Il puzzle della potenza atomica latente



Il puzzle della potenza atomica latente

Sempre più tessere si 
aggiungono al puzzle. 
Secondo il libro "L'atomica europea" - di Paolo 
Cacace - prefazione Sergio Romano - il primo nucleare civile  italiano 
(quello di Trino e Caorso, eccetera, per intenderci) è un sottoprodotto 
del progetto comune franco- tedesco-italiano, cominciato sotto l'egida 
Euratom, di una "Bomba europea" (abbandonato poi per la decisione di 
De  Gaulle di fare tutto da solo).
Mariella Cao segnala questo libro di 
Marco Mostallino de "L'Italia radioattiva" per i temtativi degli anni 
'70 con  la Sardegna possibile sito per test sotterranei.
"L'Ora di 
Austerlitz". di Lelio Lagorio, ex ministro della difesa, ci racconta 
dei primi anni '80, da cui avrebbe  dovuto derivare il famoso PEN 
bloccato dal referendum del 1987.
Oggi, secondo Giorgio Nebbia, nei 
nostri vari depositi (Casaccia, Saluggia, Trisaia, Sito Pluto) abbiamo 
stoccato  200.000 kg  di uranio altamente arricchito e 1.500 kg di 
Plutonio: abbiamo pure, secondo il premio Nobel Rubbia,  rischiato una 
specie di Chernobyl a Saluggia (e qualcosa di analogo è successo a 
Casaccia).
Mi fermo qui con la solita domanda: l'Italia è una potenza 
nucleare latente?
Esistono anche motivi "endogeni" di tipo militare 
alla spinta al rilancio del nucleare in salsa tricolore?

----Messaggio 
originale----
Da: caomar at tiscali.it
Data: 10-mag-2010 9.11 PM


--
>L'Italia non si limitò a pensare all'atomica, si attivò per 
realizzarla e negli anni 1973-76 effettuò tre test  nel poligono Salto 
di Quirra (Sardegna) camuffati da studio sui propellenti denominato 
"Programma tecnologico  diretto allo sviluppo di un carburante solido 
ad alto potenziale per razzi per applicazioni civili (immancabile  
zuccherino!) e militari".  Si puntava alla sperimentazione del vettore, 
dotare il missile Alfa della capacità di  trasporto e sganciamento di 
testate atomiche. La costruzione della bomba non era un problema, le 
centrali nucleari  civili allora erano in piena funzione e garantivano 
l'approvvigionamento di plutonio e le professionalità. Il  primo lancio 
dell'Alfa, a testata inerte, avvenne nel 1973 o 1975 (su questo punto 
le fonti divergono), l'ultimo  (noto!) nel 1976, gli Usa vennero a 
conoscenza del progetto e imposero lo stop. L'abituale arroganza a 
stelle e  strisce, per una volta, è stata la fortuna della Sardegna 
considerata dall'Italia come la sua Mururoa, l'isola  Bikini 
mediterranea.
Il comitato sardo Gettiamo le Basi si è imbattuto nel 
2003 nell'informazione "top secret" spulciando i siti  ufficiali delle 
ditte private che operano nel poligono, le vere eminenze grigie.
Quasi 
nello stesso periodo, seguendo strade diverse, trovando fonti diverse, 
anche il bravo giornalista Marco  Mostallino ha scoperto la stessa 
notizia, l'ha pubblicata e ripresa successivamente nel libro "L'Italia  
radioattiva" (2004).
Mariella Cao.

alfonsonavarra at virgilio.it ha 
scritto: 
----Messaggio originale----
Da: ass.chicomendes at tiscali.it
Data: 7-mag-2010 3.01 PM
A: <fermiamo-il-fuoco-atomico@googlegroups.
com>
Ogg: R: [no fuoco atomico] Un ombrello nucleare italo-francese per 
la comunità mediterranea

Sullo stesso argomento, la recensione del 
libro fatta da "Panorama":

Atomica italiana 
«Panorama» , 22/11/2005


CORREVA L’ANNO 1980 - LO RIVELA L’EX MINISTRO DELLA DIFESA

Quando l’
Italia pensò all’atomica

22/11/2005
La rivelazione choc nel recente 
libro di Lelio Lagorio: "Il fatto che 
gli euromissili avessero dato al 
Paese un superiore rango 
internazionale suggerì a qualche ambiente 
militare l’idea della Bomba 
italiana: costava poco e il nostro 
apparato scientifico-tecnico-
industriale era in grado di produrla. L’
Italia assieme alla Francia 
poteva far nascere una ’Piccola Nato’ nel 
Mediterraneo".

Nel 1980, per alcuni mesi, quando serpeggiarono notizie 
di difficoltà 
nelle forze armate, l’Italia ipotizzò di costruire l’
atomica. La 
rivelazione è dell’ex ministro della difesa, Lelio 
Lagorio, che ne 
parla nel suo recentissimo volume L’ora di Austerlitz. 
1980: la svolta 
che mutò l’Italia che reca la prefazione di Enzo 
Bettiza ed è edito da 
Polistampa.

