LA GUERRA: dalla parte delle Donne




mercoledì 31 maggio 2006 (07h48) :http://bellaciao.org/it/article.php3?id_article=13731
******************************************************************************

Quello che segue è il racconto in rete di Milva Pistoni a noi Donne in Nero di Roma, dopo l'incontro organizzato con Malalai Joya.

E' una donna che racconta ad altre donne.

Lo stile "diverso" del narrare mi ha colpita, in ogni caso non potendo essere andata alla Casa internazionale di Roma, ho avuto questo suo resoconto. La guerra è vista da questa angolazione femminile, è trasmessa da un'altra donna. Alla fine di questo breve ed intenso racconto, troverete l'appello che precedentemente avevamo fatto circolare. Vi prego di far girare queste note...

Doriana Goracci

**********************************************************************
Malalai ha 28 anni, ogni notte dorme in un luogo diverso perché è continuamente minacciata di morte. Sostanzialmente lei fa questo: ogni volta che ne ha l'occasione si alza in piedi e denuncia il fatto che il Parlamento afghano è nelle mani dei signori della guerra, criminali responsabili di numerosi massacri ( di cui ci ha fornito alcuni dettagli ) su cui lei chiede che sia fatta luce da un tribunale internazionale. Lei fa questo anche durante le sedute del Parlamento stesso per questo viene aggredita. Ha descritto questa situazione: L'Afghanistan ha ancora tutte le tracce delle distruzioni avvenute a partire dalla guerra civile, non c'è acqua corrente, né elettricità, = le strutture sanitarie sono assolutamente insufficienti, l'87% della popolazione è analfabeta. Dopo la cacciata dei Talebani è cambiato qualcosa solo a Kabul ( una parte di Kabul) e nelle città più grandi ( ne ha nominate solo un paio), non c'è in atto nessuna ricostruzione ( a parte centri commerciali per stranieri e ville). Il Parlamento è composto per il 70% dai signori della guerra ( Alleanza del Nord) che sono fondamentalisti esattamente come i talebani, il restante 30 % è composto da notabili che puntano alla loro personale crescita economica e quindi sono disponibili a compromessi con chiunque, anche con i riminali, poi da persone provenienti dalla società civile che sostanzialmente hanno paura di esprimersi, e infine da rappresentanti che provengono, come lei, da ong che operano nel sociale. Lei è appoggiata da tantissime persone che la aiutano in tutte le maniere possibili affinché lei possa continuare a "dire la verità"

Gran parte dei progetti della cooperazione internazionale ha riguardato corsi di computer e inglese, cosa che in un Paese con quella percentuale di analfabetismo e senza elettricità non ha dato i frutti sperati. Sono fiorite una quantità incredibile di ong afghane, perché questo è il modo in cui gli afghani che hanno un minimo di cultura hanno potuto accedere ai finanziamenti, ma sono organismi che sostanzialmente sono serviti solo a drenare soldi, i progetti spesso erano inconsistenti, e soprattutto non sono arrivati nelle zone rurali, dove vive gran parte della popolazione. Ci sarebbe bisogno di investimenti massicci in sanità e istruzione nelle zone rurali ma nessuno se ne occupa, i cooperanti non ci vanno. Chiaramente lei loda sia l'operato di Alberto Cairo ( croce rossa) che quello di Emergency, solo che è troppo poco rispetto ai bisogni. L'economia afghana non esiste, il paese si regge sui traffici illegali, armi e coltivazione del papavero da oppio, da qui la forza dei signori della guerra che controllano totalmente il territorio, i finanziamenti internazionali sono gestiti in maniera clientelare, il grosso della popolazione ha un'economia di sussistenza che si basa su allevamento e agricoltura, ma in condizioni peggiori del nostro medioevo. ( vi risparmio la condizione delle donne, ma ve lo immaginate), tutti i progetti fatti, anche quelli andati in porto sono gocce nel mare di sabbia, non essendoci un sistema economico sano e in movimento ma soprattutto rapina e corruzione è difficile portare avanti delle imprese. La situazione dei profughi che sono stati fatti rientrare in Afghanistan è disastrosa. I Talebani stanno tornando, e fanno leva sull?antiamericanismo che è in aumento, soprattutto dopo che la popolazione ha constatato il fatto che i criminali di guerra dominano le istituzioni "democratiche" col favore degli americani . Le forze militari internazionali non solo non intervengono per niente anche nelle situazioni di evidente spregio dei diritti umani, ma mantengono un ordine che è gestito dai criminali. Se gli statunitensi se ne andassero per loro non cambierebbe nulla. Non sa dire nulla delle forze armate di altra nazionalità ( incluse le nostre) perché sono comunque identificate con gli americani. Ha detto molte altre cose, anche sull'idea di democrazia. Ha sorriso un paio di volte per le nostre domande, ( quando lo fa le brillano gli occhi ) ha detto che le donne hanno bisogno di tutto ma soprattutto di sostegno morale, di sapere che è possibile vivere in modo diverso, ci ha raccontato il modo pratico in cui lei stessa riceve sostegno, ha lodato le donne della Rawa che portano avanti in condizioni difficilissime dei progetti per la sanità e l'istruzione delle donne ( arrivare a pensare se stesse come portatrici di diritti da far valere cambia radicalmente la vita delle donne). Che altro dirvi? Si, vi dico che Laura Quagliolo ( Din di Milano) Simona Cataldi e le nostre Gabriella e Carla hanno organizzato tutto in un lampo e sono state fantastiche.
A presto, Milva


