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Appello sos per i boscimani
- Subject: Appello sos per i boscimani
- From: "Paola Di Salvatore" <paola.disalvatore at regione.abruzzo.it>
- Date: Tue, 28 May 2002 16:56:32 +0200
Mi chiamo Paola e ho deciso, grazie al vostro sito, di inviarvi un relazione su ciò che accade nel silenzio del mondo ad un popolo che da 20.000 riesce a vivere nel deserto e che è costretto oggi a lasciare la propria terra anche con violenza per motivazioi economiche volute dallo stesso Stato. Si tratta dei boscimnai dello Stato del Botswana. Io ho avuto la fortuna di conoscere questa gente meravigliosa in un viaggio del febbraio 2002. spero che questo appello di solidarietà possa giungere a tutti. Vi ringrazio e attendendo un vos riscontro vi auguro buon lavoro, oltre che i complimenti sinceri per le vostre iniziative paola Relazione viaggio in Botswana 16 febbraio 2002 - 3 marzo 2002 " Incontrare i Boscimani" Quando il 16 febbraio 2002, in viaggio per il Botswana, sognavo finalmente l'incontro con i Boscimani, la gioia trasaliva dentro di me. I Boscimani, il popolo che da più di 20.000 anni riesce a sopravvivere alla difficoltà del deserto del Kalahari, immedesimandosi totalmente con la savana, immerso nella musica della natura, in una simbiosi quasi irreale, in un mondo di profonda spiritualità. I Boscimani sono gli abitanti originali del Botswana e dell'Africa meridionale e vivono da migliaia di anni nelle loro terre ancestrali, dichiarate riserva nazionale negli anni '60 con il nome di Central Kalahari and Khutse Game Reserves ( CKGR). La riserva fu istituita dal Governo stesso al fine di garantire una dimora ai Boscimani e tutelare la fauna e la flora da cui dipende la loro sopravvivenza. Abbiamo percorso più di 5000 Km durante la nostra permanenza: da Joannesburg al Kalahari Gemsbok National Park e di lì a Tsabong per entrare nel Botswana fino a Ganzi e di lì , attraverso il Central Kalahari and Khutse Game Reserves ( CKGR) fino a Gaborone e di nuovo a Joannesburg. Due settimane immergendoci integralmente nella natura, addormentandoci sotto il cielo stellato e svegliandoci ai primi albori dell'alba. Tutti in piedi a fare di nuovo i bagagli pronti per un'altra giornata di piena avventura, nella piena condivisione di una grande gioia alimentata da una natura affascinante, coinvolgente, dai ritmi unici e profondi. Dopo aver viaggiato per 7 giorni, dal 17 febbraio al 24 febbraio, tra estreme difficoltà, essendo il percorso per lo più di pista di sabbia, con lo sguardo immerso nelle dune rosse e nella savana, dai colori travolgenti e dai tramonti unici e suggestivi, dormendo ogni notte nell'ascolto degli sciacalli, iene e leoni che ci venivano a far visita nell'accampamento, eravamo trepidanti, non vedendo l'ora di poter abbracciare i famosi Boscimani e di poter condividere, anche se per poco, la loro ritualità. La sera del 24 febbraio 2002 a Ganzi eravamo tutti felici perché il mattino successivo, all'alba, saremmo partiti in direzione Xaka per entrare nel Central Kalahari and Khutse Game Reserves dove vivono i Boscimani, in un numero che credevamo essere di circa 50.000. All'alba del lunedì 25 febbraio 2002 partiamo alle ore 6,00 in direzione Xaka, a circa 72 Km da Xade, riuscendo a giungere verso le 23,00, dopo ripetuti insabbiamenti delle autovetture, a Xaka senza aver incontrato alcun boscimane. Quando siamo entrati nel Central Kalahari and Khutse Game Reserves nessuno avrebbe mai immaginato di trovare ciò che abbiamo vistoŠŠ Il giorno 26 febbraio 2002 si riparte verso le 7,00, per dirigerci al villaggio di Molapo, che si trova all'interno della Central