Lagorio ricorda che il 1980 fu 
decisivo rispetto al tema del 
dispiegamento degli euromissili. "Quanto 
alla bomba italiana - scrive l’
ex ministro - il fatto che gli 
euromissili avessero dato al Paese un 
superiore rango internazionale 
suggerì a qualche ambiente militare l’
idea che una Bomba italiana 
avesse stabilmente assicurato tale rango. 
La Bomba costava poco e il 
nostro apparato scientifico-tecnico-
industriale era in grado di 
produrla.
Con me ne parlò espressamente il capo di stato maggiore 
ammiraglio 
Torrisi (luglio 1980). Più tardi l’idea venne risollevata 
dal mio 
sottosegretario alla difesa Ciccardini in sintonia con l’
esperto 
Stefano Silvestri (autunno 1982). Era vero che l’Italia aveva 
ratificato il trattato di non proliferazione nucleare, ma da poco e 
dopo molte incertezze e resistenze. Un ripensamento era sempre 
possibile.
Tanto più se lo si fosse sostenuto con una autonoma 
iniziativa nel 
Mediterraneo. In quest’area l’Italia assieme alla 
Francia poteva far 
nascere una ’Piccola Nato’ con i Paesi rivieraschi 
per dare a ciascuno 
un maggior senso di sicurezza.
Un force de frappe 
nucleare italo-francese avrebbe garantito alla 
coalizione mediterranea 
un margine superiore di influenza e 
credibilità, senza contare che l’
avvento di un nuovo robusto 
protagonista sullo scacchiere euro-
africano avrebbe assunto un rilievo 
inusitato nella politica 
internazionale".

Sin qui Lagorio.
Falco Accame, all’epoca impegnato 
nel Psi nel settore militare - fu 
anche presidente della Commissione 
difesa - ricorda che a suo tempo ci 
furono "sussurri e bisbiglii circa 
il segretissimo progetto di 
costruire un’arma nucleare. Il progetto 
era legato alle tecnologie che 
in Italia era state sviluppate in 
alcuni centri di ricerca nucleare e 
soprattutto che erano state messe 
a punto presso il Camen, il centro di 
applicazioni militare per l’
energia nucleare di San Piero a Grado, 
presso Pisa (oggi Cisam).
Il 
Camen avrebbe dovuto provvedere alla realizzazione dei reattori 
nucleari per il sommergibile Marconi e per la nave mercantile Fermi.
Nel libro di Lagorio non figurano, spiega ancora Accame, alcune 
premesse a questo progetto ed anche all’altro di realizzazione della 
force de frappe. Il primo novembre 1968 la Francia ci aveva fornito l’
uranio arricchito per il reattore della Casaccia, reattore che iniziò 
a 
funzionare nel ’70.

Nel giugno ’71 l’ambasciatore Quaroni, lo era 
stato anche in Francia, 
in un articolo su La revue de duex mondes 
aveva parlato di possibili 
accordi tra Italia e Francia per un 
programma nucleare. Gli Usa non 
vollero fornirci l’uranio necessario 
per i progetti per la 
realizzazione del sommergibile e della nave 
nucleare.
Sui programmi del Camen riferì in una intervista su un 
importante 
settimane italiano l’allora direttore, ammiraglio Avogadro 
di Valdengo. 
Con la Francia il discorso si riaprì in seguito sul 
nucleare tattico, 
ma si pose un grave problema nello stabilire in 
quali poligoni si 
sarebbe potuta effettuare la sperimentazione".

"Non 
mi sembra che gli anni in cui i vertici di molti importanti 
organismi 
dello Stato erano occupati dalla P2 si possano definire gli 
anni di 
Austerlitz sui quali grazie ad una legislazione incredibile, 
quella 
sulla trasparenza amministrativa, si è estesa per l’ambito 
militare e 
dei servizi segreti una "copertura di secretazione di 50 
anni". 
Pubblicazioni correlate: 

Lelio Lagorio.
L’ora di Austerlitz. 1980: la 
svolta che mutò l’Italia. Quando il 
nostro Paese salì alla ribalta 
internazionale e le Forze Armate 
ridestarono l’orgoglio nazionale.
© 
Polistampa 2005,
cm 17x24, pp. 412, ill. col. e b/n, br., € 18,00 


----Messaggio originale----
Da: alfonsonavarra at virgilio.it
Data: 
07/05/2010 16.28
A: <fermiamo-il-fuoco-atomico at googlegroups.com>, 
<semprecontrolaguerra at googlegroups.com>, <energia at rossovivo.net>
Cc: 
<mir-riconciliazione at yahoogroups.com>, <forum at miritalia.org>, 
<azione at unfuturosenzatomiche.org>
Ogg: [no fuoco atomico] Un ombrello 
nucleare italo-francese per la 
comunità mediterranea


Lelio Lagorio, 
ex ministro socialista della Difesa, lancia il sasso 
dell'"atomica 
italiana" nel suo libro "L'ora di Austerlitz"  ma, di 
fronte ad una 
richiesta di spiegazioni di Gigi Malabarba, senatore di 
rifondazione, 
nasconde la mano....
Correva l’anno 80 quando l’Italia pensò alla 
atomica. Si progettò 
allora di costruire l’atomica a Pisa. Era un’idea 
accarezzata per 15 
anni. Lagorio dice: “Era un buon progetto, ma 
lasciammo perdere”.