Appello per Malalai Joya

Il 7 maggio scorso, la deputata afgana Malalai Joya, che solo pochi mesi fa abbiamo avuto ospite in Italia a ridosso del sorprendente risultato elettorale che ha ottenuto, è stata minacciata ed aggredita nel corso di un dibattito parlamentare indetto per commemorare la fine dell'occupazione sovietica. Malalai ha coraggiosamente ribadito che molti mujaeddin hanno fatto dell'Afghanistan liberato dai russi il fulcro di guerre civili ed internazionali che hanno decimato la popolazione, distrutto le infrastrutture e ridotto in macerie l'intero territorio. Non è la prima volta che questa giovane donna sfida i signori della guerra pretendendo che siano giudicati da un tribunale internazionale, l'opinione pubblica mondiale ha conosciuto la sua determinazione nel rappresentare la voce del suo amato popolo oppresso sin dal dicembre del 2003, quando, in qualità di rappresentante della sua provincia d'origine (Farah), prese parte ai lavori della Loya Jirga per ridisegnare la costituzione del paese e accusò, per la prima volta apertamente, molti dei presenti creando le stesse reazioni violente, incivili e antidemocratiche che oggi si sono ripetute in sede istituzionale. Da allora, Malalai non ha più smesso di lavorare per l?affermazione dello stato di diritto e per la democrazia. Il suo impegno costante e la sua determinazione sono stati formalmente riconosciuti a livello nazionale ed internazionale dal premio afgano "Malalai of Maiwand" nel 2001, dal premio "Donna dell'anno" della Val d'Aosta nel 2004 e dal premio per la pace coreano "Gwangju Human Rights Award" nel 2006. A simili onori, tuttavia, non ha mai fatto seguito un'iniziativa concreta da parte della comunità internazionale per garantire la sicurezza e l' incolumità della deputata costretta ogni giorno a cambiare residenza a causa delle continue minacce di morte che riceve. Nel corso degli ultimi anni, la protezione dell'Onu è stata sporadica e limitata e solo il lavoro volontario della società civile afgana, che ha fondato un Comitato di difesa (Defence Committee of Malalai Joya: www.malalaijoya.com), ha protetto la giovane da attentati e aggressioni compresa quella molto recente (18 aprile) che ha coinvolto alcuni impiegati del Dipartimento contro il terrorismo del Ministero degli Interni, legati al partito di Rabbani "Jamiat-e-Islami" una delle principali fazioni dell'alleanza del Nord. I fatti recenti rimettono in discussione l'efficacia del modello di intervento americano che propugnava l'esportazione della democrazia e la "guerra al terrorismo". Lasciano intravedere, infatti, uno scenario che lungi dall'essere pacificato, resta devastante e segnato dalla crescita della criminalità e del fondamentalismo religioso, quello stesso fondamentalismo che la comunità internazionale ha condannato e contro il quale ha invocato un intervento militare. Narcotraffico, signori della guerra e milizie private controllano l'intero paese, devastato dalla corruzione. Elezioni presidenziali e politiche hanno decretato la nascita della Repubblica Islamica dell'Afghanistan, ma nessuno ha messo in discussione l'effettiva rappresentatività del nuovo governo sorto in un clima di assoluta insicurezza, all'insegna di minacce ed intimidazioni di ogni genere, più volte denunciate dalla società civile. "La democrazia in Afghanistan- sostiene Malalai Joya - ha significato l'imposizione dell'Alleanza del Nord, vale a dire di signori della guerra che, nel nome della Jihad in passato, nel nome della democrazia oggi, commettono gli stessi enormi e deprecabili crimini che violano i diritti umani della popolazione". L'impunità compromette irrimediabilmente la stabilità del paese e, di fatto, rappresenta l'ostacolo principale al lungo e difficile percorso di ricostruzione e sviluppo democratico tanto auspicato dalla nostra politica d'intervento. Per questo riteniamo che l'Italia, in qualità di membro della coalizione contro il terrorismo, ha il dovere di sollecitare e contribuire al disarmo e all' incriminazione dei signori della guerra. Coerentemente all'impegno che abbiamo assunto contro la guerra, la violazione dei diritti umani universali ed il fondamentalismo religioso, ed in sintonia con la risoluzione approvata all'unanimità dal Consiglio regionale della Valle d'Aosta, riteniamo che l'aggressione a Malalai Joya in sede parlamentare -mina alla base il ruolo precipuo di ogni rappresentante del popolo oltre che il prestigio stesso delle istituzioni. Riteniamo, inoltre, doveroso che i nostri rappresentanti al Parlamento e i Presidenti della Camera e del Senato denuncino ufficialmente la gravità dell'atto intimidatorio contro la deputata Malalai Joya e consideriamo indispensabile che all'accaduto faccia seguito un approfondimento sulle reali condizioni del paese e una verifica dell?effettiva legittimità delle istituzioni afgane recentemente costituitesi.

Le Donne in nero e il Coordinamento Nazionale a sostegno delle donne afgane -CISDA.

Doriana Goracci
mercoledì 31 maggio 2006