[Nonviolenza] La nonviolenza contro il razzismo. 76



 

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LA NONVIOLENZA CONTRO IL RAZZISMO

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Supplemento de "La nonviolenza e' in cammino" (anno XVII)

Numero 76 del 15 dicembre 2016

 

In questo numero:

1. Il fondamento di un ordinamento giuridico democratico

2. "Con gli occhi aperti, con vigile cuore". Una lettera aperta al Presidente del Consiglio dei Ministri

3. Enrico Peyretti: Commento al messaggio di papa Francesco per la Giornata della Pace

4. Mao Valpiana: La nonviolenza di Papa Francesco

 

1. IN BREVE. IL FONDAMENTO DI UN ORDINAMENTO GIURIDICO DEMOCRATICO

 

Una persona, un voto.

 

2. REPETITA IUVANT. "CON GLI OCCHI APERTI, CON VIGILE CUORE". UNA LETTERA APERTA AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

 

Oggetto: La nuova legge elettorale riconosca finalmente il diritto di voto a milioni di persone residenti in Italia cui attualmente e' negato questo fondamentale diritto democratico

Egregio Presidente del Consiglio dei Ministri,

il suo Governo accompagnera' il Parlamento in questi mesi in cui le Camere saranno chiamate ad elaborare la nuova legge elettorale.

Credo non sfugga a nessuno che nel nostro paese vivono e lavorano milioni di persone alle quali, per essere nate altrove, non e' attualmente riconosciuto il diritto di voto. Ma la grandissima parte di queste persone, per scelta o per costrizione, vivranno qui per gran parte o per tutto il resto della loro vita; e fin d'ora e' qui che pagano le tasse, e' qui che mandano a scuola i loro figli, rispettano le leggi del nostro paese, contribuiscono alla ricchezza del nostro paese, sono parte dell'Italia cosi' come lo sono i nativi.

Il fatto che sia loro negato il diritto di voto significa che si impedisce che possano prendere parte alle decisioni pubbliche che riguardano anche le loro esistenze.

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Egregio Presidente del Consiglio dei Ministri,

lei ricordera' il motto che diede inizio alla rivoluzione americana: "No taxation without representation"; in Italia oggi ci sono milioni di persone che pagano le tasse ma non hanno diritto di rappresentanza nelle istituzioni pubbliche.

Lei ricordera' anche il principio stesso della democrazia: "Una persona, un voto"; in Italia oggi ci sono milioni di persone cui e' negato il primo, essenziale, fondamentale diritto democratico.

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Egregio Presidente del Consiglio dei Ministri,

il mondo e' certo profondamente cambiato in questi ultimi decenni: in passato in Italia le persone nate altrove erano poche, ma adesso sono milioni; e per una grandissima parte di questi milioni di esseri umani l'Italia non e' un luogo di transito in cui fermarsi per breve tempo, ma il paese in cui vive da anni, e vivra' per molti anni ancora: sono milioni di esseri umani che dobbiamo riconoscere non solo come nostri fratelli e sorelle, ma come nostri reali concittadini, come nostri autentici compaesani.

Se la loro piena dignita' umana non e' riconosciuta qui, non lo sara' mai in nessun altro luogo; se i loro diritti politici non sono riconosciuti qui, non lo saranno mai in nessun altro luogo. Di questo stiamo parlando: del riconoscimento della piena dignita' umana di milioni di esseri umani che vivono qui, che vivono con noi, che sono i nostri colleghi di lavoro, i nostri vicini di casa, i nostri conoscenti, i nostri amici, che condividono con noi la vita quotidiana.

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Egregio Presidente del Consiglio dei Ministri,

lei sa anche che finche' non si riconoscera' a questi milioni di persone nostri effettivi compaesani il diritto di voto, essi saranno tenuti in una condizione di soggezione, saranno esposti alla violenza razzista e schiavista, poiche' lo stesso stato italiano ancor oggi non riconosce loro pieni diritti.

Lei sa che per sconfiggere nel nostro paese razzismo e schiavismo occorre innanzitutto far cessare il regime di effettuale segregazione politica in cui sono tenute milioni di persone cui e' ancora assurdamente negato il diritto di voto.

