DA ALESSANDRA GARUSI: ANTICIPAZIONI M.O. MAGGIO 05



Vi mando alcune anticipazioni dal numero di maggio di M.O.
Riprendete pure liberamente.
Grazie

Cordialmente
Alessandra Garusi

----------------------------------------------------------------------------
------------
IL COLLASSO DEI VALORI DEMOCRATICI IN ISRAELE

Intervista a Michel Warschawski

a cura di Alessandra Garusi


Dal piano di disimpegno unilaterale da Gaza voluto dal governo Sharon, alla
detenzione in un carcere israeliano di Marwan Barghouti, il leader di
Al-Fatah. Dalla malattia che affligge la societa' israeliana - un tempo,
caso unico di democrazia in Medio Oriente, oggi "spaventosamente simile a
una dittatura" - all'ultimo sogno che resta per i propri nipoti: quello di
non dover prestare il servizio militare obbligatorio. Michel Warschawski,
figlio di uno dei più noti rabbini d'Europa e condirettore de "Alternative
Information Center" a Gerusalemme, parla a ruota libera su tutto.
Arrestato un innumerevole numero di volte, e' stato condannato a 20 mesi di
carcere nell'89 (in seguito ridotti) "per prestazione di servizi a
organizzazioni illegali". Nella sentenza, si legge: "Dobbiamo mettere in
guardia gli israeliani dall'avvicinarsi troppo alla frontiera..". Lui e'
appunto uno così. Che si e' sempre avvicinato al muro, anche quando questo
doveva ancora essere costruito. Ma gia' esisteva. Ecco l'intervista che ci
ha rilasciato.

Che cosa pensa del piano di disimpegno unilaterale da Gaza voluto da Sharon?
Non ho bisogno di esprimere un'opinione a questo riguardo. Perche' fa testo
quel che Sharon stesso ha detto riguardo al piano. E quel che il suo
principale consigliere, Dov Weisglass, ha spiegato molto chiaramente sui
giornali israeliani, notizia poi ripresa dalla stampa europea. Lo scopo del
disimpegno unilaterale da Gaza e' quello di congelare il processo di pace.
In altri termini, lo smantellamento di alcune colonie nella Striscia di Gaza
da' mano libera a Israele, nell'ampliare e rafforzare gli insediamenti in
Cisgiordania, che resta l'area di maggiore interesse. E' un piano evidente,
che consente di guadagnare tempo e di continuare a colonizzare la Palestina.
Come ha detto Weisglass, esso permette di accantonare per sempre l'idea
della nascita di uno Stato palestinese.

Lei ha scritto che "Israele ha smesso di essere una democrazia". Quando e'
successo esattamente?
Non si puo' individuare un preciso momento. E' un continuo sali scendi.
Penso ci sia stato un processo di democratizzazione di Israele negli anni '
80 e '90, in cui in Israele si era diventati maggiormente consapevoli dei
diritti individuali, dei diritti umani. Allora la tortura era stata messa
fuori legge. Forse non si trattava ancora di piena democrazia, ma erano di
sicuro dei segnali incoraggianti sia per quanto riguarda lo Stato di Israele
che le relazioni con i palestinesi. Oggi, invece, stiamo assistendo a un
generale collasso dei valori democratici, compresa una lunga lista di leggi
approvate di recente che sono razziste e che negano i più fondamentali fra i
diritti umani agli stessi israeliani.

Come lo spiega questo?
Non si puo' condurre una guerra totale, senza limiti, al di fuori dei propri
confini e contemporaneamente mantenere la democrazia all'interno. E'
impossibile.

Lei ha anche detto: "L'intera società israeliana è malata". Di quale
malattia soffre?
Di violenza. Ho già ricordato cosa dicono le scritte murali e gli adesivi
sulle auto. Attaccano non solo gli arabi, ma chiunque sia percepito come un
nemico interno: dai "criminali di Oslo" che dovrebbero essere condotti di
fronte alla corte marziale, ai "media ostili", passando per il magistrato
Aharon Barak e il capo della polizia che osarono aprire un'indagine sulla
famiglia di Sharon per possibile corruzione. Il rifiuto di permettere alle
persone di continuare a vivere che Israele manifesta in maniera sempre più
aperta quando si tratta degli arabi - che siano residenti nei Territori
occupati o cittadini israeliani - si va estendendo agli israeliani che
rifiutano di cantare nel coro o che vorrebbero semplicemente una vita
normale in una societa' democratica e laica.
Quando la legge mette alla base delle relazioni con gli altri esseri umani
un misto di "coscienza pulita" e forza, poi se ne sente la mancanza nel
momento in cui bisogna difendere la liberta' all'interno della propria
stessa comunità. E' una vecchia tautologia che i liberali israeliani stanno
sperimentando su se stessi.

