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educazione alla legalita' - una guida on line





Educazione alla legalità 


Documentazione su Internet 
e
riferimenti normativi



"Quando mancano criteri orientativi condivisi e motivazioni forti alla
progettazione del futuro, si assiste alla caduta del senso e della voglia
di vivere, o, all'opposto, ad una smania di vivere priva di ragioni e di
limiti, e perciò caratterizzata da edonismo, violenza, cinismo,
disinteresse per la vita degli altri, per l'educazione e per la sorte delle
istituzioni e dei posteri, in una parola per il futuro". 
Ministero Pubblica Istruzione, allegato alla Direttiva n. 58 dell'8
febbraio 1996


Ricerca a cura di Alessandro Marescotti
Docente dell'Istituto Tecnico Industriale Righi di Taranto
marescotti@itisrighi.net



 
Cosa è l'educazione alla legalità

La circolare del MPI n. 302 del 25 ottobre 1993 definisce così le finalità
dell'educazione alla legalità:

"Educare alla legalità significa elaborare e diffondere una autentica
cultura dei valori civili. Si tratta di una cultura che: 
- intende il diritto come espressione del patto sociale, indispensabile per
costruire relazioni consapevoli tra i cittadini e tra questi ultimi e le
istituzioni; 
- consente l'acquisizione di una nozione più profonda ed estesa dei diritti
di cittadinanza, a partire dalla consapevolezza della reciprocità fra
soggetti dotati della stessa dignità; 
- aiuta a comprendere come l'organizzazione della vita personale e sociale
si fondi su un sistema di relazioni giuridiche; 
- sviluppa la consapevolezza che condizioni quali dignità, libertà,
solidarietà, sicurezza, non possono considerarsi come acquisite per sempre,
ma vanno perseguite, volute e, una volta conquistate, protette. 
Un itinerario formativo di tal genere deve proporsi in primo luogo la
valorizzazione della posizione/responsabilità della scuola, intesa come
terreno privilegiato di cultura per qualsiasi attività educativa. 
Peraltro il ruolo centrale della scuola appare ancor più evidente rispetto
alle finalità di educare i giovani alla legalità, in considerazione del
fatto che la scuola è normalmente la prima fondamentale istituzione, dopo
la famiglia, con cui essi si confrontano e su cui misurano immediatamente
l'attendibilità del rapporto tra le regole sociali e i comportamenti reali. 
Infatti per i giovani le istituzioni si presentano con il volto della scuola. 
È necessario allora che la scuola offra ai giovani l'immagine coerente di
"luogo" dove i diritti e le libertà di tutti, nel reciproco rispetto,
trovano spazio di realizzazione, dove le aspettative dei ragazzi ed un
equilibrato sviluppo culturale e civile non vengano frustrate". 


Centro Cultura Legalità Democratica della Regione Toscana

Un sito Internet di riferimento nazionale per l'educazione alla legalità è
quello realizzato dalla Regione Toscana e che ha come indirizzo:
http://www.regione.toscana.it/cld/legalita/introduzione.htm
Qui è illustrato il programma del Centro Cultura Legalità Democratica della
Regione Toscana. Uno dei suoi scopi principali è quello della rilevazione e
diffusione nazionale delle esperienze di educazione alla legalità ed alla
democrazia svolte dalle scuole e dalle associazioni. In collaborazione con
l'associazione Libera, tale esperienza è stata avviata con delibera Giunta
Regionale Toscana n° 1191 del 16-9-1996. 
La rilevazione muove dalla volontà di conoscere e far conoscere ad un
pubblico sempre più ampio le esperienze e le attività della scuola e del
mondo dell'associazionismo e di favorire la realizzazione di una rete di
cooperazione e di reciproco scambio tra insegnanti e operatori che lavorano
in territori e ambienti sociali diversi. L'oggetto della rilevazione sono
le attività di educazione alla legalità democratica, cioè attività che, per
contenuti, metodologie, modalità di realizzazione e ambiti relazionali
siano riconducibili alla "formazione del cittadino", compito primario
dell'attività educativa. Ad esempio: 
o osservazione e analisi del proprio contesto di vita quotidiana
o studio dei fenomeni e dei comportamenti criminali e di illegalità diffusa
o conoscenza e pratica dei diritti e doveri del cittadino
o miglioramento delle relazioni affettive e di comunicazione
insegnanti/studenti/genitori
o rapporto scuola/ambiente sociale extrascolastico 

Riferimenti normativi per l'educazione alla legalità (circolare 302 MPI
25/10/93, leggi regionali, ecc.) sono presenti all'indirizzo Internet:
http://www.regione.toscana.it/cld/legalita/riferimenti.normativi.htm
Presso il Centro Cultura Legalità Democratica della Regione Toscana
(cld@regione.toscana.it) può inoltre essere richiesto materiale informativo
e documentario sull'educazione alla legalità, il catalogo della banca dati
del Centro (in versione cartacea e cd rom) e una serie di informazioni
sulle attività censite. Per contatti i riferimenti sono:
Centro Cultura Legalità Democratica della Regione Toscana
cld@regione.toscana.it
Tel. 055 4384104 - Fax 055 4384100


LIBERA

Il Centro Cultura Legalità Democratica della Regione Toscana è sorto i
collaborazione con l'associazione Libera, il cui sito è http://www.libera.it/
Libera è un coordinamento di associazioni contro la mafia, con finalità di
educazione alla legalità, il cui presidente è don Luigi Ciotti.
Vicepresidenti sono Rita Borsellino, Enrico Fontana e Gabriella Stramaccioni.
Esiste un'apposita pagina di questo sito dedicata all'educazione alla
legalità:
http://www.libera.it/educalegalita/educlegalita.html
Libera organizza iniziative di educazione alla legalità democratica in
tutta Italia: corsi d'aggiornamento per docenti e per operatori di
associazioni, corsi di sensibilizzazione per genitori, attività con gli
studenti, convegni, pubblicazioni. Ha stipulato accordi e convenzioni con
le istituzioni (provveditorati, comuni, Ministero della pubblica
istruzione). Dal 1996 ad oggi, oltre 10.000 insegnanti hanno partecipato
alle occasioni promosse da Libera, aggiornandosi su temi che riguardano la
mafia, la criminalità organizzata, la democrazia, le ecomafie, la
convivenza democratica, l'autonomia scolastica e l'educazione alla
cittadinanza, la storia contemporanea, lo sport.
Libera ha promosso, in collaborazione con la Regione Toscana, una Banca
dati che raccoglie oltre 900 progetti educativi finalizzati alla formazione
del cittadino, realizzati in tutta Italia da scuole e da associazioni. Tale
banca dati per l'educazione alla legalità è consultabile all'indirizzo:
http://www.idg.fi.cnr.it/CLD/catalogo/ricerca.guidata.clded.htm
In collaborazione con la Regione Toscana, e con l'IRSSAE Toscana, Libera ha
promosso Elegia, un progetto di aggiornamento innovativo nei metodi che ha
coinvolto circa 20 scuole toscane.


Narcomafie

Una rivista che nasce su impulso dell'attività antimafia e antidroga di don
Luigi Ciotti è Narcomafie:
http://www.narcomafie.it/
un mensile di informazione, analisi e documentazione del Gruppo Abele
http://www.arpnet.it/abele/


Ministero della Pubblica Istruzione

Sul sito del Ministero della Pubblica Istruzione esistono due riferimento
specifici all'educazione alla legalità. 
Il primo è  
http://www.istruzione.it/news/2000/arma_00.htm
Esso riguarda l'iniziatica del Comando Generale dei Carabinieri che ha
comunicato al Ministero P.I. che i Comandi Provinciali dell'Arma hanno
sottoposto all'attenzione dei Direttori degli Uffici Scolastici Regionali e
dei Provveditori agli Studi, la possibilità di proporre alle istituzioni
scolastiche una serie di incontri con gli studenti delle scuole medie e del
quarto anno delle scuole secondarie superiori allo scopo di sensibilizzare
i giovani alla "cultura della legalità". 

Il secondo è questo:
http://www.istruzione.it/news/2000/lega_00.htm
Dal Parlamento è stato realizzato per le scuole un dossier sul fenomeno
della mafia e le altre associazioni criminali. Si intitola "Conoscere le
mafie. Costruire la legalità", il libro redatto dalla Commissione
parlamentare antimafia e destinato alle scuole per sostenerne il lavoro di
educazione civica delle giovani generazioni e costruzione della cultura
della legalità. 
La pubblicazione di questo sussidio didattico rientra tra le iniziative
previste nel protocollo d'intesa siglato dal ministero della Pubblica
Istruzione e la Commissione antimafia, al fine di inserire il tema della
lotta alle mafie nei piani dell'offerta formativa degli istituti
scolastici, come una delle attività dirette alla formazione del cittadino. 
"Lottare contro le mafie - si legge nella lettera indirizzata ai capi
d'istituto dal presidente della Commissione antimafia, on.Giuseppe Lumia, e
dal ministro Tullio de Mauro - implica agire contemporaneamente sia sul
versante repressivo, con magistrati ed investigatori qualificati, sia sul
versante preventivo, con la collaborazione determinante di una scuola
capace di educare le giovani generazioni ai valori della democrazia, della
legalità, della solidarietà, della pace e della giustizia".
La pubblicazione offre una rassegna delle varie realtà mafiose nella
distribuzione geografica e nelle specificità territoriali - le diversità
tra Cosa Nostra e Stidda, tra Sacra Corona Unita e 'Ndrangheta e Camorra e
le diverse organizzazioni - insieme alle implicazioni finanziarie e
giuridiche. Il libro inoltre illustra le rotte del narcotraffico, i
collegamenti internazionali e gli strumenti di cui lo Stato si è dotato per
contrastare il fenomeno eversivo. 
Il dossier è stato inviato a tutte le scuole di ogni ordine e grado.