Kalahari and Khutse Game Reserves, creato dalle autorità britanniche negli anni sessanta per tutelare i Boscimani. Giungiamo lì verso le ore 12,45 e la scena che si prospetta ai nostri occhi è agghiacciante. Non c'è più nulla. E' stato tutto distrutto ed appendiamo di poi che i Boscimani sono stati deportati una settimana prima dal villaggio per essere trasportatati a New Xade, un campo di concentramento. E' tremendo vedere ancora i segni di una popolazione lacerata e forzatamente divelta dalle proprie radici. Ci sono ancora i resti dei loro oggetti personali, delle scarpine di bimbo, testimonianza che ci sono anche dei bambini tra quelli trasportati via, ci sono oggetti di cucina e dei semi all'interno di un calmiere di legno di cui ho fatto due foto, dimostrazione che qualcuno stava lavorando mentre sono stati deportati di forza sicuramente contro la loro stessa volontà. E di poi, segni evidenti di volontaria distruzione delle loro capanne, sono ancora manifeste le tracce dei camion che impetuosamente hanno distrutto le fragili capanne fatte di semplici arbusti. La rabbia è sempre più crescente ma ciò che più rende il dolore soffocante è un immenso senso di impotenza che sopraggiunge in tutti noi. Io prendo alcuni quaderni e libri trovati tra la terra al fine di poter portare in Italia una testimonianza concreta ed evidente della barbarie che si sta compiendo, silenziosamente , contro i Boscimani. Il solo camminare tra i resti di paglia e arbusti, dove fino a dieci giorni prima c'era un villaggio ridente, con donne, bambini ed anziani; questi ultimi con la loro saggezza da tramandare ai discendenti in un tangibile e raro esempio di una famiglia patriarcale, mi opprimeva. Di poi, continuiamo il cammino e a circa cinquecento metri troviamo alla nostra destra dei camion con delle tende appostate e degli uomini di colore, non Boscimani, che indossano delle divise di colore verde. Hanno con loro anche una ragazza di colore. Sono tutti beatamente sdraiati sotto l'ombra ed al nostro arrivo ci chiedono chi siamo ma riconosciamo un ragazzo che la sera prima ci ha aiutato a liberare un'autovettura dalla sabbia e quindi ci lasciano perdere. Hanno l'acqua ed io riesco a fare le foto ai loro camion. Sono di Ghanzi ed hanno caricato alcune legna delle capanne dei Boscimani. Uno di loro ci dice che i Boscimani non ci sono più e che sono a New Xade. Non insistiamo oltre nelle domande poiché incominciano a insospettirsi. Ci chiedono come mai siamo lì e noi siamo costretti a mentire dicendo che ci siamo persi e che dobbiamo attraversare il deserto del Kalahari per andare fino a Gaborone. Continuiamo il viaggio e verso le 17,50 giungiamo a Metsiamonong. Lì troviamo ancora un villaggio dei Boscimani. Che meraviglia, ci sono delle caprette e degli asinelli, c'è un grande senso di solitudine e di tristezza, ma con senso di gioia qualcuno ci viene incontro. Bene, pensiamo, ancora non vengono a deportarli. Dalle umili capanne escono delle donne anziane vestite di soli stracci. Ci sono anche alcuni uomini, sono anziani. Sono molto impauriti e timorosi. Ci danno il permesso di accamparci vicino al loro villaggio. Mentre allestiamo il campo vediamo venirci incontro due ragazzi ed un bambino. Uno di loro March parla inglese in quanto è andato a scuola. Gli chiedo se conosce la terribile deportazione che si stà compiendo e lui mi risponde, con le lacrime agli occhi, che ne è a conoscenza e che non capisce il perché. Lui non vuole lasciare la sua terra e i suoi cari. Ci dice che anche lì hanno portato via gli uomini e le donne più giovani, e che da diversi mesi l'amministrazione locale ha sospeso le forme