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rischio atomico in mare: iniziativa di PeaceLink a Taranto



TARANTO E IL RISCHIO ATOMICO

NOI CITTADINI ABBIAMO IL DIRITTO DIRITTO DI CONOSCERE IL PIANO DI EMERGENZA
NUCLEARE

Prima che il governo D'Alema si dimettesse e' stata ottenuta un'importante
serie di informazioni sul rischio atomico a Taranto, rischio che e'
connesso al transito e alla sosta di navi e sottomarini a propulsione
nucleare. Il governo ha infatti risposto in commissione difesa
all'interrogazione presentata dall'onorevole Vittorio Angelici. Nella
risposta del Ministero della Difesa si apprende che "gli accordi esistenti
tra l'Italia e i Paesi dell'Alleanza Atlantica prevedono la possibilita' di
sosta delle unita' militari a propulsione nucleare in alcuni porti
nazionali" e che "nel porto di Taranto l'ultima occasione di attracco di
unita' navali a propulsione nucleare risale al settembre del 1994".
La risposta all'interrogazione dell'onorevole Angelici giunge dopo
l'iniziativa promossa dalla rete telematica PeaceLink finalizzata
all'informazione e sensibilizzazione sul rischio atomico a Taranto.
PeaceLink aveva diffuso su Internet e sulla stampa informazioni circa
l'esistenza a Taranto di un piano riservato sul rischio atomico, fornendo
anche indiscrezioni relative all'esercitazione navale Nato "Dog Fish"
recentemente effettuata nello Jonio e che ha coinvolto unita' militari a
propulsione nucleare. Tutto cio' ha trovato puntuale conferma nella
risposta ottenuta dall'onorevole Angelici. Il Ministero dell Difesa
conferma infatti l'esistenza di un "Piano di emergenza per la sosta in
porto di navi a propulsione nucleare" e specifica: "Il piano,
contrassegnato da una prudente riservatezza adeguata alle notizie trattate,
e' diffuso in tutti gli ambienti militari e civili interessati a conoscere
per le loro funzioni e responsabilita'". La conferma giunge anche in merito
all'esercitazione navale Dog Fish; il Ministero delle Difesa ha infatti
confermato: "Per quanto attiene invece all'esercitazione Nato, denominata
"Dog Fish", svoltasi in acque internazionali, alla stessa hanno partecipato
due unita' a propulsione nucleare: il sottomarino statunitense
"Jacksonville" e l'omologo francese "Casa Bianca". Le unita' non hanno,
nell'occasione, attraccato nel porto di Taranto".

Continua intanto l'"operazione trasparenza" sul rischio nucleare a Taranto,
promossa da PeaceLink. PeaceLink ha infatti richiesto alla Prefettura di
Taranto di poter ottenere una copia del piano di emergenza nucleare per i
civili. La Prefettura ha risposto che il piano esiste dal 1982 ma che non
e' possibile divulgarlo. Il dott.Sessa, responsabile della Prefettura per
la Protezione Civile, ha gentilmente fornito alcune delucidazioni verbali
in cui ha specificato che il piano di emergenza atomico prevede solo la
sosta in rada delle unita' militari a propulsione nucleare e non il loro
attracco. Tuttavia il Ministero della Difesa ha risposto all'onorevole
Angelici parlando di "attracco" e non solo di "sosta in rada".

Alla luce di questo dato e di altri aspetti (il piano escluderebbe pericoli
di ogni sorta per la popolazione civile in caso di incidente nucleare),
sara' il caso di chiedere la riformulazione del piano di emergenza come
previsto dal decreto legislativo n.230 del 17/3/95 che impone una revisione
del piano quando mutino le circostanze e la valutazione del rischio.
Sempre sulla base del decreto legislativo citato la popolazione ha diritto
di conoscere il piano di emergenza che coinvolge i civili perche' i
cittadini possano essere consapevoli del rischio e preparati all'attuazione
del piano di emergenza stesso. Pertanto PeaceLink ha affidato ad un
avvocato esperto nel settore il compito di portare a termine questa
"operazione trasparenza" sul rischio nucleare a Taranto, nel rispetto di
tutte le norme vigenti.

In particolare l'eventualita' di attracco di unita' a propulsione nucleare
costituisce un innalzamento della soglia di rischio, specie se in avaria.
PeaceLink chiedera' di poter conoscere se sono previsti attracchi
nell'Arsenale di Taranto per unita' militari a propulsione nucleare in avaria.

