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LAids non lo ferma Veltroni
- Subject: LAids non lo ferma Veltroni
- From: "Yunan" <yunan at tiscalinet.it>
- Date: Thu, 22 Mar 2001 09:52:13 +0100
TEMPI. Rubrica: Esteri Numero: 12 - 22 Marzo 2001 L’Aids non lo ferma Veltroni L’unico paese povero dove l’Aids sta regredendo è l’Uganda. Merito della mobilitazione dell’intera società più che delle campagne per l’uso dei profilattici, non superiore a quello di altri paesi africani. Ma gli ugandesi sono riusciti a far passare il messaggio circa la fedeltà di coppia e la necessità di una minore precocità dei rapporti sessuali. Con buona pace dei profeti del tutto-condom. A Durban l’hanno cantato e ballato in tutti i modi. I fatti sono fatti, i numeri sono numeri: l’Uganda è l’unico paese del terzo mondo dove l’epidemia di Hiv/Aids sta regredendo. Mentre nel resto del mondo povero l’Aids si espande, e gli infettati che là vivono sono ormai 34-35 milioni (cioè il 96 per cento del totale mondiale), in Uganda il morbo sta, dopo lunga devastazione, lentamente ritirandosi: nei primi anni Novanta il tasso di infezione fra la popolazione adulta era del 14 per cento, oggi è sceso all’8 per cento; fra le donne incinte la prevalenza dell’Hiv è diminuita del 54% fra il 1991 e il 1998; nel gruppo di età 15-19 anni la sieropositività è scesa dal 20,9 al 5,2%. Nello stesso arco di tempo paesi africani che avevano tassi molto più bassi di quelli ugandesi sono saliti chi al 14 (Kenya), chi al 20 (Sudafrica e Zambia), chi addirittura al 35 per cento (Botswana) di popolazione adulta infetta. Non tutto è profilattico quel che funziona Che cos’ha di diverso l’Uganda dagli altri paesi poveri, per poter mostrare questo trend incoraggiante? Stando al Veltroni-pensiero, distillato nel suo diarietto africano Forse Dio è malato, quella che ai tempi di Churchill fu “la perla dell’Impero britannico” non dovrebbe poter vantare successi in materia di Aids, perché lì la Chiesa cattolica, anacronisticamente ostile alla promozione del preservativo, può contare su 9 milioni di fedeli, pari al 44,5 per cento della popolazione, e ci sono pure 2 milioni di musulmani che sicuramente non sono molto aperti in materia. E anche sul restante 45 per cento della popolazione non si può fare molto affidamento, perché sono sì in buona parte protestanti, ma non tutti progressisti come piacerebbe al nostro Walter. E allora? Allora forse la verità è un’altra: la verità è che in Uganda tutta la società si è mobilitata contro l’infezione sin dalla fine degli anni Ottanta, e che l’accento non è stato messo su un singolo fattore di prevenzione, ma su tutti. Alla conferenza mondiale di Firenze del 1991 il presidente ugandese Yoweri Museveni dichiarò dalla tribuna: «Ci viene detto che un sottile pezzo di gomma ci protegge dalla morte sul nostro continente. In paesi come il nostro, dove una madre spesso deve camminare 20 chilometri per comperare un’aspirina per il figlio malato, il condom non sarà mai la soluzione. Un ritorno alla nostra cultura tradizionale che enfatizzava la fedeltà e la condanna dei rapporti pre ed extra-coniugali, questa è la risposta alla minaccia dell’Aids: riaffermare pubblicamente il rispetto e la responsabilità di ognuno nei confronti del prossimo». Parve la solita sparata terzomondista contro l’Occidente colonialista, eppure dieci anni dopo i fatti danno più ragione all’immarcescibile Museveni che ai vari Veltroni, Aiuti, ecc. Milioni di condom, cioè quasi niente L’apporto del condom all’offensiva con cui l’Uganda sta lentamente ricacciando indietro l’Aids è poco più che marginale. Il tasso di utilizzo del profilattico è certamente aumentato di parecchie volte negli ultimi anni, ma il suo contributo alla prevenzione dell’Aids resta modesto. «La settimana scorsa –dice Giuliano Gargioni, medico chirurgo e responsabile Oms per l’Africa orientale a Kampala- discutevo con la responsabile della promozione del condom presso il ministero della Sanità ugandese. Vantava il quasi raddoppio del numero dei profilattici distribuiti gratuitamente in Uganda, da 6 a 10 milioni di pezzi, fra il ’95 e il ‘96. Le ho detto: “Con una popolazione adulta sieropositiva all’8 per cento, hai idea di quanti milioni di rapporti a rischio hanno luogo in Uganda ogni settimana?”