necessarie e primarie di assistenza di base, quale acqua e cibo, limitando fortemente anche il loro diritto alla caccia con provvedimenti di forte restrizione. E' terribile. E' una condanna a morte lenta e feroce. Mostro a March i quaderni che ho trovato a Molapo e la sua commozione è evidente. Molapo era il villaggio più grande del Central Kalahari and Khutse Game Reserves, in cui c'era la scuola. Ora non esiste più nulla, il villaggio di Molapo è stato totalmente distrutto e con esso anni e anni di storia e di tradizioni. Trascorriamo la notte vicino al villaggio di Metsiamonong, cantando con loro durante la sera, illuminati dal caldo volto della luna, intorno al loro tiepido e piccolo fuoco, mentre loro iniziano, timidamente, a danzare. Che immensa gioia. I loro occhi, la loro dolcezza e il loro linguaggio caratterizzato da una lieve musicalità. Non ho mai conosciuto un popolo così dolce. Al mattino seguente, prima di ripartire, li andiamo a salutare portando loro dei doni, acqua, cibo, vestiti, scarpe, Hanno bisogno di tutto e vivono nella totale indigenza. Le donne sono quasi totalmente svestite e prive di abiti nuovi. E' agghiacciante vedere un popolo così ridottoŠ. Il giorno dopo ci dirigiamo verso Gope, dato che prima di entrare al Central Kalahari and Khutse Game Reserves ci hanno detto che solo lì avremmo trovato altri Boscimani. Durante il percorso molta savana è stata distrutta da un incendio. Giungiamo a Gope verso le ore 16,00 e lì troviamo un punto di prospezione geologica di De Beers. Ci sono degli uomini di colore, dipendenti di De Beers, che insospettiti ci chiedono chi siamo e da dove veniamo nonché dove andiamo. Lo stesso discorso da parte nostra. Di poi ci rechiamo a vedere quanti Boscimani ci sono ancora e lì, ad un raggio di 500 metri in linea d'aria ma molti di più in macchina, quasi in una perimetrazione circolare ci sono in tutto 4 punti ciascuno con non più di due capanne con donne e bambini e pochi uomini. Le donne ed i bambini sono molto affamati e sofferenti. Diamo loro da mangiare e torniamo al mattino seguente per donare loro vestiti e cibo. La situazione è straziante. Mancano di tutto, cibo, vestiti, medicine. Ripartiti con il senso di angoscia e di impotenza di fronte ad un dramma che si consumava dinanzi ai nostri occhi ci dirigiamo verso GaboroneŠŠlungo il percorso non abbiamo incontrato più alcun Boscimane PER OGNUNO DI NOI QUALCOSA DI PROFONDO NELLE PROPRIA VITA E' CAMBIATO. NESSUNO POTEVA E PUO' FAR FINTA DI NON AVER VISTO O SENTITOŠŠŠ Oggi i Gana e i Gwi rischiano di essere rapidamente sterminati dallo stesso governo del Botswana, che da circa dieci anni ha iniziato a cacciare via dalla Riserva i Boscimani. Le autorità hanno cercato di limitare la caccia da cui dipende la sopravvivenza di questo popolo, giungendo fino alla tortura ed alla prigionia. Le loro abitazioni sono state rase al suolo. Molti Boscimani sono stati trasferiti in lugubri insediamenti dove non è possibile né cacciare né raccogliere bacche e radici. Un uomo Boscimane ha descritto questi campi come " luoghi di morte". I Boscimani devono essere tutelati dall'intera comunità internazionale. Nelle poche ore trascorse insieme ci hanno mostrato come loro sopravvivono, scavando la terra con le proprie mani al fine di trovare un tubero necessario come cibo, o insegnandoci ad individuare la pianta dalle cui foglie sgorga una gocciolina di acqua per dissetarsi. E' compito di ogni uomo difendere un altro uomo, lasciare intatta la libertà alla vita, e lottare per garantire il diritto inviolabile di abitare la propria terra Paola Di Salvatore
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