riprendiamoci il diritto al referendum



Il "teatrino della politica" non parla, come giustamente osservano tanti attivisti di base dei movimenti, dei problemi esistenziali dei cittadini, ad esempio di quello per me decisivo oggi del diritto al reddito garantito (attuato in gran parte della UE), ma oggi viviamo realmente un momento critico, serio, di passaggio della politica istituzionale.
La crisi di regime cui assistiamo è reale, dipende in gran parte dalla crisi economica (il punto lo avevo analizzato in altre mie precedenti mail), e può avere come sbocco un ulteriore giro di vite anti-democratico, oppure una fase ancora confusa, sostanzialmente anti-popolare, ma che purtuttavia ci garantisce maggiori spazi di agibilità politica.
Stiamo quindi parlando della possibilità di riprenderci il diritto di voto sottrattoci, e personalmente mi sto dando da fare, per quello che posso, perchè dal basso si chieda ed ottenga, considerata la propensioni favorevole di partiti e spezzoni di partiti, il ripristino di una proporzionale autentica con le preferenze ed una legge per un maggiore pluralismo televisivo.

Per sistema proporzionale, l'unico in linea con lo spirito e le lettera egualitari della nostra Costituzione, si intende ovviamente quello in cui vale il principio una testa, un voto, tutti i voti singoli devono avere lo stesso peso in modo che le opinioni collettive siano tutte rappresentate. Nulla a che vedere, appunto, con la "porcata" di Calderoli, che, ritagliata sulle coalizioni, assegna premio di maggioranza ed elezione di più parlamentari contemporaneamente in collegi estesi, senza la possibilità di indicare le preferenze di voto. Un sistema blindato, in cui i candidati vengono scelti dai partiti, dalle segreterie, dai vertici, e che ai cittadini riserva il solo "prendere o lasciare". Un sistema di voto che già di per sé destituisce il Parlamento che ne esce eletto dalla sua funzione di specchio della volontà degli elettori, che si limitano a dire sì ad un leader di partito e ad un programma. Un sistema che stravolge l’attuale democrazia parlamentare, trascinandola verso una imitazione storpiata di democrazia presidenziale.

Il problema non è di poco conto perchè i diritti si conquistano, difendono ed ampliano mediante la lotta organizzata, e la lotta deve INEVITABILMENTE contare anche su meccanismi istituzionalizzati per le libertà di manifestazione del pensiero e di organizzazione.
C'è una bella differenza dall'avere il diritto di sciopero riconosciuto oppure no, questo dovrebbe risultare comprensibile senza tante spiegazioni ulteriori ...
C'è anche differenza tra un Parlamento anche parzialmente permeabile dalle sollecitazioni dal basso e un'aula "sorda e grigia" di nominati dalle oligarchie partitiche che hanno ingabbiato la rappresentanza in uno schema di scontro tra due fazioni del "pensiero unico" oggi dominante.

Introduco ora una esemplificazione per sviluppare il ragionamento: prendiamo il movimento per l'acqua pubblica ed il suo referendum, che tante energie ha mobilitato e speranze suscitato.
A me sembra evidente che, nelle attuali condizioni di "demokratura", il quorum se lo potrà proprio sognare e ritengo sia bene che gli attivisti non nutrano eccessive illusioni in proposito.

A meno che...

Se milioni di italiani dovessero invece andare a votare, smentendo il "pessimismo della ragione", questo, secondo me, vorrebbe dire una cosa molto precisa: essi, ne sono convinto, non lo farebbero sul tema specifico, ma perchè consapevoli politicamente della necessità politica generale di un "cambio di regime".
Per spiegarmi meglio, se si superasse il quorum, con l'attuale handicap informativo, ciò avverrebbe non solo perchè la gente vuole sì l'acqua pubblica, ma soprattutto perchè l'acqua diventerebbe il prestesto per una protesta generalizzata contro le oligarchie al potere ed il regime che vuole fare pagare ai cittadini i "costi della crisi".
Se la situazione della coscienza collettiva però è quella, diciamo deficitaria, che, con desolazione e sconcerto, constatiamo in giro (e di questa coscienza limitata fa parte anche l'economicismo e la settorializzazione dei problemi), questa auspicabile "rivolta democratica" non scoppierà affatto e quindi, molto prevedibilmente, come è logico, al momento del voto referendario non avremo una partecipazione sufficiente sul singolo punto proposto.
La stessa cosa si verificherebbe su un referendum come quello antinucleare, o contro la legge bavaglio ... e così via, per qualsiasi obiettivo singolo oggi ponessimo nell'odierno contesto mediatico, politico e giuridico.
Morale della favola: dobbiamo riprenderci quel diritto al referendum, rientrante nella categoria "diritti politici", che anch'esso di fatto è stato vanificato dalla "casta" che si nasconde dietro il bipolarismo-truffa. E darci da fare in questo senso anche con manifestazioni ad hoc, in questi giorni, in cui la crisi della politica istituzionale apre possibilità di intervento dal basso che possono pesare.
Sarebbe un fatto di importanza vitale, perchè anche da da tutti i diritti politici - dal referendum, dal voto, dalla possibilità di manifestare e scioperare legalmente, eccetera - dipende il pane che mangiamo e l'acqua che beviamo.
Il movimento operaio a suo tempo se ne era accorto, si è mosso di conseguenza ed oggi non credo che dobbiamo riscoprire l'acqua calda! A me pare palese, a voi no?

Alfonso Navarra - obiettore alle spese militari e nucleari