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La nonviolenza è in cammino. 151



LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO

Foglio di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di
Viterbo a tutti gli amici della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. e fax: 0761/353532, e-mail: nbawac@tin.it

Numero 151 del 16 marzo 2001

Sommario di questo numero:
1. Indice dei numeri 108-135 (febbraio 2001) de "La nonviolenza e' in
cammino"
2. Emma Baeri, un garage e cinque anni della nostra storia
3. Jean Toschi Marazzani Visconti, Cinque storie impoverite
4. La "Carta" del Movimento Nonviolento
5. Per saperne di piu'

1. INDICE DEI NUMERI 108-135 (FEBBRAIO 2001) DE "LA NONVIOLENZA E' IN
CAMMINO"
[Presentiamo qui l'indice dei fascicoli del notiziario "La nonviolenza e' in
cammino" apparsi nel mese di febbraio 2001, e precisamente i numeri 108-135]
* Numero 108 del primo febbraio 2001: 1. Peppe Sini: a Genova la
nonviolenza; 2. Stefano Guffanti: alcune valutazioni sull'incontro di
Genova; 3. Lorenzo Mosca, Valentina Duca: la sfida del movimento
antiglobalizzazione; 4. Antonio Bruno: a Genova per la democrazia; 5. Due
versi di Danilo Dolci; 6. Eugenio Montale: xenia II, 5; 7. Uri Avnery:
diritto al ritorno per la riconciliazione; 8. Una proposta per il 3 febbraio
a Roma; 9. Un incontro il 6 febbraio a Roma; 10. Un incontro il 10 febbraio
a Torino; 11. La "Carta" del Movimento Nonviolento; 12. Per saperne di piu'.
* Numero 109 del 2 febbraio 2001: 1. Sabato 3 febbraio per i diritti degli
immigrati a Roma; 2. Lorenzo Milani, lettera ai cappellani militari; 3.
Davide Melodia, non parlare di nonviolenza; 4. Incontri a Viterbo e Orte; 5.
L'associazione italiana Amici di Raoul Follereau; 6. Riviste: "Terre di
mezzo" di febbraio; 7. Incontri sulla nonviolenza: un convegno a Torino
l'11-12 febbraio; 8. Incontri sulla nonviolenza: un convegno a Roma il 13
febbraio; 9. Incontri: il 17 febbraio seminario nazionale della Tavola della
pace; 10. La "Carta" del Movimento Nonviolento; 11. Per saperne di piu'.
* Numero 110 del 3 febbraio 2001: 1. Albino Bizzotto, ultime novita' per
"Anch'io a Bukavu"; 2. Appello per la Via Crucis Pordenone-Aviano del primo
aprile; 3. Giuseppe Gozzini, come cristiano penso che...; 4. La nonviolenza
e il popolo di Seattle; 5. Margareth Rago, la liberta' secondo Luce Fabbri;
6. La "Carta" del Movimento Nonviolento; 7. Per saperne di piu'.
* Numero 111 del 4 febbraio 2001: 1. Donatella Di Cesare, questo
fondamentale principio; 2. Pasquale Pugliese, una valutazione e un
contributo alla discussione lillipuziana; 3. Tavolo Intercampagne, una
riflessione sulle strategie lillipuziane di mobilitazione; 4. Il Criticone e
i lillipuziani; 5. Tre importanti incontri a Torino, Roma, Perugia; 6. Fabio
De Santi, un'intervista a Marcello Bernardi del 1997; 7. Maurizio Pittau
ricorda Gregory Corso; 8. La "Carta" del Movimento Nonviolento; 9. Per
saperne di piu'.
* Numero 112 del 5 febbraio 2001: 1. Tiziano Tissino, il dibattito in vista
del vertice del G8; 2. Chiara Mazzoleni, un seminario con Danilo Dolci; 3.
Bibliografia di Pier Cesare Bori; 4. La "Carta" del Movimento Nonviolento;
5. Per saperne di piu'.
* Numero 113 del 6 febbraio 2001: 1. Eugenio Melandri: "Anch'io a Bukavu",
alcune riflessioni sullo stato dell'iniziativa; 2. Tiziano Tissino: la
nonviolenza lillipuziana (e una critica al Criticone); 3. Giulio
Vittorangeli: la memoria della Shoah; 4. Eraldo Affinati: nel cuore di
tenebra del Novecento; 5. Scienziati e giuristi contro la guerra; 6. Newroz
2001 in Turchia con il popolo kurdo; 7. La "Carta" del Movimento
Nonviolento; 8. Per saperne di piu'.
* Numero 114 del 7 febbraio 2001: 1. Enrico Peyretti, la nonviolenza nel
Novecento; 2. Tiziano Tissino, una meditazione per la via crucis ad Aviano;
3. Pasquale Pugliese, riflessioni su un incontro a Genova; 4. Barbara
Bellini e Luciano Benini, su alcuni malintesi nell'esame del conflitto
israelo-palestinese; 5. Parola di Rosicone, un pentalogo che finisce in
amnesia; 6. Settimana con "Le Monde diplomatique" a Milano; 7.
"Altreconomia" di febbraio; 8. "Guerre & Pace" di febbraio; 9. La "Carta"
del Movimento Nonviolento; 10. Per saperne di piu'.
* Numero 115 dell'8 febbraio 2001: 1. "Anch'io a Bukavu", comunicato del 3
febbraio; 2. Una nuova edizione di "Principesse e sognatori nelle strade in
Guatemala"; 3. Alberto L'Abate, nonviolenza e marxismo nella transizione al
socialismo (1979); 4. La "Carta" del Movimento Nonviolento; 5. Per saperne
di piu'.
* Numero 116 del 9 febbraio 2001: 1. Alberto L'Abate, l'aggiunta nonviolenta
di Aldo Capitini alla transizione al socialismo (1979); 2. Secondo incontro
di formazione per i partecipanti di "Anch'io a Bukavu"; 3. Giobbe
Santabarbara, una lettera agli amici suoi di Genova; 4. "Mosaico di pace" di
febbraio; 5. La "Carta" del Movimento Nonviolento; 6. Per saperne di piu'.
* Numero 117 del 10 febbraio 2001: 1. Enrico Peyretti, bibliografia di casi
storici di difesa senza guerra; 2. Alberto L'Abate intervista Lush Gjergji;
3. Luciano Benini, due lettere apocrife ma veritiere; 4. Incontri sulla
nonviolenza a Torino e a Roma; 5. La "Carta" del Movimento Nonviolento; 6.
Per saperne di piu'.
* Numero 118 dell'11 febbraio 2001: 1. Fulvio Cesare Manara, la nonviolenza
si impara; 2. Maria Chiara Tropea, una meditazione; 3. Carlo Schenone,
sull'incontro di gennaio a Genova; 4. E' uscita "Azione nonviolenta" di
gennaio-febbraio 2001; 5. Disponibile il catalogo 2001 della Editrice La
Giuntina; 6. La "Carta" del Movimento Nonviolento; 7. Per saperne di piu'.
