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lettera di una professoressa



Inserisco su PeaceLink questo testo - a mio parere bellissimo - tratto
dalla rivista "Marcondiro".
Alessandro


Lettera di una professoressa
di Rossella Diana
rosdiana@jumpy.it
docente di scuola media


In una scuola dove le competenze di alcuni docenti non sono una risorsa, ma
piuttosto una minaccia, qualcosa che è meglio ignorare, e per questo da non
riconoscere e rispettare nella loro oggettività;
in una scuola dove le forze vive e pensanti vengono soffocate per dare
posto alla mediocrità, certamente più tranquilla e rassicurante, in quanto
garantisce un facile e frettoloso decisionismo in chi comanda;
in una scuola dove i meccanismi burocratici, oppressivi e persecutori,
lasciano fuori la vita, la sua complessità e le sue contraddizioni,  gli
slanci e le incertezze, la salute e la malattia, instaurando un clima di
pesantezza e di ostilità diffusa;
in una scuola dove si è infranto il "patto di fiducia" per cui i rapporti
interpersonali non sono più regolamentati dal buon senso, dalla ricerca
dell'equilibrio e dal rispetto reciproco;
in una scuola dove si confonde il "diritto" con il "favore", dove un certo
tipo di potere interpreta il bisogno di trasparenza e di democrazia come
una forma di sfiducia personale  e di inopportuna intromissione in fatti
che poi… sono di tutti;
in una scuola in cui la collegialità è da tempo fallita, in cui il potere
dell'assemblea viene mortificato dalla disinformazione e dal menefreghismo
dei molti e non si riescono a prendere decisioni responsabili ed unitarie; 
in una scuola in cui si vive la frammentazione e la competitività e si dà
via libera alla prepotenza  che a volte si esprime con vere forme di
isterismo incontrollate e devastanti; 
in una scuola dove c'è una grande confusione tra il professionale e il
personale, dove il "maschile" è stato completamente soppiantato dal
"femminile" per cui si valutano situazioni di lavoro spinti unicamente
dall'emotività; 
in una scuola dove imperano il pettegolezzo, la maldicenza e le
"chiacchiere di corridoio", dove si è bloccati in un insano infantilismo
professionale e non si affrontano i problemi mettendo fuori le proprie
idee, senza rabbie, ma con maturità e pertinenza nei luoghi deputati al
dibattito e al confronto;
in una scuola dove si lascia solo chi si fa portatore di idee, disagi,
bisogni, diritti comuni e pur sostenendolo privatamente lo si abbandona,
novello Don Chisciotte, ad una inutile battaglia nei momenti istituzionali;
in una scuola dove tutti devono essere "spontaneamente" obbedienti, il cui
motto è "silenzio, ordine e disciplina" e intende educare al rispetto delle
regole rigide ed indiscutibili perché è giusto farsi  temere dagli alunni; 
in una scuola dove in un Consiglio di classe spesso non c'è cooperazione e
lavoro di squadra, e per questo con gli stessi ragazzi ognuno si regola
come vuole, creando in loro confusione e  disagio ;
in una scuola dove il sapere, quello "vero", è fatto soltanto di risposte
esatte, di percorsi prevedibili, di lezioni standard, ripetitive e già
collaudate, dove la creatività è considerata un fastidioso elemento da
tenere a freno;
in una scuola dove non si è tutelati nella propria libertà d'insegnamento
perché si dà troppo credito alla voce solitaria di qualche genitore
insoddisfatto, senza voler capire concretamente la serietà della proposta
educativa del docente e la sua efficacia sui ragazzi;
in una scuola dove ci si pone come fine ultimo un  sano conformismo che
tende all'omologazione delle intelligenze e lascia fuori nella concretezza
il "diverso", disadattato o handicappato che sia, nonostante le belle
parole scritte da anni sui tanti progetti e sulle corpose programmazioni;
in una scuola in cui si confonde la valutazione con il giudizio, dove
spesso alcuni docenti nei primi giorni di scuola hanno già le idee chiare
sul futuro di un ragazzo, bollato come irrecuperabile e senza speranza; 
….  
in una scuola così fatta, mi chiedo, è possibile realizzare l'Autonomia ? 
E' questo il luogo in cui, come detta la normativa, una nuova leadership
dirigenziale di tipo manageriale può attivare positivamente le risorse
interne alla scuola e raggiungere attraverso il consenso una gestione
democratica?  
E' qui che si possono  interpretare e realizzare in tempi brevi i
sostanziali cambiamenti a cui si è chiamati? 
In una scuola così fatta, qual è il ruolo dell'insegnante, come persona
portatrice di valori che deve promuovere la formazione delle nuove
generazioni? 
Quale può essere, mi chiedo ancora fortemente, la strada per sopravvivere e
continuare a credere, nonostante tutto?