notizie dalla Striscia di Gaza




mi permetto di girare quest'articolo di Paola Caridi che racconta gli
avvenimenti di questi ultimi due giorni nella striscia di Gaza in
maniera un poco meno laconica che i giornali mainstream.


*GAZA, STRAGE DI BAMBINI*
Intensificati i raid israeliani sulla Striscia. Trenta le vittime.
E tra loro otto bambini. Cinque, colpiti mentre giocavano a pallone

Paola Caridi

quest'articolo è apparso su
http://www.lettera22.it/showart.php?id=8595&rubrica=8

Venerdi' 29 Febbraio 2008
GERUSALEMME – Almeno trenta morti palestinesi in meno di due giorni. E
tra le vittime, otto bambini, compreso un neonato di cinque mesi. È il
bilancio parziale dell'ultimo capitolo dello scontro tra esercito
israeliano e il governo di Hamas a Gaza. Un capitolo iniziato
mercoledì mattina, quando un missile di Tsahal ha colpito un pulmino
nella Striscia, uccidendo i cinque militanti di Hamas che si trovavano
all'interno. Poi, la reazione dei gruppi armati palestinesi: la
pioggia di razzi Qassam su Sderot, la morte di un israeliano nel
college Sapir, e ancora i razzi artigianali sparati da Gaza che hanno
raggiunto Ashkelon, l'importante cittadina portuale a una decina di
chilometri a nord della Striscia.
Oltre ottanta i razzi sparati da Hamas, una pioggia di Qassam partita
da Gaza, nonostante il piccolo lembo di terra a ridosso del
Mediterraneo sia stato colpito senza sosta dai raid israeliani.
Soprattutto ieri, dopo il duro monito da Tokyo del premier Ehud
Olmert. Bersaglio dell'aviazione di Tel Aviv, le basi di lancio dei
razzi ma anche le postazioni di Hamas: una tattica che non ha, dunque,
risparmiato i civili, in un territorio dove vivono, ammassate, un
milione e mezzo di persone.
Risultato: quattro bambini tra i 7 e i 14 anni, due fratelli e due
cugini, sono morti ieri mentre giocavano a pallone nel campo profughi
di Jabalia. Un loro vicino di casa di 12 anni è deceduto poco dopo in
ospedale. Decine e decine i feriti, in una situazione disastrosa dal
punto di vista sanitario. Aggravata dal fatto che, tra i bersagli
colpiti, c'è stato anche il Palestinian Medical Relief Committe di
Mustafa Barghouthi, uno dei centri importanti per l'assistenza ai
gazani. Distrutto anche un posto di polizia accanto alla casa del
premier del governo di Hamas, Ismail Haniyeh, mentre tra i militanti
uccisi c'è anche il figlio di uno dei leader del movimento islamista,
Khalil Hayya, scampato pochi mesi fa a un omicidio mirato in cui aveva
perso gran parte della sua famiglia.
Il governo israeliano non considera chiusa la partita con i raid delle
ultime 48 ore. Anzi, per bocca del suo ministro della difesa Ehud
Barak, minaccia una massiccia operazione di terra. Mentre la comunità
internazionale cerca di premere perché il conflitto non diventi ancor
più sanguinoso. Il segretario di stato americano, Condoleezza Rice,
continua ancora a puntare il dito su Hamas, come il solo responsabile
di quello che sta succedendo, ma stavolta esprime anche preoccupazione
per l'uso della forza da parte di Israele. La Russia, invece, parla
esplicitamente di sproporzione della risposta di Tsahal contro i
miliziani palestinesi. E l'Unione Europea si dice profondamente
preoccupata per l'escalation di violenza.
L'esercito israeliano, d'altro canto, non colpisce solo Gaza. Negli
scorsi due giorni ha intensificato anche le azioni delle unità
speciali in Cisgiordania, nella zona di Jenin e Nablus, dove bersaglio
degli omicidi mirati sono stati miliziani delle Brigate dei Martiri di
Al Aqsa, legate a Fatah. Mentre il presidente dell'ANP, Mahmoud Abbas,
deve fronteggiare la tensione interna crescente in Cisgiordania, dopo
le denunce di arresti illegali e torture da parte dei propri servizi
di sicurezza.



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Ogni tempo ha il suo fascismo: se ne notano i segni premonitori
dovunque la concentrazione di potere nega al cittadino la possibilità
e la capacità di esprimere ed attuare la sua volontà. A questo si
arriva in molti modi, non necessariamente col timore
dell'intimidazione poliziesca, ma anche negando o distorcendo
l'informazione, inquinando la giustizia, paralizzando la scuola,
diffondendo in molti modi sottili la nostalgia per un mondo in cui
regnava sovrano l'ordine, ed in cui la sicurezza dei pochi
privilegiati riposava sul lavoro forzato e sul silenzio forzato dei
molti.
Primo Levi, 1974