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"Una condotta poco raccomandabile". Per Amnesty International il progetto della condotta Baku-Tblisi-Ceyhan, in cui è coinvolta anche l'ENI, mette a rischio i diritti umani



Gent.mi tutti,

vi trasmettiamo il comunicato stampa della Sezione Italiana di
Amnesty International:



"Una condotta poco raccomandabile". Per Amnesty International il progetto
della condotta Baku-Tblisi-Ceyhan, in cui è coinvolta anche l'ENI, mette a
rischio i diritti umani




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Amnesty International
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COMUNICATO STAMPA
CS76-2003

"UNA CONDOTTA POCO RACCOMANDABILE". PER AMNESTY INTERNATIONAL IL PROGETTO
DELLA CONDOTTA BAKU-TBLISI-CEYHAN, IN CUI E' COINVOLTA ANCHE L'ENI, METTE A
RISCHIO I DIRITTI UMANI

"Il progetto della condotta che collegherà il mar Caspio al Mediterraneo
rischia di avere serie conseguenze sui diritti umani per migliaia di
persone che vivono nelle regioni interessate", si legge in un rapporto
pubblicato oggi da Amnesty International. "I termini legali del contratto
quarantennale firmato nel 2000 dal governo della Turchia e dal Consorzio
proprietario della condotta creano una corsia preferenziale esentata dal
rispetto della legge, senza minimamente tener conto della minaccia
incombente sui diritti umani di migliaia di persone"  - ha dichiarato
l'organizzazione.

Il Consorzio, che si propone di portare petrolio e gas per 1740 chilometri
da Baku via Tblisi fino a Ceyhan (attraversando Azerbagian, Georgia e
Turchia), con un costo totale di oltre 4 miliardi di euro, comprende
importanti aziende di dimensioni mondiali, tra cui BP (Regno Unito),
Statoil (Norvegia), Unocal (Usa), Itochu (Giappone), TotalFinaElf
(Francia), ConocoPhillips (USA) e, per il 5% del contratto, ENI (Italia).

"Non è accettabile che un'azienda come l'ENI, che afferma nei suoi
documenti di impegnarsi ovunque, nell'ambito della propria sfera di
competenza, a sostenere e rispettare i principi della Dichiarazione
universale dei diritti umani, utilizzi finanziamenti provenienti da
investitori privati o dai contribuenti italiani per partecipare ad un
contratto che espropria un governo della sua responsabilità di garantire il
pieno rispetto dei diritti umani" - ha dichiarato Umberto Musumeci,
responsabile del Coordinamento diritti economici e sociali della Sezione
Italiana di Amnesty International.

Il rapporto dell'organizzazione per i diritti umani esprime grave
preoccupazione per il fatto che l'Host Governement Agreement (HGA)
negoziato dalla capofila BP e dal governo turco mette quest'ultimo nella
impossibilità di proteggere i diritti umani nell'area, poiché la Turchia si
è impegnata a pagare ingenti rimborsi al Consorzio in caso in cui la
costruzione dell'oleodotto o la sua operatività siano "disturbate".

"Si tratta, in sostanza, di una multa per aver rispettato la legge, che la
Turchia dovrebbe pagare se applicasse nell'area interessata dall'oleodotto
le stesse norme che sono valide nel resto del suo territorio e che invece,
secondo il contratto, non potrà applicare nella zona" - ha aggiunto
Musumeci.  "Siamo di fronte a un'imposizione che vieta alla Turchia di
aderire a nuovi trattati internazionali, o di applicare quelli già
sottoscritti, se essi dovessero risultare in contrasto con le clausole del
contratto".

Secondo Amnesty International, durante i 40-60 anni previsti per la
costruzione e l'operatività dell'oleodotto si potrebbero avere le seguenti
conseguenze:
- limitazione del diritto al risarcimento per le 30.000 persone che saranno
costrette a cedere i propri diritti sulla terra per far posto all'oleodotto;
- inadeguata applicazione delle norme a tutela della salute e della
sicurezza per i lavoratori e la popolazione locale;
- gravi rischi di abusi dei diritti umani nei confronti delle persone che
intendessero protestare contro le modalità di realizzazione dell'opera;
- difficoltà di accedere alle fonti d'acqua per la popolazione locale, in
un'area peraltro già caratterizzata da mancanza di acqua.

