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L'accusa è di “procurato allarme” e di “notizie esagerate e tendenziose”

--- Ecco perché siamo stati querelati ---

Il nostro “dossier mercurio” ha innervosito il più importante imprenditore
dell'acciaio che ha chiesto l'avvio di un procedimento penale



Un esplosivo "dossier mercurio" ha fatto andare su tutte le furie il più
importante industriale italiano dell'acciaio: Emilio Riva. Il presidente
dell'Ilva, ha così querelato Francesco Sorrentino (Uil Taranto), Giulio
Farella (Comitato contro il rigassificatore) e... anche me. Ma cosa
avevamo fatto di male? In una conferenza stampa avevamo presentato un
dossier con dati (mai resi prima noti) relativi alle emissioni di mercurio
del colosso siderurgico di Taranto. Una stima complessiva di oltre due
tonnellate di mercurio in aria e in acqua nel solo 2005. Per la
precisione: 1385 chili in aria e 665 in acqua. Il tutto documentato con il
database INES (Inventario delle Emissioni e loro Sorgenti). Il dossier è
scaricabile da www.tarantosociale.org e le informazioni hanno fatto il
giro del web. Per Riva scatterebbe l'art. 656 del codice penale
(“pubblicazione o diffusione di notizie false, esagerate o tendenziose,
atte a turbare l'ordine pubblico”) e anche l'art.  658 del codice penale
(“procurato allarme”).

Ma andiamo con ordine. Partiamo dai dati.  Essi catapultano l'Ilva di
Taranto al vertice della classifica nazionale, precisamente a quota  49,1
% delle emissioni complessive nazionali di mercurio in atmosfera
inventariate dall'INES e a quota  62,5 % per le emissioni in acqua.

Passiamo quindi all'accusa di “falso allarme” e di “tendenziosità” dei dati.

L'obiezione di Emilio Riva è che tali dati siano solo delle “stime” e non
dei “dati reali”. Ma questo il dossier lo specifica molto bene. Ma secondo
Riva essi sarebbero “il fuorviante frutto di una ricerca effettuata su
parametri fittizi costituiti da limiti di rilevabilità mai superati
dall'azienda ed in particolare effettuando una mera stima delle emissioni
di sostanza inquinante”. Riva ritiene che i dati diffusi siano di “portata
esagerata e tendenziosa”, proprio perché i dati sarebbero fondati su stime
statistiche. In sostanza ritiene che le oltre due tonnellate di mercurio
stimate - tra emissioni in aria e emissioni in acqua nel 2005 - sarebbero
"dati non reali" ma solo "il frutto di un calcolo previsto per legge". Sì,
ma da quel calcolo uscivano le due tonnellate. E chi ha fornito “per
legge” le informazioni per quel calcolo? L'Ilva. E' un vero paradosso
essere stati querelati per aver citato calcoli basati su dati forniti
dall'Ilva.

E ora arriviamo al mercurio. Anche a piccole dosi può danneggiare il
sistema nervoso e provocare ritardi di sviluppo nei bambini. Può avere
conseguenze negative sul cuore e i reni. Non ne parliamo sul feto. Il
mercurio si concentra pe “bioaccumulazione” nei pesci predatori (pesce
spada, tonno, ecc). Il Parlamento europeo ha approvato una direttiva per
sostituirlo persino nei termometri.

E infine vediamo la fonte dei dati. Se avete Internet andate sul sito 
dell'APAT (Agenzia Protezione Ambiente e Servizi tecnici):
http://www.eper.sinanet.apat.it
La ricerca sulla stima delle emissioni dell'Ilva si avvia in particolare
da questo indirizzo
http://www.eper.sinanet.apat.it/site/it-IT/Registro_INES/Ricerca_per_complesso_industriale
Basta inserire la parola "Ilva" e appaiono i dati statistici sul mercurio
diffusi nel nostro dossier.

Alessandro Marescotti
a.marescotti at peacelink.it

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Dal codice penale

Art. 658 - Procurato allarme presso l'Autorità

Chiunque, annunziando disastri, infortuni o pericoli inesistenti, suscita
allarme presso l`Autorità, o presso enti o persone che esercitano un
pubblico servizio è punito con l`arresto fino a sei mesi o con l'ammenda
da lire ventimila a un milione.

Art. 656 - Pubblicazione o diffusione di notizie false, esagerate o
tendenziose, atte a turbare l'ordine pubblico

Chiunque pubblica o diffonde notizie false, esagerate o tendenziose, per
le quali possa essere turbato l'ordine pubblico, è punito, se il fatto non
costituisce un più grave reato, con l'arresto fino a tre mesi o con
l'ammenda fino a euro 309.



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Alessandro Marescotti
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