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KOSOVO: quell'intervento e' stato illegittimo



From: Carlo Gubitosa <c.gubitosa@peacelink.it>

La Costituzione prevede che siano le camere a deliberare lo stato di 
guerra, ma cosi' non e' stato, ma per alcuni magistrati e' stato tutto 
regolare ... 
Invio in proposito un articolo apparso sul Manifesto. 
Alcune denunce presentate per abuso di potere sono state respinte perche' 
con il dibattito parlamentare avvenuto a bombardamenti in corso sembra che 
le cose siano andate a posto ...


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KOSOVO
Quell'intervento è stato illegittimo
MICHELE DI SCHIENA *
Durante la guerra nel Kosovo pervennero alla Procura della repubblica 
presso il Tribunale di Roma diversi esposti e denunce di gruppi, 
associazioni e privati cittadini che facevano presente l'illegittimità 
costituzionale della scelta del nostro governo di partecipare nella 
primavera del '99 ai ripetuti attacchi aerei organizzati da alcuni paesi 
della Nato ai danni della Jugoslavia. L'illegittimità dell'operato del 
governo discendeva, secondo gli esponenti, dalla considerazione che gli 
attacchi aerei, pur se motivati da pretesi intenti umanitari, costituivano 
atti di guerra offensiva in aperta violazione dell'art. 11 della 
Costituzione per il quale "l'Italia ripudia la guerra... come mezzo di 
risoluzione delle controversie internazionali". I denunzianti sostenevano 
in particolare che sussisteva l'illegittimità costituzionale della 
decisione governativa sotto il profilo della violazione degli artt. 78 e 87 
della Costituzione dal momento che, per il combinato disposto di tali 
norme, lo stato di guerra doveva essere dichiarato dal presidente della 
Repubblica previa deliberazione delle Camere che avrebbero dovuto conferire 
al governo i necessari poteri.
Avendo il governo - sempre secondo gli esponenti - assunto l'iniziativa 
bellica in assenza di detti presupposti, andavano accertate eventuali 
responsabilità penali, con particolare riferimento al reato di usurpazione 
del potere politico previsto dall'art. 287 del Codice penale.
Di recente si è avuto notizia che il Collegio per i reati ministeriali 
presso il Tribunale di Roma, con decisione del 26 ottobre scorso, ha 
archiviato il procedimento sulla base di inconsistenti e sorprendenti 
argomentazioni che mortificano lo spirito e la lettera di precise 
disposizioni costituzionali. Per quanto attiene alla mancata deliberazione 
dello stato di guerra da parte delle Camere, il citato Collegio riconosce, 
invero, che non vi fu la "autorizzazione formale dello stato di guerra da 
parte del Parlamento" ma dice che venne "sostanzialmente rispettata" la 
ratio dell'art. 78 della Costituzione per il quale "le Camere deliberano lo 
stato di guerra e conferiscono al Governo i poteri necessari". E ciò in 
considerazione del fatto che l'intervento militare, presentato dal governo 
come operazione umanitaria, ottenne il conforto del dibattito parlamentare 
e tenuto conto che tale intervento "non poteva non comportare l'impiego 
delle Forze armate della Repubblica... in una prospettiva di guerra 
offensiva".
Quanto poi alla mancata dichiarazione da parte del presidente della 
Repubblica dello stato di guerra che avrebbero dovuto deliberare le Camere, 
afferma testualmente il Collegio che "tale omissione non comporta alcun 
sovvertimento o radicale deroga all'equilibrio dei poteri di governo 
delineati dalla carta fondamentale". E infine, con specifico riferimento al 
disposto dell'art. 287 c.p. che punisce, come si è detto, l'usurpazione di 
poteri politici, afferma lo stesso Collegio che la ricorrenza di tale 
fattispecie va esclusa "spettando al governo, a termini di Costituzione, il 
potere di impulso e di iniziativa circa l'inizio delle operazioni belliche, 
sicché nessun potere spettante ad altro organo costituzionale è stato 
illegittimamente esercitato".
Siamo quindi di fronte ad un provvedimento che archivia la procedura mentre 
riconosce nella partecipazione dell'Italia alle operazioni militari nel 
Kosovo un vero e proprio "stato di guerra" in una prospettiva "offensiva", 
ammette la mancanza di una "formale" autorizzazione del Parlamento dello 
stato bellico e giudica sostanzialmente irrilevante, e quindi eludibile 
senza conseguenze giudiziarie, la mancata dichiarazione di tale stato da 
parte del presidente della Repubblica.
Dimentica il Collegio che gli artt. 78 e 87 della Costituzione, i quali 
condizionano l'inizio di attività belliche all'emanazione di atti formali e 
quindi tecnicamente "solenni", sono norme rigorosamente precettive la cui 
finalità è quella di richiamare l'attenzione delle istituzioni, delle 
istanze democratiche e dell'intero paese sulla gravità di una scelta di 
guerra, sulle ragioni che la determinano e sulle responsabilità politiche 
che tale decisione può comportare. Il citato organo giudiziario trascura 
inoltre di considerare che per la sussistenza dell'elemento materiale del 
reato di "usurpazione di potere politico" non è necessario che sia stato 
arbitrariamente esercitato un potere spettante ad altro organo 
costituzionale con l'illegittima "invasione di altro potere dello stato" ma 
è sufficiente, come ritiene la dottrina e impone il comune buon senso, 
l'arrogarsi e cioè l'assumere arbitrariamente un potere che per legge non 
spetta. E certamente il governo non aveva, per la nostra Costituzione, il 
potere di fare la guerra senza che le Camere ne avessero deliberato lo 
"stato" conferendo anche formalmente al governo medesimo i poteri 
necessari; con la conseguenza che, in difetto di tale conferimento, la 
partecipazione alle operazioni belliche nel Kosovo ha assunto i caratteri 
dell'arbitrarietà e dell'"usurpazione".
Non è allora possibile considerare chiuso in questo malinconico modo il 
discorso sulla legittimità costituzionale dell'intervento dell'Italia nella 
guerra del Kosovo dal momento che sono in gioco il prestigio e il rispetto 
di principi e di regole che costituiscono il fondamento dello stato di 
diritto. E poi, su di un piano diverso, non si può far finta di ignorare 
che il provvedimento di archiviazione del Collegio per i reati ministeriali 
costituisce oggettivamente, ben oltre le sue contraddizioni e le sue 
intenzioni, un atto di accusa di gravi responsabilità politiche che 
meritano rinnovata e preoccupata attenzione.

* presidente onorario aggiunto Cassazione



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