Re: [pace] Obama e la guerra globale (sempre contro il terrorismo, si intende)




    Secondo me, equiparare Prodi e Berlusconi, Bush e Obama, è martellarsi le dita delle mani e dei piedi, ecc. , è volersi male, e voler male anche alle vittime.
    La politica è una piccola cosa, stretta nella realtà spesso brutta. Condiziona molto, ma soprattutto dipende dall'animo della società. Spec. nelle "democrazie" vuole il consenso. Sembra primaria, ma è secondaria.
    Il potere militar-materiale degli stati "ottunde l'intelligenza" (Kant), è pericoloso anzitutto a chi ce l'ha, che diventa pericoloso per gli altri. Noi "cittadini" (= "politici") facciamo (cioè tentiamo, ci arrabattiamo di fare) la vera politica (vita della "polis" umana), col "potere di", col "potere per", e non il "potere su". 
    Di quella politica là, dei governi, possiamo già essere contenti se, insieme a un passo indietro, ne fanno uno e mezzo in avanti, sui tempi lunghi. E se hanno qualche idea più giusta di ciò che fanno.
    Più dei singoli passi, conta la direzione, cioè i valori in vista, l'orizzonte. Questo spetta a noi tenerlo sempre chiaro, ed esigere l'orientamento. Dobbiamo discutere gli atti dei potenti, giudicarli, ma sapere che tutto è solo sempre gradualità, sempre con contraddizioni. Si arranca sulla terra e non si vola.
    A noi, movimenti, cultura e anima della società, tocca la responsabilità di "dire la verità al potere" (Gandhi), e di correggerlo in continuazione, senza rifugiarci nell'autosoddisfazione paralitica di non vederne le pur piccole differenze e variazioni. I risultati si preparano e non si vedono. I ritmi della giustizia e della pace sono secolari. Una regola dell'azione giusta è la costanza, anche a mani vuote.
    So bene che in altri momenti dico cose diverse, complementari a queste. Camminare è squilibrarsi, ora buttare avanti il piede destro, ora il sinistro.
    Buoni anni e buoni secoli! Ciao, Enrico
30 dicembre 2009
 
 
 
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Sent: Wednesday, December 30, 2009 12:35 AM
Subject: Re: [pace] Obama e la guerra globale (sempre contro il terrorismo, si intende)

Due premesse:
1. Io non volevo giudicare in alcun modo Obama per tutta la sua politica, il mio intervento si riferiva alla sua politica estera, non a quella interna (su cui comunque occorrerebbe dire molto, per es. sulla riforma della sanità con l'esclusione dell'intervento pubblico: Obama aveva fatto la sua propaganda proprio sull'intervento pubblico, se mi ricordo bene!).
L'altro giorno il tg della notte ha presentato queste frasi di Obama come un atto di continuità con la linea di Bush. Io non dico che Obama abbia promesso un cambiamento radicale e una pace perenne, ma mi sembra anche
sbagliato pensare che Obama abbia promesso solo guerre ovunque, ha detto chiaro che l'approccio americano sarebbe cambiato in senso più diplomatico e meno unilaterale (vedi Iran) e ha promesso di affrontare la questione Occidente -Islam in un discorso molto enfatizzato dai media (in Egitto), in cui si parlava anche della questione israelo-palestinese.
 
2. La premessa da cui sono partito nello scrivere la mia frase di commento all'articolo è che, per il mio sentire, molte persone pacifiste o comunque di sinistra hanno come un occhio di riguardo per Obama, cioè due pesi due misure per giudicare dichiarazioni ed atti suoi e di Bush: le stesse cose dette o fatte da Bush sarebbero condannate, da Obama no o ben poco, se non addirittura imputate ai suoi avversari, che lo condizionerebbero solo nell'agire in negativo - come dire: a Obama spettano solo le belle azioni o intenzioni, quelle negative sono altri che lo inducono a farle.
Era insomma una provocazione.
 
Detto questo, se poi vogliamo ragionare su cosa può attendersi o su cosa può fare il mondo pacifista per cercare la pace, questo è un discorso molto interessante, perchè mette in gioco il Che fare, e secondo me ne avremmo bisogno di parlare.
Lorenzo
 
 
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Sent: Tuesday, December 29, 2009 11:35 PM
Subject: R: [pace] Obama e la guerra globale (sempre contro il terrorismo, si intende)

Scusate, ma faccio fatica a seguire gli interventi di "denuncia" del Presidente Obama. Beninteso, non condivido nulla delle sue scelte recenti di politica estera, ma vorrei capire meglio da quali premesse essa viene analizzata. Mi spiego.
 
