Fw: Bush il grande...



Ve le propongo anch'io.
Buona riflessione
anna
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Preciso, schietto, lapidario, senza sconti alle furbizie e alle diplomazie!
E' sempre lui, Raniero La Valle.
Vi propongo le sue riflessioni sulla gestione-Bush delle nuove emergenze
planetarie.
Un abbraccio a tutti, tutti, tutti.
Aldo
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NEW YORK E NEW ORLEANS

(R. La Valle su Rocca 18/05)



Non era ma, successo che un presi?dente americano perdesse due grattacieli
di New York, una città come New Orleans, e facesse due guerre senza
vincerle come in Af?ghanistan e in Iraq. Ciò è riuscito a Bush, che
rappresenta ormai una specie di prova regina contro la democrazia
presi?denziale, perché è un presidente che perde tutto e vince le elezioni,
riuscendo nell’im?presa di essere il peggior presidente possi?bile nel
peggior momento possibile. A dire queste cose ieri si passava per
antiamerica?ni, oggi è tutta l’America che lo dice.

La perdita di New Orleans è molto più gra?ve, per l’America e per il mondo,
della per?dita delle Due Torri. Nessuna delle due è stata una disgrazia,
frutto di un fato impre?vedibile. Se non si vuole pensare, con un rozzo
provvidenzialismo, che sia Dio ad armare la mano dei kamikaze, a mandare
gli uragani e a spedire Bush alla Casa Bian?ca («se sono qui, disse il
presidente neo-cristiano al cardinale Laghi prima della guer?ra all’Iraq,
vuol dire che Dio c’è») queste catastrofi sono opera umana, conseguenza di
scelte irresponsabili e di comportamenti iniqui che si sono protratti per
anni. Le Due Torri starebbero ancora lì, se gli Stati Uniti non avessero
confuso l’islam con gli harem, gli arabi con «vù cumprà» di basi militari e
di petrolio, e se i bulldozer non avessero raso al suolo le casupole e gli
oliveti dei palesti?nesi nella patria occupata. New Orleans non avrebbe
sperimentato l’abbandono, l’affron?to di essere presentata al mondo come
una città di jazz e di sciacalli, e il trauma di ve?dere irrompere i
soldati casa per casa con le armi in pugno per snidarne gli abitanti come
in un quartiere di Bagdad, se alla pro?tezione civile, cioè alla vita dei
cittadini, si prestasse un decimo dell’attenzione e dei denari che si
consacrano alla distruzione dei nemici e alla morte extra moenia.

La differenza tra Manhattan e New Orle?ans è che mentre le vittime delle
Due Torri hanno potuto essere usate per una colos?sale operazione politica
di espansione dell’impero che ha gettato il mondo nella guer?ra perpetua,
le vittime della Louisiana e del Mississippi non possono essere usate da
nessuno e gridano che il re è nudo. In verità anche quelle di New York
levavano lo stesso grido, ma esso è stato occultato dalla disinformazione,
dall’interdizione di ogni inchiesta indipendente, dalla soppres?sione
patriottica delle libertà civili e dal conformismo internazionale di massa,
e la conversione non c’è stata.

Ma dopo New Orleans la conversione è ne?cessaria, e i mentecatti devono
lasciare il potere. Erano anni che gli scienziati dice?vano che il
saccheggio della terra, la su?premazia del denaro, il vangelo della
com?petitività e la perdita di ogni regola nella produzione e nell’uso
dell’energia, avreb?bero provocato eventi meteorologici estre?mi, e città
intere sarebbero state sommer?se. È successo prima di quanto si pensas?se.
La tragedia di Katrina dice che non si può affrontare il diluvio con le
pompe, come non si può vuotare l’oceano con un cucchiaio. D’altronde
bisognerebbe evitare che il rimedio fosse di salvare pochi sopravviventi in
un’arca, un resto per ripo?polare la terra. L’arcobaleno c’è già stato,
come segno di un’alleanza il cui contenu?to era che tutti gli uomini
dovevano essere salvi.

In questa situazione, la politica concepita come risposta a una sorta di
ontologica polemicità del reale e come gestione del conflitto ineliminabile
con l’altro, lo stra?niero, il desiderante, intesi come nemico, deve essere
licenziata. La politica è la ge?stione della terra, patrimonio comune di
una umanità indivisa. Non si tratta solo di amarci, che può essere
considerato un lus?so di quanti si riconoscono figli di Dio. Non si tratta
solo di essere solidali, che può es?sere considerata un’eccedenza etica non
adatta alla modernità. Si tratta di ricono?scere che siamo consorti, cioè
che abbia?mo uno stesso destino. E ormai non fun?ziona più il calcolo di
trasferire i costi alle generazioni future, che è la rassicurazione
interessata di ogni apocalittica. Le genera?zioni destinate a pagare i
nostri conti, le nostre dissipazioni, le nostre violenze, si stanno
avvicinando sempre più, stanno di?ventando le generazioni dei nostri
nipoti, dei nostri figli. Lo stiamo diventando noi stessi. Questo è il
nuovo oggetto della poli?tica, non quello su cui ancora contendono gli
officianti di una politica in agonia, che rischia di trascinarci nella sua
stessa fine. Se non la riprendiamo in mano, ha ragione il direttore del
centro islamico di Bologna, a dire che nessuno è più innocente.

Sent: Sunday, October 02, 2005 8:28 PM
Subject: Bush il grande...