* Numero 119 del 12 febbraio 2001: 1. Mao Valpiana, trentotto anni portati
bene; 2. Pinuccia Montanari, profilo di Wolfgang Sachs; 3. Luigi Pintor,
Hiroshima a bassa intensita'; 4. Giulio Vittorangeli, Primo Levi testimone
della dignita' umana; 5. Un convegno a Velletri su "L'autorita' e la
critica"; 6. Un mese di solidarieta' con il popolo kurdo; 7. L'almanacco
dello Zuccarone: perche' nonviolenza si scrive nonviolenza; 8. La "Carta"
del Movimento Nonviolento; 9. Per saperne di piu'.
* Numero 120 del 13 febbraio 2001: 1. Oggi a Roma dibattito su "La sinistra
e la nonviolenza"; 2. Gerard Lutte, cosa sta succedendo nel movimento?; 3.
Davide Melodia ricorda Gino Vermicelli; 4. Programma del corso di educazione
alla pace a Gubbio; 5. Il 14 febbraio a Orte; 6. Disponibile una versione
aggiornata della "Bibliografia sui casi storici di difesa senza guerra" di
Enrico Peyretti; 7. Indice dei numeri 77-107 (gennaio 2001) de "La
nonviolenza e' in cammino"; 8. Presentazione di "Nigrizia"; 9. La "Carta"
del Movimento Nonviolento; 10. Per saperne di piu'.
* Numero 121 del 14 febbraio 2001: 1. Enrico Peyretti, nonviolenza contro la
violenza dei G8 a Genova; 2. Daniele Aronne, anche a Viterbo un minuto di
rumore per il Congo; 3. Giulio Vittorangeli, i panda palestinesi; 4. Una
lettera circolare del Mir del 12 gennaio; 5. Sabato 17 febbraio a Soriano;
6. Il 23-24 febbraio a Cagliari; 7. Il carteggio tra Hannah Arendt e Mary
McCarthy; 8. "Nigrizia" di febbraio; 9. "A. rivista anarchica" di febbraio;
10. "Rocca" del 15 febbraio; 11. Fascicolo speciale sulla Shoah di "Diario";
12. In edicola "Vita" n. 7; 13. La "Carta" del Movimento Nonviolento; 14.
Per saperne di piu'.
* Numero 122 del 15 febbraio 2001: 1. Peppe Sini, una presentazione di
questo notiziario; 2. Maria Chiara Tropea, per un dialogo tra pacifisti; 3.
Marcello Cini, una questione di principio; 4. "Dialogo in valle": le ragioni
dell'opposizione all'alta velocita'; 5. Pasquale Pugliese, in ricerca sulle
strade della nonviolenza; 6. Iniziative a Viterbo, Soriano, Orte; 7. La
"Carta" del Movimento Nonviolento; 8. Per saperne di piu'.
* Numero 123 del 16 febbraio 2001: 1. Peppe Sini, L'azione diretta
nonviolenta delle mongolfiere per la pace (parte prima); 2. Elena Buccoliero
intervista Elisa Springer; 3. Giolli, prossimi stage in allestimento; 4.
Oggi a Gubbio inizia il corso di educazione alla pace; 5. Giuristi contro il
razzismo; 6. Il 18 febbraio a Roma; 7. "Critica liberale"; 8. "Le Monde
diplomatique" di febbraio; 9. La "Carta" del Movimento Nonviolento; 10. Per
saperne di piu'.
* Numero 124 del 17 febbraio 2001: 1. Dino Frisullo, lettera aperta ai
giudici turchi: "Rifiuto l'amnistia"; 2. Peppe Sini, L'azione diretta
nonviolenta delle mongolfiere per la pace (parte seconda); 3. "Amici dei
lebbrosi" di febbraio; 4. La "Carta" del Movimento Nonviolento; 5. Per
saperne di piu'.
* Numero 125 del 18 febbraio 2001: 1. Enrico Peyretti, il rito di sangue del
potere; 2. Don Oreste Benzi incontra Romano Prodi; 3. Margherita Ciervo,
solidarieta' col popolo U'wa; 4. Dino Frisullo, per la solidarieta' col
popolo kurdo; 5. Ettore Masina ricorda Oscar Romero; 6. Un concerto a Roma
per le ragazze e i ragazzi di strada del Guatemala; 7. La "Carta" del
Movimento Nonviolento; 8. Per saperne di piu'.
* Numero 126 del 19 febbraio 2001: 1. Luigi Piccioni, avvoltoi; 2. Tiziano
Tissino, sabato partiamo per l'Africa, ecco come restare in contatto con
noi; 3. Edward W. Said, dove Sharon portera' Israele?; 4. Giulio
Vittorangeli, tra elezioni e disincanto; 5. Peppe Sini, il Novecento visto
dalla pace; 6. "Un ponte per...", bombe sui bambini a Baghdad; 7. Assemblea
della rete di amicizia con le ragazze e ragazzi di strada del Guatemala; 8.
"Limes" n. 1 del 2001; 9. La "Carta" del Movimento Nonviolento; 10. Per
saperne di piu'.
* Numero 127 del 20 febbraio 2001: 1. Kuldip Singh, Sher Khan, Arif Shah,
Dino Frisullo: appello urgente per gli "earthquacked people"; 2. Vittorio
Merlini, digiuno del leader gandhiano Jagannathan; 3. Silvano Tartarini,
anche i "Berretti bianchi" a Bukavu; 4. Gerard Lutte, il 22 febbraio si
costituisce la onlus della rete di solidarieta' con le ragazze e i ragazzi
di strada del Guatemala; 5. Peppe Sini, l'azione diretta nonviolenta delle
mongolfiere per la pace (parte terza e finale); 6. La nonviolenza a Genova,
un documento; 7. Paola Luzzi, nuovo sito e mailing list di "Chiama
l'Africa"; 8. Un sito femminista delle donne afghane; 9. I prossimi
appuntamenti del Cipax a Roma; 10. Il 23 febbraio a Palermo; 11. Dibattito a
Roma il 28 febbraio; 12. Assemblea dell'associazione Namaste a Ostiglia; 13.
Pax Christi, un servizio civile per la pace; 14. La "Carta" del Movimento
Nonviolento; 15. Per saperne di piu'.
* Numero 128 del 21 febbraio 2001: 1. Elias Canetti, da "Potere e
sopravvivenza"; 2. Giuseppe Martinez ricorda Giuseppe Puglisi; 3. Pierluigi
Ontanetti, mongolfiere a Sarajevo; 4. Da una lettera di Luigi Piccioni; 5.