Il Ministero della Difesa ha rassicurato: "Tenuto conto che unita' a
propulsione nucleare operano anche nel Mediterraneo da moltissimi anni
senza che risultino essersi verificati - almeno per quanto concerne le
unita' militari alleate - incidenti significativi o situazioni di
particolare emergenza appare oggettivo e legittimo constatare come questa
tipologia di mezzi disponga di sistemi propulsivi con spinte
caratteristiche di protezione e sicurezza".

Dei 220 incidenti conosciuti che hanno coinvolto unita' a propulsione
nucleare dal 1954 al 1988, alcuni sono avvenuti nel Mediterraneo, ma il
Ministero della Difesa non sembra darvi peso, ne' darne informazione ai
parlamentari. Ad esempio:

- il 9 gennaio 1965 il sottomarino a propulsione nucleare statunitense USS
Ethan Allen (SSBN-608) si scontra con la fregata norvegese Octavian nel
Mediterraneo orientale;

- il 15 aprile 1968 il sottomarino nucleare statunitense USS Scorpion
(SSN-589) viene coinvolto in una bufera nel porto di Napoli; la poppa dello
Scorpion (dove e' collocato il propulsore nucleare) entra in collisione con
una chiatta posta a separarlo da un'altra unita' navale; la chiatta cola a
picco; il 20 aprile a Napoli alcuni palombari sono impegnati a fare dei
controlli all'elica del sottomarino. Alcuni giorni dopo lo Scorpion esplode
nell'Atlantico e cola a picco con il propulsore nucleare e due bombe
atomiche a bordo. Il caso vuole che l'incidente non avvenga a Taranto (dove
era passato il 10 aprile) o a Napoli, ma al largo delle Azzorre, il 27
maggio 1968. Ventuno sono le ipotesi dell'incidente che rimane ancora
misterioso; alcune analisi hanno evidenziato la grave carenza nella
manutenzione, ben al di sotto di quanto il programma di sicurezza nucleare
richiedeva. Poiche' pochi giorni prima lo Scorpion era stato a Taranto, e'
legittimo chiedersi cosa prevederebbe oggi il piano di emergenza della
Prefettura e se l'Arsenale Militare verrebbe coinvolto nella riparazione di
emerenza di unita' navali soggette a incidenti nucleari nelle vicinanze;

- l'8 settembre 1968 il sottomarino nucleare statunitense Von Steuben
(SSBN-632) entra in collisione con la nave commerciale Sealady 40 miglia a
sud delle coste spagnole;

- nel 1971 un sottomarino americano a propulsione nucleare nel Mediterraneo
lancia un allarme segnalando di essere stato affondato da un'azione nemica,
generando un allertamento massiccio delle forze militari americane; il
Pentagono dichiarera' poi di essersi trattato di un falso allarme dovuto ad
un errore;

- il 6 giugno 1973 Il sottomarino americano a propulsione nucleare USS
Skipjack (SSN-585) sbatte contro una montagna marina non segnalata nelle
carte del Mediterraneo; andrà a Creta per un'ispezione;

- il 13 dicembre 1974 il sottomarino nucleare statunitense USS Kamehameha
(SSBN-642) collide - durante un'esercitazione nel Mediterraneo centrale -
con cavi per la pesca e riporta danni allo scafo e all'elica, dovendo
ritornare indietro per riparazioni;

- il 22 luglio 1977 un incidente simile infortuna l'USS Henry L.Stimson
(SSBN-655) al largo della Spagna;

- il 16 luglio 1978 una rottura ad un meccanismo di propulsione del
sottomarino a propulsione nucleare americano USS Tullibee (SSN-597) provoca
un inizio di allagamento della macchina motori e una perdita di potenza
mentre era in immersione nel Mediterraneo; soccorso da altre unita' navali
statunitensi, viene rimorchiato in Spagna nella base di Rota per riparazioni;

- il 4 giugno 1979 il sottomarino a propulsione nucleare  USS George
Washington (SSBN-656) incappa nelle reti di una nave da pesca spagnola;

- il 23 gennaio 1981 il sottomarino a propulsione nucleare USS Birmingham
(SSSN-695) operante nel Mediterraneo deve fare scalo a Gibilterra per
riparare il sistema sonar;

- 31 dicembre 1985, durante la festa di fine anno in attracco a Palma di
Majorca, il comandante del sottomarino a propulsione nuclerare USS Narwhal
(SSN-671) non si accorge che si e' rotto il cavo; per diverse ore il
sottomarino viene portato via trascinato dalle correnti marine;