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Egregio Presidente del Consiglio dei Ministri,

lei ricordera' come me quel dibattito che ebbe luogo sul finire del secolo scorso e mise capo alla legge 40/1998 (la cosiddetta legge Turco-Napolitano), e ricordera' quindi anche che all'epoca vi era gia' un ampio consenso sulla necessita' di riconoscere il diritto di voto almeno nelle elezioni amministrative a tutti gli stranieri residenti in Italia.

Ricordera' anche che gia' da anni vi sono stranieri che votano in Italia nelle elezioni amministrative (oltre che in quelle per il Parlamento europeo): sono le persone straniere residenti in Italia provenienti da paesi membri dell'Unione Europea.

E ricordera' anche che in altri paesi europei trascorso un lasso di tempo talvolta dell'ordine di pochi mesi il diritto di voto - particolarmente per le elezioni amministrative - e' riconosciuto a tutti i residenti anche non nativi.

Orbene, sembra essere opinione prevalente che per l'attribuzione del diritto di voto nelle elezioni politiche a tutti gli stranieri residenti in Italia sia necessaria una modifica costituzionale; mentre per le elezioni amministrative e' sufficiente una legge ordinaria.

Ignoro se il Parlamento nella sua composizione attuale possa raggiungere un persuaso consenso nel legiferare il riconoscimento del diritto di voto nelle elezioni politiche a tutti i residenti in Italia; ma almeno il riconoscimento del diritto di voto nelle elezioni amministrative a tutti i residenti in Italia con legge ordinaria non dovrebbe incontrare obiezioni.

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Egregio Presidente del Consiglio dei Ministri,

guardiamo la realta' ad occhi aperti, con non offuscata ragione, con cuore vigile: se in un paese si nega il diritto di voto a milioni di persone che in quel paese vivono, ebbene, in quel paese non vi e' piu' una vera democrazia.

L'Italia repubblicana, democratica, antifascista non puo' essere un regime razzista; l'Italia repubblicana, democratica, antifascista non puo' piu' negare il diritto di voto a milioni di persone che vivono qui.

Augurandole ogni bene,

Peppe Sini, responsabile del "Centro di ricerca per la pace e i diritti umani" di Viterbo

Viterbo, 14 dicembre 2016

 

3. RIFLESSIONE. ENRICO PEYRETTI: COMMENTO AL MESSAGGIO DI PAPA FRANCESCO PER LA GIORNATA DELLA PACE

[Enrico Peyretti (1935) e' uno dei maestri della cultura e dell'impegno di pace e di nonviolenza; e' stato presidente della Fuci tra il 1959 e il 1961; nel periodo post-conciliare ha animato a Torino alcune realta' ecclesiali di base; ha insegnato nei licei storia e filosofia; ha fondato con altri, nel 1971, e diretto fino al 2001, il mensile torinese "il foglio", che esce tuttora regolarmente; e' ricercatore per la pace nel Centro Studi "Domenico Sereno Regis" di Torino, sede dell'Ipri (Italian Peace Research Institute); e' membro del comitato scientifico del Centro Interatenei Studi per la Pace delle Universita' piemontesi, e dell'analogo comitato della rivista "Quaderni Satyagraha", edita a Pisa in collaborazione col Centro Interdipartimentale Studi per la Pace; e' membro del Movimento Nonviolento e del Movimento Internazionale della Riconciliazione; collabora a varie prestigiose riviste. Tra le opere di Enrico Peyretti: (a cura di), Al di la' del "non uccidere", Cens, Liscate 1989; Dall'albero dei giorni, Servitium, Sotto il Monte 1998; La politica e' pace, Cittadella, Assisi 1998; Per perdere la guerra, Beppe Grande, Torino 1999; Dov'e' la vittoria?, Il segno dei Gabrielli, Negarine (Verona) 2005; Esperimenti con la verita'. Saggezza e politica di Gandhi, Pazzini, Villa Verucchio (Rimini) 2005; Il diritto di non uccidere. Schegge di speranza, Il Margine, Trento 2009; Dialoghi con Norberto Bobbio, Claudiana, Torino 2011; Il bene della pace. La via della nonviolenza, Cittadella, Assisi 2012; Elogio della gratitudine, Cittadella, Assisi 2015; e' disponibile nella rete telematica la sua fondamentale ricerca bibliografica "Difesa senza guerra. Bibliografia storica delle lotte nonarmate e nonviolente", che e' stata piu' volte riproposta anche su questo foglio; vari suoi interventi (articoli, indici, bibliografie) sono anche nei siti: www.cssr-pas.org, www.ilfoglio.info e alla pagina web http://db.peacelink.org/tools/author.php?l=peyretti Un'ampia bibliografia (ormai da aggiornare) degli scritti di Enrico Peyretti e' in "Voci e volti della nonviolenza" n. 68]

