BO: dal degrado allo sbando



BO: dal degrado allo sbando

Il Commissario Anna Maria Cancellieri ha dichiarato che intende “andare oltre il rituale consueto”.
Al di là della buona fede e del rispetto verso il lavoro altrui - ancorpiù nei riguardi di chi spende energie verso fatti come la strage fascista del 2 agosto 1980, la tragedia di Ustica e il banditismo della Uno Bianca -, l’ultima arrivata (mandata qui da Roberto Maroni a sbrigare l’ordinaria amministrazione) ha detto in tale questione la sua.
 
Mauro Zani e Roberto Grandi - rimanendo negli schemi della realtà politica di loro provenienza – fanno da supporto e con un  passo in avanti accennano nel concreto a come depotenziare le celebrazioni del 2 agosto; per intenderci, trattasi di quelle che in tutta Italia danno maggiormente fastidio al potere costituito. L’obiettivo sembra sia di far degradare la rappresentazione di ogni singolo evento verso un mero vittimismo bipartisan che abbracci indistintamente tutti i misfatti. 

In generale, nell’università più antica d’Europa un quarto di secolo con rettori come Fabio Roversi Monaco e Pier Ugo Calzolari non è bastato a far credere a chiunque che il degrado è da attribuire agli studenti seduti sparapanzati in piazza Verdi piuttosto che a partire da loro due stessi. O anche che lo stesso degrado della città andrebbe accoppiato a precarietà piuttosto che a sindaci e assessori.

Da inizio novembre c’è un nuovo Magnifico Rettore, Ivano Dionigi, seppur sotto tutoraggio (a tal proposito è sufficiente leggere del ruolo di Comunione e Liberazione, per il tramite di Dario Braga, sia nella recente elezione dell’Alma Mater Studiorum che nella squadra poi nominata dallo stesso Rettore), non potrà non far meglio.

Se all’epoca di Socrate gli ateniesi che si occupavano della sfera pubblica erano quelli con le “carte in regola nel privato”, oggi sembra che la cosa sia ribaltata o che comunque nessuno parla del privato se è scomodoso. Così, chissà quanti cittadini hanno votato l’ex sindaco Flavio Delbono senza sapere quale fosse il suo “stile” nel prendere e lasciare le donne (il classico usa e getta). Questo è emblematico della realtà d’oggi, sottaciuto perfino in una città come Bologna, una sede storica del femminismo italiano dove ancora operano associazioni con gran merito.
Lo stile di Socrate era invece quello di fermarsi a parlare in particolare con chi non si conosceva per capire quali ragionamenti facesse e apprendere dagli estranei: argomentare, dialogare, essere dubbiosi, criticare. Scrive Umberto Galimberti: “E quanti non hanno una sufficiente conoscenza dei fatti, o abbastanza dimestichezza con le questioni di cui si discute, diventano sensibili ai fattori emozionali che il potere carismatico sfrutta, quando addirittura non alimenta con l’incuria, ad esempio, per i percorsi formativi, di cui la scuola e non la televisione dovrebbe essere il luogo e l’ambiente”. E ancora: “la cultura oggi ha ridotto il suo spazio al cinema, ai concerti e alle mostre. La televisione, che molti definiscono la ‘maggiore industria culturale’(?), s’è fatta in gran parte gioco e divertimento. E in questa opacità culturale, dove più nessuno discute di idee, il nostro paese si addormenta tra ovvietà e luoghi comuni, stendendo sulle menti lo stesso manto dell’assopimento del pensiero, mascherato dalla frenesia del fare. Un fare finalizzato, dove è difficile reperire un senso, una sollecitazione per un’idea, un entusiasmo per una passione che prenda quota dal ventre in su”.
Qui da noi abbiamo avuto la serata della bolognesità e quella di raiperunanotte. Si è riusciti a farlo; e piuttosto che niente è meglio piutost. Ma forse anche questo – gettato lì così - finisce per far parte di quella che Galimberti chiama “la cultura dello stordimento, quella della televisione e degli stadi per intenderci”.

