Re: [pace] 4 novembre, non festa ma lutto



salve volevo esprimere il mio profondo apprezzamento per i contributi di Italo Disabato e Roberto Vignoli sul 4 novembre.
in pieno clima di recrudescenza fasciosquadrista  e' incoraggiante leggere scritti di importante spessore civile ed umano.
dettati da esigenze di verita' storica e giustizia sociali
in una nazione in cui ci si ritrova a subire le interviste di kossiga che chiama alle armi contro gli studenti o le invettive del p2 gelli che sara' mandato in tv a dare lezioni di storia o le sparate del mafioso dell'utri sui giornalisti di rai3.
questi sono personaggi biechi che han prodotto sangue in questa nazione.
questi sono loschi soggetti ancora potenti che servono gli interessi di un fascismo classista economico che negli ultimi tempi sta' venendo fuori con violenza avendo sempre disponibili gli sgherri come quelli di piazza navona che subito han contentato i kossiga i gelli.. 
ecco a creare maggiore preoccupazione e' la totale indifferenza della pagliaccesca opposizione di governo che davanti questi gravissimi fatti se la gode per la bella vittoria di Obama..
gli squadristi han fatto irruzione nella sede rai e ci manca solo inizino a sparare.
a cosa viene invitato il ministro dell'interno?
quanti sono i delinquenti armati di piazza navona arrestati? di loro si sanno nomi e cognomi e ci sono immagini anumerose che li inchiodano.
quanti sono stati denunciati fermati?
se fossero stati di sinistra si sarebbero gia' buttate le chiavi.
che fa l'opposizione in questo clima?
come si sta' comportando?


Da: italo disabato <italo.disabato at rifondazione.it>
A: pace at peacelink.it
Inviato: Martedì 4 novembre 2008, 10:00:59
Oggetto: [pace] 4 novembre, non festa ma lutto

4 novembre, non festa ma lutto. L'antica storica parola d'ordine
antimilitarista, uno slogan che amava ricordarcelo sempre Piergiorgio
Acquistapace, è tornata di attualità. Ci ha pensato il ministro della
difesa Ignazio La Russa a compiere questo miracolo. Per il 90° anniversario
della "Grande Guerra" il governo Berlusconi ha stanziato oltre 6 milioni di
euro per le celebrazioni. Tutti soldi rigorosamente gestiti dalle forze
armate che contemplano, oltre che la tradizionale occupazione di piazze e
l'operazione "caserme aperte" con esposizioni di carri armati ed esibizioni
delle frecce tricolori, anche "l'occupazione" delle scuole da parte di
oltre 200 generali. Per fare cosa? Per raccontare a modo loro la storia:
non carneficina, "inutile strage", ma compimento eroico della missione
risorgimentale. Una tesi, fatta di esaltazione della virilità militare e di
una Italia tutta protesa nell'adempimento di quella missione, che è
contraddetta da una infinità di studi storici. Nel revisionismo generale,
nella riscrittura della storia ad opera degli eredi del fascismo oggi al
governo, si rispolvera così il 4 novembre con uno spot colossale che ha
come obiettivo culturale principale quello di riabilitare le guerre di ieri
per meglio giustificare quelle di oggi. Ai generali che intendono spiegare
il trionfale annuncio di Armando Diaz occorrerà contrapporre l'altra
storia. Quella che portò un Re infame ad esautorare il parlamento contrario
alla guerra con il patto di Londra. Alle promesse di una guerra tanto
rapida da non prevedere neanche l'approvvigionamento invernale delle truppe
- il radioso maggio - che si nebulizzeranno nella sporca guerra di trincea
e di logoramento, con i soldati mandati al freddo delle Alpi, con gli
scarponi di cartone e l'equipaggiamento estivo. Alle decimazioni eseguite
dai plotoni di esecuzione per impedire la "fuga davanti al nemico", alla
disperazione di chi preferiva mutilarsi e ferirsi per sottrarsi alla
caneficina. Ai morti per spagnola, pidocchi e altre malattie sociali. Ai
soldati imbottiti di alcol e mandati al macello davanti ai fili spinati.
Agli imboscati, ufficiali e figli della borghesia che la guerra l'avevano
voluta, che, come recitava un motivetto cantato dai soldati, avevano "le
scarpe lucide e i capelli profumati." Alla 1° guerra mondiale come
incubatrice del totalitarismo. Il fascismo infatti non inventò niente, rese
permanente le restrizioni alle libertà di opinione, politiche e sindacali
che lo stato di guerra aveva imposto: dalla censura che mandava imbiancato
in edicola L'Avanti , alla cosiddetta mobilitazione industriale che
militarizzava i ritmi e i posti di lavoro. Alla spoliazione del mezzogiorno
italiano che conosceva la Stato unitario solo per i carabinieri che
venivano a sottrarre alle loro famiglie i figli per la guerra. O la
vergognosa propaganda istillata dagli ufficiali alla truppa, in gran parte
figli di contadini,  che li contrapponeva agli operai delle fabbriche del
nord dispensati dalla guerra per poter garantire la produzione bellica.
Verità che i generali non racconteranno agli alunni del 2008 come quella di
Caporetto che più che una sconfitta militare fu un rifiuto di massa di
proseguire la guerra, con i soldati che lasciavano le divise ed i fucili.
In questo incontrandosi con le rivolte per il pane e la pace che da Torino
a Milano portavono gli operai, spesso donne coraggiosissime,  a
fronteggiare la polizia e a manifestare in piazza. Cogliamo dunque la
provocazione di La Russa per rovesciarla come un guanto. Proiettiamo
"Uomini contro" di Rosi, leggiamo la "Lettera ai cappellani militari" di
don Milani. Parliamo dell'eroicità del dolore e dell'infamia di una classe
dirigente e militare che ingrassò sui profitti di guerra e sul sangue della
povera gente. Molto si è discusso in questi anni del superamento della
divisone tra socialisti e comunisti. Forse bisognerebbe ricordare che
davanti al fallimento della II° internazionale, operai italiani, francesi,
russi e inglesi contro operai austroungarichi e tedeschi, ci furono
socialisti coerenti come Karl Liebknecht che si rifutarono di votare i
crediti di guerra o interi circoli della federazione giovanile socialista
italiana che cercarono d'impedire l'invio dei soldati al fronte e per
questo furono sbattuti in carcere o davanti al plotone di esecuzione. O
semplicemente ricordare che la rivoluzione sovietica fu in primo luogo una
rivoluzione per la pace e contro la guerra. L'accettazione o meno della
guerra come strumento della politica è d'altronde tema che divide anche
oggi le sinistre. Tra chi le accetta sia pur nella ipocritica versione
umanitaria o delle "missioni di pace" e chi invece vi si oppone "senza se e
senza ma". La pace, come allora, è tema basilare per la rifondazione di
qualsiasi progetto politico della liberazione. Per questo il 4 novembre
nelle scuole italiane dovremo essere dei "guastatori": rovinare la festa,
ricordare il lutto, ripudiare la guerra.



Italo Di Sabato




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