Attac: "Sulla Nigeria occorre un intervento urgente dei parlamentari italiani"



Nigeria: un paese rapito dalle multinazionali del petrolio


In Nigeria siamo al paradosso di un Paese, il più popoloso dell'Africa con
quasi 150 milioni di abitanti (un africano su cinque è nigeriano), che è
l'ottavo produttore di petrolio al mondo e che deve importare la benzina
per le sue "poche" macchine.

Sul Delta del Niger, dove si estraggono 2,5 milioni di barili di petrolio
al giorno, ci sono oltre 20 milioni di nigeriani che vivono con un dollaro
al giorno. Qui in un ecosistema fluviale fragilissimo, tra mangrovie ed
antiche etnie, le popolazioni vivevano di agricoltura e di pesca. Ora non
più.

La foresta è invasa dalle fiamme dei pozzi e dalle esplosioni causate dal
devastante fenomeno del gas flaring (che consiste nel bruciare a cielo
aperto gas naturale collegato all'estrazione del greggio) causa di
inquinamento e scempio ambientale. Con il gas flaring si disperdono
nell'aria tossine inquinanti come il benzene, che tra le popolazioni
locali ha provocato l'aumento in maniera esponenziale di tumori e di
malattie respiratorie quali la bronchite e l'asma. I fiumi sono ormai un
magma nerastro e inquinatissimo. Qui sono stati incassati in meno di
quarant'anni 320 miliardi di dollari con le royalities del petrolio
estratto. In un posto come questo, che di quei 320 miliardi ha visto solo
i fumi dei pozzi, nasce il "livello di vita dell'occidente".

Qui nascono gli immigrati che sbarcano disperati sulle nostre coste e
vengono chiusi nei CPT (Centri di Permanenza Temporanea). Qui lavorano,
con stipendi occidentali più alti della media a causa del"rischio", i
tecnici stranieri delle multinazionali petrolifere. Qui si scontrano e si
uccidono i nigeriani che si ribellano a questo stato di cose con quei
nigeriani armati in milizie mercenarie che difendono i fortini delle
multinazionali petrolifere.  Oggi la Nigeria fornisce un quinto del
petrolio statunitense ed è candidata a sostituire il Venezuela nella hit
parade dei principali fornitori Usa.

La fine della dittatura nel 1999 non ha portato grandi benefici. Il paese
continua a essere poverissimo e il Delta viene ormai regolarmente battuto
da bande armate che sopravvivono contrabbandando il petrolio rubato dai
pozzi.

Nei primi anni novanta, il noto poeta nigeriano Ken Saro Wiwa e il popolo
Ogoni si mobilitarono organizzando nel gennaio 1993 un raduno, all'interno
del quale circa 300.000 Ogoni intervennero per protestare contro la Shell.
Il 10 novembre 1995, Ken Saro Wiwa e altri otto suoi connazionali furono
impiccati sulla base di un falso processo condannato come "omicidio
legale" dall'allora primo ministro britannico John Major.

La lotta contro i pozzi è continuata nel corso degli anni. Con azioni non
violente come quelle delle donne di Ugborodo e di Amukpe che nel 2002 e
nel 2003 occuparono alcune piattaforme, o come il blocco pacifico ma
impenetrabile messo in atto dalle comunità Opherin nel 2004. Poi, grazie
alla repressione e al deteriorarsi della situazione sociale, il conflitto
ha cominciato a diventare sempre più violento. Prima sono arrivati i
sabotaggi, poi gli attacchi armati, gli omicidi e i rapimenti dei
contractors stranieri, un'escalation che sta rendendo sempre più costoso
operare nel Delta. Milioni di dollari che se ne vanno in armi, eserciti
privati, mazzette per corrompere i leader locali e spaccare le comunità e
tutto l'armamentario delle costosissime misure che servono per pagare
l'irachizzazione del paese.

In Nigeria opera l'Eni che ha sempre negato che nel Delta ci fosse
un'emergenza e si è sempre limitata a qualificare come "banditi" quelli
che in realtà (e in modi piuttosto originali) sono guerriglieri. Non è
ovviamente solo una questione di termini. Banditi implica che a gestire la
partita sia la polizia nigeriana, peraltro una delle più corrotte del
mondo. Guerriglieri, invece, implica un problema politico. È di questo che
stiamo parlando.

Il Delta del Niger è da almeno quattro decenni terreno di conquista delle
multinazionali del petrolio. Shell, Chevron-Texaco ed Eni, soprattutto. I
danni ambientali inflitti alle popolazioni locali non sono mai stati
calcolati. La Shell è stata recentemente condannata dall'Alta Corte
nigeriana a risarcire le popolazioni del Delta con 1,5 miliardi di dollari
per i danni ambientali arrecati. Si attende il processo d'appello.

Oggi a compiere le azioni di sabotaggio armato delle installazioni delle
multinazionali sono soprattutto, ma non solo, i guerriglieri del Movimento
di emancipazione del Delta del Niger (Mend). Non è un'organizzazione
guerrigliera nel senso classico del termine, ma più un ombrello che
racchiude diverse sigle e diverse componenti. Una frammentazione
"operativa" che riflette la complessità etnica e sociale della regione del
Delta. Le richieste del Mend sono semplici: fine del saccheggio
indiscriminato del territorio; più equa ripartizione delle ricchezze
petrolifere; risarcimento del debito ecologico; fine della presenza
militare.

 L'esercito nigeriano si è spesso distinto per la brutalità della
repressione. Ad agosto, dopo che erano fallite le trattative a causa
della debolezza del governo rispetto alle multinazionali (che non
vogliono cedere nulla) l'esercito ha lanciato una serie di operazioni di
"rastrellamento". Decine di civili sono stati uccisi e interi villaggi
sospettati di aiutare i guerriglieri sono stati rasi al suolo.

Crediamo sia necessario una maggiore attenzione verso la Nigeria e in
particolare il Delta del Niger. Che molte orecchie, dall'Italia e non
solo, ascoltino le denunce del popolo nigeriano. Che molte voci, dei
movimenti, delle associazioni, della società civile, si uniscano alle loro
richieste.

Chiediamo anche un intervento urgente dei deputati e dei senatori italiani
che ottenga un'audizione parlamentare dell'Eni sulla questione nigeriana e
sul suo operato in questa zona del pianeta nelle commissioni esteri e
diritti umani.

Bisogna tentare di fermare una guerra a bassa intensità, oggi occultata,
che potrebbe diventare devastante per tutto il continente africano.



ATTAC Italia

GRANELLO DI SABBIA (n°164) Bollettino elettronico quindicinale di ATTAC

Venerdì 12 Gennaio 2006