Se il perseguimento della pace dovesse (o avesse dovuto) contare prevalentemente sull'azione del Presidente degli USA Obama, le reazioni di denuncia, sdegno, critica eccetera per la sua politica in Afghanistan sarebbero più che giustificate.
Non mi pare, però, che le premesse e la storia del pacifismo siano quelle -semplicemente- di implorare politiche di pace dai governi in carica. Mi pare che ci sia sempre stato dell'altro e di più, in termini di autoorganizzazione, di critica della democrazia come puro formalismo, di critica del riarmo (sue conseguenze sociali, politiche, perfino ideologiche...). Il movimento contro la guerra, cioè, almeno nelle sue espressioni meno eterodirette (segreterie nazionali di partiti o sindacati, o miniburocrazie fantoccio al servizio di quelli, tipo Tavola dela Pace), è sempre stato l'espressione di settori della società civile che nel loro sincero sforzo di autodeterminazione hanno cercato di connettersi, e rendere il desiderio di pace e di opposizione alla guerra una POLITICA, capace di agire nel qui ed ora, e non un'opzione confinata nel solo mondo morale dei desideri.
Nel mio piccolo è stato con questo spirito che ho speso anni ed energie nei movimenti contro la guerra degli anni Ottanta (Còmiso) e di questo inizio secolo (Iraq).
 
Per chi ha fatto attivismo in questo spirito, "scoprire", quindi, che un presidente in carica alla Casa Bianca non è un pacifista, mi sembra la scopertta dell'acqua calda.
Detto questo, visto che la carica di cui parliamo ha un discreto potere nella politica mondiale attuale, e dispone anche di un discreto "credito" di opinione pubblica, non è inutile discutere del giudizio da dare su questa presidenza, neppure per poche piccole ridicole formichine di una provincia lontana e soggetta (la più soggetta dell'intera UE, e non da ieri) quali noi siamo.
Da questo punto vista, due cose solo, su un argomento che potremmo sviscerare per ore e ore, volendo.
1- la politica estera e la politica interna sono cose diverse
2- un politico può essere giudicato da tanti punti di vista -e quello morale è sempre legittimo, e anche significativo a mio avviso- ma lo deve anche da quello della coerenza fra impegni pubblici e realizzazioni.
 
Sul punto 1. Obama ha una politica non molto diversa da quella del suo predecessore in Afghanistan (il chè non vuol dire identica), ma è agli antipodi -quanto può esserlo un presidente- per quella sociale: a noi può sembrare secondario, ma state pur certi che non lo è affatto per la maggior parte dei suoi concittadini, e per milioni e milioni di suoi elettori.
 
Sul punto 2. Obama NON HA MAI promesso un'inversione di rotta radicale in tema di politica estera. Ha promesso il ritiro dall'Iraq, pur diluito nel tempo, e mi pare che lo stia attuando, più o meno. Quello che invece ha "promesso", o meglio ha posto al centro del suo programma, sono due cose di politica interna: il welfare (la sanità per tutti, che non esisteva) e gli investimenti per l'istruzione.
Il fatto che a noi come pacifisti non piacciano le scelte estere di Obama -e a me non piacciono- non ci deve impedire di formulare un giudizio obiettivo sulla sua presidenza, a meno di entrare a far parte della schiera sterminata degli irrilevanti autoreferenziali eterni minoritari.
La pace mondiale ha bisogno di un Nordamerica che impari a starsene un po' a casa sua e a non pretendere di dare lezioni oltreconfine ma ci vorrà -temo- qualche generazione, o guerre che preferisco non immaginare (o entrambe le cose) perchè ciò possa avvenire. Intanto, però, un Nordamerica che elegge un presidente figlio di un immigrato africano e che sceglie di investire massicciamente sulla sanità e sulla scuola è un cambiamento non piccolo dall'era Bush (ma Clinton anche, direi).
 
La storia è imprevedibile -checchè ne pensassero tanti "teorici" sia di destra che di sinistra-, ma io una previsione provo ad azzardarla. Perchè un cambio davvero radicale nella politica estera degli USA possa avvenire sarà necessario -come spesso è accaduto in passato- che a ciò li costringano forze esterne (non necessariamente, sia chiaro, con mezzi militari).
Liberarsi da ogni residuo di sudditanza alla falsa coscienza e all'deologia neoimperiale dei "diritti umani", per esempio, è un passo necessario -sempre a mio modestissimo avviso- per vedere con chiarezza queste dinamiche e questa dimensione della politica estera USA. In nessun paese -forse, salvo la Cina- la classe dirigente sa essere pragmatica come negli USA, e se le energie di tanti attivisti dei diritti umani e della pace si dedicassero un po' (giusto per fare un esempio) a far le pulci al paese che ha il più alto rapporto (o almeno uno dei più alti) fra cittadini e popolazione incercerata, questo alla lunga potrebbe non restare privo di conseguenze.
Così la vedo io.

