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un anno fa la guerra del Kossovo
La guerra del Kossovo, un anno dopo
Noi, pacifisti da ergastolo
"Chiunque, in tempo di guerra, diffonde o comunica voci o notizie false,
esagerate o tendenziose, che possano destare pubblico allarme o deprimere
lo spirito pubblico o altrimenti menomare la resistenza della nazione di
fronte al nemico, o svolge comunque un'attivita' tale da recare nocumento
agli interessi nazionali, e' punito con la reclusione non inferiore a
cinque anni.
La pena non e' inferiore a quindici anni:
1. se il fatto e' commesso con propaganda o comunicazioni dirette a militari;
2. se il colpevole ha agito in seguito ad intelligenze con lo straniero.
La pena e' dell'ergastolo se il colpevole ha agito in seguito a
intelligenze col nemico".
Avete appena letto l'articolo 265 del Codice penale.
Il sito che state consultando vale un ergastolo. PeaceLink infatti un anno
fa racconto' la storia di chi, contravvenendo agli "interessi nazionali",
ha "fraternizzato" via Internet con il "nemico" per far cessare i
bombardamenti contro la Repubblica Federale di Jugoslavia.
Nella guerra contro la Repubblica Federale di Jugoslavia l'informazione
pacifista ha compiuto un balzo in avanti per quantita', qualita' e rapidita'.
E' stata infatti la prima guerra combattuta anche su Internet.
Il sito della rete telematica PeaceLink veniva aggiornato anche 20-30 volte
al giorno e consultato da migliaia di persone perche' conteneva la mappa
completa della mobilitazione antiguerra. E' stato un archivio di
testimonianze e informazioni alternative. In tempo reale dalla rete
sbucavano le voci dell'Italia che la TV censurava. Sul sito c'era molto
piu' spazio di quanto ne potessero offrire quei (pochi) giornali di
tendenza pacifista. Era cosi' possibile tenere on line un dossier sempre
aggiornato sul Kossovo e sulla guerra. Il dossier era prelevato ogni giorno
dal sito e circolava in tante citta', dove ognuno poteva stamparlo,
fotocopiarlo e diffonderlo. Un simile servizio non lo poteva realizzare
alcun giornale se non a costi proibitivi. I gruppi di base producevano le
informazioni e le facevano circolare. Stampante e fotocopiatrice facevano
fa collegamento fra il modem e la piazza. Dal digitale, alla carta, alle
persone.
Il villaggio globale antiguerra ha compiuto cosi' la sua prima
esercitazione pratica scrivendo in Italia una nuova pagina di esperienza
nonviolenta collettiva col computer. "Dal basso", e mai come prima, le
tecnologie telematiche hanno giocato un ruolo informativo di rilievo nella
mobilitazione nonviolenta cosi' come fra i militari i sistemi di
telecomunicazione hanno svolto il ruolo di "rete di coordinamento" del
sistema bellico. Reti di pace contro reti di guerra si sono fronteggiate
nel conflitto. In collegamento con le citta' di Nis e di Belgrado, noi
pacifisti potevamo comunicare con gli oppositori di Milosevic e da loro
sapevamo "in tempo reale" (dal vivo delle loro testimonianze) che venivano
lanciate bombe a grappolo sui civili. Via Internet potevamo conoscere le
distanze reali e
apprendere che i quartieri residenziali bombardati erano lontani chilometri
(e non metri) dalle caserme. La Nato mentiva. Diceva di voler bombardare i
militari e invece terrorizzava i civili colpendo sempre piu' vicino le
persone. La Nato parlava di errori involontari di alcuni metri. Ma tramite
PeaceLink giungeva la voce libera di Djordje Vidanovic, oppositore di
Milosevic, testimone dei bombardamenti. Ma piu' la Nato diceva bugie e -
come il naso di Pinocchio - piu' si allungavano le comunicazioni Internet
di Djordje Vidanovic, nostro corrispondente e vittima dall'inferno di Nis.
Ma la Nato e' tenuta a rispettare le Convenzioni di Ginevra?
Un consulente legale dell'Alleanza Atlantica, Max Johnson, ha dichiarato ad
Amnesty International che la Nato non ha sottoscritto le Convenzioni di
Ginevra e che pertanto essa "non dovrebbe essere equiparata a uno Stato in
termini di obblighi internazionali".
La dichiarazione di Max Johnson (1) risale al marzo '96. Ma e' sufficiente
per comprendere che, in ultima analisi, la Nato non considera vincolanti
per se stessa le norme contenute nelle Convenzioni di Ginevra. Seguendo il
filo logico dell'argomentazione di Max Johnson,
i piloti della Nato non potrebbero essere processati per violazioni di tali
Convenzioni.
