[Nonviolenza] Telegrammi. 2526



 

TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO

Numero 2526 dell'8 novembre 2016

Telegrammi quotidiani della nonviolenza in cammino proposti dal Centro di ricerca per la pace e i diritti umani di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza (anno XVII)

Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it , centropacevt at gmail.com

 

Sommario di questo numero:

1. "Alla scuola di Giuseppe Dossetti, difendiamo la Costituzione repubblicana ed antifascista". Un incontro di testimonianza e di riflessione a Viterbo

2. Alcuni testi del mese di agosto 2016 (parte quarta)

3. O la guerra o la pace

4. Malvolio Straccani: Un delitto tra amici

5. "I fondamenti antropologici dell'opposizione alla guerra e a tutte le uccisioni". Un incontro di riflessione a Viterbo

6. Una bozza di lettera da inviare ai Comuni

7. Malvolio Straccani: Il farmacista distratto

8. Fermare la guerra. Si dimetta il governo

9. Malvolio Straccani: Il ritorno alla natura

10. Opporsi alla guerra

11. Malvolio Straccani: Paura

12. Come si fa

13. Segnalazioni librarie

14. La "Carta" del Movimento Nonviolento

15. Per saperne di piu'

 

1. INCONTRI. "ALLA SCUOLA DI GIUSEPPE DOSSETTI, DIFENDIAMO LA COSTITUZIONE REPUBBLICANA ED ANTIFASCISTA". UN INCONTRO DI TESTIMONIANZA E DI RIFLESSIONE A VITERBO

 

Lunedi' 7 novembre 2016 si e' svolto a Viterbo, presso il "Centro di ricerca per la pace e i diritti umani", un incontro di testimonianza e di riflessione sul tema: "Alla scuola di Giuseppe Dossetti, difendiamo la Costituzione repubblicana ed antifascista".

L'incontro era parte di un ciclo finalizzato a fornire testimonianze concrete, riferimenti teorici e strumenti analitici per la campagna informativa per il No alla riforma costituzionale - riforma che costituisce un vero e proprio golpe - nel referendum del prossimo 4 dicembre.

Nel corso dell'incontro sono stati letti e commentati alcuni scritti e discorsi di Dossetti (1913-1996), una delle figure piu' luminose della vita civile, morale e spirituale del nostro Novecento, partigiano, costituente e successivamente presbitero, infaticabile operatore di pace e difensore della democrazia e dei diritti umani, che alla strenua difesa della Costituzione della Repubblica italiana di cui era stato uno degli estensori dedico' tante energie negli estremi anni della sua vita.

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Le persone partecipanti all'incontro invitano a votare No al referendum del 4 dicembre: senza odio, senza violenza, senza paura; per difendere il parlamento eletto dal popolo, per difendere lo stato di diritto, per difendere la democrazia costituzionale.

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In allegato riproponiamo un "appello nonviolento per il No" e una "guida minima per il referendum" predisposta dal responsabile della struttura nonviolenta viterbese.

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Allegato primo: Un appello nonviolento per il 4 dicembre: Un parlamento eletto dal popolo, uno stato di diritto, una democrazia costituzionale

Al referendum sulla riforma costituzionale voluta dal governo votiamo No.

No al golpe, no al fascismo, no alla barbarie.

Al referendum sulla riforma costituzionale voluta dal governo votiamo No.

Senza odio, senza violenza, senza paura.

Il Parlamento, l'istituzione democratica che fa le leggi, deve essere eletto dal popolo, e deve rappresentare tutti i cittadini con criterio proporzionale.

Ma con la sua riforma costituzionale il governo vorrebbe ridurre il senato a una comitiva in gita aziendale, e con la sua legge elettorale (il cosiddetto Italicum) vorrebbe consentire a un solo partito di prendersi la maggioranza assoluta dei membri della camera dei deputati anche se ha il consenso di una risibile minoranza degli elettori, e con il "combinato disposto" della riforma costituzionale e della legge elettorale il governo, che e' gia' detentore del potere esecutivo, vorrebbe appropriarsi di fatto anche del potere legislativo, rompendo cosi' quella separazione e quell'equilibrio dei poteri che e' la base dello stato di diritto.

