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Fw: Quando la CIA rifiutò di prendere in consegna Bin Laden dal governo sudanese



 
 
 
Vi segnalo questo mio articolo apparso, in forma ridotta, su Panorama di questa settimana.
 Grazie per l'attenzione.
Farid Adly
presidente Associazione Culturale Mediterraneo

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La Cia e Bin Laden

 

 

di Farid Adly

 

 

 

La Cia nega, disperatamente. Il quotidiano francese Le Figaro sostiene che Osama Bin Laden è stato curato in un ospedale americano di Dubai, da un medico americano, dottor Terry Callaway (specialista di calcoli renali e problemi di infertilità maschile). Il ricovero sarebbe avvenuto lo scorso Luglio, dal 4 al 14, per “un’infezione renale con complicazioni al fegato”. Secondo il quotidiano parigino non solo la Cia lo sapeva, ma addirittura un agente del servizio si è incontrato con l’uomo più ricercato del mondo, con una taglia offerta proprio dall’amministrazione americana di 5 milioni di dollari, per le accuse di essere il mandante degli attentati contro le ambasciate USA in Kenya e Tanzania del 1998.

Radio France Internationale, dopo la smentita della portavoce della Cia, Anya Guelsher, rilancia le accuse rivelando nome e cognome del visitatore segreto: Larry Mitchell.

 

Ma tutto questo potrebbe essere catalogato come sensazionali trovate giornalistiche senza uno straccio di documentazione a supporto. Un altro filone di informazioni documentate, invece, è quello fornito dalla stampa sudanese, e confermato dal Ministro degli esteri di Khartoum, sulle offerte del governo del generale Al Bashir, nel 1996, di consegnare Bin Laden agli Stati Uniti.

 

Il governo sudanese, infatti, accusa Washington di aver rifiutato nel 1996 una sua offerta di consegnare Bin Laden. Lo ha rivelato un quotidiano sudanese e la notizia viene resa ufficiale ed arricchita da particolari precisi e con peso diplomatico da Mustafa Othman Ismail, ministro degli esteri di Khartoum , in un’intervista al giornale saudita di Londra, Asharq Al-Awsat.

 

Secondo il ministro, le trattative tra i servizi segreti dei due paesi sono durate ben due mesi e mezzo, dal 3 Marzo 1996 al 18 Aprile 1996 e poi interrotte unilateralmente dalla CIA.

Sulle ragioni di questo rifiuto e questa interruzione del dialogo su una questione vitale per la sicurezza degli Stati Uniti Ismail ha una ipotesi, che annuncia in modo carico di rammarico. Secondo le loro informazioni, dice, la Commissione per l’Africa Orientale del Dipartimento di Stato ha chiesto la fine delle trattative, perché in caso di consegna di Bin laden, gli Stati Uniti sarebbero stati obbligati a migliorare i rapporti con il governo sudanese, un passo che era contrastato dai consiglieri del Segretario di Stato signora Albright.

In effetti il Sudan era entrato nel mirino dell’amministrazione Clinton per due ragioni: le accuse rivolte dall’Egitto al governo di Khartoum di dare asilo agli attentatori contro la vita del presidente Mubarak in Adiss Abeba, nel 1995. L’altra questione è la situazione drammatica nel Sudan meridionale, dove la guerriglia controlla i giacimenti di petrolio ed i bombardamenti governativi hanno costretto due milioni di sudanesi alla condizioni di profughi.

Il Consiglio di Sicurezza dell’Onu aveva votato nell’Aprile del 1996 sanzioni simboliche (la limitazione della rappresentanza diplomatica) e l’anno seguente Washington impose sanzioni unilaterali più dure. Le sanzioni Onu sono state revocate alla fine di settembre 2001, con l’astenzione dal voto del rappresentante americano in segno di buona volontà per conquistare gli arabi alla coalizione. Giovedì primo Novembre, invece, il presidente Bush ha rinnovato le sanzioni unilaterali USA, probabilmente per fare maggiori pressioni sul governo sudanese per una maggiore collaborazione nella lotta contro il terrorismo e per condizionare il negoziato in corso, con la mediazione dell’Egitto e della Libai, per una soluzione negoziata del conflitto sudanese.

 

Il ministro Ismail spiega che “i rapporti tra Sudan e Stati Uniti stanno migliorando e sono caratterizzati, dal 2000, cioè dall’arrivo di Bush junior alla Casa Bianca, da una costante collaborazione. Queste ultime misure della Casa Bianca non bloccheranno il riavvicinamento, ha affermato. “Dopo l’attacco dell’11 settembre, abbiamo fornito agli USA tutti i dossier sugli investimenti di Bin Laden in Sudan. Le informazioni sulla Banca Islamica del Nord (Albank Alislami Ashamali), dove Osama Bin Laden ha una forte partecipazione, sono state fornite da noi; con sorpresa non abbiamo visto questa Banca tra la lista, resa pubblica dal presidente Bush, di 27 società internazionali collegate alla rete di Al Qaeda”.

 

Il ministro degli esteri di Khartoum ritorna sulla trattativa di 5 anni fa ed aggiunge altri particolari sull’interesse sudanese a portare a termine l’affare: “Lo stesso presidente Omar Al Bashir, per tentare di sbloccare la situazione, ha inviato l’allora ministro senza portafoglio e attuale rappresentante del Sudan all’ONU, AlFateh Urwah, a Washington per concludere le trattative”. Lo scenario che il ministro sudanese delinea è simile alle trattative fatte con la Francia, sfociate allora nella consegna di Carlos, con un’operazione di copertura di commandos francesi nel 1994. L’inviato sudanese ha offerto ai suoi interlocutori statunitensi, in caso Washington non fosse interessata alla consegna, l’arresto di Bin Laden oppure la sua estradizione verso l’Arabia Saudita, dove sarebbe stato sotto vigile controllo. Ma gli interlocutori USA hanno declinato la proposta.

 

A quel punto, Bin Laden deve aver avuto sentore delle trattative ed ha preferito di

rifugiarsi in Afghanistan. Il resto della storia è cronaca.

  

 

Farid Adly

ANBAMED, notizie dal Mediterraneo