VARIE

Da segnalare è la presenza su Internet di molteplici pagine web realizzate
da varie scuole e tutte centrate sull'educazione alla legalità, spesso
inserite nel POF (Piano dell'Offerta Formativa). Una segnalazione per tutti
è il Progetto "Perché l'Educazione alla legalità?" lanciato a Bologna:
http://www.bo.arci.it/progetto_legalita2.html

Infine un sito di interesse giuridico generale è Istituto per la
Documentazione Giuridica del CONSIGLIO NAZIONALE DELLE RICERCHE Via
Panciatichi, 56/16 - 50127 Firenze - Tel. 055 43995, sito Internet:
http://www.idg.fi.cnr.it/
 
ALLEGATI

Ministero della Pubblica Istruzione 
Circolare n. 302 del 25 ottobre 1993 
EDUCAZIONE ALLA LEGALITÀ 
Il contesto storico-sociale nel quale la scuola italiana si trova
attualmente ad operare, richiede da parte di tutti gli operatori scolastici
una sempre più rigorosa e puntuale attenzione per alcuni aspetti assai
preoccupanti delle vicende nazionali, che sembrano registrare una obiettiva
diminuzione della consapevolezza del valore della legalità. 
Ciò va collegato principalmente alla crisi di valori, alla quale anche il
Capo dello Stato ha fatto riferimento in un suo saluto al mondo della
scuola, con un'analisi dolorosa, che lo ha indotto a parlare di "delitti
atroci in Patria con la morte di persone che avevano posta la loro vita al
servizio della comunità, dello Stato; uomini investiti di responsabilità
pubblica colpiti dalla legge perché prevaricatori, profittatori, disonesti:
esempi desolanti di crisi di valori morali". 
Pertanto, la responsabilità, che la scuola si è sempre assunta, di educare
i giovani alla società, assume oggi aspetti di particolare coinvolgimento e
va concretizzata in un rafforzamento di educazione alla legalità. 
La lotta alla mafia 
Un'emergenza speciale della nostra società è certamente costituita dal
fenomeno mafioso e dalle altre forme di criminalità organizzata. 
Occorre prendere atto della circostanza che la mafia si pone, rispetto al
tessuto sociale del Paese, come una comunità che, al suo interno, ha
sostituito alle regole del diritto quelle della sopraffazione e della
violenza e che tali regole intende proiettare al di fuori di se stessa. 
Di fronte ad una situazione del genere, la scuola ha il dovere di
promuovere prima una riflessione e poi un'azione volta alla riaffermazione
dei valori irrinunciabili della libertà, dei principi insostituibili della
legalità. 
La scuola, in collaborazione con le altre istituzioni competenti e
responsabili, deve pertanto ricercare e valorizzare le occasioni più
propizie per avviare un processo di sempre più diffusa educazione alla
legalità, come presupposto etico e culturale di una contrapposizione decisa
a tutti i fenomeni di criminalità. 
L'educazione alla legalità si pone non soltanto come premessa culturale
indispensabile ma anche come sostegno operativo quotidiano, poiché soltanto
se l'azione di lotta sarà radicata saldamente nelle coscienze e nella
cultura dei giovani, essa potrà acquisire caratteristiche di duratura
efficienza, di programmata risposta all'incalzare temibile del fenomeno
criminale. 
La lotta alla mafia rappresenta quindi, oltre che un'occasione specifica di
traduzione in termini concreti dell'educazione alla legalità, anche una
verifica operativa di un processo formativo che è destinato a creare, in
tutti i cittadini, una forte cultura civile e ad inserire nel circuito
democratico persone sempre più coscienti dell'importanza che, per la vita
del Paese, rivestono la correttezza dei rapporti giuridici, la salvaguardia
dei diritti individuali, il rifiuto di qualsiasi forma di contiguità tra
società del diritto e società della sopraffazione. 
In questo senso la lotta alla mafia e alle altre forme di criminalità
organizzata costituisce un'occasione decisiva per la difesa delle
istituzioni democratiche e per la creazione di una condizione di vita equa
e paritaria per tutti i cittadini. 
Al carattere organizzato della criminalità può rispondersi con una azione
altrettanto organica e continuativa. L'isolamento di pur generose azioni
individuali, la frammentarietà delle ipotesi di lavoro occasionali e locali
devono cedere il passo ad un impegno strutturale. 
L'impegno alla lotta deve essere assunto da tutti e su tutti i fronti con
decisione e responsabilità, poiché soltanto con una presenza costante e
diffusa, che contrapponga la saldezza civile di una formazione alla
legalità, alla prepotenza distruttrice dei criminali e delle loro azioni
violente, si potrà realizzare un contrasto efficace e duraturo al fenomeno
mafioso. 
Finalità 
Educare alla legalità significa elaborare e diffondere una autentica
cultura dei valori civili. Si tratta di una cultura che: 
- intende il diritto come espressione del patto sociale, indispensabile per
costruire relazioni consapevoli tra i cittadini e tra questi ultimi e le
istituzioni; 
- consente l'acquisizione di una nozione più profonda ed estesa dei diritti
di cittadinanza, a partire dalla consapevolezza della reciprocità fra
soggetti dotati della stessa dignità; 
- aiuta a comprendere come l'organizzazione della vita personale e sociale
si fondi su un sistema di relazioni giuridiche; 
- sviluppa la consapevolezza che condizioni quali dignità, libertà,
solidarietà, sicurezza, non possono considerarsi come acquisite per sempre,
ma vanno perseguite, volute e, una volta conquistate, protette. 
Un itinerario formativo di tal genere deve proporsi in primo luogo la
valorizzazione della posizione/responsabilità della scuola, intesa come
terreno privilegiato di cultura per qualsiasi attività educativa. 
Peraltro il ruolo centrale della scuola appare ancor più evidente rispetto
alle finalità di educare i giovani alla legalità, in considerazione del
fatto che la scuola è normalmente la prima fondamentale istituzione, dopo
la famiglia, con cui essi si confrontano e su cui misurano immediatamente
l'attendibilità del rapporto tra le regole sociali e i comportamenti reali. 
Infatti per i giovani le istituzioni si presentano con il volto della scuola. 
È necessario allora che la scuola offra ai giovani l'immagine coerente di
"luogo" dove i diritti e le libertà di tutti, nel reciproco rispetto,
trovano spazio di realizzazione, dove le aspettative dei ragazzi ed un
equilibrato sviluppo culturale e civile non vengano frustrate. 
In questa prospettiva vanno particolarmente sottolineati i rapporti che si
instaurano all'interno della comunità classe. Una valutazione del
rendimento scolastico ispirata a criteri di trasparenza, coerenza, equità e
solidarietà può, ad esempio, costituire in molti casi una lezione di
legalità più efficace di tante parole. 
La dimensione operativa 
Le ragioni sopra indicate evidenziano, pertanto, l'opportunità di dedicare
il presente anno scolastico ad una riflessione sul valore della legalità,
ed in particolare modo ad una riflessione sulla necessità di un'azione di
contrasto forte e coordinato contro la mafia e le altre forme di
criminalità organizzata. 
La complessiva azione da promuovere deve articolarsi, nel rispetto del
