Sulla Palestina e sulla realtà del nostro paese non ci f aremo tappare la bocca




Sulla Palestina e sulla realtà del nostro paese non ci faremo tappare la bocca



 Report della riunione del Forum Palestina



I compagni che in questi anni hanno dato vita al Forum Palestina si sono
riuniti per discutere e valutare i risultati e i problemi della
manifestazione del 18 novembre a Roma. Schematizziamo per punti le
questioni che intendiamo proporre a tutti come elementi di riflessioni e di
continuità dell’iniziativa.



1)   Ci sembra importante segnalare la sproporzione tra le reazioni e i fatti.

E’ evidente che la manifestazione del 18 novembre - una grande e riuscita
manifestazione di massa al fianco del popolo palestinese - ha colto alcuni
nervi scoperti ed ha rivelato alcuni fattori di vulnerabilità politica
strettamente connessi alla situazione in Medio Oriente e alla politica del
governo. Questa contraddizione non è un problema del Forum Palestina ma
deve far riflettere anche il resto del movimento contro la guerra, le
stesse associazioni pacifiste e le forze della sinistra nel loro complesso.

Non si era mai visto uno schieramento che va dal Presidente della
Repubblica agli assessori municipali, che sente l’esigenza di attaccare una
manifestazione ed alcuni episodi  marginali nella stessa. Un nervo scoperto
è sicuramente l’aver esposto pubblicamente e politicamente l’esistenza di
un accordo militare tra Italia e Israele. E’ stato come pestare la coda di
una vipera. Ci sono in ballo connessioni tra apparati, interessi economici
e strategici rilevanti, complicità politiche consolidate che hanno
condizionato e condizionano tuttora le scelte decisive della politica
estera italiana. L’Italia è uno Stato con legami profondi con gli apparati
statunitensi e israeliani che affondano nella storia e nel presente di
questo paese. La questione palestinese, in tale contesto, è un tabù che va
rimosso e depotenziato con ogni mezzo necessario.

In secondo luogo, le reazioni pesanti alle effigi bruciate  e agli slogans
sui militari, rivelano il crescente militarismo che impregna, con uno
schieramento apertamente bipartizan, la politica nel nostro paese. E già
accaduto che l’anno scorso una manifestazione pacifica che contestava la
parata del 2 giugno venisse pesantemente caricata. Si è ripetuto con le
polemiche sul 2 giugno di quest’anno (che ha visto presenze istituzionali
della sinistra “radicale” alla parata militare  ed altre che la
contestavano). Si è visto con il tentativo politico e mediatico di gestire
sempre e comunque in positivo il ruolo dei militari italiani in Iraq, in
Afghanistan, in Libano. Si è visto con il tentativo di costruire un
consenso di massa al militarismo “umanitario” anche attraverso
manifestazioni dei movimenti pacifisti più collaterali al governo
(Perugia-Assisi prima e Milano poi).

A nessuno è sfuggito come in Libano la situazione stia rapidamente
precipitando (come avevamo ampiamente previsto e denunciato anche con la
manifestazione del 30 settembre), mandando a monte ambizioni e illusioni
neo-napoleoniche dell’Italia nell’area. I militari italiani sono ancora in
Iraq nonostante si sia annunciato il loro ritiro, sono ancora in
Afghanistan a fronte di una crisi evidente della missione NATO, sono in
Libano con la possibilità di dover intervenire in una crisi interna al
fianco di una delle componenti (il governo sostenuto da Francia e USA e dai
falangisti) contro altre componenti (Hezbollah, Partito Comunista,
nazionalisti, sinistra libanese, palestinesi dei campi profughi). Il
governo italiano sa che questa situazione è estremamente delicata e
pericolosa. Ogni forma di rottura di un fragilissimo consenso alle
spedizioni militari italiane rischia di diventare un serio problema di
gestione per il governo. Questa preoccupazione attiene agli slogans di una
manifestazione ma anche ai fragili equilibri parlamentari, attiene al
controllo dei servizi giornalistici (tanto che per sapere cosa accade in
Libano occorre leggere la stampa spagnola) come all’azzittimento tramite
pubblico ludibrio di ogni voce dissonante dello schieramento politico.