Il Professor Sheldon Leader, consulente legale di Amnesty International, ha
dichiarato che "l'HGA firmato da Turchia e Consorzio di fatto introduce un
precedente, sul piano politico e giuridico, che crea disordine nel sistema
legale internazionale. La richiesta alla Turchia di pagare una indennità al
Consorzio per ogni rottura dell'equilibrio economico del progetto significa
che la Turchia sarà costretta a scegliere tra l'obbligo di proteggere i
diritti umani e la loro violazione, quando la prima opzione si porrà in
contrasto con la legge degli affari".

"L'HGA è inoltre in clamorosa rotta di collisione con la Convenzione
europea sui diritti umani, che richiede agli Stati di intervenire
preventivamente anche solo in presenza di un rischio eventuale per la vita
delle persone." - ha proseguito Musumeci - "Esso si limita a prevedere la
possibilità per la Turchia di intervenire sul progetto solo in caso di
minaccia imminente e materiale alla sicurezza, pena la corresponsione di
grosse indennità. Le autorità turche peraltro non avrebbero neanche la
possibilità di adire le vie legali tramite il proprio sistema giudiziario,
poiché ciò è chiaramente escluso dal contratto, che prevede
l'obbligatorietà di usare l'opzione arbitrale, da esercitare tramite una
organizzazione di arbitraggio collegata alla Banca Mondiale,
l'International Centre for the Settlement of Investment Disputes (ICSID)".

In un momento in cui la Turchia sta cercando di migliorare la propria
situazione dei diritti umani, anche in vista di un eventuale futuro
ingresso nell'Unione Europea, una stringente necessità di finanziamenti
esteri la mette in condizione di non poter aderire a nuovi trattati
internazionali o di non rispettare quelli già firmati, perché potrebbero
essere in contrasto con gli obblighi imposti dall'HGA.

Gli arresti e le detenzioni arbitrarie di prigionieri di coscienza, le
torture, le sparizioni, le esecuzioni extragiudiziali e le altre violazioni
dei diritti umani regolarmente denunciate da Amnesty International, non
potranno certo diminuire se la Turchia sarà obbligata a creare lungo il
tragitto dell'oleodotto una "zona franca" rispetto ai diritti umani:
eventuali oppositori o contestatori dell'operazione rischiano di aumentare
la già numerosa lista dei perseguitati.

La Sezione Italiana di Amnesty International chiederà al governo italiano
di non mettere a disposizione dell'operazione - né direttamente né tramite
aziende di propria partecipazione o istituti statali - somme di denaro
pubblico sotto qualunque forma (prestito, contributo, credito all'export)
se non dopo una profonda revisione dei termini legali del contratto.

A tale proposito, Amnesty International chiede che:
- siano inserite nell'HGA specifiche clausole che affermino espressamente
il diritto della Turchia di rispettare i diritti umani in base al diritto
internazionale e al suo diritto interno;
- sia costituito un organismo indipendente che tuteli gli interessi degli
stakeholder (soprattutto le rappresentanze delle comunità locali) per
controllare da vicino gli standard applicati e ricevere ed esaminare le
proteste dei lavoratori e della popolazione locale lungo tutta la vita del
progetto. A tale organismo dovrebbero essere attributi poteri di intervento
sul progetto quando ritenuto necessario;
- il Consorzio sottoscriva un impegno concreto con coloro che saranno
impiegati nel progetto per garantire loro che, lungo tutta la durata delle
costruzione e della operatività, il progetto sarà gestito in conformità
alle norme internazionali sui diritti umani.

"I diritti umani" - ha concluso Musumeci - "non possono essere oggetto di
trattative in contratti fra le aziende e i governi: essi sono un requisito
intoccabile. Questo progetto non deve andare avanti se non se ne
cambieranno le clausole che minano l'applicabilità dei diritti umani."
FINE DEL COMUNICATO
Roma, 20 maggio 2003
Il rapporto "Human rights on the line - The Baku-Tblisi-Ceyhan pipeline
project" è disponibile presso il sito Internet www.amnesty.org

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