principio della continuità didattica, in interventi di tipo verticale, che
vanno dalla scuola materna alla scuola secondaria superiore, e di tipo
orizzontale, che richiedono il coinvolgimento dei docenti, da realizzarsi
attraverso un'azione finalizzata di programmazione educativa. 
Questa attività potrà avvalersi anche del contributo di altre realtà
istituzionali e sociali presenti sul territorio. 
Indicazioni di progetti 
Soltanto una forte attività propositiva da parte della scuola, in
collaborazione con gli altri soggetti istituzionali interessati, può
garantire concretezza nella programmazione, operatività nella
realizzazione, autenticità nei risultati. 
Si tratta pertanto di realizzare una serie di iniziative, delle quali qui
appresso se ne evidenziano alcune, come possibili modalità di promozione
del processo delineato. 
Organizzazione di un'efficace attività di contrasto della dispersione
scolastica. L'impegno contro la dispersione costituisce una linea di azione
prioritaria per contrastare il fenomeno con efficacia e continuità. In
questo si richiama il recente D.L. 2/8/1993 n. 265, reiterato con il D.L.
1/10/1993 n. 391, con il quale, pur in un quadro generale di contenimento
della spesa, si è reso possibile garantire la prosecuzione di iniziative
già in corso, molte delle quali hanno offerto risultati positivi e
fortemente confermati. 
Promozione di progetti sperimentali coordinati a livello nazionale in
relazione a realtà di disagio e frammentazione sociale, da realizzare
mediante strumenti, quali azioni di aggiornamento, intese quadro,
sperimentazioni curricolari. 
Promozione di rapporti tra istituzioni scolastiche, anche appartenenti a
zone colpite in grado diverso da fenomeni di criminalità organizzata, per
il tramite di gemellaggi, scambi epistolari, visite-scambio, nell'ambito
dei viaggi studenteschi, proposte culturali. 
Ciò al fine di far accrescere nei giovani, provenienti da regioni diverse,
la consapevolezza di una comune identità storica e culturale, il senso di
appartenenza ad una unica comunità nazionale che, pur nelle sue
articolazioni, mantiene riconoscibili caratteri di una medesima civiltà
umana e giuridica. 
Attività centrali e locali di aggiornamento e di formazione dei docenti
sull'educazione alla legalità, con particolare riguardo agli interventi
finalizzati a contrastare la criminalità mafiosa. Tali attività potranno
coinvolgere non soltanto docenti delle discipline (diritto ed educazione
civica) che potrebbero apparire istituzionalmente votate a specifiche
responsabilità educative in questo campo, ma anche tutti i docenti che
siano comunque disponibili ad assumere particolari responsabilità
promozionali in un progetto/processo di educazione alla legalità. 
Utilizzazione di possibili strumentazioni multimediali già elaborate nel
quadro delle iniziative di aggiornamento promosse e realizzate, anche dagli
IRRSAE, con riguardo all'educazione alla legalità. 
Distribuzione ai docenti di alcune zone territoriali di particolare
esposizione al rischio criminalità, di un questionario di screening, in
relazione al tipo e al grado di impegno formativo esistente e/o promuovibile. 
Distribuzione agli alunni di alcune zone territoriali, di particolare
esposizione al rischio di criminalità, di un questionario tendente ad
identificare il tipo e il grado di conoscenza e valutazione del fenomeno di
criminalità organizzata. 
È appena il caso di sottolineare che le azioni proposte hanno carattere
indicativo e che spetta ai docenti arricchirle con l'offerta della loro
passione educativa e della loro professionalità 
Collaborazione con la Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno
mafia 
A seguito di apposito incontro tra il Ministro della Pubblica Istruzione e
l'Ufficio di Presidenza della Commissione parlamentare di inchiesta sul
fenomeno mafia, la Commissione stessa ha deciso di aprire presso i propri
uffici uno specifico "sportello", al fine di contribuire a raggiungere
concretamente gli obiettivi sopra indicati. 
Pertanto, gli operatori scolastici potranno utilizzare il seguente numero
di fax (06/6784809) per richiedere documenti, informazioni e suggerimenti
in ordine al fenomeno mafioso. 
Interventi di natura didattica. Verifica e Valutazione 
A monte di questa serie di iniziative deve inoltre svilupparsi, sempre più
organicamente, l'impegno dei docenti di educazione civica e di diritto, ai
quali spetta il compito di istituzionalizzare un processo di
insegnamento/apprendimento, e quindi un coerente e corretto processo
formativo nell'ambito delle discipline di competenza. 
In questa prospettiva l'attività didattica farà opportunamente riferimento
ai contenuti programmatici delle discipline che, non soltanto per quanto
attiene specificamente all'educazione civica e al diritto, ma anche per
quel che si riferisce ad altri ambiti culturali, sono portatrici di
espliciti materiali informativi e formativi. Particolare attenzione,
pertanto, sarà rivolta alla programmazione di interventi disciplinari, che
avranno anche una implicita valenza educativa, quella consistenza nel
mostrare concretamente la convergenza di molteplici interessi culturali
verso la finalità della educazione alla legalità. A tal fine nei Consigli
di classe potrà essere identificato un referente per questa tematica, da
individuare preferibilmente nel docente di educazione civica, o, dove
esista, in quello di diritto ed economia. 
L'importanza del tema, anche con riguardo alla sua valenza educativa,
richiede un impegno prioritario da parte dei Capi d'Istituto volto a
promuovere, coordinare e realizzare le iniziative sollecitate dalla
presente circolare, nell'ambito di un'azione intesa a valorizzare il ruolo
della scuola nella comunità civile. 
Accanto all'attività più strettamente curricolare, un'azione di
arricchimento potrà essere svolta dalle ulteriori iniziative che gli organi
collegiali potranno assumere a tutti i livelli. 
In questo quadro di centralità propositiva ed operativa delle singole
istituzioni scolastiche, in linea con la prospettiva di valorizzazione
dell'autonomia già delineata da recenti iniziative legislative,
l'Amministrazione si impegna a svolgere un ruolo di supporto, di stimolo,
di coordinamento e di verifica, finalizzato anche a diffondere le
esperienze che abbiano conseguito più efficaci risultati. 
Si collocano in tale prospettiva gli interventi, in corso di
predisposizione, per realizzare una verifica delle azioni intraprese dalle
singole scuole, i cui esiti potrebbero trovare, tra l'altro, un'utile
occasione di pubblicizzazione in una giornata da dedicare proprio a questo
tema. 
Si inquadra altresì nell'impegno di supporto all'azione educativa dei
docenti, garantito dall'Amministrazione, il recente invito, rivolto
all'Associazione italiana editori, di riservare nei libri di testo spazi
opportuni al tema della lotta alla mafia, con interventi mirati ed
ovviamente calibrati in relazione all'età ed al grado di maturazione degli
alunni. 
Il Ministro 
JERVOLINO 


