia il paese dal 1997. Molti dei residenti nella capitale, che ha visto quasi duplicare la sua popolazione negli ultimi cinque anni, sono direttamente interessati a quello che avviene all'est dell'immenso paese, dato che è proprio a causa della guerra civile che sono stati costretti a fuggire nella capitale alla ricerca di una pace che sembra ogni giorno più lontana. Le elezioni non ci saranno: lo sanno tutti, ma nessun annuncio ufficiale è stato fatto, né dal governo provvisorio, né tantomeno dalla Monuc, la missione Onu per il Congo, impegnata nel mantenimento dei debolissimi accordi di pace. Solo ieri, il presidnete della Commissione elettorale ha chiesto infine, a mezza bocca, un prolungamento di sei mesi della transizione, e quindi uno spostamento della data del voto.
Con la scadenza del primo aprile all'est, nella regione contestata dell'Ituri, si è aperta la caccia ai guerriglieri che non hanno consegnato le armi, anche se le frequenti azioni di rastrellamento, pur avendo già prodotto decine di morti, non sembrano poter colpire le responsabilità politiche dei paesi «mandanti», il Ruanda di Paul Kagame ed l'Uganda di Joseph Museweni, a loro volta appoggiati dalle nazioni occidentali interessate al mantenimento di una guerra di bassa intensità che consente loro di sfruttare le risorse minerari quali il coltan o i diamanti, pagando prezzi irrisori. In questo stato di confusione ed insicurezza deve muoversi in governo provvisorio, formato dal giovane presidente Joseph Kabila, succeduto al padre assassinato, e «presidiato» da ben cinque vice-presidenti, tutti esponenti di fazioni in lotta e desiderosi di appropriarsi del potere assoluto per via formalmente elettiva.
Ma l'aspettativa catartica delle elezioni sarà quindi delusa, e questo per vari ordini di motivi, tutti politici: nessuna legge elettorale è in vista, data la lotta tra le varie fazioni su gli aventi diritto al voto, vero fattore chiave per la riuscita di ogni processo elettorale degno di questo nome, ma anche importante fattore per cambiare gli equilibri di potere. Da parte sua poi Kabila è troppo giovane per essere eletto secondo la Costituzione vigente e quindi c'è una necessita di cambiamento ed accordo anche su questo punto.
Intanto le condizioni di vita dei congolesi peggiorano ogni giorno: un sacco di manioca, il vero metro di misura della qualità della vita a Kinshasa, costa oramai tre volte uno stipendio medio e la fame si sente e si vede attraversando i quartieri popolari pieni di discariche a cielo aperto dove «vivono» intere famiglie. Le nganda, i piccoli bar un tempo sempre pieni di musica, birra ed avventori, sembrano ormai abbandonati; nessuno si permette nemmeno il più piccolo piacere, il prezzo della vita è troppo caro. Le popolazioni che sono arrivate dall'interno abitano le estreme periferie di una megalopoli lunga oramai più di settanta chilometri, cresciuta secondo un «piano urbanistico» da inferno dantesco. I più fortunati, quelli che hanno un lavoro, devono percorrere distanze enormi, a volte a piedi, per l'assoluta mancanza di trasporti pubblici o per l'impossibilità di pagarsi un mezzo privato.
In quest'atmosfera, al contempo depressa e esasperata, vengono proiettate sulle elezioni presidenziali tutte le speranze tradite da questi anni di «democrazia» post-mobutista. Ma è proprio, a ben vedere, dal retaggio di una dittatura che per oltre 35 anni ha condizionato il paese e i suoi abitanti, che deriva questa aspettativa quasi messianica di un cambiamento delegato al potere dei vertici. Chi ha vissuto nell'allora Zaire ricorda bene come uno dei motti popolari fosse «tata ayè nzala essili» che in lingala, la lingua dell'ovest, significa «Il padre è tornato, la fame è finita». Era lo slogan con cui veniva accolto Mobutu al ritorno dai suoi viaggi. Questa dipendenza da un padre-padrone viene indubbiamente da lontano, dallo stesso stile coloniale dei Belgi scientificamente impegnati a tenere i congolesi in uno stato di eterna infanzia politica.
Ma la storia passata, quella di Lumumba e delle rivolte che portarono il Congo all'indipendenza, torna prepotente in questi giorni ad illuminare un parte dell'opinione pubblica congolese consapevole che la democrazia non è solo nel processo elettorale ma nella possibilità di determinate tutta la catena di comando che presiede al destino di ognuno. Parlando con molti intellettuali locali emerge infatti un dato interessante, cioè che «il successo» del processo elettorale in Iraq ha convito molti congolesi che non basta votare per risolvere i problemi legati agli interessi che sostengono una guerra civile. Dunque il rinvio delle presidenziali potrebbe non essere così drammatico, ma preludere ad una iniziativa politica della stessa società civile, interessata a chiedere una partecipazione non solo formale dei cittadini all'elezione di un capo di stato etero-diretto, ma nella scelta stessa delle candidature e della loro reale autonomia da poteri lontani.
