[Volontariato] Immigrazione e accoglienza - L'intervento di Orietta Antonini, presidente Cooperativa sociale Itaca



COSE DELL’ALTRO MONDO

Oppure ci diamo un’altra opportunità?

 

L’immagine in allegato è Mar Mediterraneo 2015, grazie a ph Francesco Malavolta© www.francescomalavolta.com/

 

 

PORDENONE - Quando nel 2011 uscì il film “commedia” Cose dell’altro mondo di Francesco Patierno, ispirato da un’altra pellicola – Un giorno senza messicani di Sergio Arau (2004) –, alcuni si indignarono criticandone, paradossalmente, il contenuto culturale. Era un film acutamente divertente che ipotizzava una – assurda appunto – realtà senza extracomunitari.

Peccato non averne tratto maggiori insegnamenti, sia sul piano culturale sia sul piano dell’analisi dei costi/benefici di medio e lungo periodo.

Il tema dell’immigrazione è trattato da anni come gestione dell’emergenza e questo sì che rende tutto assurdo oltre che insanabile.

Negli ultimi vent’anni i Paesi occidentali, Italia compresa, sono “intervenuti”, anche in palese violazione della nostra Costituzione, in imprese militari che non hanno portato in quei Paesi nessun progresso civile, sociale, economico. Il mondo globalizzato ci riguarda non solo quando il mercato ci consente, nel bene e nel male, di comunicare, di comprare, di vendere e produrre in tutto il mondo, di arricchirci, di appropriarci di beni a basso costo anche quando sappiamo che a farne le spese è la dignità di altre persone. I flussi migratori corrispondono sicuramente alle guerre, ma sono anche la conseguenza di modificazioni economiche, climatiche e sociali a cui anche noi, popoli occidentali, abbiamo contribuito.

Approcciare l’attualità come si sta facendo non solo è bestiale, ma è un errore anche in prospettiva, come peraltro quel film quasi comico raccontò.

Oggi non solo non riusciamo a capire, né a prevedere e quindi regolamentare, gli spostamenti dai Paesi in guerra (ammesso si possa fare una lista dei Paesi sicuri), ma dobbiamo tenere conto del fatto che chi scappa dalla miseria, accetta il rischio di morire per averci almeno provato.

Sicuramente i fatti recenti premono in modo particolare le regioni del sud Italia; sono stata per alcuni giorni in Sicilia dove ho potuto appurare anche una forte pressione del comparto sanitario interessato dalle emergenze conseguenti agli sbarchi.

Tutti i Comuni possono e quindi dovrebbero farsi carico dell’accoglienza, anche sul piano culturale, gestendo il consenso sociale, perché straniero non è sinonimo di pericoloso; ma non possiamo neanche sottovalutare la preoccupazione degli stessi rispetto alla oggettiva gestione dei tempi successivi alla prima accoglienza.

E, anche se non si arrestano i vergognosi esempi di chi sull’accoglienza ci specula, basta con gli attacchi alla Cooperazione; la stragrande maggioranza delle Cooperative stanno facendo un grande lavoro di accoglienza e integrazione, migliorabile, ma sono un’opportunità per le comunità, a volte l’unica possibilità. Sicuramente non sono il problema!

Le risposte approssimative di questi giorni, che mitizzano la costruzione di barriere e i rimpatri, non vanno in questa direzione e sono slogan falsi che alimentano inconsapevolezze e paure; oltre l’elemento umano, mancano accordi di riammissione, è inutile e costoso definirli clandestini ed infine è oggettivamente impraticabile, nel nostro Paese, la costruzione di un muro di settemila chilometri sulle coste.

Peraltro, se ammettiamo che le migrazioni – siano economiche o conseguenti a guerre – non sono un fenomeno reversibile, non ci sono oggi soluzioni praticabili che non prevedano l’elaborazione di un progetto ampio nel tempo, che tocchi tutte le articolazioni istituzionali, tutti gli aspetti economici, giuridici, culturali, diplomatici, nazionali, europei e internazionali. Né può essere un’alternativa contemplabile l’uso delle armi e della forza per difendere i confini, perché potrebbe diventare una guerra civile, sicuramente una guerra di in-civiltà.

Perciò, penso che ci si debba impegnare per far diventare la gestione di questa emergenza un’opera sociale e culturale, altrimenti tra qualche anno rischiamo di ritrovarci in una brutta storia di questo mondo.

 

Orietta Antonini

Presidente

Cooperativa sociale Itaca

 

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