Ministero Pubblica Istruzione 
Allegato alla DIRETTIVA n. 58 
dell'8 febbraio 1996 
Nuove dimensioni formative, educazione civica e cultura costituzionale 
Fare scuola, andare a scuola, mandarvi i figli e spendere per essa risorse
economiche e professionali sono attività che implicano attese e problemi di
complessità crescente, in una società pluralistica, soggetta a rapidi
cambiamenti, che non dà nulla per scontato e che cerca ragioni e
significati anche per quelle funzioni e quelle istituzioni che in passato
apparivano pacificamente accettate e solo bisognose di miglioramenti
funzionali. 
Senza pretendere di risolvere ogni problema di legittimazione di scelte di
fondo che riguardano la vita la società, l'educazione e la scuola, non si
può ignorare che le norme che riguardano la scuola implicano scelte
culturali e politiche, che vanno il più possibile esplicitate, per
consentire a tutti i soggetti interessati la comprensione, l'accettazione,
l'interpretazione responsabile e creativa e il controllo del quadro
istituzionale e programmatico reso via via disponibile dagli organi
legittimati a decidere. 
Il presente testo si propone di ricostruire sinteticamente l'ampio quadro
di riferimento culturale, pedagogico e didattico rintracciabile nella
normativa vigente, entro il quale acquistano senso sia il complesso delle
discipline e delle attività della scuola, sia l'educazione civica. Questa
complessa e fondamentale attività educativa, che ha finora sofferto di
un'incerta collocazione culturale e istituzionale, viene ora ridefinita sia
come dimensione comune all'intera vita scolastica, sia come autonomo
insegnamento, che si qualifica anche come "cultura costituzionale", per il
rilievo strategico, civile, politico, formativo che la Costituzione
italiana è venuto manifestando in questi quasi cinquant'anni di vita
democratica. 
Il presente documento intende sollecitare una riflessione sul ruolo
dell'educazione e della scuola nella società odierna, in connessione con
gli obiettivi educativi e didattici contenuti nelle premesse generali dei
programmi scolastici di ogni ordine e grado. 
Educazione e scuola 
L'educazione, intesa come processo che svolge una fondamentale funzione di
umanizzazione, ossia di aiuto alla crescita personale, alla conservazione e
alla rigenerazione del patrimonio culturale e civile e allo sviluppo
economico, costituisce un bene indispensabile, addirittura costitutivo
della società civile. Se i limiti e gli ostacoli allo sviluppo scientifico,
tecnico, politico, economico e sociale sono soprattutto interni alla mente
e al cuore dell'uomo, e dunque affrontabili anzitutto per via educativa, il
grado di civiltà di un popolo si misura anche sulla sua disponibilità a
spendere e a spendersi per e nella educazione. 
Procreare e portare i nuovi nati a maturità di vita, perché le diverse
generazioni concorrano a costruire una storia e un mondo, il più possibile
degni dell'uomo, comporta infatti un rilevante investimento di risorse
vitali, morali, culturali e materiali e una coerente politica per la
famiglia, per i giovani e per le diverse agenzie educative, in particolare
per la scuola. Ciò è tanto più vero, in presenza delle sfide di tipo
planetario, che si pongono al profilarsi del terzo Millennio. 
La scuola è chiamata in causa da questa problematica. Senza perdere di
vista i suoi irrinunciabili compiti di alfabetizzazione culturale, negli
antichi e nuovi linguaggi di cui la cultura si nutre, la scuola è
sollecitata ad abilitare le nuove generazioni al saper essere, al saper
interagire e al saper fare, in un mondo sempre più mobile e complesso. Lo
specifico scolastico si concentra essenzialmente sulla trasmissione e per
quanto possibile sulla elaborazione del sapere, inteso come conoscenza
della realtà e dei modi per trasformarla, ma anche come coscienza dei
valori della vita e come capacità di compiere scelte consapevoli e
responsabili, per sé e per gli altri. 
Queste scelte riguardano sia le comuni vicende quotidiane, sia la conquista
di mete formative, che costituiscono altrettanti compiti di sviluppo
personale, sociale e civile. 
Ogni soggetto ha perciò il diritto di trovare e il dovere di cercare nella
scuola, con modalità coerenti con le diverse età della vita, una serie di
aiuti sistematici e programmati, a sviluppare in sé le fondamentali
dimensioni della persona, del cittadino e del lavoratore. Ciò comporta la
possibilità di acquisire e di elaborare conoscenze, esperienze e
motivazioni di tipo 1) teoretico, scientifico, etico, estetico, espressivo
(area della persona, della ricerca della verità e del senso della vita) 2)
relazionale, comunicativo, sociale, civico, politico, organizzativo (area
del cittadino, della ricerca delle regole e della convivenza); 3)
progettuale, operativo e produttivo, anche in rapporto alle caratteristiche
proprie dei vari tipi di scuola (area del lavoratore e della produzione di
beni e servizi). Queste dimensioni sono distinte ma interconnesse e possono
svilupparsi armonicamente nella stessa vicenda scolastica, intesa come
ambito di esperienza cognitiva, espressiva, sociale, lavorativa. 
In tale prospettiva l'adattamento alla vita sociale e la preparazione al
mercato del lavoro costituiscono certo obiettivi formativi rilevanti, ma
non esauriscono le finalità della scuola. Vivere in una società democratica
significa sviluppare insieme l'appartenenza e la distanza critica, saper
partecipare dall'interno, ma all'occorrenza anche dall'esterno, alle sedi
significative della cultura, della politica, del lavoro. Ciò comporta in
particolare la capacità di cercare e di dare un senso alla propria vita e
di elaborare dialetticamente i costrutti dell'identità personale e della
solidarietà, della libertà e della responsabilità, della competizione e
della cooperazione. La scuola non è estranea a questa problematica. 
La scuola come valore e come istituzione da difendere e da reinventare 
Definita dalla legge (DL 16/4/994 n. 297, artt. l-3) come istituzione che
tende a darsi i caratteri di una comunità che interagisce con la più vasta
comunità sociale e civica e finalizzata a trasmettere e ad elaborare la
cultura e a promuovere la partecipazione dei giovani a tale processo, nel
rispetto della loro coscienza morale e civile, ogni scuola è una formazione
sociale (art. 3 Cost.) in cui gli studenti svolgono la loro personalità,
esercitandovi diritti e doveri. 
In virtù dei fini che le sono propri e dell'autonomia che le è
riconosciuta, la scuola vive con propria specificità il rapporto fra gli
erogatori e i fruitori del servizio che offre: ad essa infatti si chiede
non solo di ascoltare, di capire e di soddisfare in termini professionali
la domanda di conoscenza e di competenza che viene dai giovani, dalle loro
famiglie e dalla società, ma anche di far maturare questa domanda, in
riferimento a bisogni che mutano e a motivazioni e a capacità che crescono,
anche in virtù del dialogo educativo. 
Per questo il servizio scolastico non è solo un'istituzione e un ambito di
appartenenza, né mera prestazione professionale, ma anche interazione
sistemica che si svolge anzitutto tra docenti e discenti, i cui ruoli
mutano correlativamente, a mano a mano che i ragazzi sono messi in grado di
compiere da sé le scelte e le operazioni fondamentali che caratterizzano la
loro vita intellettuale morale. affettiva e sociale. 
Fa parte delle funzioni della scuola, intesa come comunità educativa
assicurare anzitutto agli studenti l'esercizio dei diritti individuali e di
quelli collettivi, e di promuovere l'esercizio dei corrispondenti doveri in
una dialettica che salvaguardi identità e solidarietà, apprendimento e
partecipazione, aggregazione spontanea e raggruppamento formale,
efficacia/efficienza ed espressività, interventi direttivi e sussidiarietà,
in quanto bisogni-valori personali e sociali, e in quanto dimensioni
complementari dell'esperienza scolastica. 
L'equilibrio fra queste dimensioni comporta un dialogo educativo, che,
tenendo ovviamente conto dell'età e delle risorse personali via via
disponibili si orienti alla elaborazione di un contratto formativo, ossia
di un impegno condiviso da insegnanti, studenti e genitori in modo il più
possibile reciproco ed esplicito, implicante l'assunzione concordata e
verificata dei propositi e degli obblighi. 
In quanto istruzione pubblica, che rende conto alla collettività e non solo
ai diretti fruitori delle sue scelte e delle sue attività, la scuola
concorda e disegna i suoi percorsi formativi entro un quadro di riferimento
normativo che insieme garantisce i singoli e sollecita l'insegnamento,
l'apprendimento e la ricerca a identificare e perseguire compiti di
sviluppo personale e sociale. 
Le leggi e le premesse ai programmi vigenti e quelli ancora sperimentali
forniscono già punti di riferimento e orizzonti di senso all'impegno
scolastico, citando in proposito la Costituzione e le dichiarazioni dei
diritti dell'uomo, il DPR 585/1958, che risale ad un periodo precedente le
norme degli anni '60 e '70, ha affidato alla scuola il compito di
proiettarsi "verso la vita sociale, giuridica, politica, verso i principi
che reggono la collettività e le forme nelle quali essa si concreta"... 
Negli ultimi decenni la problematica della vita e della convivenza umana si
è arricchita e complicata di nuove dimensioni, di cui leggi e circolari
hanno puntualmente fatto carico alla scuola, in termini per lo più di
aggiunta di problemi e di contenuti, piuttosto che di ripensamento organico
del complesso dei compiti della scuola. 
È un fatto che l'educazione e la scuola devono affrontare le sfide dei
cambiamenti, da accettare e da promuovere criticamente, con gli strumenti
deboli dell'informazione, della scienza, della sapienza, ma anche della
testimonianza e dell'impegno a convincere, indirizzandosi da un lato alle
generazioni emergenti, dall'altro alla stessa società globale, spesso
indifferente e incapace di pensare al presente e al futuro in termini di
potenzialità umana da sviluppare, a beneficio dei singoli e della
collettività. 
La scuola non è un'istituzione "inossidabile", al riparo dalle tempeste
demografiche, economiche, culturali, psicologiche che talora sconvolgono il
cielo inquieto della società contemporanea. Diverse crisi di legittimazione
e di funzionalità, di motivazione e di produttività possono comprometterne
la salute: la concorrenza di un aggressivo e suadente mercato multimediale
potrebbe fare il resto, offrendo servizi tanto efficienti quanto pericolosi
per lo sviluppo di un'identità solidale. 
Se vuole evitare il peggio, la scuola deve non solo articolarsi,
