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GUERRA-ABORTO-CHIESA E CAPPELLANI MILITARI



A TUTTI GLI AMICI-PER CONOSCENZA



Bologna, domenica 9 febbraio 2003

Leggo (VEDI QUI DI SEGUITO E IN ALLEGATO)"La Chiesa non va alla guerra" di
F.Gentiloni su "il manifesto" di oggi 9 febb.2003. Leggo (e riporto il
tutto qui di seguito) alcuni brani del Catechismo della Chiesa Cattolica,
del Concilio Ecumenico Vaticano Ii, Gaudium Et Spes, e del Codice di
Diritto Canonico: mi sembra allora che il teologo Giuseppe Mattai abbia
davvero ragione quando afferma «ll "cappellano militare" non può essere
assolto. Il parallelo con l'aborto è valido»

Mi domando e domando a tutti: in che modo saranno puniti tutti quei
supercattolici (politici o meno) sempre pronti ad applaudire il Papa e
sempre primi a compiere il sacro rito del bacio della pantofola, ma che ora
- favorevoli alla guerra - non "proteggono" certamente la vita, di cui è
padrone solo Dio? E a questa prevista "scomunica latae sententiae" dovranno
sottostare anche quei presbiteri ed episcopi cattolici che - forniti di
stellette sulle spalline - si fregiano del titolo di "cappellani militari"?

Shalom-salaam a tutti, ma proprio a tutti!
Domenico Manaresi

Mitt. Domenico Manaresi - bon4084@iperbole.bologna.it



CATECHISMO DELLA CHIESA CATTOLICA

2270 La vita umana deve essere rispettata e protetta in modo assoluto dal
momento del concepimento. Dal primo istante della esistenza, l'essere umano
deve vedersi riconosciuti i diritti della persona, tra i quali il diritto
inviolabile di ogni essere innocente alla vita.

2273 Il diritto inalienabile alla vita di ogni individuo umano innocente
rappresenta un elemento costitutivo della società civile e della sua
legislazione.ú

CONCILIO ECUMENICO VATICANO II, Gaudium et spes, 51.

Dio, padrone della vita, ha affidato agli uomini l'altissima missione di
proteggere la vita, missione che deve essere adempiuta in modo umano.
Perciò la vita, una volta concepita, deve essere protetta con la massima
curaŠŠ.



CODICE DI DIRITTO CANONICO

De delictis contra hominis vitam et libertatem - Delitti contro la vita e
la libertà umana

Can. 1397 - Qui homicidium patrat, vel hominem vi aul fraude rapit vel
detinet vel mutilat vel graviter vulnerat, privationibus et
prohibitionibus, de quibus in can. 1336, pro delitti gravitate puniaturŠ.

Can. 1397 - Chi commette omicidio, rapisce oppure detiene con la violenza o
la frode una persona, o la mutila o la ferisce gravemente, sia punito a
seconda della gravità del delitto con le privazioni e le proibizioni di cui
al can. 1336; ŠŠ



Can. 1398 - Qui abortum  procurat, effectu secuto; in excommunicationem
latae sententiae incurrit.

Can. 1398 - Chi procura l'aborto ottenendo l'effetto incorre nella
scomunica latae sententiae.

La Chiesa non va alla guerra

FILIPPO GENTILONI (da "il manifesto" del 9 Febbraio 2003)


Il divino non può non tornare sull'alternativa impostata pochi giorni fa da
Famiglia cristiana: «Stai con il Papa o con Bush?». Risposta, piuttosto
scontata: 94,7% con il papa, 5,3% con Bush.

Ma il sondaggio Abacus su 1000 lettori di Famiglia cristiana rivela anche
altre posizioni interessanti. Soltanto il 4%, ad esempio, è d'accordo con
l'affermazione di Bush: «La guerra contro Saddam è inevitabile, per fermare
il terrorismo», mentre il 93% condivide con il papa: «La guerra non è mai
una fatalità, è sempre una sconfitta dell'umanità». E ancora: soltanto il
10% condivide l'opinione di chi (come Ernesto Galli Della Loggia) aveva
detto che il pacifismo del Papa sarebbe «a senso unico».

Ma nell'ultimo numero di Famiglia cristiana c'è anche di più.

In una lunga intervista Monsignor Martino, per anni osservatore della Santa
Sede presso l'Onu, dichiara con chiarezza che è falso che non ci sarebbe
bisogno di un altro pronunciamento da parte dell'Onu, e che è anche falso
che il «tempo è scaduto». A questa voce il settimanale aggiunge quella del
vescovo di Baghdad, Monsignor Slamon Warduni: «Dio non vuole la guerra in
Iraq», anche se «in Iraq vige una dittatura». Dunque si può essere per la
pace, anche senza dover essere complice di Saddam.

A queste decise prese di posizione contro la guerra «preventiva», Famiglia
cristiana aggiunge un'interessante risposta del teologo Giuseppe Mattai a
un lettore - il sacerdote don Gennaro S. di Napoli - che domanda: «In una
guerra come quella dell'Iraq un cappellano può assolvere un pilota che
bombarda innocenti? Se abortire è peccato, che dire di chi si arruola in
una struttura di morte?». Il teologo affronta la questione cruciale senza
mezzi termini. «Il caso prospettato non consente risposte positive... Il
militare in questione non può essere assolto. Il parallelo con l'aborto è
valido». Ma la risposta del teologo procede oltre e arriva a dire che gli
stessi cappellani militari sono anch'essi responsabili. «Non è anche la
loro una forma di collaborazione alla struttura di peccato, costituita da
un intervento armato più o meno giustificato dal Consiglio di Sicurezza
dell'Onu?». E ancora: «Ritengo che un'obiezione di coscienza generalizzata
dei cappellani militari, cattolici e no, rappresenterebbe un gesto
significativo e un forte stimolo a ripensare con una mentalità nuova ogni
guerra moderna...»

E allora cosa fare? «Si tratta di rifiutare di partire assieme alle truppe
che commetteranno quello che, a giudizio del magistero della chiesa è
essenzialmente ingiusto, cioè peccaminoso...». Più chiaro di così. Il
discorso etico si pone ben al di là di quello politico dei se e dei ma. E
anche ben al di là delle impostazioni sacrali care a Bush e altri, per i
quali, ancora una volta, «Dio lo vuole».

FILIPPO GENTILONI ("il manifesto" del 9 Febbraio 2003)




Mitt. Domenico Manaresi - bon4084@iperbole.bologna.it