LAids non lo ferma Veltroni



TEMPI.
Rubrica: Esteri
Numero: 12 - 22 Marzo 2001

L’Aids non lo ferma Veltroni

L’unico paese povero dove l’Aids sta regredendo è l’Uganda. Merito della
mobilitazione dell’intera società più che delle campagne per l’uso dei
profilattici, non superiore a quello di altri paesi africani. Ma gli
ugandesi sono riusciti a far passare il messaggio circa la fedeltà di coppia
e la necessità di una minore precocità dei rapporti sessuali. Con buona pace
dei profeti del tutto-condom.

A Durban l’hanno cantato e ballato in tutti i modi. I fatti sono fatti, i
numeri sono numeri: l’Uganda è l’unico paese del terzo mondo dove l’epidemia
di Hiv/Aids sta regredendo. Mentre nel resto del mondo povero l’Aids si
espande, e gli infettati che là vivono sono ormai 34-35 milioni (cioè il 96
per cento del totale mondiale), in Uganda il morbo sta, dopo lunga
devastazione, lentamente ritirandosi: nei primi anni Novanta il tasso di
infezione fra la popolazione adulta era del 14 per cento, oggi è sceso all’8
per cento; fra le donne incinte la prevalenza dell’Hiv è diminuita del 54%
fra il 1991 e il 1998; nel gruppo di età 15-19 anni la sieropositività è
scesa dal 20,9 al 5,2%. Nello stesso arco di tempo paesi africani che
avevano tassi molto più bassi di quelli ugandesi sono saliti chi al 14
(Kenya), chi al 20 (Sudafrica e Zambia), chi addirittura al 35 per cento
(Botswana) di popolazione adulta infetta.

Non tutto è profilattico quel che funziona
Che cos’ha di diverso l’Uganda dagli altri paesi poveri, per poter mostrare
questo trend incoraggiante? Stando al Veltroni-pensiero, distillato nel suo
diarietto africano Forse Dio è malato, quella che ai tempi di Churchill fu
“la perla dell’Impero britannico” non dovrebbe poter vantare successi in
materia di Aids, perché lì la Chiesa cattolica, anacronisticamente ostile
alla promozione del preservativo, può contare su 9 milioni di fedeli, pari
al 44,5 per cento della popolazione, e ci sono pure 2 milioni di musulmani
che sicuramente non sono molto aperti in materia. E anche sul restante 45
per cento della popolazione non si può fare molto affidamento, perché sono
sì in buona parte protestanti, ma non tutti progressisti come piacerebbe al
nostro Walter. E allora? Allora forse la verità è un’altra: la verità è che
in Uganda tutta la società si è mobilitata contro l’infezione sin dalla fine
degli anni Ottanta, e che l’accento non è stato messo su un singolo fattore
di prevenzione, ma su tutti. Alla conferenza mondiale di Firenze del 1991 il
presidente ugandese Yoweri Museveni dichiarò dalla tribuna: «Ci viene detto
che un sottile pezzo di gomma ci protegge dalla morte sul nostro continente.
In paesi come il nostro, dove una madre spesso deve camminare 20 chilometri
per comperare un’aspirina per il figlio malato, il condom non sarà mai la
soluzione. Un ritorno alla nostra cultura tradizionale che enfatizzava la
fedeltà e la condanna dei rapporti pre ed extra-coniugali, questa è la
risposta alla minaccia dell’Aids: riaffermare pubblicamente il rispetto e la
responsabilità di ognuno nei confronti del prossimo». Parve la solita
sparata terzomondista contro l’Occidente colonialista, eppure dieci anni
dopo i fatti danno più ragione all’immarcescibile Museveni che ai vari
Veltroni, Aiuti, ecc.