- il 29 aprile 1986, durante il transito nello stretto di Gibilterra, si
teme la perdita di radioattivita' per un "foro" profondo al sottomarino
nucleare USS Atlanta (SSN-712) e deve fare scalo a Gibilterra per essere
riparato;

Come si puo' notare da questo elenco di infortuni accaduti nel Mediterraneo
(e le cui informazioni sono state ottenute ufficialmente grazie al "Freedon
of Information Act") in caso di collisioni (o di incidenti in generale) la
presunta affidabilita' della tecnologia nucleare - vantata dalle risposte
piu' volte fornite dal Ministero delle Difesa alle interrogazioni
parlamentari in merito -  non ha alcuna influenza: la  propulsione nucleare
in caso di incidente non garantisce sicurezza ma comporta solo un ulteriore
rischio.

Per comprendere meglio il rischio atomico e' bene conoscere le
caratteristiche tecniche di base di un propulsore nucleare.

Il propulsore nucleare di un sottomarino e' un reattore di minore potenza
che ricalca la struttura del classico reattore di una centrale nucleare.
In esso avviene una reazione atomica a catena per produrre calore e muovere
una turbina. L'elica del sottomarino nucleare trae in tal modo energia. La
"reazione a catena" e' una "fissione controllata", in cui il calore viene
sprigionato con sufficiente lentezza da poter essere sfruttato senza
sfuggire al controllo.
Ma come e' strutturato internamente un reattore nucleare?
Il reattore contiene sbarre di uranio, racchiuse in appositi contenitori
metallici. Fra una sbarra di uranio e l'altra vi sono delle "sbarre di
controllo" di un materiale che ha la proprieta' di assorbire i neutroni. Le
sbarre di controllo possono essere alzate o abbassate. Quando sono del
tutto abbassate, esse assorbono tutti (o quasi) i neutroni, i quali sono i
"proiettili" che vanno a colpire i nuclei di uranio scindendoli in una
reazione a catena che, una volta iniziata, sarebbe capace di alimentarsi da
sola fino a portare all'esplosione tipica della bomba atomica. Ma il
reattore ha lo scopo proprio rallentare questo processo e di controllarlo,
graduando la produzione di energia. Man mano che le sbarre di controllo
vengono sollevate, un numero crescente di neutroni riesce a raggiungere e a
colpire i nucleari di uranio determinandone la scissione. In tal modo la
reazione nucleare procedera' piu' rapidamente. Quindi per regolare la
potenza del reattore nucleare occorre alzare e abbassare le sbarre di
controllo. Le sbarre di uranio e quelle di controllo sono immerse nel
"moderatore", costituito da particolari sostanze la cui funzione e' quella
di rallentare il moto dei neutroni generati dalla scissione dei nuclei di
uranio. Il reattore di una centrale nucleare di terra e' racchiuso dentro
uno schermo di piombo e da una spessa guaina di cemento, che impedisce alle
radiazioni di sfuggire dal reattore mettendo in pericolo le persone
addette. In un reattore nucleare collocato su un sottomarino, invece, manca
la spessa guaina di cemento per ragioni di peso e di manovrabilita' del
natante. 
Pertanto in caso di incidenti (collisioni, incendi, esplosioni, perdita di
controllo sul sistema, ecc.) il reattore nucleare di un sommergibile
atomico è molto più vulnerabile rispetto ad una normale centrale nucleare.
Ovviamente il movimento stesso del sommergibile - al di la' della sicurezza
instrinseca del reattore - costituisce una variabile esogena che aumenta i
rischi di incidente. Cosa avverrebbe infatti se si rompesse il reattore
nucleare di un sommergibile atomico? Ci sarebbe la dispersione
nell'ambiente della radioattività delle sbarre di uranio di cui parlavamo
prima. 

Due dati dovrebbero far riflettere:
- l'uranio contenuto in un reattore nucleare dimezza la propria
radioattivita' in 4,5 miliardi di anni; 
- la data di nascita della Terra risale a 4,6 miliardi di anni fa.