 

Questo messaggio di papa Francesco (si legge in vatican.va), oltre la nota freschezza e chiarezza del linguaggio, mi pare che abbia l'importanza di un passo storico. Non e' solo una giusta esortazione alla pace, ma indica la nonviolenza interiore, attiva e politica come via alla pace. E' anche importante che in un documento di questa levatura la parola sia scritta unita (nonviolenza) e non staccata (non violenza), per esprimerne il carattere positivo e non solo negativo. Non si tratta tanto di non fare violenza, quanto di gestire i conflitti naturali della vita con forze umane costruttive. Francesco sottolinea il carattere attivo e costruttivo della linea culturale-morale-politica nonviolenta.

Nessuno puo' dirsi nonviolento, neppure Gandhi. Una volta egli si chiese: "Ho io in me la nonviolenza dei forti? Solo la mia morte lo mostrera'. Se qualcuno mi uccidesse e io morissi con una preghiera per il mio assassino sulle labbra, e il ricordo di Dio e la consapevolezza della sua viva presenza nel santuario del mio cuore, allora soltanto si potra' dire che ho la nonviolenza dei forti" (1). Gandhi mori' cosi', da santo: aveva la nonviolenza del forte. Ma noi, se non abbiamo una fede cosi' grande, ci diciamo soltanto, come Aldo Capitini, "amici della nonviolenza", che cerchiamo e studiamo.

Papa Francesco assume e propone questo concetto dinamico, euristico, della nonviolenza: una ricerca, un cammino verso la pace, "l'unica e vera linea dell'umano progresso" (citando Paolo VI, al n. 1 del messaggio). In questo documento il papa raccoglie e sviluppa decisamente lo spirito e la linea tracciata, elaborata e sperimentata da movimenti cristiani e non cristiani, prima e dopo le maggiori pronunce cattoliche nella Pacem in Terris e nel Concilio, e quelle del Consiglio Ecumenico delle Chiese. Un'ultima espressione importante di questo lavoro di base e' l'"Appello alla Chiesa Cattolica per promuovere la centralita' della nonviolenza evangelica", rivolto dai partecipanti all'incontro su "Nonviolenza e Pace giusta" (Roma, 11-13 aprile 2016, convocato da Pax Christi International, dal Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, Uisg/Usg e molte altre organizzazioni cattoliche internazionali). Quell'appello diceva anche: "Noi proponiamo che la Chiesa cattolica sviluppi e prenda in considerazione il passaggio a un approccio di Pace giusta basato sulla nonviolenza evangelica". Francesco risponde anche a questo appello. Il suo ministero cattolico si avvale anche della collaborazione dei laici cattolici e non cattolici.

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La pace giusta

Il concetto di "pace giusta", basata sulla giustizia, sta sostituendo positivamente l'antico concetto di "guerra giusta", o meglio giustificata a determinate condizioni, che per secoli e' stato centrale nella riflessione morale cristiana sulla guerra, e abusato dalla volonta' di potenza di sovrani e stati. La nonviolenza e' stata a lungo vista come virtu' personale - e certamente lo e', come ribadisce papa Francesco in questo messaggio, perche' tutto comincia dal cuore - ma estranea alla politica, consegnata alla volonta' di successo con ogni mezzo. La cultura della pace dell'ultimo secolo compie proprio il passaggio dalla mitezza privata alla nonviolenza attiva come carattere della politica giusta. E papa Francesco si pone esattamente in questa evoluzione di cultura e di etica politica, con l'indicare la nonviolenza come "stile" di una politica che lavori per la pace, per l'umanizzazione, per il bene comune e per la stessa sopravvivenza dell'umanita'.

