due brani poetici contro la guerra: Vonnegut, ed Elias, iracheno



Mentre la Siria brucia, il Congo brucia, il clima brucia e "chi organizza il mondo" butta benzina, ho pensato di mandarvi questo (uscito tempo fa su Adista). Aggiungo quel che scrisse Marco Revelli tempo fa: "Se non c'è la guerra tutto è possibile; con la guerra tutto è perduto"
 
marinella
 
Dal biblico «forgeranno le spade in vomeri», il sogno della riconversione degli strumenti di morte in strumenti di vita continua a essere declinato (anche se i sindacati l’hanno negletto e la spesa militare italiana ammonta a 27miliardi di euro). A mo’ di incitamento poetico, ecco due sogni di fuoriuscita dagli ordigni bellici.

Il primo è del protagonista di Mattatoio n. 5, scritto da Kurt Vonnegut. La scena è come un film di guerra visto all’indietro, una storia che si riavvolge e assorbe tutta la distruzione, azzerandola. «Vista a rovescio da Billy, la storia era questa: gli aerei americani, pieni di fori e di feriti e di cadaveri decollavano all’indietro da un campo di aviazione in Inghilterra. Quando furono sopra la Francia, alcuni caccia tedeschi li raggiunsero, sempre volando all’indietro, e succhiarono proiettili e schegge da alcuni degli aerei e degli aviatori. Fecero lo stesso con alcuni bombardieri americani distrutti, che erano a terra e poi decollarono all’indietro, per unirsi alla formazione. Lo stormo, volando all’indietro, sorvolò una città tedesca in fiamme. I bombardieri aprirono i portelli del vano bombe, esercitarono un miracoloso magnetismo che ridusse gli incendi e li raccolse in recipienti cilindrici di acciaio, e sollevarono questi recipienti fino a farli sparire nel ventre degli aerei. I contenitori furono sistemati ordinatamente su alcune rastrelliere. Anche i tedeschi, là sotto, avevano degli strumenti portentosi, costituiti da lunghi tubi di acciaio. Li usavano per succhiare altri frammenti dagli aviatori e dagli aerei. Ma c’erano ancora degli americani feriti, e qualche bombardiere era gravemente danneggiato. Sopra la Francia, però, i caccia tedeschi tornarono ad alzarsi e rimisero tutti e tutto a nuovo. Quando i bombardieri tornarono alla base, i cilindri di acciaio furono tolti dalle rastrelliere e rimandati negli Stati Uniti, dove c’erano degli stabilimenti impegnati giorno e notte a smantellarli, e separarne il pericoloso contenuto e a riportarlo allo stato di minerale. Cosa commovente, erano soprattutto le donne a fare questo lavoro. I minerali venivano poi spediti a specialisti in zone remote. Là dovevano rimetterli nel terreno e nasconderli per bene in modo che non potessero più fare male a nessuno».

La riconversione ispira anche il sogno di Elias, veterinario iracheno che vive vicino a Mossul e scrive Il sogno di un uomo:
«La guerra finirà / pianteremo alberi / perché rimangano / non perché siano legna da ardere / con i nostri bambini giovani e anziani pianteremo fiori / alle frontiere / e grano nei campi dei soldati / trasformeremo le prigioni in musei.
La guerra finirà / faremo pace fra di noi / i luoghi diventeranno attrazioni turistiche / insieme sradicheremo le mine / come i contadini sradicano le infestanti / al ritmo dei suoni del raccolto / chiuderemo le fabbriche di armi / diventeranno ospedali e scuole materne / e i veicoli militari / diventeranno bus scolastici / una volta ridipinti con arcobaleni a onde.
La guerra finirà / alzeremo la bandiera dell’amore e della tolleranza / cantando per gli umani e la natura / applaudendo insieme / con risate e sorrisi puri / metteremo vasi di fiori al posto dei cancelli / ogni fiore da una parte diversa del mondo / ordiremo un arazzo colorato / ogni filo da una nazione.
La guerra finirà / ciascuno benderà le altrui ferite / pianteremo gelsomini / sulle tombe delle nostre vittime».