"G8, le "scomode" verità del poliziotto"



Purtroppo articoli come questo si possono leggere solo sulle pagine locali
di Genova, per il resto dell'informazione (e dell'Italia) questo processo
non esiste, non fa audience. In fondo si tratta solo di 93 persone
massacrate, molte delle quali porteranno per sempre sulla loro pelle i
segni di quella notte "cilena".
Del resto siamo o non siamo tra gli ultimi in classifica in quanto a
libertà di stampa?

NOTA BENE: Tra i super-poliziotti presenti nel cortile della scuola, ed
immortalati da una televisione locale vicino al sacchetto contenente le
molotov, troviamo il Dottor Gratteri, recentemente promosso a capo del DAC,
Dipartimento Anti-crimine.

Solo il "Giornale" ha ricordato che Gratteri è sotto processo a Genova per
l'irruzione alla Diaz, mentre Il Manifesto (sostituendosi alla
magistratura) archivia Gratteri dalle accuse per la Diaz: "Gratteri, che
era già stato promosso alla guida dell'Antiterrorismo, è stato coinvolto
anche nel processo per l'assalto e le violenze alla scuola Diaz (suo
difensore quello che oggi è sottosegretario alla giustizia, Luigi Ligotti).
Ma la vicenda per lui si è conclusa con un'archiviazione"..... (sigh)

Di fronte all'ennesima, indecente promozione, dai parlamentari italiani ed
europei solo un grande silenzio Š

Enrica Bartesaghi
Presidente Comitato Verità e Giustizia per Genova

Lavoro Repubblica

Le molotov introdotte nella scuola mezz´ora dopo il blitz, omertà, scarsa
collaborazione nell´inchiesta: deposizione chiave

G8, le "scomode" verità del poliziotto

Il vicequestore che indagò sui colleghi: troppe bugie sulla Diaz

Il dirigente fu chiamato a fare chiarezza sui troppi misteri del luglio
2001
Agenti fotografati e poi nascosti, e c´è chi non riconosce neppure la
propria firma

MASSIMO CALANDRI

POLIZIOTTI fotografati in primo piano, ma che hanno preferito restare
nascosti. E che nessun collega ha voluto riconoscere. Verbali sottoscritti
da funzionari di polizia, gente che dovrebbe garantire l´applicazione
della legge e dell´ordine, ma che non trova neppure il coraggio di
ammettere: «Sì, quella è la mia firma». Elenchi raffazzonati, farciti di
bugie e di fotografie della prima comunione, per evitare di essere
individuati: dove risulta che quell´agente era presente e invece non è
così, e quell´altro era andato via ma al contrario lo hanno visto tutti.
Le mille bugie dello sciagurato blitz poliziesco alla scuola Diaz, durante
il G8, sono venute al pettine ieri nel corso della chilometrica e per
molti versi inquietante deposizione di Luca Salvemini, vicequestore
aggiunto. Aggiungendo un nuova pagina a quello, che è forse il capitolo
più vergognoso nella storia della nostra Polizia di Stato del dopoguerra.
Il dirigente fu aggregato alla squadra mobile nel giugno del 2002, un anno
dopo il vertice internazionale: insieme al collega Claudio Sanfilippo
ricevette dalla procura di Genova l´ordine di indagare sui falsi commessi
dai suoi stessi colleghi nel corso dell´irruzione in via Cesare Battisti.
Vale la pena di ricordare che l´ultima sera del G8, sabato 21 luglio 2001,
la polizia entrò nell´istituto massacrando di botte ed arrestando
ingiustamente 92 no-global: l´intervento, coordinato da uomini ai vertici
del ministero dell´Interno, si risolse in una sanguinaria rappresaglia
farcita di violenza, abusi e bugie, a partire dalle molotov cinicamente
attribuite ai fermati e in realtà introdotte nella scuola dagli agenti
stessi. E proprio su questo punto, l´intervento di Salvemini ha toccato
ieri pomeriggio momenti di grande importanza ai fini dell´indagine: il
funzionario ha in pratica spiegato che le due molotov furono introdotte
alla Diaz mezz´ora dopo il blitz, con i super-poliziotti del ministero che
facevano crocchio nel quartiere dell´istituto. In altre parole, come
minimo: nessuno, tra quelli che unanimemente vengono considerati tra i
migliori investigatori del paese, si accorse che le bottiglie incendiarie
non erano all´ingresso della scuola ma furono introdotte successivamente,
sotto i loro occhi.
Quello di Salvemini non è stato un j´accuse, tutt´altro: ha solo
confermato circostanze imbarazzanti che erano emerse in questi anni. Il
funzionario ha inevitabilmente posto l´accento sulla vergognosa mancanza
di collaborazione dei propri colleghi nel corso delle indagini: niente a
che vedere con i carabinieri che - tanto per fare un esempio - hanno
fornito elenchi e fotografie recentissime al fine di identificare i loro
uomini presenti quella notte in via Battisti. E invece nessuno ha mai
saputo chi è quel poliziotto con la coda di cavallo, ripreso dalle
telecamere a distanza ravvicinata. La quindicesima firma posta sul verbale
di arresto dei no-global, pieno di falsi, resta un mistero. E quanti erano
davvero i poliziotti del blitz? Molti più di quelli indicati nella lista
redatta a suo tempo dal capo della Digos genovese, Giuseppe Gonan, ieri
interrogato per quattro ore, e poi integrata da Salvemini.