La nonviolenza positiva si esercita nei rapporti interpersonali, sociali, internazionali. Come nei conflitti micro, cosi' anche nei meso e macroconflitti, tutti possono essere protagonisti, e non solo chi - stati, eserciti, potenze - ha forze materiali tremende per decidere e imporre soluzioni. Persino le vittime, dice Francesco! "Quando sanno resistere alla tentazione della vendetta, le vittime della violenza possono essere i protagonisti piu' credibili di processi nonviolenti di costruzione della pace" (n.1 del testo). La loro forza e' la forza della coscienza e dell'unita' umana, che certamente ha bisogno di consapevolezza, cioe' educazione e cultura, ha bisogno di coraggio, sostenuto dai cooperatori e dal clima morale, come hanno saputo fare i leaders citati dal papa nelle lotte nonviolente, piu' convenienti ed efficaci delle guerre e rivoluzioni armate. Qui possiamo ricordare che su 323 rivoluzioni del secolo XX, quelle nonviolente sono state un centinaio, e hanno avuto successo al 53%; quelle violente, invece, al 26%. Nel periodo 1975-2002, sono state 47 le rivoluzioni nonviolente, o per lo piu' non violente; su 18 condotte da forze nonviolente e coese, 17 hanno vinto e una sola ha avuto un successo parziale (2).

Nella "guerra mondiale a pezzi", si chiede il papa, siamo oggi piu' consapevoli o piu' assuefatti? C'e' oggi meno violenza di ieri? Quest'ultima e' la tesi ottimistica di Steven Pinker (3). A questa tesi porta una correzione importante Giuliano Pontara, maestro negli studi gandhiani: "Pinker calcola la violenza di una guerra in relazione alla popolazione mondiale al tempo in cui la guerra avviene" e cosi' la peggiore atrocita' risulta per lui un'antica guerra civile cinese, nell'ottavo secolo, che fece 36 milioni di morti, pari a un sesto della popolazione mondiale stimata di allora. Ma la misura oggi comunemente impiegata, piu' aderente, per calcolare la violenza di una guerra e' il numero di morti all'anno su centomila persone: con questa misura "la seconda guerra mondiale risulta essere la guerra piu' violenta sinora verificatasi sul pianeta". Se si calcolano anche i lunghi effetti collaterali sugli innocenti e sull'ambiente "la guerra e' oggi moralmente ingiustificabile" (4).

Percio', nessun ottimismo, e invece tutto l'allarme che Francesco ripete sulla guerra mondiale fatta di varie guerre in corso nel mondo, causate dalla volonta' di dominio e di speculazione.

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L'illusione delle armi

A che scopo la grande violenza militare? Permette forse di raggiungere obiettivi di valore duraturo? Tutto quello che ottiene e' scatenare rappresaglie e spirali di conflitti letali, e enormi sofferenze e danni, ma benefici solo a pochi "signori della guerra", dice chiaramente il papa (cfr n. 2). "Grandi quantita' di risorse sono destinate a scopi militari e sottratte alle esigenze quotidiane (...) della grande maggioranza degli abitanti del mondo" (n. 2). "La forza delle armi e' ingannevole" (n. 4).

Il pensiero della pace, da sempre (Erasmo, Kant, Simone Weil...), denuncia la tragica illusione che le armi omicide possano ottenere vera difesa, liberazione e giustizia. Le armi comportano un alto rischio di disumanizzazione per chi le usa, sia pure come tragica necessita' contro una piu' grave violenza. Le armi, o stabiliscono al potere nuovi violenti, o impegnano ad un lungo lavoro di purificazione chi si e' sentito obbligato dalla situazione ad usarle. Il cammino della nonviolenza non condanna, per esempio, la Resistenza al nazifascismo, anzitutto perche' fu in gran parte una alta reazione morale, con mezzi nonviolenti, e non fu unicamente armata, e poi perche' e' progredita la coscienza ed e' cresciuta la conoscenza dei metodi e delle esperienze nonviolente. "Se facessimo la resistenza come l'abbiamo fatta ieri, con l'animo di oggi, saremmo in peccato" scriveva gia' nei primi anni '50 Primo Mazzolari (5).

