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idee per un'economia solidale



Etica e economia
 
Quale rapporto fra etica ed economia? La risposta nell'ambito capitalistico
non e' complessa. Il pensiero economico liberista teorizza infatti un
principio di fondo: operare per il proprio tornaconto personale fa bene
all'economia. Piu' i ricchi si arricchiscono e piu' i poveri possono avere
un futuro.  "Egoista e' bello" ed e' anche etico, perche' corrisponderebbe
al bisogno della crescita economica della societa'. Questo principio ha
antiche radici e risale all'economista Adam Smith che, nel suo saggio del
1776  "Indagine sulla natura e sulle cause delle ricchezza delle nazioni",
elaboro' una teoria basata sull'idea che tutto il sistema economico sia
regolato da una "mano invisibile", ossia da un'inconsapevole regia che
mantiene automaticamente in equilibrio il mercato. Nel massimizzare il
profitto individuale - spiega Adam Smith - l'individuo e' "come condotto da
una mano invisibile" e involontariamente persegue un fine che non rientra
nelle sue intenzioni, e cioe' l'incremento della ricchezza complessiva, che
rappresenta un obiettivo di cui finisce per beneficiare l'intera
collettivita'. Il reddito nazionale, come somma dei redditi individuali,
cresce se ognuno sa perseguire con abilita' i propri interessi personali.
Perche' allora farsi scrupoli morali altruistici se al bene generale ci
pensa la "mano invisibile" di cui parla Adam Smith?

L'altruismo basato sull'egoismo

Gli economisti di scuola liberista (Clark, Marshall, Walras, Pareto, ecc.)
hanno poi proseguito su questa strada "etica", usando formule matematiche
raffinate tratte dalla scienza fisica ottocentesca. Esse davano una
rappresentazione algebrica "oggettiva" degli effetti benefici del
bilanciamento degli egoismi distinti ma sinergici dei consumatori e dei
produttori, per cui l'ottimizzazione globale del sistema economico deriva
dalla capillare diffusione del proprio tornaconto personale. In questo
scenario, spiega l'economista Augusto Graziani, "i singoli operatori
economici, nel tentativo di perseguire il proprio tornaconto personale,
finiscono inconsapevolmente per realizzare una utilizzazione efficiente
delle risorse". E cosi' "i consumatori si muovono in modo da perseguire la
massima soddisfazione, gli imprenditori il massimo profitto".
Il capitalismo sarebbe quindi una sorta di sistema "altruistico" che si
costruisce sugli egoismi.
I paradossi dell'etica e della storia sono basati sul principio che mezzi
"cattivi" possono produrre risultati "buoni" (ed esempio "se vuoi la pace
prepara la guerra", "se vuoi eliminare gli omicidi usa la pena di morte" e
cosi' via).
In conclusione etica ed economia nel liberismo si danno la mano in modo
bizzarro in quanto sembra imperare la massima "per il bene di tutti meglio
essere egoisti". Altre strade che non perseguano la massimizzazione del
profitto privato sarebbero forme, piu' o meno mascherate, dell'antica e
dannosa beneficenza.

Globalizzazione e poverta'

Questa espulsione dell'etica dall'economia farebbe dispetto ai moralisti ma
bene ai poveri.
Ci sentiremmo rasserenati se non scoprissimo che dal 1987 al 2000 le
persone sotto la soglia di poverta' sono aumentate da 1 miliardo e 200
milioni a 1 miliardo e 500 milioni. Se si mettessero in fila
circonderebbero il globo 37 volte. Sono le cifre che ci scorrono davanti
agli occhi guardando quella piccola ma vigorosa lezione di economia
contenuta nella videocassetta "Siamo in debito - i Paesi poveri nella
trappola del debito" (Video Mission, testi di Marcello Storgato).
Tutto questo e' avvenuto all'interno di quello scenario economico che viene
definito globalizzazione. Cosa essa sia in concreto ce lo spiega
chiaramente l'economista Robert B. Reich il quale elenca che per ogni
10.000 dollari che un cittadino americano spende per una Pontiac Le Mans
della General Motors "3.000 dollari vanno in Corea del Sud per la
lavorazione di routine e per operazioni di assemblaggio, 1.750 in Giappone
per componenti ad alta tecnologia (motori, trasmissioni e parti
elettroniche), 750 in Germania per il design e per il progetto delle parti
meccaniche, 4.000 a Taiwan, Singapore e Giappone per piccoli componenti,
250 nel Regno Unito per pubblicita' e servizi commerciali e altri 50 circa
in Irlanda e nelle Barbados per l'esecuzione di calcoli al computer".
In un libro illuminante, tradotto in Italia da Feltrinelli con il titolo
"Contro il capitale globale", Jeremy Brecher e Tim Costello analizzano la
globalizzazione e osservano: "Quando questa tendenza spinge in basso il
prezzo di beni e servizi, l'effetto puo' essere benefico; quando, tuttavia,
le grandi imprese e i governi diminuiscono i costi mediante l'eliminazione
delle misure di salvaguardia ambientale, la riduzione dei salari e i tagli
alla sanita' e all'educazione, il risultato puo' essere negativo,
configurandosi come un "livellamento verso il basso" delle condizioni
ambientali, lavorative e sociali". Infatti "trasferendo all'estero le
proprie strutture, le grandi imprese sono in grado di aggirare i controlli
che una volta i governi e le organizzazioni di cittadini imponevano loro.
Attualmente, se i governi e le organizzazione dei lavoratori non offrono
condizioni lavorative, ambientali, sociali e legislative gradite alle
grandi imprese, esse hanno la possibilita' di andarsene altrove, lasciando
una scia di devastazione economica".