E' quasi superfluo ricordare che le Convenzioni di Ginevra sono la massima
espressione del diritto internazionale umanitario in guerra. Esse vietano
di uccidere i civili, di distruggere le loro case, di effettuare
bombardamenti indiscriminati contro ospedali, scuole, di colpire la Croce
Rossa, ecc.
Il Primo protocollo aggiuntivo del 1977 alle Convenzioni di Ginevra del
1949 specifica: "Le parti del conflitto dovranno sempre distinguere la
popolazione civile dai combattenti e gli obiettivi civili da quelli
militari e di conseguenza dirigeranno le loro operazioni solo contro gli
obiettivi militari".
Il protocollo citato vieta in tempo di guerra qualsiasi provvedimento che
abbia come effetto quello di privare la popolazione civile dei mezzi
indispensabili alla sopravvivenza e all'articolo 70 impone addirittura
operazioni di soccorso alle popolazioni civili "non adeguatamente fornite"
di mezzi di sussistenza. E nell'articolo 18 del Secondo protocollo
aggiuntivo si impone l'obbligo di soccorrere le popolazioni civili "in
gravi difficolta' a causa della mancanza dei mezzi necessari alla
sopravvivenza, come cibo e forniture mediche".
Il Primo protocollo aggiuntivo afferma esplicitamente che "le proprieta'
civili non devono essere bersaglio di attacchi o rappresaglie, e proprieta'
e installazioni che vengono comunemente utilizzate a uso civile devono
essere considerate civili a meno che non sia appurato che non lo sono".
Gli Stati Uniti, di fronte a tale chiarezza, si sono rifiutati di
sottoscrivere questi protocolli aggiuntivi.
Sul sito di PeaceLink è stata conservata la memoria storica della guerra di
un anno fa. Si puo' leggere, dal vivo delle testimonianze, cio' che la Nato
ha fatto, in violazione delle convenzioni citate, in una guerra che e'
stata definita "guerra umanitaria".
Per l'Italia questa guerra ha inoltre significato la violazione
dell'articolo 11 della sua Costituzione: "L'Italia ripudia la guerra come
strumento di offesa alla liberta' degli altri popoli e come mezzo di
risoluzione delle controversie internazionali".
Per la Nato e' venuto poi meno il rispetto del suo trattato costitutivo
firmato a Washington il 14 aprile 1949, che all'art.1 recita: "Le nazioni
aderenti alla Nato si impegnano, come e' stabilito nello Statuto dell'ONU,
a comporre con mezzi pacifici qualsiasi controversia internazionale". Tale
Trattato Nato autorizza guerre unicamente di autodifesa collettiva dei
membri dell'Alleanza Atlantica e non e' stato modificato - come
erroneamente si crede - neppure dal nuovo "Concetto Strategico" firmato dai
capi di stato della Nato il 24 aprile 1999 in quanto la modifica dei
trattati internazionali comporta la ratifica dei parlamenti e non solo la
firma dei governi. Il Trattato Nato e' stato in quella sede
"reinterpretato" per dare una parvenza di legittimita' alla guerra del
Kossovo, ma il testo originario firmato nel 1949 e' rimasto immutato; in
esso viene riconosciuta la preminenza dell'ONU sulla Nato.
L'intervento Nato in Kossovo, non e' inutile ricordarlo, non ha ricevuto
alcuna autorizzazione del Consiglio di Sicurezza dell'ONU ed e' quindi
illegale dal punto di vista del diritto internazionale fondato sulla Carta
delle Nazioni Unite.
L'illegalita' di questa guerra si evidenzia giuridicamente con chiarezza
inequivocabile.
Attenzione pero', non stiamo cavillando sui dettagli formali per garantismo
filo-Milosevic. Non si tratta di cavilli giuridici.
Il diario di guerra del prof.Djordje Vidanovic documenta infatti l'aspetto
sostanziale della guerra, le emozioni e la vita di chi - pur opponendosi a
Milosevic - ha vissuto nell'angoscia di essere ucciso dalle "bombe
umanitarie" della Nato. In una parola e' il racconto di una moderna
barbarie. Cosi' come barbarie e' la pena di morte o la legge del taglione.
Ma se i presidenti degli Stati Uniti sono convinti assertori della pena di
morte, molto piu' problematica e' per la coscienza europea l'accettazione
della morte inflitta per di piu' in maniera indiscriminata e cieca
attraverso la guerra.
A ben vedere troviamo un'anomalia rispetto a qualunque pena capitale o
legge del taglione. Con la guerra infatti la punizione della morte e'
inflitta, oltre che senza processo, anche senza la certa individuazione del
colpevole. Le bombe colpiscono tutti, buoni e cattivi. Le bombe
"intelligenti" della Nato hanno ucciso in questa guerra 488 civili (secondo
altre stime 527), 426 soldati serbi, 114 poliziotti serbi. E non ha
tutelato i kossovari (2018 sono state le vittime dell'escalation della
violenza e delle persecuzioni dopo i bombardamenti). (2)
Questa guerra, che ha ucciso quindi persone del tutto innocenti,
costituisce - dal punto di vista della giustizia - un fatto inammissibile
per qualunque ordinamento umano. E non ha prevenuto il peggio ma lo ha
scatenato.
