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diario dal Kenya 6
- Subject: diario dal Kenya 6
- From: "Carlo Mafuta" <kasscarlo at yahoo.it> (by way of Enrico Marcandalli <ramalkandy at iol.it>)
- Date: Thu, 13 Feb 2003 14:06:23 +0100
Ciao a tutti! Dopo un pò di silenzio torno a scrivervi. Probabilmente per l'ultima volta prima di tornare... Il 20 sarà di nuovo in Italia, ma solo per un mesetto... Giusto per ricordarmi qual'è il mio mondo... Qua la vita continua, camminando sempre più velocemente. Ormai mi sento ben inserito nelle varie attività che faccio. Lavoro con i bambini di strada aKivuli, formazione di grassroots organization con Kards, l'aggiornamento del
catalogo dei workshops, le visite ai malati a Kibera con Hands of Love, la valutazione dei progetti per lo Shelter Women of Kenya... Tanti lavori in cui piano piano cerco di dare il mio contributo. Non è facile, a volte mi sento davvero incompetente in alcuni campi. Ma le persone con cui lavoro spesso mi accompagnano passo dopo passo... In questi ultimi giorni nulla di particolare. Tanti nuovi incontri, persone spesso straordinarie. Una su tutte: mama Anne. E' un'anziana donna Maasai che vive qua a Riruta. L'ho conosciuta martedì pomeriggio. Lei fa parte di uno dei gruppi di autofinanziamento dello Shelter Women of Kenya. Avrà sui sessant'anni. Il viso consumato dal tempo, le orecchie forate col metodo tradizionale maasai, le mani secche e dure, gli occhi lucidi e chiari... Ma non ha ancora perduto le forze... Comunicare con lei non è facile, perché parla solo uno swahili strettissimo che spesso mischia col kimaasai, la lingua della sua tribù. Quando l'ho conosciuta era seduta su una panca, nel cortiletto davanti alla sua baracca, che puliva un sacco di fagioli. Li toglieva uno a uno dal baccello e li metteva in una cesta di foglie di banana. Appena ha visto che si avvicinavano degli ospiti si è alzata ci è venuta incontro per salutarci e poi ci ha offerto la panca. Siamo stati lì con lei, poco, perché avevamo un meeting, e lei è rimasta parecchio delusa del fatto che non ci siamo fermati a prendere un the da lei. E' uno degli incontri che vi ho voluto raccontare perché mi ha stupito laforza di questa donna che col suo povero e umile lavoro mantiene 3 nipoti, i
genitori sono morti. E poi sono stato contento di conoscere un anziano. Incittà non è facile incontrare anziani. Spesso perché sono più attaccati alla
tradizione rispetto ai giovani e rinunciano di lasciare la campagna per cercare fortuna nella moderna Nairobi. E' per questo che la popolazione diquesta immensa città è così giovane. Spesso sono solo i giovani che arrivano
fin qua. E andando in giro, soprattutto per gli slum, sembra di vagare per un paese dove il più anziano ha 30 anni... E che la maggioranza dellapopolazione è sotto i 10 anni... E non è solo un'impressione. In una ricerca
di qualche anno fa delle Nazioni Unite si indicava col 31% la popolazione sotto i 18 anni a Nairobi e col 49% quella tra i 19 e i 37 anni... Quasi l'ottanta per cento degli abitanti di Nairobi non ha quindi 40 anni... E probabilmente la percentuale cresce nelle aree a alta densità come gli slum... Mi sta scrivendo tanta gente dicendomi che andrà a Roma!! Sarà davvero una gran manifestazione. Mi dispiace non esserci. Anche se credo che il governo non verrà scalfito dalle centinaia di migliaia di persone in piazza. Ho letto qualcosa sulle ultime dichiarazioni del "nostro primo ministro" sulla sinistra e il movimento... Da nausea... Qui sembra che qualcosa si stia movendo. Spesso esce qualche articolo sul Daily Nation contro la guerra, anche se a volte sono un pò estremi... L'ultimo che ho letto era mezza pagina che disquisiva sul fatto che l'attacco all'Iraq equivalga a dichiarare guerra a tutto il mondo arabo... Questo non crea certo pace... Il governo sembra invece non schierarsi troppo apertamente, probabilmente perché il Narc (il nuovo partito al potere), a sentire tante persone, è stato aiutato, anche finanziariamente, dagli States e dai servizi segreti israeliani... Qualche settimana fa però durante il meeting dell'Unione Africana è stato firmato un documento contro un possibile attacco in Iraq. Stando qua per un lungo periodo mi rendo sempre più conto di quali siano le cause di questo odio crescente verso gli Stati Uniti e l'Occidente. In Sudan, ad esempio, gli USA hanno appoggiato in periodi alterni il governo o l'esercito ribelle, a seconda dei loro interessi in politica estera. E ora sono il paese straniero più coinvolto nei negoziati di pace che si stanno svolgendo a Machakos, qui in Kenya. Un po' perché il Sudan potrebbe essere un paese chiave nell'attuale "lotta al terrorismo", un po' perché da poco sono stati scoperti ricchi giacimenti petroliferi e di gas naturale nel sud del paese dove le guerra continua da 20 anni circa. Fossi un sudanese forse anch'io proverei un po' di odio contro chi per anni ha finanziato la guerra e ora viene a portare pace per propri interessi personali. E quante volte reggimi dittatoriali sono stati appoggiati in Africa per interessi internazionali. Quante volte l'autodeterminazione dei paesi africani è stata soverchiata dagli interessi stranieri. Quante volte la popolazione di uno stato africano non ha potuto scegliere per il proprio paese perché era già tutto deciso in qualche ufficio estero. A parer mio èproprio questo non lasciare liberi gli africani di scegliere che porta a una
completa divisione tra la popolazione e i governi. "Non c'è ancora una coscienza politica seria in Kenya" avevo scritto durante le elezioni. Ma forse è perché noi, paesi occidentali, continuiamo a decidere per loro, continuiamo a pensare che non siano in grado di autogovernarsi. E da questo che ora si sta diffondendo l'idea di un nuovo periodo coloniale, di uncontrollo politico dei paesi africani (su quello economico non c'è mai stata fine!), magari anche per sfruttare meglio le ricchezze di questo continente.
