La sete di Ismaele. Siria, diario monastico islamo-cristiano



La sete di Ismaele.
Siria, diario monastico islamo-cristiano

Libro di Paolo Dall’Oglio
Prefazione di Paolo Rumiz
Recensione di Laura Tussi
Editore Gabrielli

http://www.ildialogo.org/cEv.php?f=http://www.ildialogo.
org/cultura/Recensioni_1324387810.htm

http://www.confronti.net/SERVIZI/la-sete-di-ismaele-siria-diario-
monastico-islamo-cristiano

http://serenoregis.org/2011/12/la-sete-di-ismaele-laura-tussi/

Come in un intenso sommario descrittivo, in un diario narrativo, 
Padre Paolo Dall'Oglio consegna nell'opera “La sete di Ismaele” le 
personali riflessioni sull'attualità e sull'esperienza direttamente 
vissuta dalla comunità del monastero di Mar Musa in Siria. “La sete di 
Ismaele”, il figlio primogenito di Abramo, concepito con Agar, la serva 
di Sara, è proprio la necessità degli esclusi della terra, di quanti 
gridano e piangono per essere riconosciuti. Padre Paolo Dall'Oglio ha 
fondato nel 1991 in Siria a Deir Mar Musa un monastero restaurato con 
la tenacia e la perseveranza di uomo giusto e di persona sorretta dalla 
propria vocazione. Nel monastero vive una comunità monastica autonoma, 
maschile e femminile, dedita all'accoglienza e al dialogo tra 
religioni: è una realtà attiva nell'ambito del panorama mediorientale, 
che cerca di dimostrare e praticare una possibilità di convivenza e 
interazione tra cristiani e musulmani. L'autore con l'opera “La sete di 
Ismaele” vuole proporre una soluzione pacifica e nonviolenta ai 
problemi posti dalle sommosse popolari scoppiate in Siria, indicando il 
percorso di una transizione politica verso un'architettura policentrica 
e istituzionale democratica, fondata sul consenso, sulla condivisione 
delle differenti sensibilità religiose e delle diverse componenti 
sociali che coesistono in Siria. Nonostante le reazioni del regime di 
Assad, Padre Dall'Oglio non ha ottemperato alle ordinanze di espulsione 
e ha continuato a risiedere in Siria, praticando il personale percorso 
di impegno sociale, nella pratica spirituale, a favore del dialogo 
interreligioso e della pace. Il libro racchiude, nel messaggio 
implicito, l'invito a riconoscere la diversità religiosa, accogliendo 
il grido degli esclusi, la “sete” degli ultimi, per aprire a orizzonti 
sconfinati di pace e speranza. La comunità monastica di Deir Mar Musa è 
formata da monache e da monaci che vivono vita comune nell'ospitalità 
offerta a tutti, formando un'ampia comunione esistenziale in chiesa, a 
tavola, nel lavoro. La relazione tra donna e uomo permette di 
apprendere e imparare la grammatica e la sintassi primigenie di ogni 
dialogo autentico in una propositiva e innovativa collaborazione e 
convivenza tra differenti generi e religioni, che costituisce 
l'annuncio consolante di una rinnovata umanità, costruita sull'umiltà, 
il realismo, la conoscenza di sè, l’ascesi affettiva, l'apertura 
all'obbedienza, nella direzione spirituale e non nella sottomissione 
sessista, come in una grande famiglia, dove proprio la castità 
consacrata consente di superare le barriere caratteriali, gli steccati 
familiari, favorendo invece l'apertura universale, la vocazione plurima 
al dialogo e ad ibridi aneliti di pace nelle interazioni tra diversità, 
nella speranza di poter riconciliare le identità tradizionali con la 
ribellione islamica alla globalizzazione capitalista proterva e 
spersonalizzante, ricordando che i giudei, cristiani e musulmani, figli 
di Abramo, cercano l'unione personale con il divino, approdando ad un 
grande unificante silenzio d'amore e di pace nella trasparenza, nella 
comunione, nella libertà di culto, di opinione e di espressione. La 
vita cultuale votata all'incontro, all'accoglienza e al dialogo tra 
diversità è sottesa tra ciò che costituisce il corpo della pratica 
cristiana e musulmana e la particolarità delle inculturazioni che 
riattualizzano il significato e il portato valoriale dell’ universale 
evangelico e del messaggio coranico. Tra il suono di antiche litanie 
che provengono da un arcipelago di grotte eremitiche, nel monastero si 
avverte la bellezza della preghiera cristiana formulata in lingua 
araba, dove poter cercare l'illuminazione spirituale, nelle periferie, 
negli avamposti, nelle trincee di mondi considerati a rischio e nel 
profondo di regioni lontane e nazioni marchiate come guerrafondaie e 
bellicose dalla geopolitica banalizzante dell'Occidente: così, 
allontanandosi dal baricentro, dal punto di riferimento del culto 
Romano, si avverte la presenza di un messaggio cristiano limpido e 
cristallino, sempre più vicino alla fonte originaria dell'Oriente e 
sempre meno disturbato da tentazioni di egemonia e di potere, oltre i 
conflitti tra civiltà, per aprirsi ad osmosi dialogiche e visioni 
maieutiche cultuali, in prospettive plurali di pace, oltre i 
bizantinismi fideistici occidentali. Quali cenobiti più conviviali 
degli antichi anacoreti delle valli siriane, in sentieri che si 
inerpicano a collegare le grotte e le celle degli eremiti e dei monaci, 
i fratelli e le sorelle del monastero si incontrano e si separano come 
in una metafora di un sentimento umano verso le ascesi più coraggiose 
dell'amore divino e del prossimo in prospettive messianiche di pace.
Laura Tussi



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