decentrando poteri e assicurando autonomie coordinate e valutate da un
centro agile e attento, ma costruirsi e legittimarsi nell'impegno
quotidiano, nella convinzione di svolgere una funzione antropologica
complessivamente non sostituibile da alcun'altra ipotesi formativa. Chi
vuole la scuola, non deve limitarsi a presupporla e a chiederla, ma deve in
certo senso concorrere a istituirla e a costruirla ogni giorno, insieme con
tutte le forze che sono disposte ad aiutarla, facendosi in qualche modo
garanzia del suo successo e del suo futuro. 
Le motivazioni all'apprendimento e la rimozione degli ostacoli che lo
impediscono 
Il sapere delle persone deriva da ciò che esse apprendono attraverso
l'insieme delle esperienze che vivono e delle attività che compiono, non
solo attraverso il lavoro scolastico: poiché gli aspetti percettivi,
intellettivi, affettivi e morali sono indissociabili, questo apprendimento
dipende dall'insieme delle motivazioni che il soggetto possiede e può
maturare in ordine all'acquisizione di nuove conoscenze. Ciò significa che
le conoscenze e le competenze variano con il variare delle condizioni
oggettive (l'ambiente e in particolare l'azione didattica) e di quelle
soggettive (il vissuto e in particolare l'azione di studio e di
apprendimento). 
Questo circolo vitale, in cui pensiero e azione si arricchiscono a vicenda,
producendo sviluppo fisico, affettivo, mentale, morale, ma anche sapere e
cultura, può procedere con maggiore o minore velocità, produttività,
validità, soddisfazione. 
Diversi eventi e diverse condizioni personali e sociali possono rallentarlo
o interromperlo, ma anche rimetterlo in moto, accelerarlo e perfino
riorientarlo, ossia dargli senso e direzione di marcia nuovi. 
Ragionamenti, messaggi, esempi, esperienze influiscono in diversa misura
sulla scala di valori del soggetto e conseguentemente sul circolo vitale
fra pensiero e azione, da cui si produce il sapere nell'ampia accezione
ricordata. 
Famiglie, scuole, amici, ambienti di gioco e di lavoro, associazioni,
comunità religiose e mass media sono fonti di questi messaggi e possono
stimolare o inibire la voglia di studiare, facilitare od ostacolare
l'elaborazione di motivazioni allo studio e più in generale alla vita e
all'assunzione delle responsabilità che questa comporta. 
Come nota la CM 362/1992, la scuola non può perseguire i suoi fini
istituzionali d'istruzione e di promozione dell'apprendimento, per rendere
effettivo il diritto allo studio, senza farsi carico, per la sua parte,
della "rimozione degli ostacoli '' che compromettono più o meno gravemente
il raggiungimento di tali fini. Il nostro tempo è caratterizzato anche da
nuovi ostacoli e da nuovi malesseri, generatori di nuove patologie, non più
affrontabili nei soli termini tradizionali dell'assistenza economica e
sanitaria. 
L'impegno di rimozione di tali ostacoli, che anche la scuola deve
affrontare, in quanto istituzione della Repubblica (art. 3 Cost.), implica
la necessità di lavorare non solo con i contenuti disciplinari e con le
didattiche specifiche, ma anche con i valori, i processi, le relazioni, i
significati, le motivazioni da cui dipendono il successo o l'insuccesso
scolastico, la gioia, la tristezza, la voglia di vivere e di lavorare, o,
all'opposto, la rinuncia, la disistima di sé, il rifiuto più o meno
esplicito della vita, nelle forme dell'uso di droga, della fuga da casa,
della noia, della devianza, della delinquenza, della violenza. 
Il diritto allo studio acquista perciò sempre più il carattere di diritto
alla buona qualità della vita scolastica, condizione indispensabile per
l'efficacia e l'efficienza del servizio offerto. Ciò d'altra parte non si
realizza senza un complessivo impegno di lotta alla dispersione scolastica
e senza la partecipazione degli stessi interessati, che sono tenuti, per sé
e per altri, a rendere fruibile tale diritto. 
Tutto questo comporta la rifinalizzazione e per certi aspetti
l'arricchimento delle risorse tradizionali di cui dispone la scuola, nonché
il potenziamento delle sue specifiche competenze, anche mediante
l'attivazione di intese e sinergie con istituzioni e con risorse esterne
alla scuola stessa, in vista della promozione di esperienze formative
efficaci, sia sul piano della lotta all'insuccesso scolastico sia sul piano
della valorizzazione dei talenti. 
Da una mole ormai ragguardevole di studi e di analisi empiriche sulla
droga, sull'insuccesso e sulla devianza, si ricava l'idea apparentemente
ovvia che la morte si combatte con la promozione della vita, la
disperazione con la fiducia e con il lavoro gratificante e comunitario, e
l'ignoranza con una forma di sapere che sappia farsi interrogare dalla vita
e questa sappia dare delle risposte fruibili anche nei tempi brevi del
quotidiano, e non solo nei tempi lunghi dell'accumulazione in vista di un
incerto futuro. La scuola non può essere neutrale di fronte alle dinamiche
che conducono, ad un certo punto, a diverse forme di suicidio, di omicidio,
di ecocidio: né può sottovalutare le potenzialità di cui dispone per
volgere in positivo tali dinamiche. 
Alla prospettiva di una fuga dalla realtà, di un piacere che mascheri solo
per brevi intervalli un'angoscia crescente, e di un potere conquistato con
metodi illegali e violenti, la scuola può e deve contrapporre la
prospettiva di impegno e di una gioia, che scaturiscano sia da incontri
significativi con grandi problemi e grandi personalità della storia e della
cultura, sia dalla ricchezza relazionale della stessa vita scolastica che,
nonostante molteplici angustie, può rendersi capace di mobilitare le
risorse dell'immaginazione e della solidarietà. 
Di fatto, per citare un solo esempio, alle proposte contenute nei progetti
Giovani e Ragazzi 2000 ha fatto seguito un'esplosione di iniziative di tipo
espressivo-comunicativo, che vanno dalla poesia al teatro, dalla musica al
canto, dallo sport alla produzione cartellonistica e cinematografica, dalla
realizzazione di mostre alla produzione di un numero notevolissimo di
giornali d'istituto, dalla riqualificazione delle assemblee di classe e
generali alla stesura di carte dei diritti e doveri degli studenti. I
contenuti riguardano per lo più iniziative per combattere il disagio
altrui, l'impegno ecologico, interculturale, solidaristico, sul piano
locale, nazionale e internazionale. Se ben governate, queste iniziative non
sono altra cosa rispetto ai programmi vigenti, ma altro modo di affrontarli. 
Nella scuola si è anche sperimentato il gusto di lavorare manualmente, di
compiere esperienze di scuola-lavoro, di produrre beni e servizi, di
assistere i compagni più giovani in difficoltà, di dedicarsi non solo a
studiare la natura, ma anche a compiere azioni volte a difenderla e a
salvarla dal degrado, a cominciare dallo stesso edificio scolastico,
sovente sconciato da ignoti, che vivono o hanno evidentemente vissuto un
cattivo rapporto con la loro scuola. Il civismo comincia dal rispetto e
dalla cura del proprio corpo e del proprio ambiente: ed è spesso in
controtendenza con costumi di diffusa inciviltà. 
Queste proposte, che non esauriscono l'impegno della scuola nella direzione
indicata, se comprese nelle loro molteplici funzioni e nei loro limiti e
ricondotte entro un quadro unitario, sul piano pedagogico e organizzattivo,
non sono in contrasto con le acquisizioni più serie della didattica
contemporanea. 
Questa infatti diviene sempre più consapevole della complessità
dell'insegnare e suggerisce non tanto di compiere scelte drasticamente
alternative, sulla base di pregiudiziali propensioni ideologiche, quanto
piuttosto di mediare, con responsabile attenzione ai vincoli e ai
risultati, fra svolgimento del programma e autonomizzazione degli studenti,
fra conoscenze e valori, fra nucleo di valori condivisi e personale visione
della vita, fra sapere consolidato e sapere emergente, fra approccio
cognitivo e approccio relazionale, fra attenzione alle prestazioni e
attenzione ai vissuti, fra programmazione rigorosa e promozione della
creatività degli allievi, fra linguaggi tradizionali e nuovi linguaggi
multimediali, fra quantità e qualità degli apprendimenti. La diffusa
preferenza per i primi termini di queste coppie nell'interpretare il ruolo
della scuola non significa affatto rinuncia a farsi carico dei secondi, che
sono in certo senso precondizioni, in certo senso obiettivi finali del
lavoro scolastico. 
Si dice talora con formula sintetica riferita alle varie patologie
giovanili, che il problema vero della scuola è quello di educare, e che
istruire non basta. Per non cadere nella retorica, occorre approfondire
questa formula, per far emergere le componenti psicologiche, etiche,
culturali, comportamentali di cui essa è l'espressione, in rapporto ai
risultati attesi e a quelli riscontrati. La legge 162/1990 distingue per
esempio fra "attività di educazione alla salute" e "informazione sui danni
derivanti dall'alcoolismo, dal tabagismo, dall'uso delle sostanze
stupefacenti o psicotrope, nonché dalle patologie correlate", impegnando la
scuola su entrambi i fronti. E la legge 285/1992 impegna la scuola a
"promuovere la formazione dei giovani in materia di comportamento stradale
e della sicurezza del traffico e della circolazione". Prevenire è qui
sinonimo di educare. 
L'informazione non sempre produce gli effetti desiderati: essa va fornita
con modalità appropriate, entro un contesto di fiducia nei valori che la
giustificano e nelle persone cui ci si rivolge, di tenace pazienza di
fronte agli insuccessi, di testimonianza della necessaria coerenza fra
valori vitali, valori culturali, valori istituzionali. Rigorismo, lassismo,
indifferenza, ignoranza non aiutano la scuola a trovare la strada della
serietà, del coraggio, della comunicazione sincera e corretta, la strada,
cioè, che sa coniugare ricerca e solidarietà, vigilanza e lealtà, per fare
della scuola un ambiente positivo, accogliente e credibile. 
Una paideia per il nuovo millennio 
La crisi della cultura contemporanea, dovuta in gran parte alla delusione
seguita alle speranze illuministiche e romantiche, non meno che a quelle
scientifiche, tecnologiche, democratiche e sociali del nostro secolo,
sembra condannarci all'impotenza collettiva, di fronte alla complessità e
all'ampiezza dei problemi del nostro tempo. Si è parlato in proposito di
divario umano, frutto del ritardo evolutivo della nostra specie. Esso
consiste nel fatto che, sul piano intellettuale, morale, affettivo e
operativo, non si vive per lo più all'altezza delle conoscenze e dei mezzi
tecnici di cui si dispone. Ciò non è da intendersi come cieca fatalità: i
1imiti e gli ostacoli che impediscono lo sviluppo sono soprattutto interni