Tre domande ad Antonella Cobianchi; 6. Carlo A. Bachschmidt, il "patto di
lavoro" a Genova; 7. Fabio Lucchesi, incontro dei "nodi" della Rete Lilliput
a Genova; 8. Roberta Renzetti, un invito ad Arezzo; 9. Manifestazione per i
diritti dei minori stranieri; 10. "Una finestra aperta sul mondo" a Catania;
11. Presentazione di "Rawa"; 12. L'associazione "Resistenza e Pace"; 13.
Enrico Peyretti presenta "Il foglio" n. 278; 14. Maria Teresa Tarallo
recensisce un nuovo libro su Tonino Bello; 15. La "Carta" del Movimento
Nonviolento; 16. Per saperne di piu'.
* Numero 129 del 22 febbraio 2001: 1. Mariagrazia Bonollo, in trecento in
partenza il 24 febbraio per il Congo; 2. Francesco Codello ricorda Lamberto
Borghi; 3. Goffredo Fofi ricorda Lamberto Borghi; 4. Elena Rozzi, per i
minori stranieri e per noi tutti; 5. "Qualevita" n. 95; 6. La "Carta" del
Movimento Nonviolento; 7. Per saperne di piu'.
* Numero 130 del 23 febbraio 2001: 1. Sergio Albesano presenta "Le periferie
della memoria"; 2. Fausto Amodei ricorda Michele Straniero; 3. Giovanni
Scirocco, dodici no; 4. Nicoletta Napoli intervista Matteo Pierro
sull'Olocausto dimenticato dei Testimoni di Geova; 5. Gianni Zampieri, per
un agire nonviolento; 6. Educazione alla pace oggi a Gubbio; 7. I martedi
dell'Africa, a Roma; 8. La "Carta" del Movimento Nonviolento; 9. Per saperne
di piu'.
* Numero 131 del 24 febbraio 2001: 1. Alessandro Pizzi, verso Butembo; 2.
Ribka Shibathu, Madre Africa; 3. Enrico Peyretti: Islam, violenza,
nonviolenza; 4. Notizie dal coordinamento "Aboliamo l'uranio impoverito"
(parte prima); 5. Educazione alla pace a Orte; 6. A Roma a sostegno della
marcia zapatista; 7. Il 27 febbraio con i Rom a Roma; 8. La "Carta" del
Movimento Nonviolento; 9. Per saperne di piu'.
* Numero 132 del 25 febbraio 2001: 1. Luisa Muraro, il senso della mia
ricerca; 2. Pasquale Pugliese, l'impegno della Rete di Lilliput; 3. Notizie
dal coordinamento "Aboliamo l'uranio impoverito" (parte seconda ed ultima);
4. Pax Christi scrive ai candidati premier; 5. Luisa Morgantini, otto marzo
a Gerusalemme; 6. Terzo corso sulla nonviolenza; 7. A Bologna ricordando don
Milani; 8. Seminario a Pisa su Stato e globalizzazione; 9. Patrizia
Morgante, un seminario a Roma; 10. La "Carta" del Movimento Nonviolento; 11.
Per saperne di piu'.
* Numero 133 del 26 febbraio 2001: 1. Antonio Vigilante, sinistra e
nonviolenza; 2. Ida Dominijanni intervista Luisa Muraro; 3. La "Carta" del
Movimento Nonviolento; 4. Per saperne di piu'.
* Numero 134 del 27 febbraio 2001: 1. Le lingue tagliate. Un appello; 2.
Pietro Scalisi, la proposta del commercio equo ai consumatori del nord; 3.
Giulio Vittorangeli, la lapide della vergogna; 4. Ornella Faracovi, il
convegno di studio su "Ado Capitini: intelligenza del presente e profezia
dell'impegno"; 5. Luisa Muraro, introduzione alle lezioni sul femminismo; 6.
Giobbe Santabarbara, sorrisi e canzoni; 7. Tre poesie di Giorgio Caproni
(Senza titolo; A Rina; Pensatina dell'antimetafisicante); 8. Il 3 marzo a
Napoli; 9. Alcune riviste; 10. La "Carta" del Movimento Nonviolento; 11. Per
saperne di piu'.
* Numero 135 del 28 febbraio 2001: 1. Riccardo Orioles ricorda Fuki Kushida;
2. Luisa Muraro, la verita' delle donne; 3. Chiara Brunetti, Manila
D'Angelomaria, Veronica Feraco: rete di amicizia con le ragazze e ragazzi di
strada del Guatemala; 4. Tommaso Di Francesco intervista Massimo Cacciari
sul dopoguerra in Kosovo; 5. Donne contro G8; 6. L'azione di pace a Butembo;
7. Il movimento di Seattle, oggi a Milano; 8. Il 2 marzo a Genova; 9. Il 2
marzo a Mestre; 10. Le Donne in nero a Viterbo; 11. Il 3 marzo la Banca
Etica a Roma; 12. Il 3 marzo a Verona; 13. Il 10 marzo a Reggio Emilia; 14.
"Carta" in edicola; 15. Sosteniamo le Edizioni La Meridiana; 16. La "Carta"
del Movimento Nonviolento; 17. Per saperne di piu'.

2. ESPERIENZE. EMMA BAERI: UN GARAGE E CINQUE ANNI DELLA NOSTRA STORIA
[Da "Giro di vite" (sito: www.girodivite.it; e-mail: girodivite@freeweb.org)
riceviamo, e volentieri ridiffondiamo, il seguente testo, gia' apparso su
"Il Paese delle donne" online; il testo consiste di ampi stralci della
relazione della storica Emma Baeri al convegno "Gli archivi al femminile:
Scrittura e memoria delle donne"]
C'era un piccolo archivio a Catania, l'archivio del Coordinamento per
l'Autodeterminazione della Donna: cinque anni di discussioni, rapporti,
lotte, dal 1980 al 1985, compressi in 12 cartoni e depositati molti anni
addietro nel mio garage.
Con quel gesto, timoroso e pieno di speranza, molte donne della mia
generazione chiusero una stagione intensissima di cambiamento, individuale e
collettivo insieme.
Il Coordinamento era un gruppo femminista costituitosi a Catania
nell'ottobre del 1980, a difesa della legge 194 insidiata da due referendum
abrogativi, quello radicale e quello del movimento per la vita, che allora
ci sembrarono, seppure per ragioni opposte, integralisti entrambi. Il gruppo
era nato dall'incontro di alcune donne dell'Udi, dell'MLD e dei Collettivi
femministi, ma ben presto cancellammo tutte le sigle, e diventammo tante.
La storia che l'archivio racconta si svolge dall'ottobre del 1980
all'ottobre del 1985, cinque anni tondi che meritano a mio avviso piu' di
una riflessione, e abbiamo gia' perso tempo.
Negli anni Settanta ci piaceva dire che "i tempi delle donne sono i tempi
che le donne si danno", facendo nostro il bel titolo di uno scritto di
Annalisa Usai e Lidia Ravera su un numero di "Ombre Rosse", del '76 , se ben
ricordo. Oggi lo penso ancora, ma le attuali difficolta' teoriche e
politiche del movimento democratico, della sinistra per intenderci, e del
movimento politico delle donne, del femminismo per intenderci, mi fanno
essere piu' attenta e riflessiva.
