Ecco cosa succede privatizzando l'acqua in Africa



Piovono lacrime sulla privatizzazione dell’acqua
Zarina Geloo

NAIROBI, 23 gennaio 2007 (IPS) - L’America Latina non è la sola testimone
delle crescenti proteste contro la privatizzazione dei servizi pubblici:
in Africa, una vertenza avviata in Tanzania è arrivata fino ai tribunali
britannici.

Domenica scorsa, al Forum Sociale Mondiale (FSM) di Nairobi, sono emerse
diversi quesiti globali sulla privatizzazione dell’acqua, e una coalizione
di femministe tanzaniane ha raccontato la propria storia.

City Water, un consorzio di Biwater in Gran Bretagna, Gauff in Germania e
l’impresa locale Superdoll, si era assicurata la fornitura di acqua di Dar
Es Salaam grazie a un contratto, della durata di 10 anni e per un valore
di 102 milioni di dollari, firmato nel 2003 con il governo della Tanzania.

Due anni dopo, il governo - incalzato dai consumatori che deploravano gli
scarsi servizi - ha revocato il contratto. Biwater, per conto del
consorzio, ha presentato un’ingiunzione all’Alta corte britannica per
impedire al governo della Tanzania la recessione illegale del contratto,
oltre a chiedere il risarcimento danni.

Deus Kibamba, coordinatrice della Coalizione di attiviste femministe in
Tanzania, ha raccontato tutta la storia al FSM domenica scorsa, durante
una sessione nella quale si discuteva una strategia internazionale comune
della società civile per “Promuovere il diritto umano all’acqua”.

Costretti alla privatizzazione?

”La privatizzazione dell’acqua era una condizione dei nuovi programmi di
aggiustamento strutturale del Fondo monetario internazionale (Enhanced
Structural Adjustment Facility, ESAF) e, dal 2000 al 2003, della strategia
del FMI per la riduzione della povertà e per la crescita (Poverty
Reduction and Growth Facility, PRGF). Così, il governo è stato
praticamente costretto a privatizzare l’acqua”, ha riferito Kibamba.

”La popolazione ha protestato per le scarse prestazioni dell’impresa”, ha
detto Ruth Munshi della Tanzania, aggiungendo che il risentimento popolare
contro il monopolio privato dell’acqua non si limita alla Tanzania, ma è
un fenomeno diffuso in tutto il mondo.

Negli ultimi anni, ci sono state diverse manifestazioni contro le
privatizzazioni in alcune aree dell’America Latina, oltre che in Africa,
nei Caraibi e in Asia.

Secondo la Banca Mondiale, la Tanzania è uno dei paesi più indebitati al
mondo, con un debito estero che si aggira intorno ai 7,5 miliardi di
dollari. Almeno il 27 per cento degli abitanti (9,8 milioni di persone) in
questo paese africano non ha accesso all’acqua potabile. Il Fondo Onu per
l’infanzia ha segnalato che il 40 per cento dei bambini sotto i cinque
anni soffre di diarrea per aver bevuto acqua a rischio.

Munshi racconta che City Water doveva essere il fiore all’occhiello del
programma di privatizzazione dell’acqua in Africa, ma ha fallito perché
era più interessata ai profitti.

Il governo della Tanzania dice di aver revocato il contratto con City
Water perché il consorzio non aveva rispettato i termini dell’accordo.
Anche se, nei suoi precedenti rapporti, City Water sosteneva di aver
ricevuto informazioni imprecise su questioni fondamentali come la portata
dei danni alle infrastrutture e il numero di consumatori attivi.

Secondo Kibamba, la società civile deve premere sul governo della Tanzania
per non cedere alla privatizzazione dei servizi pubblici. “La popolazione
non è stata consultata su un tema tanto importante… Non
cederemo”.(FINE/2007)

Fonte: http://ipsnotizie.it/nota.php?idnews=834