E, d’altra parte, chi prenderà per mano gli economisti, a partire da Mario Draghi, per fargli fare una visita guidata dei loro propri insuccessi?
Chi ricorderà a Obama che le basi Usa nel mondo emanano fetore?
Chi si occuperà di fare educazione di base ai comunicatori sociali e agli esperti pubblicitari?
Chi vivrà di cultura come strumento di conoscenza e non di produzione?
Cosa sostituirà il fallimento del modello angloamericano?
 
Mancano luoghi dove argomentare e consessi performativi, dove poter dire in faccia al Rettore che è uno schifo tenere a disposizione di alcune decine di migliaia di studenti una sola sala studio nei giorni festivi peraltro con poche decine di posti, di cui alcuni con tavolini e sedie sgarrupate, tutte da accaparrare. Oppure incontri pubblici dove ricordare allo stesso Dionigi lo scandalo che la mensa universitaria è in concessione alla ditta che fa uguali affari fornendo servizi al CPT (per la serie: dalla cultura della conoscenza a quella dei lager). 

E’ gioco facile. Il tempo di ognuno viene colmato, lo spazio saturato e degli orizzonti non rimane traccia. La discussione è stata sostituita dall’accettazione passiva dello stato delle cose. Scopi che hanno motivo d’essere nell’adesione con la maggioranza e/o con il leader. Si crea un presente docile e afono, e un futuro che non genera ideali. 
    
Il quartetto Delbono-Sita / Dionigi-Braga stava lavorando per far migrare il grosso degli studenti da piazza Verdi – via Petroni – ecc. al fine di disperderli verso le periferie. Gli urbanisti parlano di progetti di “gentrificazione”, cioè si fanno allontanare i ceti residenti (e deboli) che vivono una zona, la quale viene poi in tempi brevi “riqualificata e messa a valore” a uso e consumo dei poteri forti.  
Trasferimento fisico di famiglie e studenti a basso reddito, di piccole attività di artisti di quartiere insieme allo strumento degli sfratti e attraverso il mercato, con le buone e con le cattive. Rimarranno spazi pubblici imponenti, monumentali ad accessi limitati e sorvegliati. Così l’uso padronale di piazze e vie trova il suo culmine con il perenne divieto di manifestare nella fine della settimana. Alla pena dello  svuotamento fa seguito la creazione di una zona mega commerciale a cielo aperto: entra in centro soltanto chi e solo fino a quando ce lo si lo può permettere. 
Cosa non viene fatto con uno strumento formidabile come la tv o nelle nostre piazze! Tutto per liquidare i residui di capacità critiche e di giudizio. Evitare in tutti i modi di far ricordare agli adulti e far capire alle nuove generazioni come vanno e sono andate le cose arrivando pian piano a impadronirsi di strumenti che rivelino la storia, quella propria. A Bologna come dove si riesce.
 
Il degrado materiale e culturale, mostrato con evidenza a chiunque voglia vedere, ha prodotto l’essiccamento della radice societaria e dello stare bene in città. Il potere sviluppista, nel momento della sua massima crisi, esprime un capitalismo assoluto che declina alla luce del sole lo sfruttamento di chi abbisogna del mangiare, in contemporanea che si tratti di universitari o di migranti senza un foglio di carta.

Lo sbando, o meglio lo sbarellamento dell’amministrazione comunale comporterà una gran fatica nel processo di gentrificazione mentre invece una delle tre o quattro cose che la Commissaria porterà a termine sarà un modo nuovo di celebrare il 2 agosto; insieme alle iniziative sociali criticate, isolate e represse, per chi rimarrà a vivere Bologna questo sarà quanto, nella semplice speranza che non sia il colpo di grazia alla resistenza di ciascuno.  

27/3/10 – Leopoldo BRUNO