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diario dal Kenya
- Subject: diario dal Kenya
- From: "Carlo Mafuta" <kasscarlo at yahoo.it> (by way of Enrico Marcandalli <ramalkandy at iol.it>)
- Date: Fri, 18 Jul 2003 12:25:28 +0200
Ciao a tutti. E' ormai da parecchio che non mando notizie da quaggiù. E qualcuno comincia a chiedersi il motivo. Ma i motivi sono tanti. Innanzitutto perché le cose da fare incominciano a riempirmi la giornata. In secondo luogo perché i miei genitori prima e la malaria dopo mi hanno distratto un poco dal trovarmi qua tranquillo davanti al computer. (comunque non vi preoccupate, qua al dispensario mi hanno ben curato e ora sto riprendendo forze) E poi, motivo forse più importante, è che la vita sta diventando un po' routine e quindi non sento più l'esigenza di scrivere, di condividere, di far sapere perché finirei col diventare ripetitivo. Non pensavo mi sarei abituato a una realtà simile. O meglio, alla vita in una realtà simile. Perché ai bambini di strada, alle distese immense di baracche di Kibera, ai visi sofferenti dei malati di aids, alla fatica di chi ogni giorno combatte per tirare avanti non voglio abituarmi. Vorrei ogni volta provare lo stesso sdegno, la stessa rabbia positiva, la stessa forza di reazione che queste situazioni mi hanno dato la prima volta che me le sono trovate di fronte. Per riuscire a continuare la carica per andare avanti nella lotta. Per quanto sia possibile lottare contro mostri così grandi. Ormai sono quasi alla fine di quest'anno. I giorni stanno correndo via veloci e l'arrivo questa settimana dei nuovi caschi bianchi che daranno il cambio a me e Matteo mi indica che ormai siamo sulla via dell'arrivo. Ma sono ancora tante le cose da fare. A volte mi pare che il lavoro serioincominci adesso. Mentre devo cominciare a organizzare per una fine del mio
lavoro qui, anche se ho sempre cercato di camminare in questo senso e di inserirmi tenendo presente che la mia presenza sarebbe stata una presenzamomentanea. E quindi ho sempre cercato di puntare a una non indispensabilità
della mia presenza nei progetti in cui mi sono inserito. Mi spiace che a volte questo mio modo di essere sia stato inteso come di chi non vuole prendersi responsabilità, di chi non ha tanta voglia di fare, o di chi hapaura di fare le cose. Certo mi sarebbe piaciuto molto condividere di più la
vita della comunità del quartiere in cui vivo, ma in una realtà come quella di Kivuli, che ti tutela, ma nello stesso tempo ti mette un po' in una campana di vetro, non è facile. In questo un po' invidio i caschi bianchi della papa Giovanni xxiii che invece sono ben inseriti nello slum in cui vivono, anche se comunque hanno un ruolo un po' distorto dovuto al lavoro che si trovano a svolgere: organizzazione delle adozioni a distanza condistribuzione cibo e pagamento delle tasse scolastiche, con tutti i problemi
che ne derivano dal maneggiare soldi in una situazione di povertà com'è quella di Soweto Kawa west. Comunque forse è presto per tirare delle conclusioni. Ne avrò di tempo almio ritorno per pensare a questo lungo anno. Ora forse è meglio che continui
a cercare di fare del mio meglio. Vi abbraccio forte, a presto Carlo ---------------------------------------------------------------- Enrico Marcandalli (ramalkandy at iol.it) - http://www.peacelink.it ----------------------------------------------------------------
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