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GUERRA PER IL PETROLIO
- Subject: GUERRA PER IL PETROLIO
- From: "Yunan" <yunan at tiscalinet.it>
- Date: Tue, 27 Mar 2001 13:19:29 +0200
La Stampa - Martedì 27 Marzo 2001 GUERRA PER IL PETROLIO E FONDAMENTALISMO UNA APOCALISSE DIMENTICATA DELL’ AFRICA «Fermate il genocidio dei nuba» Un missionario denuncia la tragedia sudanese IL silenzio è un’arma di guerra come le bombe e i fucili. Despoti e occupanti se ne servono affinchè il loro operato si svolga senza clamore. I nuba, piccolo popolo sudanese, sono uccisi dal silenzio. Leni Riefenstahl, geniale regista degli anni trenta ammalata d’Africa, aveva acceso i riflettori per un attimo sulla loro statuaria bellezza. Oggi nessuno può portare la macchina fotografica nei «campi della pace». Perchè il governo di Karthoum li chiama proprio così: feroce ironia per definire i lager in cui vengono rinchiusi vecchi donne e bambini rastrellati nei villaggi, catturati sulle montagne di una delle regioni più belle e disperate dell’Africa. Nel Sudan le guerre, da vent’anni, sono come un gomitolo che si aggroviglia sempre più rendendo impossibile alla fine trovare il capo: il nord musulmano contro il sud cristiano e animista, la sharia come cappio per imporre il controllo economico e politico; e poi la lotta per il controllo dell’acqua, il Nilo, che si avvia a diventare una ricchezza strategica per cui vale la pena uccidere e morire; e ancora la vergogna della schiavitù praticata come ai tempi del Madhi e di Gordon Pascià. Ma la maledizione si chiama soprattutto petrolio. Via via che le prospezioni scoprono nuovi pozzi, l’ esercito nordista e musulmano sparge sempre più a sud, come una nube di cavallette, la sua jihad petrolifera. Il bottino è gigantesco: quattrocento milioni di dollari l’anno, e, ogni giorno, un milione di questi dollari serve per saldare le parcelle della guerra. Le popolazioni del sud, trascinate nei campi della pace, sono testimoni da eliminare: non devono vedere i tecnici delle compagnie (la PetroChina colosso di Pechino che per singolare combinazione è anche il principale fornitore d’armi al regime di Karthoum, ma anche canadesi e alcune delle sette sorelle camuffate dietro anonime partecipazioni azionarie) che perfezionano il grande saccheggio. Così due milioni di persone schiacciate tra i raid dell’esercito e il pugno di ferro dei guerriglieri che ne imitano spesso i metodi mortiferi, dipendono dall’aiuto umanitario. In tutto il sud, denuncia «African Medical And Research Foundation», ci sono dieci dottori e dieci ospedali scalcagnati per sei milioni di persone. Negli Stati Uniti congressisti legati ai fondamentalisti protestanti hanno appena inviato un ultimatum al presidente Bush perchè decida misure militari, come una «No fly zone» stile iracheno, per fermare il genocidio dei cristiani. Il Sudan, accusato di essere una retrovia accogliente per il terrorismo fondamentalista potrebbe diventare il Nuovo Grande Nemico. Padre Renato Kizito Sesana, missionaro comboniano, l’uomo che da tredici anni cerca di spezzare il cerchio di silenzio attorno al genocidio dei nuba, è scettico: «Il segretario di Stato Colin Powell ha definito il Sudan la più grande catastrofe umanitaria della storia. Ha ragione, ma è strano che lo abbia scoperto solo ora, dopo vent’anni di guerra civile? Non vorrei che il nuovo interesse americano fosse collegato alle nuove prospezioni petrolifere che alcune settinane fa hanno rivelato l’esistenza di giacimenti ancora più ricchi nel sud». Padre Renato più volte l’anno, quando la guerra ha fiammate di stanchezza, torna sulle montagne inzuppate di sofferenza in cui vive il suo popolo dimenticato. Grandi mazzi di bimbi lo festeggiano come un eroe disarmato, l’ unico che spezza il grande assedio della indifferenza. Con un aereo porta medicinali, sementi, libri per le scuole raccolti dalla organizzazione umanitaria «Amani». «Il regime ha considerato sempre le terre nuba zona proibita anche per le Nazioni Unite e le organizzazioni umanitarie - racconta - Solo pochi mesi fa l’Unicef ha ricevuto l’autorizzazione per una modesta campagna di vaccinazione. Queste sono terre fertilissime, che sfamano la capitale da sempre. Il regime del nord le ha tolte a questa popolazione di abili, tenaci contadini. Ma la colpa più grande dei nuba è qualla di essere musulmani che rifiutano il centralismo di Karthoum». Il padre comboniano, che è in Italia per cercare sostegno alla sua azione umanitaria, non crede che il nodo dela tragedia sudanese sia la religione: «Tra i nuba la gente porta contemporaneamente un nome cristiano, musulmano e tradizionale. Porre l’accento sul fattore religioso è un errore che alimenta e allarga questa tragedia. la tragedia del Sudan è un problema di diritti umani».
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