Da quaggiù sembra tutto più chiaro. E' più facile notare, osservare, capire come la politica estera occidentale e l'economia del nord agiscano in modisubdoli in paesi come quello in cui sono. Non vi è modo di imporsi. Mi rendo
conto come a volte serva l'intervento della società civile al nord per cambiare qualcosa al sud. Mi viene in mente il recente caso Nestlè in Etiopia. Se non ci fosse stata pressione in Europa da parte della società civile probabilmente il ricorso sarebbe stato vinto e milioni di dollarisarebbero passati da uno dei paesi in questo momento più poveri del mondo (a
causa di una delle peggiori carestie degli ultimi decenni) a una dellemultinazionali più ricche e potenti. La fortuna è stata che tutti i mezzi di
informazione (anche i più grossi) hanno fatto per una volta il loro dovere. Ma quanti episodi ogni giorni accadono nel silenzio più assoluto. Quanto la popolazione statunitense veramente sa dei comportamenti internazionale del loro paese. Quanto passa nelle nostre televisioni di ciò che accade nel mondo. E di quel poco, quanto è verità e quanto è al servizio di qualcuno o qualcosa. Il mese scorso ho letto un libro di Poe. Mi ha stupito una frase che ha scritto in uno dei sui racconti: "Dobbiamo tenere a mente che, ingenerale, fare sensazione, colpire le fantasie, per i nostri giornali, è più
importante che volere la verità. La verità è importante soltanto quandocoincide con la sensazione", o gli interessi di qualche potenza, aggiungerei
io. La cosa sorprendente è che il racconto è stato scritto da Poe nel 1841. E oggi, 160 anni dopo, in questa nostra epoca di democrazia non è cambiato nulla, anzi! Non so. Queste sono le cose che mi sono passate per la testa pensando a questo periodo di tensione che il mondo sta vivendo. Ora da quel che ne so pare che anche la Corea si stia facendo avanti per aumentare la paura e, così facendo, il potere di Bush e dei suoi seguaci. Mi rendo conto come sia facile in paesi come questo fomentare l'odio e cercare persone pronte a immolarsi per una propria guerra personale. Mi rendo conto come sia facile trovare un nemico da combattere, un nemico cherappresenti tutti i nemici di questo mondo "terzo". Gli Stati Uniti. Sono il
simbolo per eccellenza. E allora capisco quanto sia vero che finché non si cercherà di combattere le cause del terrorismo ci saranno sempre giovani pronti a farsi saltare in aria da qualche parte. Finché non ci sarà chiarezza e parità nelle relazioni internazionali ci saranno sempre "stati canaglia" che saranno pronti a utilizzare armi di distruzione di massa. Finché si parlerà di giustizia internazionale per celare azioni volte a interessi interni di una nazione e finché ci sarà qualcuno che si ungerà come paladino della giustizia e della civiltà nel mondo, non ci sarà pace. In questo momento di crisi per l'umanità intera non è sicuramente facile trovare la strada giusta per un futuro più sereno. L'unica certezza è che questa guerra non risolverà nulla. Come non ha risolto nulla quella in Afganisthan dove continuano a esserci scontri e cresce il timore di attentati alle forze di "pace" e dove il governo imposto dal Nord è riconosciuto solo da una minoranza della popolazione.Un po' mi viene voglia di cambiare cittadinanza. Magari divento tedesco... o
francese. A presto Un abbraccio a tutti Tuko Pamoja Carlo ---------------------------------------------------------------- Enrico Marcandalli (ramalkandy at iol.it) - http://www.peacelink.it ----------------------------------------------------------------
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