Quindi in caso di fuoriuscita di uranio avremmo una contaminazione
radioattiva praticamente perpetua dell'ambiente marino, con conseguenze
dirette e indirette sulla popolazione che vi entra a contatto. Taranto,
citta' di mare, subirebbe conseguenze catastrofiche e il mare, da fonte di
vita diventerebbe fonte di morte, con un'impennata "alla Cernobyl" del gia'
alto tasso di tumori esistente. La bonifica e il recupero del materiale
radioattivo che si potrebbe disperdere con un'esplosione del reattore
nucleare porrebbe a rischio di vita gli operatori che venissero coinvolti
nelle operazioni stesse di bonifica. Per di piu' la radioattivita' entra in
circolazione mediante la catena alimentare. E' documentato che la
radioattivita' si concentra nei pesci e nei mitili in proporzione superiore
rispetto all'ambiente marino in quanto essi sono degli accumulatori nella
nocivita' nucleare nel circuito vitale dell'ecosistema. Pertanto - dopo un
incidente atomico in mare - avviene un processo di accumulazione nel tempo
degli effetti dannosi della radioattivita' che porta ad un graduale aumento
della concentrazione della radiottivita' stessa fino a giungere
pericolosamente all'uomo tramite la catena alimentare. 

Se le rassicurazioni del Ministero della Difesa fossero solide e se i mezzi
a propulsione nucleare fossero cosi' sicuri perche' allora le compagnie di
assicurazione rifiutano ad una qualsiasi persona di stipulare contratti
assicurativi di risarcimento in caso di incidente nucleare?

Attendiamo che il Ministero della Difesa indichi una sola compagnia di
assicurazione che risarcisca il cittadino dei danni derivanti da incidente
nucleare. Se le portaerei o i sommergibili a propulsione nucleare fossero
cosi' sicuri perche' io non riesco a trovare nessuna assicurazione che -
pur risarcendomi in caso di infortunio o di morte - mi risarcisca in caso
di incidentI derivanti da natanti a propulsione nucleare? Un incidente
nucleare e' a priori non risarcito dalle compagnie di assicurazione (si
leggano bene le clausole di un qualsiasi contratto). Perche' allora i
governi continuano a dare rassicurazioni, garanzie e certezze per rischi
atomici che le compagnie di assicurazione per contratto si guardano bene
dal risarcire?

Se l'Italia ha messo al bando le centrali nucleari in quanto pericolose,
perche' continua a tollerare che un rischio di simile natura debba
continuare a persistere nelle acque del nostro mare?

Sono domande legittime che noi di PeaceLink vogliamo continuare a porre
perche' riteniamo fondate e stringenti. 

Da quando portiamo avanti questa campagna di sensibilizzazione stiamo
ricevendo per posta elettronica messaggi di minaccia anonimi. L'ultimo, a
maggio, dice che verro' pestato, non si sa da chi, si sa solo il perche':
per questa storia del nucleare. Non do grande peso a tali messaggi anonimi.
Ritengo pero' che le tematiche che affrontiamo stiano andando al cuore
della questione atomica in Italia, delle procedure di segretezza in nome
delle quali si esclude la popolazione (e gli stessi parlamentari) dal
controllo democratico. Abbiamo pertanto deciso  di mettere sul sito di
PeaceLink la normativa con cui - in ogni porto italiano - ogni cittadino
puo' richiedere le informazioni del piano di ermegenza nucleare; le parti
piu' importanti del decreto legislativo 230/95 sono ora consultabili alla
pagina web:

http://www.peacelink.it/webgate/armamenti/msg00205.html

Viviamo una strana contraddizione. Il decreto legislativo 230/95 non solo
permette l'accesso alle informazioni del piano di emergenza nucleare ma ne
impone la pubblicita', pena le sanzioni previste nella stessa normativa.
Dall'altra parte pero' il piano di emergenza e' segreto per volere della
Marina Militare e la Prefettura per ora non puo' fornirlo a PeaceLink. La
situazione e' paradossale: un vincolo di segretezza imposto nel 1982
(quando non era ancora in vigore il decreto legislativo 230/95) blocca
l'attuazione di tutta la parte del decreto del 1995 relativa al diritto
all'informazione per i cittadini circa il piano di emergenza nucleare.

Pertanto saremo costretti - mediante istanza formale di un avvocato - a
rivendicare il rispetto della legge che non tollera piu' segreti militari
ma unicamente la pubblicizzazione del piano stesso.
Tenere all'oscuro la popolazione sui rischi nucleari costituisce un'offesa
al buon senso oltre che alla democrazia e pertanto - apprezzando la
disponibilita' al dialogo della Prefettura di Taranto - daremo corso
all'istanza per costringere i poteri militari a ritirare il proprio vincolo
da un bene che di ogni societa' va difeso: il diritto all'informazione.

Alessandro Marescotti
presidente di PeaceLink
a.marescotti@peacelink.it   http://www.peacelink.it