Insomma, forte di quel tanto di sensibilita' che il mestiere di storica mi
ha attaccato addosso, penso che sarebbe opportuno dedicare attenzione e
tempo ai contesti politici, ormai storici, in cui le vicende di quegli anni,
e noi li' dentro, si svolsero; interrogare le radici e il percorso di un
ventennio di cui quei primi anni Ottanta furono l'approdo: dal movimento
antiautoritario degli anni Sessanta al centro-sinistra, dal compromesso
storico agli anni di piombo, dal femminismo storico al pensiero della
differenza, fino all'era cosiddetta "craxiana", scorrono oltre vent'anni di
storia italiana del tempo presente, per dirla con Paul Ginsborg che ne ha
descritto la minuta trama.
E tanto per cominciare vi comunico un mio primo pensiero a riguardo: che in
questi anni si sia consumata la dissipazione di due corpi storici, quello
della classe operaia e quello del femminismo degli anni Settanta, corpi
solidali entrambi, individuali e collettivi insieme, corpi di carne e ossa,
"armati", letteralmente, conflittualmente e pacificamente, di desideri e
bisogni.
E' cosi'? Era inevitabile? C'e' un nesso? Penso a riguardo che nella storia
del movimento femminista italiano la svolta dei primi anni Ottanta, nel
concettualizzare una drastica discontinuita' di pratiche tra femminismo
storico e pensiero della differenza, tra sessualita' e simbolico, abbia
prodotto una peculiare forma di revisionismo storico, quasi una disfunzione
del senso del se' e della sua memoria: "partire da se'" si diceva ancora, ma
significo' partire da un soggetto impoverito delle sue connotazioni
sessuali, corporee, che restavano sul fondo del discorso, di nuovo mute e
barbare, in questo riproducendo surrettiziamente la dualita' mente-corpo.
Quanto delle attuali difficolta' politiche del movimento sono ascrivibili a
questa scelta? Piu' di quanto non immaginiamo, credo.
* Dodici cartoni di memoria
La storia del Coordinamento catanese e' un pezzo di questo approdo, storia
nazionale quindi, come fu ed e' sempre la storia del movimento politico
delle donne, ma con un orizzonte femminista nettamente marcato. Questa
vicenda racconta infatti la fantasia e gli scacchi di un'utopia politica che
ancora pensavamo praticabile in quegli anni, che stavano oltre il confine di
un decennio che aveva visto il corpo femminile o-sceno, fuori scena, entrare
prepotentemente sulla scena politica con precise domande di cittadinanza,
diremmo oggi: autodeterminazione, denuncia della violenza sessuale e
sessuata, riconoscimento del lavoro di cura, spazi e luoghi politici,
disarmo unilaterale eccetera, tutto tenuto insieme da quel rifiuto
originario degli specialismi e delle deleghe di qualsivoglia questione
femminile, rigettando piuttosto noi alla societa' tutta la responsabilita'
di quella condizione che si pretendeva naturale ed era storica.
Questo raccontano i dodici cartoni, frettolosamente assemblati e riposti
assieme a striscioni e cartelli, a manifesti e oggetti d'uso quotidiano,
come quelli per prendere il the' insieme, quei teporosi the' con la torta
nella sede di piazza Spirito Santo 4: speravamo che presto vi avremmo
rimesso mano, mentre ragni e tagliacarta cominciavano ad avere altre
speranze. Li riponemmo in garage, quindi.
Il mio sguardo ansioso e la polvere da me periodicamente tolta non sarebbero
tuttavia bastati a dare un senso a quel deposito di memorie, se piu' di
dieci anni dopo Annarita Buttafuoco, lungimirante e appassionata come
sempre, non avesse deciso di prendere sul serio quelle carte, la ricchezza
che esse custodivano, e di prevederne il riordino col sostegno di un
finanziamento del MURST, nel quadro di una ricerca su Politiche, culture ed
esperienze delle donne nell'Europa del Novecento da lei progettata: anche
per questo, grazie Annarita.
Fu cosi' che cominciai a porre mano all'impresa, individuando subito in Sara
Fichera (una giovane architetta siciliana laureatasi al Politecnico di
Milano con una tesi, da me seguita e correlata, sui luoghi politici e gli
spazi urbani del movimento femminista catanese) individuando in lei quindi
la compagna di viaggio ideale in questa avventura, che' tale e' stato il dar
forma a quell'archivio, costruirne l'inventario.
Inventario, quindi, come recita il titolo del volume che racconta questa
storia, Inventari della memoria (questo volume sara' prossimamente in
libreria per i tipi di Franco Angeli, secondo di una collana promossa dalla
Fondazione Elvira Badaracco, Scritture d'Archivio, che ripropone per una
nuova lettura alcuni testi femministi depositati per lo piu' presso gli
Archivi Riuniti delle Donne di Milano).
Quando Lea Melandri la scelse per il titolo del volume mi fece notare che
questa parola racchiudeva, racchiude, nella sua stessa etimologia un'idea di
invenzione, che nel testo si esprime in molte forme; sono infatti convinta
che laddove si assume come fondamento metodologico il partire da se', questa
idea si presenta subito, a conferma delle potenzialita' euristiche ed
epistemologiche della pratica femminista.
* Trovare e inventare
Avviene cosi' che il desiderio e la speranza, la responsabilita' e la
misura, diventino le parole chiave di una nuova grammatica della ricerca. A
cosa serve una ricerca, tanto per cominciare? Forse a trovare un senso che
sappia pre-vedere orizzonti civili di felicita' pubblica. Come si raggiunge
questo obiettivo, quando si ha davanti un piccolo capitale di memoria, un
archivio femminista? Forse ingegnandosi a inventare una forma chiara piu'
che un ordine rigido. "Trovare", quindi, come esperienza etimologica e
politica dell'invenire, trovamento e invenzione insieme di quel senso.
Insomma, non c'e' ricerca senza speranza - io penso - e la speranza e' qui,
piu' che altrove, praticabilita' del mutamento, speranza civile, insomma.
E' stato con questi pensieri in testa che io e Sara abbiamo cominciato a
lavorare, forti anche di un'autorizzazione a monte, quel nesso tra
esperienza, competenza e conoscenza che e' stato un fecondissimo dono del
femminismo, quello slittamento dalla pratica al metodo che ha consentito a
me, storica, e a lei, architetta, di sperimentarci con passione e modestia
nel mestiere di archiviste, senza pretendere di esserlo.
Accennero' quindi adesso ad alcune questioni che strada facendo ci siamo
trovate davanti, e al modo nel quale abbiamo ritenuto di poterle affrontare
e saperle risolvere.
* Archivi speciali?
Si tratta innanzi tutto e ovviamente di rispettare il soggetto produttore,
si' da non modificare il contesto di produzione della fonte.