Se prevalessero le riforme volute dal governo sarebbe massacrata la Costituzione repubblicana nata dalla Resistenza antifascista, sarebbe rovesciata la democrazia, sarebbe negata la separazione dei poteri e quindi lo stato di diritto.

Al referendum sulla riforma costituzionale voluta dal governo votiamo No.

No al golpe, no al fascismo, no alla barbarie.

Al referendum sulla riforma costituzionale voluta dal governo votiamo No.

Senza odio, senza violenza, senza paura.

*

Allegato secondo: Peppe Sini: Dieci coltellate. Minima una guida al referendum

Intitolare questi brevi ragionamenti "dieci coltellate" e' un espediente retorico: a indicare la necessita' e l'urgenza di squarciare la cortina delle menzogne ed uscire dalla subalternita' al discorso dominante che e' il discorso falso e fraudolento della classe dominante che tutte e tutti ci opprime.

Indicheremo qui di seguito tre trappole in cui non cadere (la trappola delle velocita', la trappola del risparmio, la trappola della governabilita'), formuleremo tre elogi (del perfetto bicameralismo, della rappresentanza proporzionale, del costituzionalismo nemico dell'assolutismo), dichiareremo tre beni irrinunciabili (la repubblica parlamentare; lo stato di diritto, ovvero la separazione e il controllo dei poteri; la democrazia, ovvero la sovranita' popolare) e giungeremo a una conclusione che ci sembra coerente e doverosa: il 4 dicembre votare No al golpe degli apprendisti stregoni; difendiamo la Costituzione della Repubblica italiana.

E valga il vero.

1. La trappola della velocita'

Quando si prendono decisioni importanti non si discute mai abbastanza. Quando si fanno le leggi, piu' ci si pensa e meglio e'. La democrazia e' un processo decisionale lento e paziente; come scrisse Guido Calogero si contano tutte le teste invece di romperle. Solo le dittature sono veloci, velocissime, e il frutto di quella velocita' e' sempre e solo la schiavitu' e la morte di innumerevoli esseri umani.

2. La trappola del risparmio

Da quando in qua per risparmiare quattro baiocchi occorre massacrare la Costituzione, che e' la legge a fondamento di tutte le nostre leggi, la base del nostro ordinamento giuridico e quindi della nostra civile convivenza? Da quando in qua per risparmiare quattro baiocchi occorre distruggere la forma istituzionale repubblicana del nostro paese e sostituirla con la dittatura del governo, ovvero con la dittatura del capitale finanziario transnazionale di cui il governo in carica e' servo sciocco? Per ridurre i costi dell'attivita' parlamentare basterebbe una legge ordinaria che riduca gli emolumenti a tutti i parlamentari portandoli a retribuzioni ragionevoli.

3. La trappola della governabilita'

Cio' che si nasconde dietro la parola magica - ovvero la cortina fumogena - della "governabilita'" altro non e' che il potere dei potenti di imporre la loro volonta' e i loro abusi senza opposizioni e senza controlli. La governabilita' non e' ne' un valore ne' un bisogno in nome del quale devastare la democrazia, lo stato di diritto, i diritti civili, politici e sociali che ad ogni persona appartengono.

4. Elogio del perfetto bicameralismo

In un parlamento due camere sono meglio di una: se nell'una si commette un errore l'altra puo' correggerlo; se nell'una prevale un'alleanza di malfattori, l'altra puo' contrastarla. Due camere si controllano reciprocamente. Cosi' si sbaglia di meno. Benedetto sia il bicameralismo perfetto.

5. Elogio della rappresentanza proporzionale

In una democrazia il potere e' del popolo che lo esercita attraverso i suoi rappresentanti. Il parlamento che fa le leggi in nome del popolo deve essere rappresentativo di esso in modo rigorosamente proporzionale. Se invece una minoranza si appropria della maggioranza dei seggi quel parlamento non e' piu' democratico, diventa solo la foglia di fico di un regime oligarchico. E se il governo si sostituisce al parlamento nella sua funzione legislativa non solo quel parlamento diventa una foglia di fico a tentar di occultare l'oscenita' del potere reale, ma quel potere non e' piu' ne' democratico ne' repubblicano, e' diventato un'autocrazia. Benedetta sia la rappresentanza proporzionale.