La violenza si manifesta non solo nella politica israeliana?
No, anche nelle interazioni quotidiane, a casa e nelle strade. La mancanza
di civiltà, che e' sempre stata uno dei difetti della società israeliana, si
e' trasformata in crudezza pura e semplice. Se in passato gli israeliani
erano noti per la loro incapacita' di dire "per favore", "scusa" o "grazie",
oggi sono pronti ad attaccare fisicamente qualcuno che gli taglia la strada
in mezzo al traffico; e siccome spesso portano armi con sé, a volte questi
incidenti finiscono in tragedia. Gli psicologi e gli operatori sociali
mettono continuamente in guardia contro l'escalation della violenza, ma i
loro avvisi difficilmente faranno la differenza. L'intera societa' e'
malata, terribilmente malata.

Chi può guarirla?
La stessa societa', con un forte contributo della comunita' internazionale.
La malattia di cui soffre e' il prodotto della situazione di totale impunita
', per cui uno puo' fare praticamente quello che vuole, senza dover
rispondere delle sue azioni. Sono convinto che le pressioni economiche su
Israele, le sanzioni, fino a quando questo Stato non rispettera' le
Convenzioni internazionali, le risoluzioni delle Nazioni Unite, possono
essere molto efficaci e aiutare la società israeliana nel suo processo di
"guarigione".

Chi puo' portare Israele fuori dal pantano: i leader politici? O quelli
religiosi? I giovani? I "refusnik", cioe' quei soldati, ufficiali e
riservisti che rifiutano di prestare servizio nei Territori palestinesi
occupati?
Ho una certa fiducia nelle nuove generazioni, che non sono state manipolate
così tanto dall'ideologia dominante. Tuttavia, resta fondamentale il
sostegno della comunità internazionale. Come un bambino nei primi anni di
vita, Israele non va lasciato solo. Fino a oggi gli hanno consentito di
muoversi senza alcuna regola, alcun rispetto delle leggi internazionali. Ma
se uno fa quel che gli pare e non viene punito per questo, allora chi
dovrebbe farlo è corresponsabile.

Alcuni editorialisti in Europa descrivono Marwan Barghouti, il leader di
Al-Fatah attualmente detenuto in un super carcere israeliano, come "il nuovo
Nelson Mandela". A suo avviso, egli rappresenta davvero il futuro per la
societa' palestinese?
Non so se egli rappresenti il futuro. Ma sicuramente rappresenta molto bene
la sua generazione, la nuova leadership che emerse durante la prima Intifada
e che poi ha continuato a svilupparsi sottoterra. Credo che nei prossimi
anni ci sara' una transizione dalla vecchia guardia (cui apparteneva Yasser
Arafat e cui appartiene Abu Mazen) a una nuova, della quale Marwan e' una
delle figure più emblematiche.

Veniamo a Lei. Quante volte e' stato arrestato da soldati israeliani e,
soprattutto, che cosa ha imparato in queste circostanze?
Sono stato arrestato centinaia di volte, specie per cose di poco conto come
la distribuzione di volantini, la vendita di giornali, il disturbo dell'
ordine pubblico, ecc. Ma una di queste volte sono stato processato; l'accusa
era di aver appoggiato organizzazioni terroristiche. Il processo e' durato
alcuni anni e, alla fine, sono stato condannato. La reclusione -
inizialmente di un lungo periodo - e' stata poi ridotta. Ho imparato questo:
in Israele sono considerati "pericolosi" coloro che cercano di attraversare
il muro fra la comunità palestinese e quella israeliana. Sono stato
arrestato molto prima che si decidesse di costruire il muro. Un muro, pero',
c'era gia': come e' stato scritto nella mia sentenza, "dobbiamo mettere in
guardia gli israeliani dall'avvicinarsi troppo alla frontiera".

Ha un sogno ricorrente?
Piu' che sogni, ho degli incubi. Sogno che mia figlia viene uccisa in un
attentato kamikaze, sulla strada di ritorno dall'Universita'.
Il sogno positivo che nutro, e' invece quello per i miei nipoti. Non piu'
per i miei figli. Sogno che non debbano più andare nell'Esercito. Ci sono
ancora 60 anni per risolvere questo problema.
                                                                 A CURA DI
ALESSANDRA GARUSI