Il caso della «resistenza» del presidente ivoriano Laurent Gbagbo alle pressioni francesi viene spesso citato come esempio di una possibile svolta nei rapporti tra africani e poteri ex o neo-coloniali, posto che non si cada dalla padella dell'Europa a quella degli Usa. Ma a questo punto per i congolesi, tutto sembra meglio di una attesa senza fine.
*Presidente Terre des Hommes - 29/4/05 su "Il Manifesto" Fonte: http://www.ilmanifesto.it/Quotidiano-archivio/29-Aprile-2005/art73.html -------------------- CONGO-DEM.REPUBLIC - COMMISSIONE ELETTORALE CHIEDE DI PROLUNGARE LA TRANSIZIONELa Commissione elettorale indipendente (Cei) ha chiesto un prolungamento della transizione in corso nella Repubblica democratica del Congo. In una conferenza stampa tenuta stamani a Kinshasa, il presidente della Cei, Apollinaire Malu Malu, ha precisato che il rapporto in cui sono contenute le motivazioni della richiesta di estensione di sei mesi del governo di transizione (che di conseguenza sposta dello stesso periodo di tempo anche le elezioni generali previste per il prossimo giugno) verrà consegnato oggi stesso al Parlamento.
Riguardo a queste motivazioni non sono stati forniti ulteriori particolari.Il presidente della Cei ha solo ricordato l'articolo 196 della Costituzione, che prevede la possibilità di prolungare per un primo periodo di sei mesi (rinnovabile una sola volta) la transizione politica lanciata con gli accordi di pace con cui si è messo fine a una delle più drammatiche guerre africane. In base agli accordi, il complicato governo di transizione (nel quale i mediatori hanno cercato di far confluire tutte le anime, armate e non, del conflitto congolese) avrebbe dovuto dopo 24 mesi cedere il passo alle prime vere elezioni democratiche nella storia del Paese. Lo scorso gennaio era bastato che Malu Malu parlasse della probabilità di un rinvio delle elezioni per causare discussioni e polemiche, sfociate in manifestazioni contro il rinvio della chiamata alle urne segnate anche da disordini e scontri con la polizia.
Fonte: Misna 4/5/05 in http://www.excite.it/news/estero/77651 --------------Segnalo anche il blog http://congo.splinder.com curato da Corrado Cantelli, corrispondente da Kinshasa per http://www.apertamente.org che ben fa comprendere cosa potrebbe accadere se ci fosse un ulteriore rinvio. Sul blog (è una bacheca telematica personale) si leggeva il 13/2/05...
...Da un po' di tempo le elezioni democratiche che si terranno a Giugno, sono un argomento che occupa gran parte dell'attenzione della popolazione, anche perché sono le prime vere elezioni democratiche dopo 40 anni. Fra la popolazione, in molti sono convinti che è importante che le elezioni siano tenute proprio a Giugno di quest'anno come promesso, per paura che il governo stesso le rinvii nel tentativo di evitarle: il Congo RDC è una nazione a digiuno di democrazia da circa quarant'anni appunto, e conscio del passato dittatoriale, il popolo teme che il governo ritorni (o rimanga...???) nella dittatura. Altri invece pensano che in un paese così vasto, dove non si organizzano da tantissimo tempo, sia difficile preparare delle elezioni serie per la data prevista, con i problemi tecnico-logistici che ci sono (a tutt'oggi manca ancora un censimento definitivo della popolazione), e lo stato di agitazione militare nell'est del paese, e che quindi c'è bisogno di più tempo.
Fatto sta che qualche giorno prima del 10 Gennaio un sacerdote, che è il Presidente della Commissione Elettorale Indipendente (Cei), ha detto in televisione che non erano ancora pronti per poter fare le elezioni a Giugno come previsto, e che con molta probabilità si sarebbero tenute in Novembre. Molta gente non ha digerito la notizia, esasperata dalla lentezza del processo di democratizzazione del paese... in pochi giorni la popolazione e qualche partito si sono organizzati per esprimere il loro malcontento lunedi mattina. Migliaia di congolesi sono scesi nelle strade dei quartieri popolari in segno di protesta alla notizia del rinvio. Hanno messo le barricate su alcune strade per bloccare il traffico e richiamare l'attenzione...
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