Abbiamo scelto di descrivere ciascun documento utilizzando una sequenza
apparentemente tradizionale, dando pero' conto del significato nuovo che ad
essa volevamo attribuire. Quindi prima di tutto il soggetto, per registrare
la priorita' simbolica e politica dell'evento della soggettivita' femminile;
subito dopo l'oggetto, per tenere insieme quanto piu' possibile il pensare e
il fare, dentro quell'idea di pratica politica che ha inteso risolvere
drasticamente ogni dualismo, a partire da quello originario: uomo-donna,
mente-corpo; poi la data, un elemento tradizionalmente ordinatore: ho scelto
di adottare una sequenza cronologica continua per consentire che questa
storia, segnata da una radicale discontinuita', fosse leggibile sia nella
sua durata, sia rispetto ai contesti politici di riferimento; infine il
luogo, meno importante ieri, quando nostra patria era il mondo intero che si
vivesse a Gela o a Milano, piu' rilevante oggi, in tempi di reti
telematiche, per ricostruire quella velocissima rete di relazioni informali
che il famoso tam tam accendeva periodicamente, creando uno spazio
geopolitico estemporaneo e stabile insieme, arato da quel continuo viaggiare
per incontrarsi, per comunicare, per scambiare, di cui tutti i volantini che
ci restavano in mano alla fine erano il residuo materiale. Ci sono inoltre
qua e la' alcune piccole note in margine al testo, che danno conto sia della
opacita' di quel preciso documento, sia delle perplessita' di chi doveva
collocarlo nel posto giusto.
* Una nuova urgenza
Ma quello che ha fatto letteralmente la differenza e' stata un'urgenza
nuova, assolutamente imprevista, presentatasi in corso d'opera: la
necessita' di segnalare il nuovo contesto, quello nel quale la fonte,
prodotta oltre venti anni addietro, ha rivisto la luce: una questione di
nascite e rinascite insomma, un modo peculiare di muoversi tra le categorie
storiografiche tradizionali dell'origine, della durata, e del mutamento.
Nel momento in cui ho aperto quei cartoni, man mano che quelle carte
ricominciavano a respirare, la storia che esse raccontavano mi e' sembrata
cosi' straordinaria da meritare un gesto anch'esso fuori dall'ordinario
lavoro di sistemazione: avrei provato a far risuonare il taglio del partire
da se' che quella storia aveva mosso anche nel gesto del dare forma a quelle
carte, nel passaggio dall'archivio all'inventario, e in molti modi.
Dare forma e non ordine, lo ripeto, e non solo perche' registravo
l'inadeguatezza del raccontare una storia di radicale trasgressione piu' che
di disubbidienza, quale quella storia era stata, utilizzando una parola
fortemente disciplinante, quanto per il significato nuovo che la parola
"forma" aveva assunto nel lessico politico di quegli anni, quando si parlava
di forme della politica, di critica delle vecchie forme e di produzione di
forme nuove, come la pratica dell'autocoscienza, per esempio; infine,
poiche' quello che mi passava tra le mani era un corpo politico con una sua
forma precisa, la cura della sua memoria doveva allargare l'area semantica e
politica di questa parola, piuttosto che imporne delle nuove.
Decisi allora di riproporre quel gesto luciferino, che implicava il governo
orgoglioso del tempo di se' come tempo della liberazione, in quanto esso era
espressione della forza simbolica originaria, quella che aveva fatto nascere
il soggetto imprevisto, noi, interrompendo la continuita' del senso comune
del tempo storico, che non ci aveva previste come soggetti.
Lo avrei reiterato quindi, per vedere cosa succedeva, sperando in una
rinascita politica assieme alla memoria della nostra storia. Insomma, tra
origine, mutamento e durata, scelsi di misurare l'eventuale durata del
mutamento a partire da quell'origine chiara.
Contrariamente a quello che avviene per la sistemazione delle fonti
storiche - anche per quelle di storia delle donne - mi sembrava infatti che
le fonti del femminismo sollecitassero un altro trattamento, proprio in
virtu' dei residui fortemente metodologici che la pratica del partire da se'
aveva inaugurato nella strutturazione di un nuovo senso comune dell'essere
donne, cambiato per sempre dopo quel taglio.
In breve, mi e' parso che per dare forma alla memoria del femminismo fosse
giusto riattivare in qualche modo una pratica femminista, creare uno
scivolamento da quella pratica a un metodo, e poi a una pratica nuova,
recuperando l'idea di laboratorio, di artificio, che era stata alla base
dell'autocoscienza, un'invenzione, insomma.
Ho quindi scelto di definire non piu' uno bensi' due contesti per la lettura
delle fonti, quello della loro produzione e quello della loro sistemazione,
rendendo ben visibili le due diverse forme, la forma del passato, della
memoria politica di quel passato, e la forma del presente, della pratica
politica del presente, solo alludendo ad una possibile proiezione da ieri a
oggi, inevitabile quando ci si muove nello spazio empatico della storia
delle donne. Insomma, ho proceduto in modo che il dare forma a quella
memoria non potesse prescindere dal disegnare una forma nuova, affiancata ma
non sovrapposta, che segnalasse la fecondita' politica ed euristica del
femminismo.
* Cosa abbiamo fatto
Prima di tutto, ovviamente, abbiamo dato valore alla relazione tra me e
Sara, relazione tra eta' differenti (58 anni io, 34 lei) ma soprattutto tra
differenti generazioni politiche, quella tra una femminista storica e una
"ereditiera", come sono state nominate le giovani donne in consapevole
ascolto e pratica della tradizione femminista.
Su questa definizione ho tuttavia qualche perplessita', perche' mi sembra
che dica troppo alla lettera il movimento del dare e avere, in modo
unidirezionale, dalla vecchia alla giovane. Nella mia esperienza invece, ben
oltre questo fatto, il gesto del trasmettere ha avuto subito implicazioni di
coscienza impreviste. Nel rapporto tra me e Sara ho sentito infatti di
ereditare io il suo ascolto, il suo desiderio di sapere, la sua curiosita'
per la mia storia, nel momento stesso in cui il mio narrare riempiva il
sacco della sua esperienza; insomma, ho avuto la precisa sensazione di
radicarmi nel futuro attraverso lei nel momento stesso in cui lei si
radicava nel passato attraverso me.
Quale era l'origine di questa reciprocita'? L'esperienza delle mie
maternita', della mia riflessione su di esse, e quella della mia ricerca
didattica, mi hanno fornito, entrambe e insieme, alcune risposte.
"Governo della simbiosi" avevo chiamato e chiamo quella misura della
relazione tra due che prevede la possibilita' di acquistare autonomia senza
perdere affetto e godere dell'affetto sperimentando l'autonomia, una
possibile via femminile all'emancipazione, insomma.
