C2, C3, C4I. No: non sto giocando a battaglia navale.



Questi che leggete sono codici che tutti siamo tenuti a conoscere. Li ho trovati nel sito internet del Ministero della Difesa[1]. C2 significa "Comando e Controllo", C3 invece "Comando, Controllo e Comunicazioni" (per chi mastica un peluzzo di matematica è chiaro che si intente C elevato al quadrato e al cubo, ma questa è solo una finezza), C4I infine sta per "Comando, Controllo, Comunicazioni, Computer e Informazioni".

Le riflessioni da fare ora sono due:

1. due parole ricorrono troppo spesso (Comando e Controllo);
2. nei piani alti dell'intellighenzia ogni singola parola viene scelta con cura incommensurabile.

Per cercare di capire cosa significano, partiamo da un discorso esasperato di chi chiede non giustizia, ma diritto:

"Denunciatemi perché sono entrato in 'zona rossa', abito in 'zona rossa', mi denunciate perché vado a prendere le macerie di casa mia, che dopo undici mesi non è stato fatto assolutamente niente." Questo ha detto un aquilano del cosiddetto "popolo delle carriole" davanti a due telecamere, oltre alla terza - almeno - di "iK Produzioni"[2] che ha reso pubblico il video.
Avete mai visto questo documento in un telegiornale o nella cosiddetta "grande informazione"? Avete mai letto questa frase che ho virgolettato in un giornale?

No, lo sapevo. Lo sapevo perché la popolazione de L'Aquila è stata tenuta sotto stretto controllo seguendo scrupolosamente quello che i vertici - qui è bene distinguere, ai volontari bacerei anche i piedi - della Protezione Civile chiamano, in gergo "Il Metodo Augustus"[3], un manuale scritto da Elvezio Galanti per la gestione, il comando ed il controllo delle emergenze.

Quello che segue è solo un piccolo estratto delle 93 pagine:

> La popolazione è comunque sempre coinvolta nelle situazioni di crisi, sia emotivamente
> (teme di essere toccata dagli eventi, partecipa ai problemi di chi è coinvolto), sia
> fisicamente (se non ha subito danni, comunque è costretta a sopportare disagi).
> Questa sua obbligata "partecipazione" si associa prevalentemente a sensazioni di smarrimento
> e di impotenza. Pochi sono in grado di elaborare autonomamente strategie di risposta all'emergenza
> e la maggior parte si dibatte tra il rischio di un panico isterico ed irrazionale ed una ricerca
> ansiosa di aiuto, di riscontri e di punti certi di riferimento.
> Se la sua controparte istituzionale sarà sufficientemente autorevole e determinata, la maggior
> parte dei cittadini sarà disponibile ad abdicare alle proprie autonomie decisionali, a sottoporsi
> a privazioni e limitazioni, ad "ubbidire" alle direttive impartite.
> Questo atteggiamento, una volta concretizzatosi, potrà essere di grande aiuto nella predisposizione
> di piani di evacuazione, di interventi sanitari di massa, di restrizione alla circolazione, di
> razionamento di cibi, acqua e medicinali.
> 
> L'aver conquistato la fiducia della popolazione portandola ad assumere un atteggiamento di
> collaborazione e di disciplina, non può essere considerato un risultato finale ed acquisito
> definitivamente.
> Quanto può essere accettato nell'immediato manifestarsi della crisi, può essere rifiutato un momento
> dopo se non si chiariscono le funzionalità e le finalità delle direttive, se non si diffonde la
> sensazione che i sacrifici e le privazioni richieste portano a risultati concreti e contribuiscono a
> migliorare lo stato delle cose.
> È perentorio, quindi, informare la popolazione sull'evolversi della situazione, insistendo
> costantemente su due fronti:
> - evoluzione dell'evento che ha scatenato la crisi;
> - risultati ottenuti con gli interventi posti in essere.
> Un chiaro piano di comunicazione su questi due argomenti permetterà una più agevole accettazione delle
> misure adottate.
> Non solo: qualora il precipitare degli eventi lo rendesse necessario, sarà più facile imporre una
> disciplina più ferrea e chiedere sacrifici più duri.
> 
> [...]
> 
> è inutile perdersi in dettagli poco importanti, per esempio parlare della reazione incontrollata di una
> piccola parte della popolazione, quando la comunità si è comportata, in generale, in maniera corretta;

Io non a cosa serva un centro di Comando e Controllo in una tendopoli, ma so - e ho le prove - che questo esiste. Io non so perché non si può fare volantinaggio in una tendopoli, ma so - e ho le prove - che è così.
Questo piano non è stato concepito dal governo ora in carica; queste modalità operative sono attive da decenni.

Perché nessuno si è mai scandalizzato? Perché i giornalisti non ce le raccontano?

Qualche risposta però inizia a farsi breccia. Basta guardare qui[4], dove Comando e Controllo è un film/documentario che racconta quello che il Tg1 di Minzolini non ha osato farvi vedere. E' stato presentato in anteprima a New York il 6 aprile 2010.
E' un racconto corale, lucido e puntuale, della deriva autoritaria della gestione del potere in Italia attraverso le emergenze e le trasformazioni avvenute negli ultimi anni nel Dipartimento Nazionale della Protezione Civile, partendo dalla gestione del dopo terremoto all’Aquila, dalla mancata ricostruzione (a quasi un anno dal sisma) e della costruzione (immediata) da zero delle controverse C.A.S.E. di Berlusconi.

Concludo con due domande che lascio aperte:

1. perché il film "Comando e Controllo" non ha ancora trovato una casa distributrice?
2. perché, quelle all'Aquila si chiamano "C.A.S.E." e non "case"?

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Note

[1] http://www.difesa.it/SMD/CaSMD/Trasformazione_net-centrica/Abbreviazioni.htm
[2] http://www.youtube.com/user/IKPRODUZIONI#p/u/10/psRRX5jI_Yo
[3] http://www.ispro.it/wiki/images/9/95/Metodo_Augustus.pdf
[4] http://www.ikproduzioni.it/blog/index.php/tag/alberto-puliafito/

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Giacomo Alessandroni   g.alessandroni at peacelink.it
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