Questa fu la ragione profonda per cui - dopo la tragedia della seconda
guerra mondiale - fu bandita la guerra come mezzo di risoluzione delle
controversie internazionali.
Le testimonianze raccolte sul sito di PeaceLink durante la guerra sono
documenti di una barbarie moderna a cui hanno partecipato non solo militari
ma anche ministri e capi di stato, gente che oggi ha morti sulla coscienza
e tanti consigli umanitari da dispensare agli altri.
Il presidente del consiglio Massimo D'Alema aveva detto che la strategia
Nato si sarebbe concentrata su "obiettivi di esclusiva rilevanza militare"
(discorso alla Camera dei Deputati, 26 marzo 1999).
Ma sarebbe stato cosi'?
Tramite la raccolta quotidiana delle testimonianze di fonte civile potevamo
ogni giorno, un anno fa, smentire quelle parole fornendo agli stessi
giornali informazioni di prima mano. Le testimonianze raccolte direttamente
dalla Jugoslavia tramite Internet (attendibili proprio perche' provenienti
da chi faceva opposizione al regime di Milosevic) sono state inviate a
deputati e senatori italiani e sono divenute base per un'interrogazione
parlamentare. Ci siamo accorti che avevamo in alcuni casi piu' informazioni
dei giornalisti e dei parlamentari. Ma questo, si badi bene, non e'
avvenuto "grazie ad Internet", ma grazie ad una rete di persone che si e'
saputa organizzare, coordinando molteplici
competenze ed attivita', dall'interpretazione delle lingue straniere alla
creazione di pagine Internet. Solo grazie a questa "strategia lillipuziana"
si e' potuto fronteggiare il gigante Gulliver per legarlo (o farlo
inciampare) con tanti esili fili. Durante la guerra il Kossovo la
telematica per la pace si e' caricata ancora una volta della funzione
morale di dare voce a chi non aveva voce e viveva nella disperazione di
poter morire innocente per colpe non commesse.
Questo usare la tecnologia dell'informazione per "dar voce ai senza voce"
richiama l'esempio del giornalista Webb Miller, inviato della United Press
per dare informazioni sul movimento gandhiano. Miller, dopo aver assistito
il 21 maggio 1931 al pestaggio a sangue dei nonviolenti nei pressi delle
saline di Dharasana, uso' tutta la potenza tecnologica di allora per
informare il mondo. Il giorno dopo oltre mille giornali nel mondo
pubblicavano la notizia e il gesto violento si ripercuoteva su chi l'aveva
compiuto come una sonora sconfitta inflitta sul piano dell'opinione
pubblica mondiale.
Che possibilita' di vittoria potrebbe avere la nonviolenza senza un forte
sistema di diffusione dell'informazione? Nella memoria collettiva un fatto
non esiste se non e' conosciuto. La telematica diventa quindi una strategia
e un mezzo per far giungere al mondo il grido della nonviolenza.
Buona parte di quanto ricevevamo dalla Jugoslavia via Internet non sarebbe
divenuto comunicazione, e quindi vita, e quindi azione, senza Sabrina
Fusari, una ragazza che ha saputo mettere la sua conoscenza delle lingue al
servizio della piu' alta causa che la vita ci possa dare l'occasione di
perseguire.
Come si puo' globalizzare la pace e la difesa dei diritti umani senza
conoscere l'inglese?
L'accoppiata inglese-Internet e' la nuova rivoluzione pacifica e
nonviolenta che occorrerebbe far esplodere nel mondo, parlo soprattutto del
mondo delle informazioni e della menzogna che le manipola o le filtra.
Abbiamo a portata di mano una "bomba" nonviolenta di cui tutti possiamo
diventare gli artefici e gli... artificieri.
Spetta a noi oggi sperimentare come l'inglese, la telematica, la cultura
della pace e dei diritti umani possano realizzare il sogno (o la saggezza?)
cosi' espressa dall'antico filosofo cinese Meng-Tzu:
"Quanti non godono nell'uccidere gli uomini
possono unificare il mondo"
Alessandro Marescotti
presidente di PeaceLink
a.marescotti@peacelink.it
http://www.peacelink.it
(1) La dichiarazione di Max Johnson e' riportata a pagina 235 di "Crimini
di guerra", edito da Internazionale, un libro che si avvale della
consulenza legale del generale britannico A.P.V.Rogers e che e'
recentemente uscito in Italia con il sostegno dell'associazione "Amani"
(e-mail: amani@iol.it).
(2) Le Monde Diplomatique, marzo 2000.
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