In questo scenario la globalizzazione agisce come un'enorme arena mondiale
in cui i poveri si gettano a capofitto calpestando altri poveri in una
furibonda lotta per autoaffermarsi come servi del Nord del mondo. Alcuni
vincono, molti perdono, ma nessuno puo' rinunciarvi. Nessuno puo' trarsi in
disparte e le alternative sono tutte da costruire. Esse non trovano piu'
spazio nell'agenda dei governi (tanto i poveri del terzo mondo non votano
qui da noi) ma attraverso l'iniziativa delle organizzazioni non
governative, dei gruppi missionari e della rete internazionale del
commercio equo e solidale. Le alternative poggiano sempre piu' su un
network economico solidale che - tramite Internet - scavalchi la mediazione
delle multinazionali e faccia viaggiare le merci e le competenze in nuovi
circuiti economici equi e solidali, in cui si persegua la massimizzazione
dell'efficienza e del beneficio economico sociale e non la massimizzazione
del profitto individuale.

Quanto costa un mondo migliore?

Un gruppo di economisti ha scritto: "Si stima che il costo addizionale per
raggiungere e mantenere un accesso diffuso all'istruzione di base per
tutti, alle cure mediche per la procreazione di tutte le donne, ad
un'adeguata alimentazione per tutti, ad acqua potabile e al miglioramento
delle condizioni igieniche per tutti, si aggirerebbe intorno ai 40 miliardi
di dollari l'anno: il che rappresenta meno del 4% della somma concentrata
nelle mani delle 225 persone piu' ricche del mondo". 
Queste parole sono tratte da un rapporto dell'ONU, per la precisione dal
nono rapporto dell'Undp (United Nations Development Program).

Appare ormai chiaro che il processo di espulsione dell'etica dall'economia
non ha avuto i benefici effetti che i teorici del liberismo promettevano.
Ed appare chiaro che ogni soluzione realisticamente praticabile richiede un
riequilibrio della distribuzione delle ricchezze e un taglio delle spese
militari. Ad esempio in questi giorni sta per essere messa in cantiere la
nuova portaerei italiana Luigi Einaudi i cui costo si aggira, compresi gli
aerei, sui 4 mila miliardi. Se tutti i lebbrosi della terra - dodici
milioni - potessero darsi appuntamento a Rivo Trigoso, vicino Genova,
bloccherebbero il cantiere e sarebbero risparmiati quei 4 mila miliardi che
da soli sarebbero sufficienti a curare non 12 ma addirittura 16 milioni di
lebbrosi. Si avvererebbe la volonta' di Raoul Follereau, sarebbe sconfitta
la lebbra e si potrebbe sciogliere l'AIFO.
L'espulsione dell'etica non solo dall'economia ma dalla politica (intesa
come prassi di governo), lascia un vuoto che puo' essere colmato solo da
uomini di buona volonta' che sappiano costruire reti di azione e riannodare
i fili della speranza. Di fronte alla globalizzazione dall'alto, operata
dai poteri forti, occorre operare una globalizzazione dal basso delle forze
che possono umanizzare l'economia e la politica.
Non basta la denuncia, occorre costruire l'alternativa. Un'alternativa che
e' spiegata con grande semplicita' e chiarezza nel libro "Ai figli del
pianeta", scritto dal Centro Nuovo Modello di Sviluppo ed edito da EMI.