E' stata infatti la previsione di uno spazio di trasgressione tra me e
Sara - e questo solo io potevo prevederlo - a consentire l'evento della
reciproca eredita'; e' stata la creazione di un intervallo di rispetto, di
cura mite, a dare letteralmente corpi, i nostri, ai desideri che le nostre
diversita' generazionali esprimevano: questo mi e' parso il bene piu' grande
da trasmettere.
Cosi' ho proposto a Sara di annotare qualsiasi pensiero, suggestione,
critica, le venisse in mente nel concreto lavoro della costruzione
dell'inventario, sia in relazione alle carte, sia rispetto a quanto tra noi
scorreva. All'inizio la cosa mi era parsa un modo per non perdere le sue
domande e la mia curiosita', alla fine questo "diario di bordo" si e'
rivelato uno strumento straordinario per dare forma e rappresentazione alla
trasmissione della storia del movimento femminista, e soprattutto del
femminismo, alla sua risonanza in una giovane donna, ben al di la' della
nozione corrente di "femminismo diffuso": esso e' diventato uno dei molti
strati di memoria di cui gli inventari che abbiamo messo insieme sono
composti.
Infine, questo evento e' stato anche salvato, simbolicamente e
politicamente: Sara ed io curiamo entrambe questa ricerca, firmiamo il libro
a pari titolo, entrambe riconoscendoci la fatica e il merito della cura
della memoria, attraversando in tal modo consapevolmente e allegramente il
confine disciplinare, disciplinato, e accademico, che prevede gerarchie
consolidate tra le diversita'.
* Soggetto politico / soggetto storiografico
Un'altra difficile questione e' stata quella del soggetto, del rapporto tra
soggetto politico e soggetto storiografico, sotto due differenti angolature.
Come sciogliere il nodo io-noi che aveva caratterizzato la storia del
femminismo in quegli anni? Come ritessere, sempre che lo si scelga, la trama
fitta dei rapporti tra i molti io che fecero quella storia, tra quei molti
"partire da se'" che rappresentarono sulla scena pubblica e privata,
personale e politica, il grande taglio del femminismo?
La scommessa di far durare il mutamento ha trovato in questo punto il suo
ostacolo piu' duro, perche' se ieri la passione politica del fare rese
inevitabili grovigli e conflitti, oggi, sulla scena politica del rifare, del
registrare la nuova forma del mutamento, la passione sola non mi bastava,
dovevo cercare una misura prudente e rispettosa, che desse voce a
quell'io-noi del soggetto politico di ieri.
E' a questo punto che ho sperimentato una misura etica e politica, che
potesse dar conto al meglio sia della forma nuova della memoria, sia della
sua cura. Una scelta difficile, accompagnata da dubbi e tormenti: quella
storia e' infatti ancora calda, e molte ferite stentano a rimarginarsi, o
sono ricoperte da una pelle ancora troppo sottile e delicata.
Sono uscita dal tormento facendo scelte chiare, e inevitabilmente parziali,
tutte dichiarandole. Delle molte che venti anni fa eravamo ho cercato e
rintracciato solo tredici compagne: tutte erano state protagoniste degli
eventi narrati, tutte volevo che ne scrivessero. Ma come fare?
Avrei potuto intervistarle seguendo la feconda metodologia della giovane
storia orale; ho scelto di non farlo, per molte ragioni. Perche' non volevo
far loro sgambetti della memoria, perche' non volevo precipitare senza rete
in un gioco rischioso di rimandi, perche' mi interessava ancora una volta
raccogliere la durata di quel mutamento in loro, o la sua evaporazione,
piuttosto che raccogliere estemporaneamente i loro ricordi.
Ho pensato: per le fonti "oggettive" c'erano, ci sono, le carte d'archivio;
ma le fonti soggettive erano loro, in carne ed ossa, le mie compagne: non
potevo perderle.
Protagoniste diverse di una storia differente, esse erano ancora li',
preziose testimoni di una storia comune, di una memoria forse difforme,
forse divisa, di una coscienza mutata, duratura, smarrita, chissa': mi
sembrava importante saperlo.
Per questo ho costruito tracce di interviste con parti comuni per tutte e
parti mirate su ciascuna, per come io ne ricordavo le diversita' biografiche
e politiche, gli interessi e l'impegno. Alla fine si e' composta una storia
plurale, un controcanto corale al mio a solo, alla mia narrazione che
introduce la memoria di quegli anni e il suo inventario sotto l'ultimo dei
nostri slogans, quello dell'8 marzo 1985, "Noi, utopia delle donne di ieri,
memoria delle donne di domani".
E' nato cosi' una sorta di testo a fronte, la cui lettura consente di dare
voce alle diverse memorie, divise o condivise che siano, costituendosi il
libro stesso come un luogo politico imprevisto, forma politica inusitata -
forse effimera, forse duratura, ancora non so - di una relazione nel
presente che il comune bisogno di aver cura della memoria ha sollecitato e
composto. In fine, e in gran parte derivata dalla questione inizialmente
posta - forma e cura della memoria - c'e' un'altra questione: come scrivere
quando si sono vissute e fatte le cose che si devono scrivere? Quale
prossimita', quale distanza tra me e quei fatti?
Qui le trasgressioni sintattiche, gli anacoluti ricorrenti e voluti, le
discontinuita' verbali, danno conto della difficolta', e insieme della
necessita', di una scrittura del genere, di genere, de-genere mi vien da
dire. Si', perche' sconfinare, attraversare, trasgredire, e a voce alta
dire, e' il necessario supplemento da pagare per questo viaggio, il viaggio
politico e transdisciplinare del soggetto femminista, di cui la forma stessa
della ricerca dice il percorso: stratigrafia di memorie, inventari per
l'appunto, rigorosamente in transito.

3. TESTIMONIANZE. JEAN TOSCHI MARAZZANI VISCONTI: CINQUE STORIE IMPOVERITE
[Il seguente articolo abbiamo estratto dal "manifesto" del 15 marzo, ove e'
presentato come corrispondenza da Bruxelles col titolo "Cinque storie
impoverite" ed il sommario "Effetti dell'uranio Il veterano inglese e quello
francese, il volontario fiammingo e lo spagnolo, il serbo. Seduti a un
tavolo raccontano vite distrutte dalla stessa "sindrome"".
Jan Toschi Marazzani Visconti e' un prestigioso giornalista, collaboratore
tra l'altro della rivista "Limes"]
La Coalizione per l'Abolizione delle Armi ad Uranio Impoverito ha riunito il
3 marzo scorso intorno ad un tavolo membri di associazioni di pacifisti,
associazioni contro le armi nucleari, fondazioni e soprattutto associazioni
di veterani colpiti dalla "sindrome" provenienti da Francia, Inghilterra,
Olanda, Germania, Stati uniti, oltre ad esperti e medici da Iraq, Bosnia e
Jugoslavia. Un incontro internazionale sugli effetti dell'uranio impoverito
e non solo, che e' stato seguito anche da "funzionari" della Nato.