2)         Mantenere le iniziative in cantiere

Non intendiamo farci intimidire né oscurare. Sul piano dell’informazione
stiamo dando e daremo battaglia per ripristinare la verità sulla
manifestazione del 18 novembre ma ci preme soprattutto tenere al centro la
questione emersa come dirimente: la revoca dell’accordo militare
Italia-Israele, sia come forma concreta di solidarietà con la resistenza
del popolo palestinese e degli altri popoli dell’area, sia come punto di
svolta e rottura delle connessioni politiche, militari, strategiche,
industriali tra l’Italia e uno stato bellicista che continua ad occupare i
Territori Palestinesi, siriani, libanesi ed a minacciare gli altri paesi
della regione.

a) Stiamo mettendo in piedi una grande assemblea pubblica nei prossimi
giorni sull’accordo militare Italia-Israele e gli altri punti della
piattaforma della manifestazione che hanno cercato in tutti i modi di
oscurare. Appena ci saranno le conferme ne daremo ampia comunicazione. A
tale proposito stiamo facendo i conti – in positivo – con la raccolta di
firme sulla petizione popolare che chiede la revoca dell’accordo militare.
Ormai sono in giro centinaia di moduli ed arrivano centinaia di firme da
tutta Italia. E’ un esito assai superiore alle nostre aspettative e a
quelle dell’Associazione Sardegna-Palestina che ha lanciato l’idea. Si
tratta di gestire bene sul piano organizzativo la raccolta di firme, di
promuovere su questo iniziative locali ovunque sia possibile e di preparare
per l’inizio dell’anno prossimo una iniziativa di massa per la consegna
delle firme alla Presidenza del Consiglio.

b) Parteciperemo al convegno su “ Informazione e Palestina” del 30 novembre
al Senato

c) Dobbiamo pensare già da ora alla mobilitazione in occasione della visita
di Olmert a Roma, prevista per il 13 dicembre. Olmert è “persona non
gradita”. Porta la responsabilità dell’attacco al Libano e del massacro
quotidiano dei palestinesi a Gaza e Cisgiordania.

d) Stiamo approntando il materiale per la campagna di boicottaggio e
disinvestimento dall’economia di guerra israeliana. Come avete visto al
corteo era presente lo striscione per il boicottaggio della Telecom. Si
tratta di far partire questa campagna in modo coordinato in alcune città. A
breve saranno disponibili gli adesivi e dei depliant informativi per la
campagna di boicottaggio. Specularmene agli enti locali che finanziano e
promuovono acccordi commerciali e di studio con Israele chiediamo di
sospendere questi accordi.



3)         I rapporti dentro il movimento

Quella di sabato 18 novembre era la sesta manifestazione nazionale
organizzata (o meglio, autorganizzata) in questi cinque anni di lavoro di
informazione e solidarietà con la lotta e la resistenza del popolo
palestinese. In questi cinque anni, le nostre manifestazioni hanno talvolta
subito attacchi pesanti sia da parte delle forze filo-israeliane sia dentro
l’ambito politico della “sinistra”, in altre occasioni ci hanno invece
oscurato, ma il nostro lavoro è andato avanti lo stesso perché non siamo
subalterni al circo massmediatico.

Quella scattata sabato 18 novembre non è stata e non sarà l’ultima
imboscata politica e mediatica contro le manifestazioni di solidarietà con
la Palestina. Ma c’è una differenza.

In questi anni abbiamo potuto affrontare politicamente e replicare con
efficacia agli attacchi perché attenevano a contenuti, slogans, striscioni,
volantini che erano stati decisi collettivamente, discussi e rivendicati
come tali. Sia a febbraio sia sabato abbiamo dovuto invece gestire
iniziative e scelte che non abbiamo discusso e che sono state
sovradeterminate sulla  manifestazione senza alcun confronto o discussione
con gli organizzatori e della grande massa dei partecipanti, ma - al
contrario -  infischiandosene delle indicazioni che venivano dagli stessi.
In particolare, consideriamo gravissimo e inaccettabile il disprezzo
mostrato verso le indicazioni e le richieste delle compagne e dei compagni
palestinesi.  Siamo abituati ad assumerci le nostre responsabilità fino
all’ultimo dettaglio ma non siamo più disponibili ad assumerci decisioni
che nostre non sono, qualunque esse siano. Quando e qualora ci saranno
provvedimenti giudiziari contro i manifestanti di Roma, ci mobiliteremo per
respingerli come abbiamo fatto in tutte le altre occasioni. Di fronte agli
attacchi repressivi o al linciaggio politico, non abbiamo mai lasciato
nessuno da solo: sia esso un collettivo di studenti universitari o un
sindaco, sia essa una associazione o un segretario di partito, anche non
condividendo le loro posizioni e le loro interviste.

Vogliamo essere chiari su un ultimo punto: la divergenza che ci divide è
sia politica che di metodo,  per questo la discussione su servizi d’ordine
e muscolosità dei cortei  non ci interessa né intendiamo alimentarla..
Sbaglia – da sempre – chi pensa di irreggimentare i movimenti e le
manifestazioni politiche e sociali dietro ringhiose file di servizi
d’ordine: è una logica che non ci interessa perlomeno quanto quella di chi
utilizza le manifestazioni ad esclusivo beneficio dei media.
Vogliamo infine chiarire che i nostri rapporti con gli autori di alcuni
documenti diffusi in questi giorni - Coordinamento di Lotta per la
Palestina e il Campo Antimperialista - finiscono qui. Nulla di più, nulla
di meno.



23 novembre 2006



Il Forum Palestina