Kamikaze e 'musulmani'



Kamikaze e ‘musulmani’

I kamikaze – come sappiamo - fronteggiano l’Impero capitalistico; tengono lontana la pace di Bush. Eppure, non si parla di loro o, forse, si tace proprio a causa di tale capacità. Così, a volte, anche tra noi i discorsi diventano irreali e assumono il peso della aria fritta. Il kamikaze – a mio avviso – non è un militante, combattente, e forse nemmeno insorgente-resistente; infatti non resiste, si dà. Sono persone che immagino nella propria vita compiere un unico atto importante. Noi possiamo continuare a non parlarne. I protagonisti sono loro.

Jean Baudrillard – nel gran libro ‘Lo scambio simbolico e la morte’ riedito nella collana Economica Feltrinelli - circa 30 anni fa descrisse tale figura e perché è destinata a vincere. (Inoltre spiegò il compito dell’attuale democrazia dei due schieramenti al 50%) 

I ‘musulmani’ dei campi di concentramento rappresentano una figura della storia anch’essa sottaciuta. Viene ben riportata al centro da Giorgio Agamben in ‘Quel che resta di Auschwitz’ edito da Bollati Boringhieri. Lo studioso italiano ci ricorda che finanche sulle origini del termine ‘der Muselmann’ i pareri non sono concordi. Probabilmente si intende colui che si sottomette incondizionatamente alla volontà di Dio oppure si fa riferimento alla strane posizioni assunte come se si pregasse. In ogni caso si trattava di corpi disarticolati; che sembravano non provare più alcuna affettività ed emozione; cadaveri ambulanti; presenze senza volto; esseri non-umani da cui gli stessi internati si tenevano distanti. Come citato da Agamben, Primo Levi scrisse: ‘Si esita a chiamare morte la loro morte’. 

Il silenzio su kamikaze e ‘musulmani’ probabilmente è dovuto a un misto; da un lato c’è un’incapacità reale e tradizionale di narrarne, dall’altra un’intima vergogna verso ciò di cui noi stessi – in quanto parte di questo mondo - siamo responsabili. Sono figure della storia che rappresentano la morte all’ennesima potenza e proprio per questo motivo vengono nascoste. Il potere è sconfitto di fronte a chi a modo suo decide come morire. 

Domanda: 
un impero è mai stato capace di fermarsi e guardare dentro se stesso? 

19/6/7 – Leopoldo BRUNO