Lelio Lagorio, L'ora di Austerlitz - 1980: la 
svolta che mutò 
l'Italia. Quando il nostro paese salì alla ribalta 
internazionale e le 
forze armate ridestarono l'orgoglio nazionale. 
Prefazione di Enzo 
Bettiza. "Il rapporto Lagorio". Edizioni 
Polistampa, Firenze, 2005, pp. 
416 con 38 documenti e 104 
illustrazioni.



INTERROGAZIONE PARLAMENTARE
Senato. Atto n° 4-09803, 
pubblicato il 6 dicembre 2005.
Il senatore Luigi Malabarba (gruppo 
parlamentare Misto-Rifondazione 
Comunista), con riferimento al libro 
“L’ora di Austerlitz” (pag.143), 
là dove si riferisce che agli inizi 
degli Anni Ottanta fu progettata la 
costruzione di una bomba nucleare 
italiana, interroga il Presidente del 
Consiglio dei Ministri per 
sapere se il programma nucleare era coperto 
da segreto e cosa risulti 
in proposito all’Ufficio Centrale di 
Sicurezza e quale durata fosse 
stata attribuita alla segretezza, se 
tale segretezza sia ancora in 
vigore, se la documentazione relativa al 
programma nucleare sia 
disponibile, se il CAMEN di Pisa fosse stato 
istituito per costruire 
la bomba atomica, se siano ancora in corso 
studi per il nucleare 
italiano, se fossero state previste 
sperimentazioni di queste armi in 
poligoni italiani.

1980 : UN’ARMA NUCLEARE ITALIANA?
LETTERA DI 
LAGORIO AL SEN. MALABARBA
Firenze, 19 dicembre 2005. Caro Senatore, ho 
letto la sua 
interrogazione 4-09803 del 6 dicembre. Il cenno che nel 
libro “L’ora di 
Austerlitz” ho fatto all’arma nucleare italiana non è 
una novità. Ne 
avevo già scritto nel 1988 (“L’ultima sfida. Gli 
euromissili”). Non era 
un programma, ma solo un’idea che discussi col 
Capo di S.M. della 
Difesa, ammiraglio Torrisi, come tema di 
riflessione. Ritenevo e 
ritengo compito della Difesa mettere allo 
studio tutti i piani che si 
possono immaginare utili alla sicurezza e 
considero corretto che gli 
Stati Maggiori nei loro archivi tengano 
tutte le carte pronte. Ma nel 
caso dell’arma atomica – che non è un 
piano qualunque – ho sempre 
pensato e ritengo tuttora che qualsiasi 
progetto ha bisogno dell’input 
specifico del potere politico. Il 
ministero della Difesa durante la mia 
gestione non mise mai la 
questione al proprio ordine del giorno ed 
escludo che le autorità 
militari abbiano proceduto di loro iniziativa. 
L’idea dunque non venne 
coltivata e quindi né gli Stati Maggiori né il 
CAMEN né altri 
organismi di ricerca vennero investiti del problema. La 
questione, ad 
ogni modo, era stata vista fin dalle primissime 
riflessioni in un 
quadro di iniziative che dovevano garantire maggiore 
sicurezza e calma 
nell’area mediterranea allora molto calda. Si era 
infatti pensato di 
promuovere una conferenza di paesi rivieraschi del 
Mediterraneo per 
gettare le basi di un patto di collaborazione e 
reciproca sicurezza 
capace di allentare tensione e rischi. Sarebbe 
stata una iniziativa 
indipendente e “nuova” rispetto al conflitto Est-
Ovest e l’arma 
nucleare italiana (o italo-francese), alla fine di un 
lungo percorso, 
avrebbe potuto offrire una particolare forza alla 
alleanza 
mediterranea quando questa avesse preso consistenza come una 
nuova 
realtà geopolitica di tutto rispetto. Naturalmente non poteva 
essere 
il solo ministero della Difesa a coltivare l’iniziativa ma tutto 
il 
governo con le procedure previste dalle nostre leggi. Non ce ne fu 
bisogno perché noi stessi della Difesa lasciammo cadere l’idea.
Lelio 
Lagorio.

Questa lettera è stata comunicata al Quirinale, alla 
Presidenza del 
Senato, alla Presidenza del Consiglio e al Ministero 
della Difesa.