Fwd: Le ali bipartisan dell’F-35



Questo è l'articolo completo del Manifesto.
C'è anche una critica a Flavio Lotti :)

Davide

-------- Messaggio originale --------
Oggetto: 	Le ali bipartisan dell’F-35
Rispedito-Data: 	Tue, 3 Apr 2012 18:17:26 +0200
Rispedito-Da: 	disarmo at peacelink.it
Data: 	Tue, 3 Apr 2012 18:21:39 +0200 (CEST)
Mittente: 	rossana123 at libero.it <rossana123 at libero.it>
Rispondi-a: 	disarmo at peacelink.it
A: 	disarmo at peacelink.it



Sul caccia F-35, in parlamento, «il ministro Di Paola ha dovuto fare
buon viso a cattivo gioco»: lo assicura Flavio Lotti, coordinatore della
Tavola della pace. Il ministro della difesa ha dovuto dunque piegare la
testa di fronte a una maggioranza parlamentare, che decide di ridurre il
numero dei caccia? Dagli atti parlamentari risulta esattamente l’opposto.
Di Paola è andato in parlamento ad annunciare la decisione, già presa
dal governo Monti, di «ricalibrare» l’acquisto degli F-35, da 131 a 90.
A questi si aggiungeranno 90 Eurofighter: in tal modo l’Italia disporrà
di 180 cacciabombardieri «molto più performanti». In altre parole, molto
più distruttivi dei Tornado usati un anno fa per bombardare la Libia.
Più che sufficienti ad assicurare la capacità di proiezione del «potere
aereo», uno dei cardini del concetto strategico pentagoniano enunciato
da Di Paola nel 2005.
L’Italia non solo si impegna ad acquistare 90 F-35 (numero aumentabile
in caso di «necessità»), ma partecipa al programma della Lockheed Martin
con l’impianto dell’Alenia a Cameri. Realizzato, precisa Di Paola, in un
aeroporto militare perché «gli americani e la Lockheed Martin hanno
preteso delle condizioni di sicurezza e di segretezza: o in una base
militare a certe condizioni o non si faceva». Qui saranno non solo
assemblati i caccia, ma realizzati «gli aggiornamenti, perché gli aerei
nel tempo hanno degli upgrade» (con continue spese aggiuntive). Ne
trarrà vantaggio l'industria militare, «elemento tecnologico importante
di questo Paese e che oggi più che mai punta sull'esportazione».
Il costo unitario dell’F-35 è ancora nelle nuvole. «Oggi si parla di
un'ottantina di milioni di dollari, ma ci si aspetta che la cifra sia
sempre più bassa», racconta il favolista Di Paola ai piccoli onorevoli.
E, per tranquillizzarli, aggiunge: «Se sapeste quanto è costato
l'Eurofighter, vi spaventereste; parliamo, per capirci, del doppio della
cifra».
Nessuno ha osato chiedergli a quanto ammonta la spaventosa cifra. E
neppure la Idv – che nella sua mozione (bocciata) chiedeva al governo di
valutare la possibilità di uscire dal programma F-35 – ha osato mettere
il dito sulla piaga: questo caccia di quinta generazione serve non alla
difesa dell’Italia, ma alla strategia offensiva Usa/Nato cui partecipa
l’Italia; serve a mantenere gli alleati sotto la leadership degli Stati
uniti, non solo sul piano militare. Il programma F-35 è uno dei volani
dell’economia statunitense: vi partecipano oltre 1.300 fornitori da 47
stati Usa, creando 130mila posti di lavoro che potrebbero raddoppiare.
Tutto questo viene ignorato dal parlamento italiano.
Il programma F-35, illustrato da Di Paola, è stato così approvato con un
sostanziale consenso bipartisan di PdL e Pd. Non c’è da stupirsi: per
far partecipare l’Italia al programma, si sono coerentemente impegnati,
dal 1998 ad oggi, i governi D’Alema, Berlusconi 1, Prodi, Berlusconi 2 e
Monti. E dopo che l’F-35 sarà stato usato dall’Italia in una azione di
guerra, ci sarà un Flavio Lotti che, alla Perugia-Assisi, riprenderà a
marciare a fianco del capo del governo. Come fece nel 1999 col
presidente del consiglio D’Alema che, dopo aver inviato gli aerei
italiani a bombardare la Jugoslavia, partecipò, su invito, alla marcia
per la pace.

Manlio Dinucci - Il Manifesto