Umanizzare l'economia
 
I libri per entrare in questa nuova dimensione dell'economia solidale ci
sono, basta leggerli. Antonio Nanni ha dedicato al tema dell'umanizzazione
dell'economia un suo bel libro dal titolo "Economia leggera" (EMI). "Il
vero cambiamento si realizza nella coscienza", afferma Luigi Bobba nella
presentazione e aggiunge: "Ma la coscienza e' invisibile, come tutto cio'
che e' profondo, interiore, essenziale. Esiste pero' un codice che riesce a
esprimere fedelmente i valori della coscienza: e' il linguaggio dei
comportamenti, delle azioni, dei gesti, delle scelte quotidiane di vita".
Nel libro troviamo dieci scelte concrete che ognuno puo' fare:

1) la Banca etica
2) il commercio equo e solidale
3) il consumo critico (fondamentale e' il testo "Guida al consumo critico"
del Centro Nuovo Modello di Sviluppo, ed.EMI)
4) il boicottaggio
5) i Bilanci di giustizia (per imparare a ridurre i consumi)
6) il riciclaggio e il riuso dei rifiuti
7) le adozioni a distanza
8) il turismo responsabile
9) l'informazione alternativa (che ognuno di noi puo' promuovere per mezzo
di Internet)
10) la banca del tempo.

In particolare sull'uso del tempo come risorsa fondamentale della vita, si
disegnera' il volto del futuro.
Scrive l'economista Wolfgang Sachs: "Sta emergendo una classe sociale che
chiede meno lavoro. C'e' il ferroviere che preferisce spendere un giorno in
piu' nel suo giardino, c'e' l'ingegnere informatico che chiede mezz'anno di
congedo per imparare il francese a Lione, c'e' il medico che per meta'
tempo vuole dedicarsi ai suoi figli. Tutti loro possono essere considerati
pionieri del tempo poiche' sono riusciti a scambiare una parte del reddito
con maggior tempo libero. Negli ultimi decenni le possibilita' di scelta
sono enormemente aumentate, ma un'opzione fondamentale non era mai stata
accessibile a tutti: la possibilita' di scegliere la durata del proprio
tempo lavorativo. O pieno lavoro o niente, nessuna via di mezzo. Tale
rigidita' dell'orario lavorativo, come sappiamo, porta disoccupazione, ma
c'e' di piu': essa e' anche una forza motrice per la societa' dei consumi.
Spinge infatti i lavoratori nella spirale del "lavorare e spendere",
invitandoli ad espandere i loro bisogni secondo il reddito invece di
calibrare il reddito con i bisogni. Cosi' ci siamo abituati a spendere di
piu' invece di lavorare di meno. Invece poter scegliere piu' tempo e meno
consumi apre una strada verso una societa' sobria ma piu' libera. Lavorare
meno serve quindi non solo per far lavorare tutti, ma anche per alleggerire
i consumi (e il loro peso ambientale). E magari qualcuno potrebbe anche
scoprire che meno lavoro fa affiorare piu' qualita' di vita".

Antonio Nanni spiega: "C'e' nella sobrieta' una forma di "resistenza" alla
seduzione del consumismo. Per questo scegliere la sobrieta' vuol dire anche
ridefinire le proprieta' e le scale di valori, in base alle quali si
operano le scelte economiche e politiche." Aggiunge pero': "La pratica dei
comportamenti economici alternativi, da sola, non basta. Di sicuro e' un
passo decisivo, pero' solo il primo passo di un cammino lungo, paziente,
personale e collettivo insieme che ha bisogno di essere illuminato da una
visione globale del futuro desiderato, e sostenuto costantemente da una
forte coscienza politica".

Occorre una forte azione di vigilanza sociale sull'attuale globalizzazione
e un'informazione sempre piu' capillare che renda di pubblico dominio le
mosse segrete che governi e multinazionali compiono nelle stanze chiuse del
potere. La sovranita' popolare viene oggi continuamente erosa e svuotata
mediante istituzioni economiche internazionali prive di controllo.
L'accordo multilaterale sugli investimenti (il cosiddetto MAI) e' stato
tenuto rigorosamente segreto… fino a che un gruppo di persone e' riuscito a
impossessarsene e a metterlo su Internet, avvisando il mondo del fatto che
quell'accordo amputava la sovranita' dei parlamenti in materia economica. 
Questioni di enorme complessita' condizionano la vita e la morte delle
persone e solo una grossa azione di aggiornamento sociale e di
alfabetizzazione scientifica puo' oggi riportarci al quel livello minimo di
controllo e di mobilitazione sociale necessario a contrastare le scelte
piu' deleterie e a far nascere le alternative piu' umane. L'etica oggi, per
affermarsi, ha bisogno - lo intui' Marx - di farsi scienza e prassi. 

Alessandro Marescotti
a.marescotti@peacelink.it


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Il testo riportato qui sopra e' stato pubblicato su "Amici dei lebbrosi",
il mensile dell'AIFO (Associazione Italiana Amici di Raoul Follereau)
via Borselli 4-6
40135 Bologna
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