"Se sangue chiama sangue" (Storie dal Muro)



"Storie dal muro”: uno sguardo su Israele e Palestina e' una rubrica tenuta da chi tutti i giorni cerca di capire qualcosa che sfugge spesso alla comprensione umana. Forse perché semplicemente è spiegata male.  www.giornalettismo.com

di Alessandro Bernardini

Kadima ha vinto le elezioni. O no. La destra ha la maggioranza parlamentare ma Tipzi guida il primo partito. La guerra di Gaza non è servita a nulla (serve mai a qualcosa una guerra?) e il domani degli israeliani, ma soprattutto dei palestinesi è alquanto incerto. Oscuro presagio: comunque vada sarà un insuccesso. Perché? Avevamo chiuso la scorsa settimana con l’interrogativo che affliggeva gli israeliani nel dopo “Piombo Fuso”: “Ma non dovevamo sbarazzarci di Hamas?“.

ISRAELE VA A DESTRA - Queste elezioni se non hanno chiarito chi formerà il nuovo governo almeno una cosa l’hanno chiarita: gli israeliani sono pronti a combattere e non credono molto nel processo di pace con i palestinesi. Affermazione forte? Non direi. Tipzi Livni e Barak hanno deciso di non entrare per un soffio nella storia come i “macellai di Gaza“, scegliendo (con un tempismo perfetto sull’entrata di Obama) di ritirarsi dalla Striscia. Il perché è chiaro. Non perché, come è stato annunciato, gli obiettivi siano stati raggiunti (da fonti israeliane solo in questa settimana sono stati lanciati 40 razzi dalla Striscia, e Hamas probabilmente ha accresciuto i suoi consensi), ma perché sarebbe stato molto sconveniente iniziare la relazione con la nuova amministrazione statunitense con una guerra (o aggressione militare per alcuni) sul groppone. Ma a vedere il risultato del voto, il mancato annientamento di Hamas (pensavano forse di trovarsi di fronte i playmobil?) ha spinto una parte dell’elettorato verso chi avrebbe completamente raso al suolo Gaza senza lasciare vivo nemmeno un gatto. Ed eccolo qua, Israel Beitenu di Lieberman che deve ringraziare Kadima e la sua coalizione.  Deve ringraziare anche quegli strateghi militari di Hamas, non c’è dubbio. Sia i primi sia i secondi hanno consentito al russofono di ottenere un risultato storico: terzo partito in Israele prima dei laburisti e 15 seggi.


IL REBUS DEL NUOVO GOVERNO - La scelta di ritirarsi da Gaza (osteggiata dalla destra della Knesset) ha spinto l’elettorato moderato a premiare i falchi bellicisti. Come se Barak e Livni fossero stati teneri con “Piombo Fuso“. La domanda inquietante allora diventa un’altra: “Per sbarazzarci di Hamas dovevamo forse sbarazzarci di tutti i palestinesi della Striscia?” Ora il mefistofelico Avigdor è l’ago della bilancia. Un ago acuminato. Corteggiato come Naomi Campbell dei tempi d’oro, è lui il vero vincitore delle elezioni. Sembra di vederlo che se la gode seduto sul lungomare di Tel Aviv fumando un sigaro in attesa della cifra (politica) più alta da riscuotere. L’ago pende pesantemente a destra, non c’è dubbio.Chiamarla empasse è un eufemismo. Peres e Shamir, in un’ottica di solidarietà nazionale, governarono a turno negli ‘80 del secolo scorso. Netanyahu ipotizza una soluzione: una sorta di governo di unità nazionale con Kadima e Israel Beitenu, lasciando fuori gli ultraortodossi. Coalizione che potrebbe portare alla crisi alla prima sillaba di “palestinesi“. Altra ipotesi: va al comando Netanyahu a braccetto con Shas e Lieberman, con Kadima e il povero Barak all’opposizione seduto in un angolo insieme agli altri partiti di sinistra. Sarebbe un evento storico e alquanto strano: il partito che prende la maggioranza dei voti va all’opposizione.

SANGUE CHIAMA SANGUE - Potrebbe inoltre governare Kadima con una maggioranza quanto mai fantasiosa: laburisti, Lieberman e Shas. Il voto dei militari (tendenzialmente di destra), quelli dei carcerati, degli invalidi e dei diplomatici non ha cambiato di una virgola gli equilibri in campo. Il quadro probabilmente non è mai stato così nero. Si è smesso di contare le schede e di contare i morti. E i morti non servono a niente. Sbagliato: i morti servono e come. Servono ai vivi. Servono ai vili per giustificare azioni che con l’umanità hanno poco a che fare. E allora aspettiamo il prossimo razzo e che centri una scuola stavolta, il prossimo bombardamento che uccida più civili possibili, la prossima incursione che sradichi alberi e spari all’impazzata. Aspettiamo i prossimi cadaveri. Aspettiamo di inaugurare un’altra colonia. E aspettiamo il prossimo kamikaze a Tel Aviv.
Sangue chiama sempre sangue. Prima o dopo le elezioni.