all'uomo, ossia di tipo cognitivo, psicologico, culturale e morale: e
dunque sono aggredibili, come s'è notato, anche per via educativa. 
È perciò opportuno ricordare che lo stato presente non è solo un dato, ma è
anche frutto di conquiste e di perdite, di vittorie e di sconfitte. Allo
stesso modo il futuro sarà anche quello che le generazioni adulte e quelle
emergenti sapranno e vorranno vedere e quello che decideranno di fare. La
cultura e l'arte aiutano a capire, a interpretare, a trasfigurare, a
progettare, non a mistificare e a rimuovere la realtà. La mediazione
culturale svolta dalla scuola implica distanziamento critico, non evasione,
occultamento o indifferenza. 
Quando mancano criteri orientativi condivisi e motivazioni forti alla
progettazione del futuro, si assiste alla caduta del senso e della voglia
di vivere, o, all'opposto, ad una smania di vivere priva di ragioni e di
limiti, e perciò caratterizzata da edonismo, violenza, cinismo,
disinteresse per la vita degli altri, per l'educazione e per la sorte delle
istituzioni e dei posteri, in una parola per il futuro. 
Questo rattrappimento della progettualità e della speranza, della fiducia e
della gioia di vivere e di costruire, porta molti a sentirsi estranei alla
ricerca culturale, scientifica e tecnologica e alla vita delle istituzioni
e delle norme, la cui faticosa elaborazione costituisce la sostanza
dell'impegno politico. I piccoli appaiono talora sazi e distratti e molti
giovani, nei riguardi del mondo scientifico e tecnologico e della
costruzione di un'Europa democratica e di una mondialità solidale, nutrono
atteggiamenti ambivalenti: desiderio da un lato, disinteresse dall'altro:
in sostanza preoccupazione per la difesa dei livelli di vita generalmente
raggiunti dal nostro Paese e consenso permissivo al processo di
integrazione europea, più che voglia di superare gli ostacoli e le
contraddizioni che si trovano lungo il faticoso cammino verso l'unità di un
Continente sempre più multiculturale, e del Mondo. 
L'azione educativa non è in proposito onnipotente, né del tutto libera da
sospetti, per gli equivoci, la retorica, le manipolazioni che talora porta
con sé: ma non è neppure impotente e incapace di analisi, di proposta, di
liberazione, di mobilitazione delle intelligenze. 
Ciò vale in particolare per la scuola. I cataloghi di
bisogni/valori/diritti che norme e documenti internazionali propongono come
condizioni per la vita umana e come guide e criteri per l'azione educativa,
anche della scuola, sono riconducibili all'educazione alla democrazia e ai
diritti umani, in particolare alla libertà, alla giustizia, al lavoro, alla
legalità, alla pace, allo sviluppo, alla salute, alla solidarietà, alla
sicurezza, alla sessualità, al senso, alla scienza, allo studio,
all'identità, all'intercultura, all'ambiente, all'alimentazione, alla
famiglia, alla nazione, all'Europa, al Mondo. 
L'elenco non intende essere conclusivo, ma ricognitivo di quanto diverse
fonti più o meno autorevoli sul piano culturale e/o istituzionale vengono
proponendo alla scuola, anche per combattere le nefaste conseguenze della
loro carenza, che produce altrettante emergenze, minacciose per la vita
personale e sociale. 
Investita da questa raffica di proposte, che possono rimotivarla o
deprimerla, a seconda delle chiavi di lettura di cui disponga, la scuola
reagisce con difficoltà, incerta fra compiti di tipo disciplinare e compiti
di tipo trasversale, fra promozione di apprendimenti verificabili e
coltivazione di valori affidati alla libertà delle coscienze, fra saperi
consolidati e saperi controversi. 
Di qui l'impegno degli organismi sovranazionali, regionali, comunali, e
dello stesso ministero della P.I. a rilanciare ed approfondire senza sosta
questi temi, a promuovere gruppi di ricerca, a suggerire approcci
interdisciplinari per "produrre", con le alfabetizzazioni funzionali e con
le "educazioni", un sapere critico, dotato di valenze
etico-estetico-scientifico-socio-civico-economico-politiche, capace di
consentire alle nuove generazioni di affrontare con adeguata preparazione
le sfide del terzo Millennio. 
È questo il senso del ricorso all'antico termine di paideia, per indicare
il complesso dell'offerta formativa che il mondo adulto tenta di elaborare
e di proporre alle nuove generazioni, per assicurare continuità e
cambiamento, tradizione e novità. 
Nei programmi scolastici, da quello della scuola media del 1979 a quello
della scuola elementare del 1985, a quello della scuola materna del 1991,
sono state introdotte molte tematiche relative all'educazione
etico-socio-civico-politica. Nei programmi per i bienni delle secondarie
superiori, non ancora obbligatori per tutte le scuole, hanno trovato posto
fra le materie curricolari l'economia e il diritto, i cui programmi fanno
esplicito riferimento ad alcune delle tematiche citate. 
Queste decisioni sono accompagnate da un grande consenso di principio, ma
anche da qualche timore che si voglia dilatare eccessivamente il carico di
contenuti e di aspettative nei riguardi della scuola, col rischio di non
consentirle di raggiungere i suoi obiettivi tradizionali, che fra l'altro
nessun altro ente educativo è oggi in grado di raggiungere al posto suo.
L'autonomia, la Carta dei servizi scolastici e il PEI, da un lato aiutano
la scuola a prendere coscienza dei suoi mezzi e dei suoi compiti,
dall'altro sembrano evidenziare le difficoltà di una progettazione creativa
e responsabile. 
La trasversalità dei contenuti e dei metodi d'insegnamento 
Esistono però anche modalità meno problematiche di pensare alla presa in
carico dei bisogni/valori citati. Se questi vengono considerati non solo
come contenuti degni di studio specialistico, ma anche come dimensioni
della vita personale e sociale del nostro tempo, al cui sviluppo si tratta
di concorrere, utilizzando le risorse di cui di fatto si dispone, allora
non si è più prigionieri dei vincoli materiali di spazio e di tempo. 
Si parla perciò di trasversalità, ossia di istanze e di punti di vista che.
attraversando un elenco di funzioni, di attività, di processi, di contenuti
disciplinari, non giustappongono necessariamente cosa a cosa, ma consentono
di ripensare, di rifinalizzare e di normalizzare determinati assetti o
discipline, col mettere in luce aspetti e ricadute prima ignorati o
sottovalutati nel consueto modo d'insegnare e di vivere le relazioni
quotidiane. 
Talvolta si tratta anche di sostituire attività e contenuti usuali con
altri contenuti e altre attività: questa evenienza non va sempre
considerata come un tradimento, ove si consideri che certi comportamenti
appartengono non alla scuola come tale ma a certi modi storicamente
determinati, e cioè contingenti, di esercitare le sue funzioni: e se il
sapere e la società avanzano, anche i contenuti scolastici vanno
continuamente ripensati. 
L'intesa e la collaborazione che s'intendono sviluppare fra scuola ed
extrascuola, anche per lo sviluppo delle tematiche in questione, sono
sollecitate e rese possibili proprio dal riferimento alla costellazione dei
bisogni/valori/diritti citati, che svolge per tutti un indispensabile, se
pur debole, ruolo orientativo per il difficile compito dei diversi enti
educativi 
La citata immagine della trasversalità serve per indicare non solo il
rapporto di coinvolgimento fra uno dei citati valori, per esempio quello
della pace, e le singole discipline che, con i loro contenuti e con le
rispettive didattiche, possono tutte più o meno visibilmente concorrere
all'apprendimento di concetti, di atteggiamenti e di comportamenti ispirati
all'istanza della pace. La trasversalità vale anche fra ciascuno di questi
valori e tutti gli altri sopra elencati, nel senso che ciascuno interviene
più o meno profondamente a costituire e ad illuminare l'altro. Così la
salute richiama l'ambiente, i diritti umani, lo sviluppo, la pace,
l'intercultura, la sessualità e così via, se per salute s'intende non solo
uno stato dell'organismo, ma uno stato di equilibrio dinamico che chiama in
causa l'intera personalità, nei suoi risvolti fisici, psicologici,
relazionali, sociali e morali. 
Nuove emergenze e nuovi compiti formativi 
Ad impegnare la scuola su questi valori si giunge per lo più non in virtù
di un'autonoma e organica considerazione pedagogica dei bisogni formativi e
dei valori che vi sono connessi, ma in negativo, in virtù delle emergenze
del nostro tempo: esse sono le antiche e nuove povertà, la droga, l'AIDS,
l'inquinamento, il sottosviluppo, l'indebitamento, la disoccupazione, il
razzismo, la criminalità, la violenza, la guerra, l'indifferenza, gli
incidenti, senza dimenticare le prevedibili catastrofi naturali e quelle di
tipo ecologico, in un contesto di mondializzazione dei processi di
conoscenza, di comunicazione, di produzione e di consumo, in assenza di
diffusi atteggiamenti di responsabilità e di capacità proporzionate al
bisogno. 
Denunciando questi fenomeni e questi pericoli, i ministri riuniti a Ginevra
per la 44° Conferenza internazionale dell'UNESCO (1994) si sono impegnati
fra l'altro a prendere provvedimenti per instaurare nelle scuole "un clima
che contribuisca al successo dell'educazione alla comprensione
internazionale, perché (le scuole) diventino luoghi privilegiati di
esercizio della tolleranza, del rispetto dei diritti umani, di pratica
della democrazia e di apprendimento della diversità e della ricchezza delle
identità culturali", e inoltre s impegnano a "migliorare i programmi
d'insegnamento, i contenuti dei libri di testo e degli altri strumenti
didattici, ivi comprese le nuove tecnologie, per formare un cittadino
solidale e responsabile, che presenti un'apertura sulle altre culture,
capace di apprezzare il valore della libertà, rispettoso della dignità
umana e delle differenze e capace di prevenire i conflitti o di risolverli
in modo non violento". 
Nel quadro d'azione integrata per "l'educazione alla pace, ai diritti umani
e alla democrazia'' rivolto a tutte le istituzioni, tra cui la scuola, la
citata Conferenza internazionale dell'educazione sottolinea la "necessità
di sviluppare in ciascuno il senso dei valori universali e i tipi di
comportamento su cui si fonda la cultura della pace". Precisa, per superare
le obiezioni in proposito, che "È possibile identificare anche in contesti
socioculturali differenti dei valori suscettibili d'essere universalmente
conosciuti". E ancora: "L'educazione deve sviluppare la capacità di
apprezzare il valore della libertà e le competenze richieste per rispondere
alle sfide che le sono associate. Ciò richiede che si preparino i cittadini
a gestire le situazioni difficili e incerte, che li si attrezzi per