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Gandhi non e' assolutista

L'insegnamento di Gandhi non e' assolutista. Insegnava chiaramente che alla violenza non si deve sottomettersi, ma si deve opporsi anche col patire (che non e' subire); per non essere vili, collaboratori passivi del male, si deve opporsi e disobbedire, in casi estremi anche con la violenza. Scriveva: "Credo che nel caso in cui l'unica scelta possibile fosse quella tra la codardia e la violenza, io consiglierei la violenza. [...] Tuttavia sono convinto che la nonviolenza e' infinitamente superiore alla violenza, che il perdono e' cosa piu' virile della punizione" (6). E se qualcuno ha voluto vedervi una concessione alla violenza necessaria, Gandhi ha scritto pure: "Non ho mai considerato la violenza come una cosa permessa. Ho semplicemente distinto tra il coraggio e la codardia. L'unica cosa lecita e' la nonviolenza. La violenza non puo' mai essere lecita (...) rispetto alla legge fatta dalla natura per l'uomo. Tuttavia, sebbene la violenza non sia lecita, quando viene usata per autodifesa o a protezione degli indifesi, essa e' un atto di coraggio, di gran lunga migliore della codarda sottomissione. Quest'ultima non reca beneficio a nessun uomo e a nessuna donna. Nella violenza esistono molti gradi e varieta' di coraggio. Ciascun uomo deve saperli giudicare da solo. Nessun altro puo' farlo o ha il diritto di farlo al suo posto" (7).

Dunque, al male (dominio, ingiustizia) si deve anzitutto reagire, e poi si deve scegliere tra i mezzi violenti e i mezzi nonviolenti della risposta. Ecco dunque che la nonviolenza e' tutto l'opposto della rassegnazione passiva, e' parte attiva nel rifiutare la prima violenza, ed e' l'alternativa di valore morale e pratico alle reazioni violente che imitano (e cosi' confermano) la violenza precedente. Questa violenza non e' solo quella delle armi, diretta, materiale, e' molto piu' spesso una violenza strutturale, nelle divisioni sociali, nelle leggi discriminanti, nell'economia che non serve alla vita ma al profitto. Parlando di Madre Teresa il papa afferma che i potenti della terra, devono "riconoscere le loro colpe dinanzi ai crimini - dinanzi ai crimini! - della povertà creata da loro stessi" (n. 4). C'e' una violenza statica esercitata delle enormi diseguaglianze che causano poverta' e offesa. A questa violenza economica sistemica e' giusto opporsi con metodi e mezzi nonviolenti. In questo impegno inventivo e costruttivo lavorano, con una miriade di esperienze molecolari non clamorose, i movimenti nonviolenti di base. E' importante che l'informazione faccia conoscere queste esperienze per incoraggiare (la disperazione e' cattiva consigliera) le popolazioni sulla via della giustizia nonviolenta. La nonviolenza ha una storia e una presenza, non e' solo utopia (v. in rete "Difesa senza guerra").

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Gesu' leader nonviolento

Anche se noi cristiani, suoi seguaci nei secoli, abbiamo concesso troppo, per poca fede, nel giustificare i metodi violenti, Gesu' di Nazareth e' un vero precursore dei leaders moderni della nonviolenza, che lo riconoscono come tale. Nel discorso della montagna sulla vera felicita', nell'amore per gli ultimi e l'indipendenza dai potenti, nel coraggio con cui mori' per amore fedele alla verita' e all'umanita', difendendosi unicamente con gesti e parole di verita', Gesu' ha lottato contro il male con la pura forza dell'amore. Gandhi chiamo' "satyagraha" il proprio metodo di lotta giusta, parola che significa appunto forza dell'amore, o dell'anima, o della verita', insistenza per la verita'. Martin Luther King lo intende come "la forza di amare". Percio' la nonviolenza e' anzitutto una qualita' interiore, del cuore, continuamente da educare e rieducare. A questo livello radicale Gesu' "traccio' la via della nonviolenza", dice Francesco (n. 3). E' di grande importanza che il pensiero cristiano, dopo un lungo tempo di spiritualismo rassegnato alla violenza del mondo, ritrovi proprio nel Maestro lo spirito di amore forte e resistente contro il male, senza concessioni alla fatalita' della violenza in un mondo irrimediabilmente malvagio.

Fra i maggiori casi storici di lotte nonviolente, papa Francesco ricorda il 1989, la caduta senza violenza dei regimi comunisti nell'Europa dell'est, anche con l'impegno spirituale e attivo delle comunita' cristiane. Giovanni Paolo II evidenziava (nella Centesimus annus, n. 23) che un cambiamento epocale nella vita dei popoli, delle nazioni e degli Stati si realizza "mediante una lotta pacifica, che fa uso delle sole armi della verita' e della giustizia".

