Bahrein, diritti umani violati. Accusato anche un undicenne



Nel Bahrein e' ospitata la Flotta Usa e il dissenso viene schiacciato. Chi vuole seguire questa nazione su cui c'e' silenzio stampa?


--- 110 giorni di sciopero della fame per i diritti umani ---

Continuano senza sosta i processi contro gli attivisti per i diritti umani. Accusato anche un undicenne. Tre in tre giorni, e con tre accuse diverse. Questa l’agenda di Nabil Rajab, presidente del Bahrain Centre for Human Rights (BCHR) e direttore del Gulf Centre for Human Rights.

di Marta Ghezzi da Amman

Arrestato per l’ennesima volta il 6 giugno scorso, era stato rilasciato su cauzione solo lo scorso 28 maggio.

Le accuse questa volta vanno dall'organizzazione di manifestazioni non autorizzate al coinvolgimento in attività illegali e incitamento alla rivolta.

Ma quello che sembra preoccupare di più le autorità di Manama sono i social network e l’uso che Najab ne fa.

Alla sbarra Najab si è dovuto difendere due volte dall’accusa di diffamazione tramite rete: la prima volta, per 4 tweet contro il ministro degli Interni e la sua incapacità nel gestire le indagini sulle morti civili nel paese durante gli scontri con la polizia, la seconda per diffamazione contro i cittadini di Muharraq, ex capitale del regno e ora centro religioso.

L’accusa formalizzata avrebbe a che fare con 6 post, sempre su twitter, lesivi del loro senso della patria, secondo gli accusatori.

Quello che si legge nei tweet è cosa un po’ diversa: sono rivolti in prima persona a premier del Bahrein, al quale Najab chiede le dimissioni e rivolge accuse di corruzione.

"Data la mancanza di un sistema giudiziario indipendente e/o giusto, lontano dagli standard internazionali, ho deciso di boicottare il processo a mio carico. Il sistema giudiziario in Bahrein, oggi, è uno strumento usato contro chi difende i diritti umani e contro le persone che chiedono democrazia e giustizia", riporta il BCHR sul sito.

"Sono diventato un bersaglio perchè esercito il mio diritto a difendere i diritti umani, diritto riconosciuto dalla Costituzione".

Ad essere bersaglio del sistema in Bahrein non è solo Nabil Rajab, ma anche Abdulhadi al Khawaja. E con lui tutta la sua famiglia, in prima fila la figlia Zainab.

Si è concluso il 28 maggio scorso, dopo 110 giorni, lo sciopero della fame di al Khawaja. O meglio, lo ha dichiarato concluso lui stesso, anche se nei fatti era dall’aprile scorso che le autorità militari e sanitarie lo sottoponevano ad alimentazione forzata.

La prima apparizione pubblica di al Khawaja, fondatore e ex direttore del BCHR, dal suo arresto, più di un anno fa, risale al 22 maggio, data in cui finalmente è stato celebrato il processo davanti ad una corte civile.

Dopo essere stato condannato all’ergastolo da un tribunale militare, al Khawaja chiedeva a gran voce una revisione.

Alla sbarra, in sedia a rotelle, Abdulhadi al Khawaja si è dichiarato innocente per le accuse avanzategli (affiliazioni terroristiche e reati contro la corona), ha testimoniato le violenze e le ingiustizie subite nei mesi di detenzione e ha chiesto il suo rilascio immediato, la caduta di ogni accusa, l’annullamento della sentenza militare e garanzie per poter continuare il suo lavoro a difesa dei diritti umani in Bahrein.

"Il mio arresto è un crimine. Non c’è nessun motivo per prolungare la mia detenzione", ha detto in aula.

Abdulhadi al Khawaja è attualmente in carcere, in attesa di un nuovo dibattimento.

A 24 ore dalla fine dello sciopero della fame del padre, è uscita invece dal carcere Zainab al Khawaja, blogger e attivista per i diritti umani.

Arrestata durante le manifestazioni contro la Formula 1 in aprile, ha scontato una pena ad un mese di detenzione per assemblea illegale e resistenza a pubblico ufficiale.

La fedina penale di Zainab è però molto lunga, come la lista di pendenze: due tra le tante sono blocco del traffico (processo celebrato il 24 maggio, con riaggionamento al due novembre) e insulti verso un ufficiale di polizia (le è stata comminata una sanzione amministrativa di 200 dinari bahreiniti, che si è però rifiutata di pagare).

Fissata per questi giorni anche la seconda udienza a carico di Ali Hasan Alqudaihi. Fermato il 13 maggio per manifestazione illegale da agenti in borghese, ha scontato quasi un mese di carcere. Ali ha 11 anni, e con lui in galera in Bahrein ci sono finiti altri 60 minori dal febbraio 2011, almeno 3 dei quali condannati a pene che vanno fino ai 15 anni di carcere.

21 giugno 2012
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