Milioni di condom, cioè quasi niente
L’apporto del condom all’offensiva con cui l’Uganda sta lentamente
ricacciando indietro l’Aids è poco più che marginale. Il tasso di utilizzo
del profilattico è certamente aumentato di parecchie volte negli ultimi
anni, ma il suo contributo alla prevenzione dell’Aids resta modesto. «La
settimana scorsa –dice Giuliano Gargioni, medico chirurgo e responsabile Oms
per l’Africa orientale a Kampala- discutevo con la responsabile della
promozione del condom presso il ministero della Sanità ugandese. Vantava il
quasi raddoppio del numero dei profilattici distribuiti gratuitamente in
Uganda, da 6 a 10 milioni di pezzi, fra il ’95 e il ‘96. Le ho detto: “Con
una popolazione adulta sieropositiva all’8 per cento, hai idea di quanti
milioni di rapporti a rischio hanno luogo in Uganda ogni settimana?”. Mi
dispiace di averla fatta arrossire». Ma non è tutto: in Kenya, dove le
campagne di controllo delle nascite sono cominciate prima che in Uganda e
dove le distribuzioni gratuite di condom sono paragonabili a quelle ugandesi
(sono nel 1996 sono state sensibilmente superiori), la sieropositività è
aumentata: dal 9,9 per cento del 1994 al 14 per cento di oggi. In Kenya si
consumano preservativi come in Uganda, ma l’Aids cresce anziché diminuire: è
un fatto. Le vere briscole anti-Aids dell’Uganda si chiamano: riduzione del
numero dei partner sessuali, minore precocità del primo rapporto sessuale,
riduzione dell’incidenza delle malattie veneree (che facilitano di molto il
passaggio del virus). Non sono illazioni, ma fatti dimostrati da studi
scientifici. Alla conferenza di Durban è stato presentato uno studio dal
titolo molto esplicito, che in italiano suona così: “Analisi delle tendenze
dell’HIV e dati sul comportamento in Uganda, Kenya e Zambia: la diminuzione
della sieropositività in Uganda dipende più dalla riduzione del numero dei
partner che dall’uso del condom”. Risulta che fra il 1991 e il 1998 il tasso
di sieropositività registrato fra le utenti dei consultori di maternità in
Uganda è sceso dal 21,1 al 9,7%, mentre in Kenya è aumentato dal 14 al 19% e
nello Zambia è rimasto stazionario (19,1-19,2%). Quali diversità di
comportamento corrispondono a questi dati? L’autore, R. Stoneburner, aggrega
i dati di Kenya e Zambia e li raffronta a quelli dell’Uganda. Ci si
aspetterebbe che in Uganda, che registra il trend al ribasso, l’uso del
condom sia più forte: non è così. Il tasso di utilizzo costante del condom
fra gli ugandesi è del 16%, mentre quello medio di Kenya e Zambia è del 25%;
e il dato è ancora più marcato se si considerano i rapporti extraconiugali:
lì solo il 10,9% degli ugandesi usa il preservativo, contro il 45% di
kenioti e zambiani. Per raccapezzarsi non resta che indagare sui rapporti
extraconiugali: si scopre che in Uganda il tasso sarebbe sceso ormai al 5,1%
annuale, mentre negli altri due paesi è del 22%. Ergo…

Rapporti sessuali precoci = Aids
Le conclusioni di Stoneburner erano state anticipate in due studi di Unaids,
l’ente delle Nazioni Unite per la lotta all’Aids che non può essere
sospettato di eccessivi scrupoli in materia di etica sessuale. Il primo, del
maggio 1998, analizza i successi dell’Uganda evidenziando che accanto ad un
indubbio aumento del tasso di utilizzo dei condom da parte di uomini e donne
sessualmente attivi va rilevato un significativo cambiamento dei
comportamenti sessuali: una minore precocità dei rapporti, che ha visto
scendere dal 69 al 44% fra il 1989 e il 1995 il tasso dei ragazzi fra i 15 e
i 19 anni sessualmente attivi, e dal 74 al 54% fra le ragazze nello stesso
arco di tempo; e una maggiore fedeltà al partner, con una diminuzione dei
rapporti extraconiugali da un tasso del 22,6% nel 1989 a uno del 18,1 nel
1995. Un altro studio, del settembre 1999, raffronta le differenze di
comportamento sessuale in quattro città africane dove la prevalenza dell’
Aids è molto diversa: si va dal 3,3% di Cotonou in Benin al 31,9% di Ndola,
nello Zambia. Lo studio mette in risalto un legame fra la precocità delle
esperienze sessuali fra le ragazze e il tasso di sieropositività nel loro
gruppo di età. Si scopre che le adolescenti di Ndola hanno rapporti precoci
con uomini adulti, e che proprio fra loro l’incidenza delle malattie a
trasmissione sessuale, Aids compreso, è più alta che nelle altre città. Di
fronte a tanta evidenza, non resta che una banale domanda: perché in taluni
paesi, come l’Uganda, si registrano cambiamenti dei comportamenti a tutto
campo e in altri paesi no? Risponde Filippo Ciantìa, medico e responsabile
dei progetti della Ong italiana Avsi che nel paese che fu di Idi Amin vive
da vent’anni: «In Uganda, nonostante situazioni drammatiche, esistono
elementi positivi di coesione sociale. Esistono norme, leader civili e
morali riconosciuti e strutture di relazioni sociali attraverso cui
comunicare messaggi autorevoli. Quindi le campagne contro l’Aids basate sul
cambiamento dei comportamenti arrivano ai destinatari ultimi». Una lezione
da meditare per i profeti faciloni del tutto-condom.


di Casadei Rodolfo


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Perciò, ecco, la attirerò a me,
la condurrò nel deserto
e parlerò sul suo cuore.
Le renderò le sue vigne
e trasformerò la valle di Acòr
in porta di speranza.
Là canterà
come nei giorni della sua giovinezza,
come quando uscì dal paese d'Egitto.
 - Osea 2,16.17 -