La Valle su Islam



 

I volti dell’Islam

di Raniero La Valle

 

Articolo della rubrica “Resistenza e pace” in uscita sul prossimo numero del quindicinale di Assisi, Rocca (rocca at cittadella.org )

 

Ci sono segnali di grande interesse che vengono dal mondo musulmano, tali da rovesciare l’immagine di un Islam settario e nemico del mondo. Il  re dell’Arabia Saudita, Abdallah bin Abdul Aziz Al Saud sta diventando il campione del dialogo fra le tre religioni – Islam, ebraismo e cristianesimo – quasi che a 83 anni si sia reso conto che il tempo si è fatto breve, e che senza una vera pace tra i credenti delle diverse fedi, il mondo non si può salvare. Dopo la grande iniziativa dei 138 leaders musulmani del 13 ottobre 2007 per stabilire una comunione con le Chiese cristiane nel nome di Dio, l’Unico (cui però le Chiese hanno dato riscontro quasi solo sul piano diplomatico), il re saudita ha convocato alla Mecca, il 6 giugno scorso, una conferenza islamica per il dialogo fra le tre religioni, al termine della quale è stato pubblicato un documento assai significativo nel quale si gettano le basi, sia teologiche che politiche, di un tale dialogo.

Sul piano teologico, si riprende l’importantissima affermazione, che già si trova nel Corano, secondo cui “il motivo delle differenze tra nazioni e popoli e della loro differenza culturale e religiosa è la volontà di Dio, la sua profonda saggezza. Questa esige che le nazioni si conoscano e che cooperino per servire i propri interessi, risolvere i propri problemi e vivere in un buon modo e cooperare alla edificazione della terra e alle opere buone (Corano, 5, 48). Il dialogo è un’autentica metodologia coranica e una tradizione profetica mediante la quale i profeti hanno comunicato con altre persone”. Dunque non è Dio a volere una sola religione.

Sul piano politico al dialogo si assegna il compito di “raggiungere una comprensione e un accordo su una formula che impedisca lo scontro di civiltà”, e di “contribuire ad affrontare sfide e offrire soluzioni ai problemi dell’umanità”, ivi compresi l’ingiustizia, il terrorismo e l’inquinamento dell’ambiente.

Su questa linea il re Abdallah ha promosso una conferenza fra le tre religioni, che si è tenuta a Madrid dal 16 al 18 luglio, alla quale ha partecipato per la Chiesa cattolica il cardinale Jean Louis Tauran, che nella Curia romana è addetto al dialogo interreligioso. In questa occasione il re saudita ha rilasciato un’intervista degna di un grande leader mondiale. Non è affatto contento dell’aumento del prezzo del petrolio che il suo Regno vende a tutto il pianeta, perché “non è nell’interesse del resto del mondo” e perciò nemmeno del suo Paese, essendo i due interessi “strettamente legati”; propugna una soluzione diplomatica per il nucleare iraniano, e anzi per un disarmo nucleare di tutto il Golfo e il Medio Oriente; è favorevole al ritiro degli americani dall’Iraq, nonostante il rischio di un’accresciuta potenza dell’Iran, perché “l’Iraq ha un bisogno estremo di liberarsi dalle interferenze esterne”, per “preservare la propria unità, sovranità e integrità territoriale, salvaguardando l’ideale di un solo Paese per tutti gli iracheni”; rilancia il suo piano di pace per Israele, fatto proprio dal summit di Riad, ma lamenta “il rifiuto” di Israele che “continua ad impossessarsi di terre palestinesi, a costruire nuovi insediamenti e ad ampliare quelli esistenti, impone ai palestinesi ogni genere di ingiuste restrizioni, compreso l’assedio, sfidando il diritto internazionale e i principi morali”; dichiara il terrorismo come “estraneo alla nostra religione, alla nostra società, alla nostra cultura”; mette “in cima alle priorità mondiali” la crisi alimentare e la crescita dei prezzi del cibo “perché riguarda l’intera umanità”.

Dall’Islam viene dunque una visione di equità e di eguaglianza di tutti gli esseri umani, di ogni religione, partecipi di un unico destino. Però non tutti i musulmani sentono allo stesso modo. Hanno sbagliato ad esempio quelli di Hezbollah, che hanno gioito come per un trionfo dello scambio ineguale realizzato con Israele: da parte loro la restituzione delle spoglie di due soldati israeliani morti, da parte israeliana la liberazione di cinque miliziani vivi e la consegna delle spoglie di 199 palestinesi uccisi in anni di combattimenti. Non si sono resi conto che la sproporzione accettata da Israele non era una prova di debolezza, ma un’espressione di orgoglio e di superiorità: anche i corpi di due soli israeliani uccisi, valgono come una grande quantità di arabi e palestinesi vivi e morti.

Dovendo stare a questa triste contabilità – perché anche di questa è fatta una guerra infinita – sarebbe stato più bello che, con dignità, i musulmani di Hezbollah avessero detto: vi ridiamo i vostri due riservisti caduti, ridateci i corpi di due palestinesi uccisi.

 

                                                                                                         Raniero La Valle