l'esercizio dell'autonomia e la responsabilizzazione individuale.
Quest'ultima dev'essere legata alla giusta valorizzazione dell'impegno
civico e dell'associazione con gli altri per risolvere i problemi e per
lavorare all'instaurazione di una società equa, pacifica e democrazia". 
È questa solo una delle più recenti e autorevoli chiamate in causa della
scuola, che è invitata a leggere in questo contesto i suoi tradizionali
compiti e la necessità di attrezzare i giovani a competere sul mercato del
lavoro. 
I solenni principi contenuti, in modo più o meno esplicito, nelle
costituzioni di quasi tutti i paesi, e precisati negli statuti dei comuni e
nelle carte internazionali dei diritti, fino alla recente Convenzione
Internazionale dei diritti del minore, votata dall'Assemblea delle Nazioni
Unite nel 1989 e accolta nel nostro ordinamento, costituiscono un criterio
guida di carattere universale, sia per l'educazione, sia per la politica
scolastica. 
Le nuove dimensioni dei problemi che la nostra società deve oggi
affrontare, riguardano soprattutto gli squilibri e le emergenze di tipo
economico, demografico, ecologico, culturale, psicologico, politico,
religioso, che rendono il mondo insieme più interdipendente e più diviso. 
I cambiamenti che si verificano sul piano socioculturale, con l'emergere da
un lato del bisogno di radici e di istituzioni forti a livello regionale e
locale, dall'altro del bisogno di cittadinanza a livello mondiale,
costituiscono un'emergenza che va affrontata, nel delineare una paideia per
il terzo millennio. La dimensione europea e mondiale è un passaggio
obbligato per chi intende la cittadinanza come uno status dinamico di
diritti e di doveri conseguenti a diverse appartenenze di diverso livello,
da quello locale a quello regionale, da quello nazionale a quello
continentale e mondiale. 
L'idea di cittadinanza costituisce infatti una sorta di laboratorio di
esperienza e di ricerca, in cui diritti umani e norme vigenti nei diversi
paesi, lealtà allo stato e tensione ad una statualità più vasta,
tendenzialmente mondiale, s'incontrano e si scontrano in modo talora
sterile e distruttivo, talora fecondo e creativo. In sostanza nel nuovo
civismo s'incontrano le categorie del diritto e della politica, intese come
conoscenza e rispetto delle norme scritte e come impegno a volere nuove
norme, in un costante confronto con le categorie dell'etica e
dell'economia, della religione e della psicologia, dell'antropologia e
della sociologia. 
Educazione civica e cultura costituzionale 
Se i problemi/bisogni/valori/diritti che abbiamo citato e ricondotto
all'idea generale di paideia e che comprendono i valori dell'educazione
civica (termine accreditato sul piano internazionale, che indica anche un
frequentato campo di ricerca e d'innovazione) sono trasversali a tutte le
discipline e a tutte le attività della scuola, in quanto partecipe di un
compito che non può non essere dell'intera società, non è meno vero che
essi trovano una formulazione e un livello di realtà istituzionale dotato
di particolare intensità concettuale e di efficacia operativa nella
Costituzione italiana. 
Di qui la necessità di assicurarne lo studio, con la dignità di una materia
autonoma dalla storia, ancorché ad essa strettamente collegata, così come
dev'essere collegata all'economia e al diritto. Per sottolineare il valore
strategico che può assumere nella nuova paideia, un'educazione civica non
solo diffusa nel curricolo, ma concentrata anche in un'autonoma disciplina
impegnata a far emergere dalla Costituzione la grande ricchezza valoriale,
propositiva, normativa che definisce un comune patrimonio di garanzie e
d'impegno per il futuro, si è ritenuto di definire questa disciplina
"Educazione civica e cultura costituzionale". Con il termine cultura
s'intende indicare la comprensione del processo storico attraverso il quale
si è costruito, si è interpretato, parzialmente applicato e si discute un
testo al quale sono legate le aspirazioni e le certezze, gli ideali e le
garanzie più generali e condivise del popolo italiano. 
Si è parlato in proposito, in diverse sedi, di "patriottismo
costituzionale": la Costituzione si va in effetti rivelando come un
prezioso comune patrimonio etico-civile come una miniera di risorse,
accumulate in un periodo ricchissimo di sofferenza, di chiaroveggenza e di
concordia nazionale: patrimonio che risulta particolarmente attuale in un
periodo d'incertezza e di bisogno di orientamento come quello che stiamo
vivendo. 
I cambiamenti intervenuti in questi quasi cinquant'anni sul piano
culturale, politico e istituzionale, le tensioni fra la cosiddetta
costituzione formale e quella sostanziale, la necessità di riequilibrare il
rapporto fra poteri, in particolare fra garanzie e rapidità di decisioni,
fra centralità e decentramento, fra unità nazionale e autonomie, fra stato
e mercato, fra legislazione e comportamenti, sul piano nazionale e
sovranazionale, anzitutto nell'ambito dell'Unione europea, tutto questo ed
altro ancora indica che la Costituzione è non solo un importante luogo
della memoria e della stabilità, ma anche un luogo del progetto e del
prudente cambiamento: luoghi ideali e campi di lavoro a cui occorre
familiarizzare tutti i cittadini, e in particolare le giovani generazioni. 
Lo studio della Costituzione della Repubblica italiana, scrive il CNPI
nella Pronuncia del 23-2-1995, "deve essere orientato a consentire il
confronto fra i principi fondamentali della convivenza, nelle diverse
istanze presenti nella nostra società: dalle libertà individuali alle
solidarietà sociali, all'unità nazionale all'integrazione europea e alla
cooperazione internazionale. La Costituzione infatti presenta, con efficace
sintesi, concetti che hanno trovato ulteriori e più analitiche e moderne
formulazioni nella vita culturale e nella produzione giuridica nazionale e
internazionale degli ultimi cinquant'anni. 
I documenti degli organismi internazionali, dalla famosa Dichiarazione
universale dei diritti dell'uomo e del cittadino dell'ONU (1948) alle
Raccomandazioni dell'UNESCO al Consiglio d'Europa, le circolari
ministeriali che affrontano le diverse tematiche di educazione generale e
le precedenti pronunce del CNPI sull'educazione interculturale, sul
razzismo e sull'antisemitismo, sull'educazione alla salute, sui diritti
degli studenti, sull'educazione stradale, sugli handicappati, costituiscono
un ampio materiale di riferimento per collocare l'educazione al civismo e
ai valori che vi sono connessi in un corretto e utile contesto pedagogico. 
La necessaria valorizzazione dell'insegnamento della storia, anche del suo
periodo più recente, è finalizzata a permettere un'analisi serena degli
eventi, perché i ragazzi possano coglierne il senso e la problematicità, e
perché possano comprendere, con equanimità e con obiettività, i fattori, le
vicende anche drammatiche, le intenzioni, le prospettive. 
La storia recente non consente forse quel distacco che la storia passata
sembra assicurare: tuttavia essa è altrettanto, e forse più, indispensabile
per consentire ai giovani di farsi un idea non faziosa e non distorta del
presente e per indirizzare le loro energie verso un futuro che sia il più
possibile scevro da equivoci e da perniciosa ignoranza. 
È anche necessario valorizzare, ad ogni livello scolastico e con le dovute
gradualità, gli insegnamenti del diritto e dell'economia: il diritto è
regolatore dei processi sociali e scaturisce da una dinamica culturale e
politica che va compresa, più che demonizzata o glorificata acriticamente:
la legge, di norma, non precede, ma segue il cambiamento in atto.
L'economia è l'attività che in vario modo s'intreccia col diritto, con la
politica e con la cultura, nelle sue varie espressioni. Riduzionismi e
sopravvalutazioni sono facili, quando non si conoscano i concetti
fondamentali che presiedono alla produzione, allo scambio, alla
distribuzione dei beni e dei servizi. 
Una conoscenza dei principi generali dell'ordinamento nazionale e
comunitario è necessaria anche se, di per sé, è insufficiente a ottenere
quei comportamenti civici che si sostanziano di testimonianze, di
esperienze vissute e di riflessioni eticamente orientate. 
La scuola, in quanto sede di formazione critica, deve realizzare rigorosi
percorsi di conoscenza, in cui gli studenti acquisiscano strumenti autonomi
di giudizio, interiorizzino valori positivi, contrastino e rifiutino il
disvalore della violenza in tutte le sue forme, e cerchino soluzioni non
violente ai conflitti interpersonali, sociali e interstatuali. 
Tutta la scuola deve operare in questo senso, costruendo sinergie di azione
fra le attività curricolari e quelle extracurricolari, impegnandosi anche
nei vari livelli ad assumere questa problematica, attraverso iniziative di
dibattito e di aggiornamento culturale e sociale. 
In tal modo la scuola potrà contribuire efficacemente, negli ambiti di
propria competenza, e in una auspicata prospettiva di maggiore autonomia,
di più precisa identità d'istituto e d'interazione con le diverse scuole e
con le diverse realtà sociali e istituzionali, al rafforzamento e allo
sviluppo della "democrazia, della tolleranza, della cooperazione e della
pace". 
Conclusione 
Fa parte della cultura contemporanea l'immagine dell'uomo nomade, senza
fìssa dimora, spaesato e apolide, più che affezionato alla sua terra e
cittadino del mondo. 
La scuola risente tra l'altro anche di questa concezione: e invece che
luogo in cui si sperimentano la gioia del cercare e del comunicare, diventa
talvolta un luogo povero di significati, in cui non si riesce a fare quella
"provvista" di idee e di esperienze, che alimenti l'impegno di tutta la
vita. Sicché l'andare a scuola, l'insegnarvi e il mandarvi i figli non è
per tutti esperienza di crescita e di costruzione di quella comunità, cui
pure si riferisce la norma vigente. 
In questo panorama composito, in cui sorgono nello stesso mondo giovanile
nuove domande e nuove risposte di senso, di legalità e di solidarietà, la
Costituzione è una specie di "giacimento" etico, politico e culturale per
lo più sconosciuto che possiede la singolare caratteristica di fondare in
una visione unitaria i diritti umani e l'identità nazionale,
l'articolazione autonomistica e l'apertura sovranazionale, la scuola come
istituzione e il suo compito di ricerca, d'insegnamento, di garanzia e di
promozione della persona. In questo senso la Costituzione assume il ruolo
di indicatore di marcia anche per la scuola e di messaggio di speranza che
le generazioni anziane consegnano ai giovani che si affacciano sulla scena
del mondo. 