Papa Francesco rivendica alla Chiesa di essersi impegnata per la promozione della pace in molti Paesi, con strategie nonviolente "sollecitando persino gli attori piu' violenti in sforzi per costruire una pace giusta e duratura", ma riconosce apertamente che "questo impegno a favore delle vittime dell'ingiustizia e della violenza non e' un patrimonio esclusivo della Chiesa Cattolica, ma e' proprio di molte tradizioni religiose". Ecco come la conoscenza, il dialogo e la collaborazione tra le religioni e' un forte fattore di pace giusta. Francesco ribadisce con forza: "Nessuna religione e' terrorista". "Mai il nome di Dio puo' giustificare la violenza. Solo la pace e' santa. Solo la pace e' santa, non la guerra!" (n. 4).

Se le religioni, nelle loro espressioni autentiche, scelgono insieme lo spirito e la pratica della nonviolenza, possono dare un robusto contributo a radicare nei cuori delle persone e nelle tradizioni civili i fondamenti della pace giusta. Opponiamoci a pessimismi e disperazione con questo esaltante impegno comune.

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Pace in casa e nel mondo

Poiche' la pace si fonda nei cuori, essa passa attraverso le relazioni piu' prossime, come la famiglia, per impregnare i popoli e arrivare ad essere pace nel mondo. Attriti e conflitti si elaborano col dialogo, rispetto, ricerca del bene altrui, misericordia e perdono. Questa e' una concreta sottolineatura nel Messaggio di papa Francesco. Egli supplica che si arrestino violenza domestica e abusi su donne e bambini. Con la stessa urgenza, perche' donne e bambini valgono come tutto il mondo, e viceversa, egli rivolge "un appello in favore del disarmo, nonche' della proibizione e dell'abolizione delle armi nucleari: la deterrenza nucleare e la minaccia della distruzione reciproca assicurata non possono fondare questo tipo di etica" (n. 5).

Tutto cio' e' anche "un programma e una sfida per i leader politici e religiosi, per i responsabili delle istituzioni internazionali e i dirigenti delle imprese e dei media di tutto il mondo, (...) una sfida a costruire la societa', la comunita' o l'impresa di cui sono responsabili con lo stile degli operatori di pace; a dare prova di misericordia rifiutando di scartare le persone, danneggiare l'ambiente e voler vincere ad ogni costo" (...). "La nonviolenza attiva e' un modo per mostrare che davvero l'unita' e' piu' potente e piu' feconda del conflitto. Tutto nel mondo e' intimamente connesso".

Mentre la violenza semplifica tagliando, sacrificando e impoverendo la realta', con l'azione costruttiva e nonviolenta, "le tensioni e gli opposti [possono] raggiungere una pluriforme unita' che genera nuova vita", conservando "le preziose potenzialita' delle polarita' in contrasto" (n. 6). Infatti, la pace giusta e' plurale, non fa deserto, non livella e non assorbe, non e' la pace imperiale schiacciante, ma favorisce l'armonia delle differenze, che sono la ricchezza della vita.

Un annuncio importante e' dato da Francesco in questo messaggio: il primo gennaio 2017 nasce il nuovo Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale, mediante il quale la Chiesa Cattolica vuole accompagnare ogni tentativo di costruzione della pace con la nonviolenza attiva e creativa, e promuovere la giustizia, la pace e la salvaguardia del creato, la sollecitudine verso i migranti, tutti i bisognosi, le vittime dei conflitti armati e di qualunque forma di schiavitu' e di tortura. Francesco propone di impegnarci a diventare persone intimamenmte nonviolente, a costruire comunita' nonviolente, che si prendono cura della casa comune. "Tutti possono essere artigiani di pace" (n. 7).

I nonviolenti, i loro vari movimenti, i centri studi e gruppi locali, fino alle reti mondiali per la nonviolenza, di qualunque religione o visione di vita, possono sentirsi riconosciuti, incoraggiati, sostenuti e impegnati da questo messaggio di un leader morale come e' per tutti Francesco.

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Note

1. Gandhi, Antiche come le montagne, Ed. di Comunita' 1965, pp. 95-96.

2. Antonino Drago, Le rivoluzioni nonviolente dell'ultimo secolo, Ediz. Nuova Cultura, Roma 2010. Le fonti di Drago sono statunitensi: P. Ackerman e A. Karatnycky: How Freedom is Won. From Civic Resistance to Durable Democracy. Freedom House, Washington, 2005. M.J. Stephan e E. Chenoweth, Why Civil Resistance Works, International Security, 33, 1/2008, 7-44.