Gualtiero Via




«Una volta furono gli Ebrei a conoscere la ”diaspora”. Vennero dispersi, cacciati dal medio oriente e dispersi per il mondo; adesso sono invece i Palestinesi. Ebbene io affermo ancora una volta che i Palestinesi hanno diritto sacrosanto a una patria ed a una terra come l’hanno avuta gli Israeliti».

Sandro Pertini, dal Messaggio di fine anno in diretta TV in qualità di Presidente della Repubblica, 31 dicembre del 1983

--- Mar 29/12/09, lorenzo_galbiati <lorenz.news at tele2.it> ha scritto:

Da: lorenzo_galbiati <lorenz.news at tele2.it>
Oggetto: [pace] Obama e la guerra globale (sempre contro il terrorismo, si intende)
A: pace at peacelink.it, "lista pax christi gr discussione" <paxchristi at yahoogroups.com>, "lista nonviolenti" <nonviolenti at liste.retelilliput.org>, "lista Mir dibattito" <mir-riconciliazione at yahoogroups.com>, "Lista Menapace" <lista123lm at gmail.com>, "lista lilliput glt NV" <glt-nonviolenza at liste.retelilliput.org>, "lista eco-fem-nv" <eco-fem-nonviolenta at lists.unbit.it>, "lista donne in nero" <donneinnero-owner at listas.nodo50.org>, "lista angelo casati 01" <sullasoglia at yahoogroups.com>, "lista alteracultura" <info at alteracultura.org>
Data: Martedì 29 dicembre 2009, 19:47

Obama, vacanze stop e discorso alla nazione
combatteremo i terroristi ovunque siano

28 dicembre 2009, Il Secolo XIX
 
Vacanze interrotte per il discorso alla Nazione a testimonianza della delictezza del momento, dopo le ultime minacce di Al Qaeda, il tentato attentato a bordo di un aereo a Detroit, un altro sventato con la minaccia di dieci kamikaze addestrati e pronti a colpire nel 2010 “al cuore” gli Stati Uniti. Livello di massima allerta come dopo l’11 settembre 2001 e l’attentato alle torri gemelle.

LA SITUAZIONE

Il presidente americano Barack Obama ha parlato alla nazione in un breve discorso dopo l’attentato fallito al volo Delta-Northwest «ci ricorda i pericoli che abbiamo davanti», ha detto nel primo commento pubblico sull’episodio, che ha riportato il terrore nei cieli americani. «È un serio promemoria dei pericoli che abbiamo di fronte», ha aggiunto Obama. «Il popolo americano deve sapere che stiamo facendo tutto quel che è in nostro potere per garantire la sicurezza». Faremo «tutto ciò che è in nostro potere per garantire la sicurezza di ogni famiglia americana» e «per garantire la sicurezza degli Usa», ha detto ancora annunciando una revisione delle politiche di sicurezza negli aeroporti per evitare il ripetersi di incidenti come il fallito attentato il giorno di Natale. Gli estremisti che complottano contro gli Stati Uniti sappiano che gli Stati Uniti sono pronti a usare ogni loro risorsa, e ovunque, contro di loro: «in Afghanistan o in Pakistan, in Yemen o in Somalia».
«Non abbiamo tutte le risposte su questo ultimo tentativo - ha detto Obama - ma chiunque uccide uomini, donne e bambini innocenti deve sapere che gli Stati Uniti non si limitano ad alzare le difese all’interno»: gli Stati Uniti faranno tutto quello che è in loro potere contro i nemici che «in Afghanistan o in Pakistan, in Yemen o in Somalia o ovunque complottano per organizzare attacchi contro il suolo americano». Obama ha detto poi agli americani di «restare vigili, ma avere fiducia».
Il presidente ha espresso poi «una dura condanna» delle violenze in Iran, con morti e feriti, e ha chiesto al regime di rispettare i diritti del proprio popolo.
C'è ancora qualcuno che vede una differenza sostanziale tra l'Obama premio Nobel (sic!) per la pace e George w. Bush?
 
 
 
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Sent: Sunday, December 27, 2009 8:29 AM
Subject: [pace] colpevoli di silenzio

Scritto nella notte, il primo testo conteneva diversi errori. Guardare questo e non quello.

