L'AIA all'Ilva: cosa è e perché non piace agli ambientalisti



Su http://www.tarantosociale.org/tarantosociale/a/33377.html
potere trovare il testo dell'AIA (Autorizzazione Integrata Ambientale)
dell'Ilva. E' il Parere Istruttorio Conclusivo della Commissione IPPC. Ora
questo testo passa nelle mani del Ministro dell'Ambiente che può
migliorarlo o peggiorarlo.

Che cos’è A.I.A.

A.I.A. (Autorizzazione Integrata Ambientale) è un provvedimento che
autorizza l’esercizio di un'industria a patto che adotti le migliori
tecnologie disponibili e riduca l'inquinamento.

Ciò nonostante nell'AIA Ilva non sono stati recepiti i seguenti 10 punti
irrinunciabili indicati da Altamarea.

1.      La massima capacità produttiva da autorizzare non può essere molto
diversa dal massimo storico ottenuto in 50 anni di esercizio dello
stabilimento e dal dato di 10,5 milioni di tonn/anno universalmente
attribuito al centro siderurgico di Taranto dall'epoca del raddoppio negli
anni '70. Recentemente il prof. Federico Pirro, noto "storico" dell'Ilva
di Taranto, tra l'altro autore di oltre 120 pagine su "La siderurgia
europea e mondiale dal secondo dopoguerra ad oggi" del patinato ed
elegantissimo volume "La civiltà del ferro. Dalla preistoria al III
millennio", edito da Olivares in occasione del cinquantenario della
fondazione del Gruppo Riva, scrive a pag. 20 del settimanale WEMAG del 16
giugno 2011: "Taranto vede in esercizio il gigantesco Siderurgico del
Gruppo Riva che, con i suoi 11.695 addetti diretti e una capacità
installata di 11,5 milioni di tonnellate di acciaio grezzo, è la più
grande fabbrica manifatturiera d'Italia e il maggior centro siderurgico a
ciclo integrale d'Europa". La massima capacità produttiva di 15 milioni di
tonnellate indicata da Ilva è inaccettabile.

2.      La durata dell'AIA può essere di 5 anni e non 6 perchè il
Certificato di qualità presentato non copre le attività dell'area a caldo
che provoca il 90% dell'inquinamento ma copre solo le attività del ciclo
integrale dalle bramme di colata continua in poi. Deve contare la realtà
delle cose, non gli arzigogoli e le ambiguità di qualche manipolatore.

3.      Lo stabilimento non può essere autorizzato a esercire impianti
privi di Certificato Prevenzione Incendi e di nulla osta di analisi di
rischio di incidenti rilevanti, di chiunque sia la responsabilità del
mancato rinnovo o rilascio. Sarebbe da irresponsabili, forse penalmente
perseguibili, continuare a mantenere in esercizio impianti privi di CPI e
di nulla osta, che sono i pilastri su cui si basa la sicurezza nei
confronti dei cittadini e dei lavoratori.

4.      Le emissioni della diossina vanno controllate in continuo e non
solo al camino E312 ma anche intorno a elettrofiltri, raffreddatori, ecc..
Le emissioni vanno assoggettate non al rispetto dell'assurda media annuale
calcolata sulla base di campagne di poche decine di ore sulle 8760 ore di
un anno di esercizio, ma, come per il PM10, va fissato il numero massimo
di splafonamenti della concentrazione fissata, superato il quale scatta
immediatamente l'arresto dell'impianto per il tempo necessario ad attivare
provvedimenti tecnici ed operativi che evitino gli splafonamenti.

5.      Va fissato anche il limite quantitativo annuo delle emissioni
complessive degli inquinanti indicati nella dichiarazione INES, fissando
un programma di progressiva ma drastica riduzione nel tempo..

6.      Il controllo del B(a)P va fatto non solo sul perimetro esterno ma
anche sugli impianti all'interno dello stabilimento, fissando un limite
emissivo di 150 ng/mc sul piano coperchi della cokeria (limite adottato in
Francia). I lavoratori addetti sono i più esposti a quel micidiale
inquinante definito cancerogeno di 1° livello dall'OMS. Sui parametri da
rispettare vale lo stesso concetto indicato per la diossina, cioè non solo
valori medi ma anche numero di splafonamenti e quantità annue in assoluto
emesse. In parallelo va prescritta la delocalizzazione del 50% della
cokeria nel corso della durata dell'AIA e del restante 50% nella prossima
tornata.

7.      Il controllo e monitoraggio degli inquinanti nei reflui idrici non
va effettuato sugli sbocchi a mare, dove tutto è diluito, ma sulle acque
di processo degli impianti non diluite da acque di raffreddamento,
piovane, ecc. e prima che confluiscano nelle condutture che poi arrivano
agli scarichi a mare. Inoltre vanno fissati i quantitativi massimi di
inquinanti scaricati, in funzione delle concentrazioni fissate e dei
flussi totali finali.

8.      Deve essere prescritta la copertura dei parchi primari senza il
balletto degli studi di fattibilità a babbo morto. Le tecnologie esistono
già, si tratta di deciderne l'impiego come ci risulta che stiano facendo
per coprire i carbonili di ENEL Brindisi.

9.      La bonifica dei siti inquinati deve essere prescritta alla luce
delle recenti determinazioni assunte dalla Regione Puglia.

10.  In caso di inosservanza delle prescrizioni dell’AIA, il gestore deve
essere fortemente sanzionato. Non sono accettabili provvedimenti di tipo
dilatorio ma si devono pretendere provvedimenti risolutivi, fino al fermo
dell’impianto che all’interno dello stabilimento dovesse violare le
prescrizioni dell’AIA.


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