. Mi dispiace di averla fatta arrossire». Ma non è tutto: in Kenya, dove le campagne di controllo delle nascite sono cominciate prima che in Uganda e dove le distribuzioni gratuite di condom sono paragonabili a quelle ugandesi (sono nel 1996 sono state sensibilmente superiori), la sieropositività è aumentata: dal 9,9 per cento del 1994 al 14 per cento di oggi. In Kenya si consumano preservativi come in Uganda, ma l’Aids cresce anziché diminuire: è un fatto. Le vere briscole anti-Aids dell’Uganda si chiamano: riduzione del numero dei partner sessuali, minore precocità del primo rapporto sessuale, riduzione dell’incidenza delle malattie veneree (che facilitano di molto il passaggio del virus). Non sono illazioni, ma fatti dimostrati da studi scientifici. Alla conferenza di Durban è stato presentato uno studio dal titolo molto esplicito, che in italiano suona così: “Analisi delle tendenze dell’HIV e dati sul comportamento in Uganda, Kenya e Zambia: la diminuzione della sieropositività in Uganda dipende più dalla riduzione del numero dei partner che dall’uso del condom”. Risulta che fra il 1991 e il 1998 il tasso di sieropositività registrato fra le utenti dei consultori di maternità in Uganda è sceso dal 21,1 al 9,7%, mentre in Kenya è aumentato dal 14 al 19% e nello Zambia è rimasto stazionario (19,1-19,2%). Quali diversità di comportamento corrispondono a questi dati? L’autore, R. Stoneburner, aggrega i dati di Kenya e Zambia e li raffronta a quelli dell’Uganda. Ci si aspetterebbe che in Uganda, che registra il trend al ribasso, l’uso del condom sia più forte: non è così. Il tasso di utilizzo costante del condom fra gli ugandesi è del 16%, mentre quello medio di Kenya e Zambia è del 25%; e il dato è ancora più marcato se si considerano i rapporti extraconiugali: lì solo il 10,9% degli ugandesi usa il preservativo, contro il 45% di kenioti e zambiani. Per raccapezzarsi non resta che indagare sui rapporti extraconiugali: si scopre che in Uganda il tasso sarebbe sceso ormai al 5,1% annuale, mentre negli altri due paesi è del 22%. Ergo… Rapporti sessuali precoci = Aids Le conclusioni di Stoneburner erano state anticipate in due studi di Unaids, l’ente delle Nazioni Unite per la lotta all’Aids che non può essere sospettato di eccessivi scrupoli in materia di etica sessuale. Il primo, del maggio 1998, analizza i successi dell’Uganda evidenziando che accanto ad un indubbio aumento del tasso di utilizzo dei condom da parte di uomini e donne sessualmente attivi va rilevato un significativo cambiamento dei comportamenti sessuali: una minore precocità dei rapporti, che ha visto scendere dal 69 al 44% fra il 1989 e il 1995 il tasso dei ragazzi fra i 15 e i 19 anni sessualmente attivi, e dal 74 al 54% fra le ragazze nello stesso arco di tempo; e una maggiore fedeltà al partner, con una diminuzione dei rapporti extraconiugali da un tasso del 22,6% nel 1989 a uno del 18,1 nel 1995. Un altro studio, del settembre 1999, raffronta le differenze di comportamento sessuale in quattro città africane dove la prevalenza dell’ Aids è molto diversa: si va dal 3,3% di Cotonou in Benin al 31,9% di Ndola, nello Zambia. Lo studio mette in risalto un legame fra la precocità delle esperienze sessuali fra le ragazze e il tasso di sieropositività nel loro gruppo di età. Si scopre che le adolescenti di Ndola hanno rapporti precoci con uomini adulti, e che proprio fra loro l’incidenza delle malattie a trasmissione sessuale, Aids compreso, è più alta che nelle altre città. Di fronte a tanta evidenza, non resta che una banale domanda: perché in taluni paesi, come l’Uganda, si registrano cambiamenti dei comportamenti a tutto campo e in altri paesi no? Risponde Filippo Ciantìa, medico e responsabile dei progetti della Ong italiana Avsi che nel paese che fu di Idi Amin vive da vent’anni: «In Uganda, nonostante situazioni drammatiche, esistono elementi positivi di coesione sociale. Esistono norme, leader civili e morali riconosciuti e strutture di relazioni sociali attraverso cui comunicare messaggi autorevoli. Quindi le campagne contro l’Aids basate sul cambiamento dei comportamenti arrivano ai destinatari ultimi». Una lezione da meditare per i profeti faciloni del tutto-condom. di Casadei Rodolfo _______________________ Perciò, ecco, la attirerò a me, la condurrò nel deserto e parlerò sul suo cuore. Le renderò le sue vigne e trasformerò la valle di Acòr in porta di speranza. Là canterà come nei giorni della sua giovinezza, come quando uscì dal paese d'Egitto. - Osea 2,16.17 -
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