Ciao, Enrico

Come la Germania anni ‘30

Sentiamoci tutti in debito di vedere questo film, Welcome, di Philippe Lioret, francese. Ci mostra quello che sappiamo, ma cerchiamo di ignorare, più altri particolari polizieschi, della guerra francese ai migranti. Con le leggi si cacciano gli umani discriminati, con l’aiuto di cani cacciatori di umani.

Ma la guerra è quasi uguale da noi. Si esce dalla sala vergognosi e colpevoli, per il crimine di lesa umanità perpetrato dai governi, dai legislatori, dalle polizie, e da noi cittadini sovrani, anche se aborriamo l’infima Lega razzista. All’uscita, ci guardiamo in faccia, un anziano signore e la moglie, indignati e colpiti come noi, e ci diciamo: «Come in Germania anni ’30!». Stringo le loro mani senza poter parlare per il nodo alla gola. Leggete trama e recensioni, ma guardate il film, per rispetto al dolore che noi causiamo due volte: nei paesi prima dissanguati dal capitalismo e ora pugnalati dalla guerra.

Siamo in Francia, 2008, a Calais, e, secondo le leggi applicate ad arbitrio della polizia, è reato aiutare un clandestino che cerca di passare in Inghilterra, anche solo ospitarlo una notte. Sul filo di un amore tra due giovani iracheni – Bilal che vuole raggiungere Mina in Inghilterra - c’è una storia orrenda e tragica. È storia nostra, di questi giorni. Anche a Torino c’è un campo di detenzione di innocenti, colpevoli di essere stranieri in fuga da condizioni che noi non sapremmo tollerare. Perciò li rinchiudiamo in corso Brunelleschi e li rispediamo nell’inferno da cui fuggono. Noi cittadini siamo colpevoli di non ribellarci. Io sono colpevole. Ho fatto solo qualche manifestazione. Ho scritto più duro che potevo. Non di più.

Gridiamo che legislatori e governanti sono colpevoli di lesa umanità, legge superiore alle loro leggi disumane. Poliziotti, informatori, insegnanti, intellettuali, sono colpevoli di collaborare, o tollerare, o tacere. Sono colpevoli i predicatori del vangelo che non dichiarano flagellatori di Cristo tutti i colpevoli di razzismo, noi compresi. Nell’elenco di tutto ciò che offende Dio, i preti non dicono che solo offendere e scacciare il povero schiaffeggia Dio. Filtrano il moscerino e ingoiano il cammello.

L’Italia manda, tutti i partiti d’accordo, migliaia di costosissimi militari in guerre chiamate pace, in onore al falso, che è la lingua del dominio e del prestigio armato. E neghiamo il necessario per l’accoglienza umana delle vittime. Per un profugo che cede alla disperazione, li criminalizziamo tutti. L’Italia razzista si danna il cuore, e le chiese non lo gridano in piazza, come Giona a Ninive (che oggi è bombardata).

Ci sono associazioni di legali per questa causa. Ci sono associazioni di volontari impegnatissimi. Chiedo a chi vuole di unirci tutti, con l’assistenza professionale dei primi, per denunciare personalmente alle istanze mondiali ed europee dei diritti umani gli autori personali del grande crimine di lesa umanità. I partiti si scambiano accuse personali, e nessuno pone la condizione assoluta: essere umani.

Noi siamo obbligati a violare queste leggi. La prigione mi fa paura (forse la eviterei coi miei 74 anni), soldi per pagare risarcimenti non ne ho l’ombra. Ma dobbiamo violarle insieme, in tanti. Mostrare sulle nostre persone di cittadini l’offesa fatta agli extra-cittadini. C’è una sola umanità e una sola cittadinanza mondiale. Certo, gli afflussi non possono essere caotici, per il bene degli stessi profughi. Il modo si trova se c’è l’animo. E l’animo finora è nemico del profugo.

Oggi noi siamo come i tedeschi e i polacchi che vedevano passare i treni piombati o i prigionieri al lavoro schiavile, e non gridavano. Anche a loro era facile vedere che non c’era nulla da fare. I ragazzi della “Rosa Bianca” non tollerarono. A noi è facile anche accusare Pio XII di silenzio, ma oggi il diritto umano, che è unico, accusa noi, colpevoli dello stesso silenzio.

Io cerco con lo scritto, e chiedo aiuto a chi sa meglio come agire in tutta chiarezza, di trovare insieme la più frontale sfida personale e collettiva alle leggi razziste e alla mentalità feroce che le sostiene e la applica. Tocca anzitutto ai vecchi come me, che hanno meno da perdere, spendere fino in fondo i dolorosi apprendimenti della vita, per risvegliare nelle coscienze qualche seme di giustizia.

Chi mi risponde disponibile?

Enrico Peyretti, 27 dicembre 2009


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