The Usa, oggi



The Usa, oggi 

Riporto alcuni stralci significativi da il manifesto del 3/1/7 dove, a cura di Stefano De Cicco, è stato pubblicato un forum-intervista a Marcus Raskin, protagonista per quarant’anni della politica e dei movimenti negli Stati uniti: “Possiamo dire che in Usa negli ultimi anni si è affermato il ‘politainment’, un rituale e una forma di comunicazione che unisce politica e entertainment. La politica si è gradualmente svuotata dei suoi contenuti, laddove prima era una ‘vocazione’ ora è un mestiere. Il politico è diventato un prodotto, da vendere come un oggetto qualsiasi. Gli uomini politici durante le campagne elettorali appaiono sempre più accanto a celebrità dello spettacolo, come a voler dimostrare l’affinità che hanno con una certa cultura di massa. I politici sono sempre più lontani dai partiti, e i partiti rispecchiano sempre meno la società. Dopo l’undici settembre negli Stati uniti si è assistito a un attaccamento ai simboli del paese, prima fra tutti la bandiera americana: ora quasi tutti i politici di destra indossano una spilletta a stelle e strisce, che era comparsa per la prima volta sulla giacca di Nixon. Il politainment è, tra le modalità di comunicazione, la più vuota. Alle persone non viene chiesto di pensare, di esprimere valori e interessi: esse vengono mobilitate dall’una o dall’altra parte attraverso un evento, per esempio la presenza di un attore a un comizio elettorale. La politica ormai si fa soprattutto in televisione, è svuotata dei suoi contenuti e in tv si vedono spezzoni di informazione, con esponenti della ‘chattering class’, politici ed esperti di dibattiti televisivi, che ripetono giudizi in pillole che non vanno mai oltre il senso comune, attentissimi a non scontentare nessuno”. E quali sono le preoccupazioni della gente negli Stati uniti di oggi? “Essenzialmente, l’idea di fare una ‘pace separata’ col sistema: non c’è nulla che io possa cambiare con la politica, non mi posso esprimere né organizzarmi per cambiare le cose, quello che posso fare è occuparmi della mia famiglia, delle persone che conosco. E ne nasce la passività che è tipica delle società postindustriali. Ma ci sono ogni tanto dei sussulti, cresce l’opposizione alla guerra in Iraq...Il fatto nuovo è che oggi Bush non è più considerato una persona ‘seria’, è diventato un oggetto di scherno...Gli Stati uniti non se ne vanno quasi mai dalle loro guerre...Se non si cambia strada il declino del ruolo americano si compirà nel giro di qualche generazione. E ora ci sono 25mila feriti negli ospedali americani, che ogni giorno ci ricordano il fallimento della guerra in Iraq”.      

E ancora, una frase eloquente del rapporto Baker-Hamilton di inizio dicembre 2006 recita: "Se la guerra in Iraq continua così, l’ultima vittima sarà il superpotere della superpotenza".

4/1/7 - Leopoldo BRUNO 



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