Ministero della Pubblica Istruzione 
Circolare n° 350 - 7 Agosto 1998 
Protocollo di intesa 
Commissione Parlamentare Antimafia 
Ministero della Pubblica Istruzione 
Dipartimento per gli Affari Sociali della Presidenza del Consiglio 
stipulato il 5 giugno 1998 
La diffusione della criminalità e della illegalità, come è noto, ha
raggiunto negli anni più recenti dimensioni spaventose nel nostro Paese e
ha toccato tutti i livelli della società. 
Gli strumenti tradizionali di repressione non sono però sufficienti a
contrastare tale fenomeno, occorre altresì una vasta opera di prevenzione
che deve partire dalla scuola. 
In effetti la scuola si è fatta carico di questi problemi già da molti anni
attraverso l'elaborazione di idonee strategie e l'elaborazione di progetti
specifici rivolti a favorire nei giovani uno sviluppo psico-fisico
equilibrato e a stimolare il loro impegno culturale e civile. 
In questi anni si è sviluppato non solo l'impegno della scuola ai fini
della formazione civile dell'uomo, ma anche la consapevolezza, in coloro
che operano al suo interno, del ruolo che la scuola può e deve svolgere. 
Si richiamano, pertanto, gli organi responsabili delle istituzioni
scolastiche ad una continuità di impegno, in quanto una diffusa Educazione
alla legalità, intesa come elaborazione e diffusione di una autentica
cultura di valori civili, costituisce il presupposto per contrapporsi a
tutti i fenomeni di criminalità. 
Per il raggiungimento degli obiettivi indicati sembra indispensabile la
partecipazione attiva e responsabile degli studenti e delle famiglie e
l'apertura della scuola al territorio utilizzando gli strumenti offerti dal
DPR n. 567 del 10/10/96. 
Si pregano, pertanto, le SS.LL. di cogliere l'occasione della diffusione
dell'unito protocollo d'intesa per sollecitare le istituzioni scolastiche,
anche attraverso momenti di incontro e di riflessione comune, a rafforzare
ed ampliare le iniziative fin qui intraprese. 
Il ministro 
L. BERLINGUER 
Protocollo d'intesa 
La Commissione Parlamentare d'inchiesta sul fenomeno della mafia 
e delle altre associazioni criminali similari 
Il Ministero della Pubblica Istruzione 
Il Dipartimento per gli Affari Sociali della Presidenza del Consiglio 
Premesso 
- che l'affermazione dei valori della legalità e solidarietà richiede un
sempre più rigoroso impegno sul piano formativo; 
- che una diffusa educazione alla legalità e alla solidarietà rappresenta
il presupposto etico e culturale per una contrapposizione efficace ai
fenomeni di criminalità; 
- che è convincimento comune nelle istituzioni e nella società civile che
il processo già in atto di una sempre più diffusa Educazione alla legalità
ed alla solidarietà non può escludere la partecipazione ed il
coinvolgimento dei più qualificati osservatori istituzionali dei fenomeni
di illegalità e di asocialità; 
- che la Commissione Parlamentare d'inchiesta sul fenomeno della mafia e
delle altre associazioni criminali similari ritiene che per contrastare il
fenomeno criminoso, la illegalità diffusa e la asocialità non sia
sufficiente l'azione di repressione ma sia necessaria una forte,
sistematica, costante ed integrata azione di prevenzione e di
sensibilizzazione; 
- che in siffatta opera la suddetta Commissione parlamentare, ritenendo
utile ed indispensabile dare vita ad una nuova iniziativa di cooperazione
interistituzionale, ha istituito uno sportello "Scuola e Volontariato" allo
scopo di intensificare e semplificare il rapporto tra Scuola, Società
civile ed altre istituzioni; 
- che il Dipartimento per gli Affari Sociali della Presidenza del
Consiglio, per le sue competenze in tema di volontariato e di solidarietà
sociale, coopera per una formazione dei giovani orientata all'acquisizione
di solidi valori morali e civili; 
- che la Commissione Parlamentare Antimafia, con l'ausilio del Ministero
della Pubblica Istruzione e del Dipartimento per gli Affari Sociali della
Presidenza del Consiglio, intende mettere in atto una serie di iniziative,
che saranno concretamente indicate nell'allegato programma operativo, tese
a prevenire comportamenti illegali e asociali; 
- che i progetti educativi di valori della legalità e della solidarietà
sono riferibili all'intero territorio nazionale, ma che alcune aree del
paese sono particolarmente connotate da condizioni che favoriscono
manifestazioni di illegalità o di omertà quali: Campania, Calabria, Puglia,
Sicilia e Sardegna; 
- che giovani studenti di zone ad alto tasso di criminalità faticano a
conseguire il livello di sapere e saper fare previsto alla fine
dell'obbligo scolastico, abbandonano la scuola e, quando raggiungono la
scuola superiore, non riescono a terminare gli studi e ad inserirsi nel
mondo del lavoro, sicché rischiano di insabbiarsi nell'emarginazione e
nell'esclusione, quando non addirittura di alimentare le leve della
criminalità organizzata; 
- che il Ministero della Pubblica Istruzione ha da tempo svolto opera di
sensibilizzazione nei confronti degli insegnanti e dirigenti sulla
necessità dell'affermazione dei valori della legalità e solidarietà ed
attualmente si sta adoperando per inserire organicamente l'educazione alla
legalità all'interno stesso dei curricoli, quale nodo interdisciplinare e
componente strutturale dei processi formativi; 
- che, in coerenza con l'Accordo per il Lavoro Governo-Parti Sociali del
24/09/96, il Ministero P.I., con la collaborazione e il contributo
finanziario dell'Unione Europea sta realizzando nel Mezzogiorno d'Italia
"centri di nuova opportunità", scuole particolarmente attrezzate per
laboratori, impianti sportivi, spazi culturali, che gestiscono interventi
sulla frantumazione sociale, la mancanza di spazi agibili e di suggestioni
culturali a disposizione dei giovani, con ciò riducendo il conflitto
esistente fra valori presenti nella società e mezzi per raggiungerli e
contenendo le tendenze a carattere trasgressivo-penale ed il successo della
criminalità organizzata e nel reclutamento di manovalanza fra i giovani. 
Si conviene e si stipula il seguente accordo di programma: 
Art. 1 
Le premesse fanno parte integrale della presente convenzione. 
Art. 2 
I destinatari delle iniziative inerenti la promozione e la diffusione della
cultura della legalità e della solidarietà sono individuati principalmente
negli allievi della scuola dell'obbligo e del biennio superiore. 
Art. 3 
La Commissione Parlamentare Antimafia, il M.P.I. e il Dipartimento per gli
Affari Sociali della Presidenza del Consiglio si avvarranno della
consulenza del mondo universitario per le competenze di ricerca e di
analisi dei fenomeni sociali nei loro vari aspetti, così da usufruire di un
contributo qualificato nella formazione di una cultura della legalità e
della solidarietà nei giovani. 
Art. 4 
La Commissione Parlamentare Antimafia, il M.P.I., il Dipartimento per gli
Affari Sociali della Presidenza del Consiglio si propongono congiuntamente
di contribuire al successo formativo dei giovani di tutto il, territorio
nazionale, con particolare cura per i giovani che risiedono in regioni dove
più forte è il degrado ambientale e culturale. 
Art. 5 
La Commissione Parlamentare Antimafia, il M.P.I., il Dipartimento per gli
Affari Sociali della Presidenza del Consiglio si impegnano a redigere una
programmazione delle attività di attuazione per rendere operativo il
presente protocollo e sostenere con ogni mezzo, acquisendo risorse umane e
finanziarie speciali, l'impegno della scuola, coinvolgendo le Regioni, gli
Enti locali e le Parti Sociali. 
Art. 6 
La Commissione Parlamentare Antimafia, il M.P.I., il Dipartimento per gli
Affari Sociali della Presidenza del Consiglio si impegnano a redigere un
piano di attuazione per rendere operativo il suddetto protocollo, anche in
vista di un'adeguata politica di formazione dei formatori. 
Art. 7 
La commissione Parlamentare Antimafia si impegna a mettere a disposizione
delle istituzioni universitarie, scolastiche, formative e sociali che si
occuperanno di Educazione alla legalità e alla solidarietà: 
a) sussidi documentali relativi ad analisi effettuate nell'ambito dei
compiti istituzionali della Commissione medesima; 
b) esperti quali relatori su argomenti ritenuti di interesse dei progetti o
dei corsi educativi per studenti e docenti; 
c) occasioni di confronto e scambi culturali con altri Paesi, in
particolare dell'Unione Europea. 
Art. 8 
Il M.P.I. promuoverà iniziative di aggiornamento nei confronti del
personale docente al fine di facilitare l'integrazione della Educazione
alla legalità nei curricoli. 
Art. 9 
Il Dipartimento per gli Affari Sociali della Presidenza del Consiglio si
impegna a: 
a) promuovere un confronto fra la scuola e i rappresentanti del mondo del
volontariato; 
b) agevolare lo sviluppo di scambi giovanili a livello europeo; 
c) promuovere incontri fra docenti ed esperti sullo sviluppo
dell'istruzione non formale. 
Art. 10 
La Commissione Parlamentare Antimafia, il M.P.I., il Dipartimento per gli
Affari Sociali della Presidenza del Consiglio promuoveranno incontri con le
scuole interessate. 
Sen. Ottaviano Del Turco, Presidente della Commissione Parlamentare
d'inchiesta sul fenomeno della mafia 
On. Luigi Berlinguer, Ministro P.I. 
On. Livia Turco, 
Ministro per la Solidarietà sociale 


Educazione alla legalità e difesa dell'ambiente

Un gruppo di ricercatori dell'Università di Yale, dell'Università della
Columbia e del World Economic Forum (WEF) ha svolto un'indagine mondiale
per misurare l'indice di sostenibilità ambientale delle varie nazioni. La
raccolta dei dati ha messo in evidenza che il parametro che ha maggior
correlazione con l'ecologia è la corruzione: nei paesi corrotti si protegge
meno l'ambiente.

Fonte: Focus, aprile 2001





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