3. Steven Pinker, Il declino della violenza: Perche' quella che stiamo vivendo e' probabilmente l'epoca piu' pacifica della storia, Mondadori, 2013.

4. Giuliano Pontara, Quale pace?, Mimesis 2016, pp. 16-17.

5. Primo Mazzolari, Tu non uccidere (originale La Locusta 1955, p. 86); Edizioni Paoline, 2002, p. 81; edizione critica EDB 2015, p. 149.

6. "Young India", 11 agosto 1920.

7. "Harijan", 27 ottobre 1946.

 

4. RIFLESSIONE. MAO VALPIANA: LA NONVIOLENZA DI PAPA FRANCESCO

[Mao (Massimo) Valpiana e' una delle figure piu' belle e autorevoli della nonviolenza in Italia; e' nato nel 1955 a Verona dove vive e ha lavorato come assistente sociale e giornalista; fin da giovanissimo si e' impegnato nel Movimento Nonviolento (si e' diplomato con una tesi su "La nonviolenza come metodo innovativo di intervento nel sociale"); attualmente e' presidente del Movimento Nonviolento, responsabile della Casa per la nonviolenza di Verona e direttore della rivista mensile "Azione nonviolenta", fondata nel 1964 da Aldo Capitini. Obiettore di coscienza al servizio e alle spese militari ha partecipato tra l'altro nel 1972 alla campagna per il riconoscimento dell'obiezione di coscienza e alla fondazione della Lega obiettori di coscienza (Loc), di cui e' stato segretario nazionale; durante la prima guerra del Golfo ha partecipato ad un'azione diretta nonviolenta per fermare un treno carico di armi (processato per "blocco ferroviario", e' stato assolto); e' inoltre membro del comitato scientifico e di garanzia della Fondazione Alexander Langer Stiftung; fa parte del Comitato per la difesa civile non armata e nonviolenta istituito presso L'Ufficio nazionale del servizio civile; e' socio onorario del Premio nazionale "Cultura della pace e della nonviolenza" della Citta' di Sansepolcro; ha fatto parte del Consiglio della War Resisters International e del Beoc (Ufficio Europeo dell'Obiezione di Coscienza); e' stato anche tra i promotori del "Verona Forum" (comitato di sostegno alle forze ed iniziative di pace nei Balcani) e della marcia per la pace da Trieste a Belgrado nel 1991; nel giugno 2005 ha promosso il digiuno di solidarieta' con Clementina Cantoni, la volontaria italiana rapita in Afghanistan e poi liberata. Con Michele Boato e Maria G. Di Rienzo ha promosso l'appello "Crisi politica. Cosa possiamo fare come donne e uomini ecologisti e amici della nonviolenza?" da cui e' scaturita l'assemblea di Bologna del 2 marzo 2008 e quindi il manifesto "Una rete di donne e uomini per l'ecologia, il femminismo e la nonviolenza". E' stato fondamentale ideatore, animatore e portavoce dell'"Arena di pace e disarmo" del 25 aprile 2014 e coordina la campagna "Un'altra Difesa e' possibile". Un suo profilo autobiografico, scritto con grande gentilezza e generosita' su nostra richiesta, e' nel n. 435 del 4 dicembre 2002 de "La nonviolenza e' in cammino"; una sua ampia intervista e' nelle "Notizie minime della nonviolenza in cammino" n. 255 del 27 ottobre 2007; un'altra ampia intervista e' in "Coi piedi per terra" n. 295 del 17 luglio 2010]

 

Non sembri strano che un'associazione laica come il Movimento Nonviolento plauda al documento che Papa Francesco ha redatto in preparazione della cinquantesima Giornata mondiale della pace, che si celebra il primo gennaio 2017. Il messaggio "La nonviolenza: stile di una politica per la pace" ci pare un testo particolarmente significativo, che va oltre l'ambito cattolico, importante per i suoi contenuti e per l'autorevolezza della fonte.

Ripensiamo ora alle parole profetiche di Aldo Capitini, che nel libro In cammino per la pace, del 1961, scrisse: "Quando tra il popolo piu' umile, e tanto importante, dell'Italia si arrivasse a mettere il ritratto di Gandhi in chiesa tra i santi, avremmo quella riforma religiosa che l'Italia aspetta dal Millecento, da Gioacchino da Fiore". Forse davvero un passo in quella direzione e' stato compiuto.