Sconvolgente il distacco di questi uomini, il loro sguardo. Apparentemente
presenti ma gia' in un'altra dimensione, quella della morte dentro di loro.
Consci del letale meccanismo a tempo insinuato nei loro corpi, impiegano le
loro energie per aiutare altri, contaminati in circostanze similari, e
vittime dell'isolamento da parte degli enti responsabili.
*
Ray Bristow, veterano britannico del Golfo, ha 43 anni, sposato con 3 figli.
E' affetto da una sindrome di stanchezza che lo obbliga alla sedia a
rotelle. Nel 1990 correva la Maratona di Londra, doveva avere il fisico del
bevitore di birra, oggi e' abbandonato sulla sedia come una bambola rotta,
non coordina bene i movimenti e la parola e, come egli stesso dice con
ironia, il suo cervello funziona come un computer con il virus. Nel dicembre
1990 viene richiamato come riservista, operava nel settore medico come
tecnico. Nel gennaio 1991 e' in Iraq. Secondo il programma di vaccinazioni
riceve 23 iniezioni, in breve tempo, contro peste, colera, tosse canina (due
volte) e antrax fra l'altro, e due con etichetta biologica. Probabilmente
anche una droga in prova contro l'Aids. All'inizio dei bombardamenti sente
spesso suonare i detector chimici e con l'attacco via terra arrivano nelle
retrovie i feriti, fra i quali molti iracheni. Avevano strane bruciature e
nel togliere loro gli abiti si formava nell'infermeria un'atmosfera di
sabbia impalpabile. Durante quel periodo dovevano prendere due pillole ogni
8 ore, contro l'avvelenamento chimico. Mentre si trovava presso un deposito
Usa - ricorda - suonano i detector chimici, nulla succede, ma, per i due
giorni seguenti, tutti i militari presenti soffrono di una specie di
influenza che sparira' di colpo. Al termine delle operazioni di guerra, il
suo gruppo, nel prepararsi alla partenza, riceve l'ordine di bruciare un
notevole quantitativo di medicinali ed equipaggiamento medico. Viene
avanzata la proposta di donare agli ospedali civili il materiale intatto.
Risposta negativa. Suggeriscono di metterlo in scatole e rimandarlo a casa.
Negazione definitiva. Il materiale viene bruciato e le ceneri seppellite.
Commenta Bristow: probabilmente era contaminato, non ci sono conferme
ufficiali sull'uso di armi chimiche, ma sono state usate.
Rientra in Inghilterra il 15 marzo 1991. Dopo due anni, inizia ad avere
problemi di memoria, disturbi di vista, vuoti improvvisi, impossibilita' di
concentrazione al punto che nel 1996 non puo' piu' lavorare. Gli trovano un
fegato allargato, un test IQ rivela un problema organico simile ad un uomo
in avanzato stato di malattia di Alzhaimer. Progressivamente iniziano dolori
ai muscoli e ai tendini, una spossatezza progressiva che lo obbliga alla
sedia a rotelle. Deve bere 8 litri di acqua al giorno per lavare le reni da
tutte le pillole che deve assumere per tenere a bada i dolori. Oggi si sente
abbastanza bene, ma sa di essere sul ruolino della morte. Il suo
desiderio -dice - e' di essere seppellito in una fossa comune con il milione
di iracheni colpiti dalla Sindrome del Golfo, i centomila della Bosnia e
quelli della Jugoslavia. E' stato in Iraq due anni fa e ha promesso di fare
del suo meglio per aiutare la popolazione. Ha fondato un'associazione di
veterani del Golfo (National Gulf Veterans and Families) per aiutare coloro
che affrontano il male in una solitudine sociale - i sintomi sono
misconosciuti -e per lottare contro l'indifferenza del governo e
dell'esercito. Bristow racconta che 9000 degli iscritti soffrono degli
stessi prodromi, ogni anno alcuni muoiono, secondo lui quanto hanno
provocato gli Usa in Iraq, in Bosnia, piu' recentemente in Jugoslavia, e'
paragonabile ai campi di sterminio nazisti.
*
Herve' Desplat, veterano francese del Golfo, ha 30 anni, e' sposato con una
bambina. Alto, robusto, era molto sportivo. All'epoca della guerra
dell'Alleanza aveva 19 anni ed era volontario da due. Ha fondato con la
giornalista Christine Abdelkrim-Delanne, autrice di "La sporca guerra
pulita", un'associazione di veterani (Association de defense Avigolf).
Faceva parte dell'esercito di terra in artiglieria: un gruppo di trenta
soldati addetti ai missili antiaerei, Desplat era a capo di un sottogruppo
di cinque uomini che girava in camion con 6 missili Mistral ed operava al
confine con l'Arabia Saudita. Durante la fase delle operazioni aeree erano
sottoposti a continui allenamenti anti guerra chimica, durante i quali
dovevano indossare tute e maschere. Gli allenamenti si ripetevano con tale
frequenza da dubitare si trattasse di allarmi reali. Il suo gruppo era
dotato di detector chimici, spesso iniziavano a suonare, ma gli ufficiali
assicuravano che non c'era nulla da temere. Al termine delle operazioni di
guerra, Desplat passando per una base americana, vede uomini in tute
anti-contaminazione bruciare tutto, compresi i carri armati. Un'altra volta,
mentre tiene una postazione nel deserto, un'inaspettata esplosione, davanti
a lui, produce una nuvola di fumo verde. Gli americani facevano esplodere o
bruciare tutto quanto era in superficie. Specialisti in tute protettive si
occupavano dell'eliminazione. Mettevano le cariche e, dopo essersi
allontanati 3.000 metri, le facevano esplodere. I soldati degli altri
eserciti non venivano informati. Anche Desplat aveva ricevuto un notevole
numero di vaccini, erano obbligati a prendere pillole anti sonno
(generalmente non autorizzate) e altre ignote che davano strani sintomi.
Durante l'attacco terrestre viene ordinato di prendere pillole di
physostignin contro agenti biologici.
Al ritorno in patria, Desplat per un intero anno soffre di terribili incubi,
depressione, credeva di impazzire. Nel giugno '93, perde 20 chili di peso,
ospedalizzato, gli viene diagnosticata una grave forma di tubercolosi
polmonare. Trattato per un anno, ha perso il 60% di capacita' polmonare. E'
considerato un lavoratore adulto handicappato, ma senza pensione, sociale o
militare. Sua figlia, nata dopo la sua malattia, viene controllata
periodicamente. Desplat ritiene che nella guerra del Golfo la combinazione
di armi chimiche quali gas nervino (sarin/cyclosarin/tabin), gas vescicante
(mustard gas) e un agente che agisce sul sangue, oltre al Du (depleted
uranium), siano le principali cause delle malattie che affliggono la
popolazione irachena, soprattutto i bambini. Non sono esclusi test
clandestini sui soldati attraverso vaccini e medicinali sconosciuti. I
numerosi bombardamenti su Bassora e sulla centrale nucleare, a 40 chilometri
da Baghdad, avevano creato una nuvola gassosa che, secondo una mappa
meteorologica dell'epoca presso la sua fondazione, i venti avrebbero spinto
sugli eserciti dell'Alleanza. Anch'egli desidera ritornare in Iraq per
chiedere perdono alla popolazione per quello a cui ha partecipato.
