Una spesa che non serve alla democrazia irachena











UNA SPESA CHE NON SERVE ALLA DEMOCRAZIA IRACHENA



Con il voto del Senato di proroga sino alla fine dell'anno della presenza
militare italiana in Iraq, sono stati stanziati circa 212 milioni di Euro
per il mantenimento della presenza militare e 25 milioni di euro per le

cosiddette finalità umanitarie.

Considerando che la provincia di Di Qhar, in cui si trova Nassiryia, ha una
popolazione di 900.000 abitanti (circa  150.000 famiglie), la spesa per la
presenza militare corrisponde ad un buono stipendio mensile (280 dollari)
per ogni famiglia. Una spesa ingente, se paragonata alle condizioni
economiche della popolazione irachena e che può dare l'idea di quanto di
positivo, per la sicurezza della vita quotidiana, si potrebbe fare se
questi fondi invece che alle spese militari fossero destinati direttamente
alla ricostruzione e agli aiuti umanitari.

I fondi destinati a ciò invece ammontano a solo un decimo della spesa
militare, in gran parte saranno spesi in Italia per programmi di formazione
(con un costo di migliaia di euro per corsista), musei virtuali (con il
decreto attuale vengono stanziati altri 2 milioni, sugli 800.000 stanziati
precedentemente ben 150.000 sono stati utilizzati per la realizzazione di
un CD dimostrativo), spese di ambasciata (3 milioni, tra cui un terzo
stanziamento per il consolato di Bassora, mai aperto), e-government (2
milioni, che saranno intascati da due aziende italiane), aggiornamento
tecnologico (gestito dal gruppo Trevi, già destinatario di contratti di
ricostruzione).

Solo 4 milioni di euro saranno destinati alle attività di "Cooperazione
Civile-Militare" del contingente italiano a Nassiryia, ma dei 50 progetti
finanziati precedentemente con lo stesso ammontare, secondo il sito del
ministero della Difesa, nessuno è stato completato.

Continuiamo a pensare che per la sicurezza degli iracheni e la
ricostruzione del paese altre sono le azioni necessarie (in particolare
favorire il processo politico indipendente interno per scongiurare la
guerra civile) e altro il modo di utilizzare i quasi 40 milioni di euro al
mese spesi attualmente per fare la guardia al petrolio dell'ENI.



Maggiori dettagli sul contenuto del decreto approvato su


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