Il testo non contiene novita' dal punto di vista della teoria e della pratica della nonviolenza, ma il fatto che il Pontefice riconosca ad essa la supremazia e la indichi come mezzo per "guidare il modo in cui ci trattiamo gli uni gli altri nei rapporti interpersonali, in quelli sociali e in quelli internazionali", e come "stile caratteristico delle nostre decisioni, delle nostre relazioni, delle nostre azioni, della politica in tutte le sue forme", e' un segno che ha un valore inestimabile.

Finalmente la nonviolenza viene intesa per quello che e': non semplice a-violenza, e non mera applicazione del metodo democratico, ma come forma efficace, rivoluzionaria, per rendere testimonianza alla verita'. La nonviolenza e' un metodo avanzato di azione per risolvere i conflitti.

E' assolutamente positiva la scelta di Francesco di sottolineare che il documento pontificio sulla nonviolenza fa riferimento alla nonviolenza specifica, attiva, gandhiana. Tra l'altro, e non e' solo un'osservazione stilistica, finalmente in un documento ufficiale del Vaticano leggiamo il termine "nonviolenza" scritto giustamente come una parola unica, cosi' come voleva il fondatore del nostro movimento, Aldo Capitini, per dare il senso di una proposta costruttiva, in positivo e non solo come rinuncia alla violenza fisica. Gandhi la chiamava "satyagraha", cioe' "forza della verita'" proprio per dare l'idea di una forza attiva, e non di una debolezza passiva. Ed e' "cosa buona e giusta" che il Papa nel documento si riferisca proprio alle origini storiche della nonviolenza politica: Mohandas Gandhi, Martin Luther King, e anche Abdul Khan, il cosiddetto "Gandhi musulmano" che organizzo' un corpo di volontari della nonviolenza, un vero e proprio esercito per la pace costituito da diecimila e piu' persone.

Come ricorda Francesco, infatti, la nonviolenza e' uno stile, l'arte di vivere, che deve permeare tutta la nostra esistenza. Non a caso il Papa, nelle prime righe del messaggio, si rivolge anche ai bambini e alle bambine e ricorda che la nonviolenza nasce dal cuore dell'individuo e deve giungere fino alla politica internazionale. E' questa la grandissima novita' del documento. La nonviolenza non piu' intesa come una via personale di salvezza, ma come metodo politico di azione sociale e anche per i rapporti tra gli Stati. E questo significa rivedere tutte le politiche militari di quest'ultimo secolo che ci stanno portando drammaticamente alla Terza guerra mondiale a pezzi. E' dunque un documento che, se preso sul serio, deve interpellare tutti perche' contiene indicazioni pratiche di una novita' rivoluzionaria che portano alla disobbedienza civile, all'obiezione di coscienza e al disarmo unilaterale, allo smantellamento della difesa armata per organizzare una difesa civile non armata e nonviolenta.

Non sappiamo a quali fonti, oltre a quella originale evangelica, si sia ispirato Francesco per redarre questo documento. Certamente possiamo riconoscervi tracce del pensiero dell'antropologo Rene' Girard (La matrice sociale della violenza), del filosofo francese Jean Marie Muller (Il Vangelo della nonviolenza) e del filosofo della politica Giuliano Pontara (La personalita' nonviolenta; L'antibarbarie; Teoria e pratica della nonviolenza),  uno dei massimi studiosi della nonviolenza a livello internazionale.

Il Papa e' una guida spirituale. A lui spetta il compito di indicare la via, poi sta a ciascuna persona, cattolica o laica, cristiana o atea, di qualsiasi altra fede o agnostica, accettare o meno il messaggio. Dopo questo documento, che si rivolge all'intera umanita', la nonviolenza non potra' piu' essere ignorata all'interno della Chiesa cattolica e da chi ad essa guarda con attenzione e partecipazione. Convertirsi alla nonviolenza e' ora il programma cui tanti credenti devono ispirarsi.

 

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LA NONVIOLENZA CONTRO IL RAZZISMO

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Supplemento de "La nonviolenza e' in cammino" (anno XVII)

Numero 76 del 15 dicembre 2016

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