Iran: Stretto di Ormuz, l’ultimatum di Obama all’Ayatollah Khamenei | Atlas



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Iran: Stretto di Ormuz, l’ultimatum di Obama all’Ayatollah Khamenei

    di  Redazione.  Scritto  il  14 gen 2012  alle  11:38.

La Marina degli Stati Uniti sta preparando una serie di operazioni per mantenere aperto lo Stretto di Ormuz. Il Governo di Washington ha direttamente avvertito il massimo leader iraniano, l’Ayatollah Sayyed Ali Khamenei, che non esiterà a ricorrere alla guerra per impedire la chiusura di questo tratto di mare attraverso cui transita il 40% del petrolio mondiale, riporta The New York Times.

L’amministrazione Obama, secondo il quotidiano, ha stabilito una via diretta di comunicazione con Khamenei per fargli sapere che “la chiusura dello Stretto di Ormuz significherebbe superare la linea rossa”, e gli Stati Uniti “non rimarrebbero certo con le braccia incrociate”. Il capo delle forze armate nordamericane, il generale Martin Dempsey, ha annunciato che innanzi ad una circostanza del genere, “si passerà subito all’azione”.

Il Pentagono, ritengono gli analisti, starebbe studiando diverse alternative per l’uso della forze navali nel mar Arabico, sicuro di riportare una schiacciante vittoria e di garantire la navigazione dello stretto. Al momento, riferisce Reuters, viaggiano verso queste acque due portaerei americane, ognuna con almeno 80 aerei ed elicotteri a bordo.

Le frizioni con l’Occidente crebbero esponenzialmente lo scorso novembre, quando l’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica (AIEA) pubblicò un dossier che include le indagini sul possibile sviluppo della bomba atomica in Iran. Teheran rigetta tali accuse, sostenendo che il suo programma nucleare ha come unico obiettivo la produzione di elettricità.

Dal 2006 l’Iran è stata colpito da quattro serie di sanzioni, prima dalle Nazioni Unite, poi dagli Stati Uniti e infine dall’Unione Europea, e sempre per il rifiuto di sospendere le attività nucleari sensibili. All’inizio di gennaio i Governi dei paesi membri dell’Unione Europea (UE) raggiunsero un accordo preliminare sul divieto di importazioni di greggio iraniano, senza però annunciare una data per la sua entrata in vigore. Il presidente USA, Barack Obama, firmò pochi giorni prima una legge che prevede ulteriori sanzioni per le istituzioni straniere che negoziano con la Banca Centrale della Repubblica Islamica d’Iran.

Le morti in attentati di alcuni scienziati iraniani -ultimo Mostafa Ahmadi-Roshan, ucciso mercoledì da due sicari nel centro di Teheran- hanno alimentato i sospetti iraniani contro Stati Uniti, Gran Bretagna e Israele, accusati di condurre una guerra segreta contro il programma nucleare iraniano. L’ayatollah Ali Khamenei, condannando l’uccisione di Ahmadi-Roshan, avrebbe attribuito l’attentato ai servizi segreti statunitensi (CIA) e israeliani (Mossad), informa IRNA.

Giovedì Obama parlò con il primo ministro israeliano, Benjamín Netanyahu, e ricordò pubblicamente l’impegno del Governo statunitense nella sicurezza di Israele. È degli ultimi giorni la notizia di uno scambio di piloti e tecnici tra i due eserciti per quella che potrebbe essere la più grande manovra militare congiunta tra i due paesi.

The New York Times ha citato il capo delle operazioni navali della Marina statunitense, l’ammiraglio Jonathan Greenert, che riconosce: “Il caso dello Stretto di Ormuz e gli episodi che si stanno susseguendo nel mar Arabico sono i temi che mi tolgono il sonno”.

Il generale Dempsey ha riconosciuto le capacità militari iraniane di bloccare lo stretto, specialmente con il dispiegamento delle forze navali dei Guardiani della Rivoluzione, il corpo d’élite dell’Esercito dell’Iran. Gli Stati Uniti, continua Dempsey, dispongono di “mezzi sufficienti per riaprirlo immediatamente, ma questo esigerà una complessa operazione militare in una zona con molte difficoltà”.

Ormuz è largo appena 55 chilometri nel suo punto più stretto, aspetto che complicherebbe le manovre di una grande flotta. Un’operazione del genere implicherebbe, assicurano gli esperti, l’uso di rapide forze di fuoco per affondare le navi iraniane e obbligherebbe a bombardare distinte posizioni -radar e artiglieria antiaerea- in territorio iraniano.

Chiaro dunque il messaggio che Washington ha fatto arrivare all’Ayatollah Khamenei: nonostante la complessità di questo scenario, gli Stati Uniti sono disposti ad assumersi tali rischi e che, in definitiva, le conseguenze potrebbero essere molto più gravi per l’Iran.

Non si conosce esattamente la via stabilita dagli Stati Uniti per consegnare il messaggio. Ufficialmente, il Governo svizzero funge da intermediario nelle comunicazioni ordinarie tra Washington e Teheran; i due paesi non hanno relazioni diplomatiche. Ma, assicura The New York Times, in questa occasione è stato scelto un altro percorso.