*
P. Furenkas, fiammingo, un omone con la barba, volontario nei campi dei
rifugiati in Croazia e Bosnia fin dal 1992. All'epoca godeva ottima salute.
Ritorna a Sarajevo nel '94 per accompagnare i convogli delle popolazioni in
movimento. Dopo un anno dal suo rientro a casa (1996) iniziano i primi
sintomi di stanchezza e vista sdoppiata. Peggiora continuamente al punto di
non poter piu' lavorare. I medici non trovano indicazioni per una diagnosi e
lo inviano da psichiatri e psicologi. Credeva di impazzire, quando il
Sindacato Democratico ha preso la sua difesa e lo ha aiutato. Molti suoi
colleghi, reduci dai Balcani, soffrono degli stessi sintomi.
*
Zelijko Samardic, guardia forestale nella Repubblica Srpka di Bosnia, 33
anni, sposato con tre figli. Un uomo alto, robusto, gran camminatore. Nel
'95 si trovava nella foresta a Bulozi, non lontano da Pale, quando un
missile cade a cinquanta metri da lui. Ben felice di essere vivo, nei giorni
seguenti controlla altre zone bombardate sulla montagna e raccoglie un
pezzetto della bomba che lo ha mancato. Nel '97 iniziano i primi sintomi:
doppia visione, disordine di vista, ronzio nelle orecchie, perdita di
equilibrio e di memoria, grande stanchezza. Quando iniziano forti dolori di
stomaco ed emorragia, si rivolge ai medici che diagnosticano un tumore
maligno al colon e lo operano. Da quel momento sara' obbligato a portare un
sacchetto di contenzione. Sei mesi dopo riprendono gli stessi sintomi
iniziali e la parte sinistra del corpo si paralizza obbligandolo alla sedia
a rotelle, i disturbi cessano misteriosamente in 15 giorni e ritorna a
camminare. Ancora qualche tempo e iniziano gravi dolori alle mani, si
gonfiano, si storcono, i medici sono obbligati a tagliare il mignolo
sinistro in cancrena. In seguito e' attaccato da febbre alta, mal di testa e
vomito, perdita di coscienza. Gli diagnosticano un tumore maligno delle
surrenali e viene operato. A quel punto lo informano della contaminazione da
Du.
Oggi sta bene, ma non sa per quanto. Non puo' fare esaminare il bambino,
nato dopo la bomba, per mancanza di soldi. Non lavora e lo stato non lo
considera pensionabile, ma solo in congedo per malattia. Nei boschi -
racconta - le zone colpite stanno morendo, sono spariti gli scoiattoli, la
flora ha subito un radicale cambiamento. Il suo gatto e' nato con sole tre
zampe.
*
Il professor Djordje Jovanovic, che ha operato Samardzic, racconta che i
suoi tumori erano composti di tessuti cromosomicamente diversi e non
dipendenti l'uno dall'altro. Altri casi in Bosnia si sono presentati con le
stesse peculiarita'. Il professore ritiene che siano centinaia di migliaia
le persone contaminate, le bombe al Du lanciate sulle montagne intorno a
Sarajevo e sul Monte Igman a questo punto hanno raggiunto le falde
acquifere. La popolazione ignara non prende precauzioni, i soldati della
Sfor bevono solo acqua minerale.
*
Il dottor Dragutin Ilic, deputato e direttore del Fondo di salute, a Banja
Luka, aggiunge che mancano i mezzi pratici per fare test alla popolazione,
solo le malattie maligne sono operate gratuitamente. In pratica possono solo
contare le vittime della sindrome dei Balcani.
*
La Coalizione belga aveva invitato anche dei medici albanesi - sembra che
casi sempre piu' numerosi si verifichino anche in Kosovo - ma si sono
mostrati reticenti per paura di perdere il lavoro e per non dispiacere alla
Nato.
*
Patricia Rodriguez e' una studentessa spagnola, esile ed intensa. Vuole
fondare un'associazione di reduci dal Kosovo in nome del suo compagno. Il
giovane, rientrato dal Kosovo nel settembre 2000, inizia a sentirsi molto
stanco, sviluppa una febbre molto alta, gli viene diagnosticata una doppia
polmonite. I medici militari trovano che e' affetto da grave anemia, infine
da leucemia. Cinque giorni dopo e' in coma, il 4 ottobre muore. Un altro
compagno della stessa unita' e' affetto da linfoma. Sembra che ci siano
altri 50 casi nello stesso corpo. Le autorita' militari spagnole avevano
deciso di fare test a tutti i soldati reduci dalla Jugoslavia, ma si sono
fermate a 5.000 e rifiutano di pubblicare i risultati.
*
Un medico iracheno ha posto l'accento sull'ipotesi che nel '91 la guerra
fosse anche chimica e batteriologica, lo proverebbero i cadaveri nel deserto
evitati dalle mosche. Il sud dell'Iraq e la zona di Bassora sono
pesantemente contaminate. Nessuno compra prodotti di quella zona. Grave e'
l'inquinamento dei pozzi anche a Baghdad. Si conta un aumento dodici volte
maggiore di cancri ai polmoni, all'intestino, linfomi e leucemia. Il numero
di bambini infettati, con malattie della pelle da radiazione o con insolite
sindromi al fegato e ai reni, cresce. Purtroppo anche la percentuale di
neonati focomelici o con terribili deformazioni.
*
Per ulteriori informazioni:
- Coalition pour l'Abolition des Armes a' l'Uranium Appauvri, Bruxelles
(Abolition.ua@caramail.com)
- National Gulf Veterans and Families, UK
(ray.bristow@bigfoot.com)
- Association de defense Avigolfe, France
(cabdel@wanadoo.fr)

4. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale
e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale
e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae
alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo
scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il
libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali,
l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di
nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza
geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e
la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e
responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio
comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono
patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e
contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto
dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna,
dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione,
la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la
noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione
di organi di governo paralleli.

5. PER SAPERNE DI PIU'
* Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: http://www.nonviolenti.org ;
per contatti, la e-mail è: azionenonviolenta@sis.it
* Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della
Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia:
http://www.peacelink.it/users/mir . Per contatti: lucben@libero.it ;
angelaebeppe@libero.it ; mir@peacelink.it
* Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista
Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati
per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: http://www.peacelink.it . Per
contatti: info@peacelink.it

LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO

Foglio di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di
Viterbo a tutti gli amici della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. e fax: 0761/353532, e-mail: nbawac@tin.it

Numero 151 del 16 marzo 2001