"Il Comitato per Taranto: un pungolo continuo la sua azione incessante"



Sul numero 2 della rivista "la Voce del Popolo", Antonuccio Silvestri
firma un articolo intitolato "la società liquida si lascia suicidare".
Alle associazioni ambientaliste e al Comitato per Taranto, in
particolare, l'autore assegna il merito di aver saputo "alzare il
livello di sensibilità al problema della lotta all'inquinamento".

Per consultare il blog del Comitato per Taranto:
http://comitatopertaranto.blogspot.com


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Inquinamento da emissioni industriali: Regione contro Governo. E i
tarantini? A braccia conserte, o quasi.



E’ conoscenza diffusa e accettata, quindi scienza, che il rapporto tra
l’uomo e l’ambiente è uno dei determinanti fondamentali dello stato di
salute della popolazione.
Da qui la gravità del rischio sanitario correlato alle matrici
ambientali. Ne deriva la necessità di valutare i problemi sia dal punto
di vista dello stato di salute che della qualità dell'ambiente.

In generale, la prevenzione - o la lotta nei casi già gravemente
compromessi- delle malattie che si originano dalla qualità dei fattori
ambientali richiede un vasto sforzo combinato che va dalle azioni sui
comportamenti e gli stili di vita alle tecniche produttive industriali e
alle misure istituzionali che consentono di garantire la sicurezza delle
popolazioni esposte ai rischi ambientali.

Tale esigenza assume un particolare rilievo per Taranto, Statte,
Crispiano, Massafra e Montemesola ghettizzati in “area ad elevato
rischio di crisi ambientale”: gli studi epidemiologici evidenziano una
espansione dello stato di morbilità ed una crescita degli indici di
mortalità correlati al grado di inquinamento dell'aria, dell'acqua e del
suolo con registrazione di tutti i tipi di tumore e, in particolare, di
tumori al polmone e della pleura, della vescica, del sistema
emolinfopoietico e della pelle, nonché di patologie non neoplastiche
dell'apparato respiratorio e cardiovascolare.
Tutto questo nonostante i numerosi piani di disinquinamento, la
creazione del registro tumori dell'area jonico-salentina, eccetera.
E gli effetti sono “vissuti”(si fa per dire) e sofferti sulla propria
pelle, i propri organi, la propria salute e la propria vita. A Taranto,
si sa, si vive una realtà in cui l’intera comunità condivide una
condizione di fragilità e di vulnerabilità che giunge a modificare il
profilo identitario e, in modo anche importante, la qualità della vita.

Le contromosse. Prendiamo l’accordo di programma con Ilva per la
bonifica dell'area industriale di Taranto in discussione tra Governo,
Regione, enti locali e industriali. Valore dell'investimento: 200
milioni di euro di cui un terzo a carico della Regione e il resto a
carico del governo che può rivalersi sugli imprenditori inadempienti.
Cosa prevede: la caratterizzazione e l’eliminazione dei fattori
inquinanti al fine di realizzare la riqualificazione ambientale
dell'area interessata dall'industria siderurgica.

Bene, la Regione con i suoi organismi tecnici (Arpa) e i suoi organi
politici (presidente e assessore all'ecologia) richiede un abbattimento
della concentrazione di diossina al di sotto di un nanogrammo rispetto
ai 3,5 ritenuti compatibili dall'azienda siderurgica. Sappiamo che
l'apparato tecnico del Ministero dell'Ambiente ha contestato i dati
dell'agenzia regionale e che in difesa della posizione pro-aziendale è
sceso in campo lo stesso Ministro Stefania Prestigiacomo (niente
considerazioni sulla sensibilità umana e politica).

Ora, se nel Friuli hanno imposto un limite di 0,4 nanogrammi alla
diossina vuol dire che è tecnologicamente possibile. E' solo questione
di soldi, o meglio di aver voglia di investire una fetta superiore degli
utili che Ilva si ritaglia su Taranto, per far vivere meglio i
tarantini.
In questa città, però, le barricate non le fa nessuno.
E bisogna accontentarsi dell'azione, incisiva ma purtroppo non
vincolante, delle associazioni ambientaliste.
La settimana scorsa sono andate a protestare anche sotto i cancelli
dello stabilimento siderurgico durante l’ispezione effettuata dai
rappresentanti degli enti locali.

Il Comitato per Taranto (un pungolo continuo la sua azione incessante)
ha, se non altro, alzato il livello di sensibilità al problema e fornito
informazioni spesso sconosciute a chi va poi a sedersi ai tavoli in cui
sono prese le decisioni.
Una nuova coscienza sta formando l’associazione “Bambini contro
l’inquinamento” creata dal pediatra Giuseppe Merico che porta sotto le
sue insegne centinaia di ragazzini e sfila nelle strade del quartiere
Tamburi, il più esposto alle polveri dell'Ilva.
I tarantini, però, pretendono azioni e atteggiamenti più netti anche dai
propri amministratori.
Comune e Provincia sembrano più accomodanti anche se esibiscono chiusure
drastiche di fronte ai tentennamenti aziendali, ai suoi ritardi, ai suoi
silenzi.
Ma c’è da capire gli enti locali: il legame tra sviluppo, occupazione e
ambiente li strangola.
La Regione, che sta a Bari, mostra la faccia feroce e ha detto chiaro e
tondo che non rilascerà l’autorizzazione integrata ambientale se la
diossina non si abbasserà al livello di un nanogrammo.
Che resta un valore simbolico, ma sarebbe meglio se arrivasse a 0.5. E
Taranto? Mancano alla classe politico-dirigenziale, generalmente intesa
- anche nei tempi operativi, visto che la questione Ilva e simili non
nasce certo con patron Riva - volontà e forza identitarie.
Tutto ciò ha un nome: il sociologo polacco-britannico Zygmunt Barman,
quando esamina e definisce, la condizione attuale delle comunità, usa
l’immagine di “società liquida”, non in grado cioè di indignarsi, di
ridefinirsi, di consolidarsi.

Antonuccio Silvestri