6. Elogio del costituzionalismo, nemico dell'assolutismo

Il fine e il senso di ogni Costituzione e' impedire o almeno limitare gli abusi dei potenti. Nelle societa' divise in classi di sfruttatori e sfruttati, di proprietari ed espropriati, di governanti e governati, chi esercita funzioni di governo e' costantemente esposto alla forza corruttiva del potere. Nessun potere deve essere assoluto, ogni potere deve avere limiti e controlli. Benedetto sia il costituzionalismo, nemico dell'assolutismo.

7. Una repubblica parlamentare, non una dittatura

Se il governo attraverso la riforma costituzionale, la riforma elettorale ed il loro "combinato disposto" (ovvero l'effetto sinergico delle norme contenute nelle due riforme) mutila ed esautora il parlamento e si appropria di fatto del potere legislativo e lo somma a quello esecutivo che gia' detiene, viene meno la repubblica parlamentare. Ma per noi la repubblica parlamentare e' un bene irrinunciabile.

8. Uno stato di diritto, ovvero la separazione e il controllo dei poteri

Se il governo attraverso la riforma costituzionale, la riforma elettorale ed il loro "combinato disposto" (ovvero l'effetto sinergico delle norme contenute nelle due riforme) si appropria di fatto del potere legislativo e lo somma a quello esecutivo che gia' detiene, annienta la separazione e il controllo dei poteri, che sono il fondamento dello stato di diritto. Ma per noi lo stato di diritto, ovvero la separazione e il controllo dei poteri, e' un bene irrinunciabile.

9. Una democrazia, ovvero la sovranita' popolare

Se il governo attraverso la riforma costituzionale, la riforma elettorale ed il loro "combinato disposto" (ovvero l'effetto sinergico delle norme contenute nelle due riforme) riduce il parlamento a un giocattolo nelle sue mani, si fa un senato non piu' eletto dal popolo, si fa una camera dei deputati in cui una minoranza rapina la maggioranza assoluta dei seggi, si appropria di fatto del potere legislativo e lo somma a quello esecutivo che gia' detiene, la sovranita' popolare e' annichilita e con essa la democrazia. Ma per noi la democrazia, ovvero la sovranita' popolare, e' un bene irrinunciabile.

10. No al golpe, difendiamo la Costituzione della Repubblica italiana

Nel referendum del 4 dicembre si vota per dire si' o no al golpe. Chi vota si', come vuole il governo degli apprendisti stregoni, accetta il golpe che distrugge il parlamento eletto dal popolo, lo stato di diritto, la democrazia costituzionale. Chi vota no, contro la volonta' del governo degli apprendisti stregoni, difende il parlamento eletto dal popolo, lo stato di diritto, la democrazia costituzionale, e quindi si oppone al golpe. No al golpe. No al fascismo. No alla barbarie. Al referendum votiamo No. Senza odio, senza violenza, senza paura. Difendiamo la Costituzione della Repubblica italiana.

 

2. MATERIALI. ALCUNI TESTI DEL MESE DI AGOSTO 2016 (PARTE QUARTA)

 

Riproponiamo qui alcuni testi apparsi sul nostro foglio nel mese di agosto 2016.

 

3. O LA GUERRA O LA PACE

 

O la guerra o la pace.

O la morte o la vita.

O si uccide o si salva.

*

Ogni vittima ha il volto di Abele.

Ogni essere umano ha diritto alla vita, alla dignita', alla solidarieta'.

Il primo dovere e' salvare le vite.

Soccorrere, accogliere, assistere ogni persona bisognosa di aiuto.

Abolire la guerra, gli eserciti, le armi.

*

Fermare la terza guerra mondiale a pezzi prima che la terza guerra mondiale a pezzi distrugga l'umanita'.

 

4. MALVOLIO STRACCANI: UN DELITTO TRA AMICI

 

Siccome sono un professionista del settore posso dirlo con cognizione di causa: i delitti sono sempre tra amici.

Ma qui e' necessario che io chiarisca.

Per delitti intendo quando si ammazza su piccola scala, l'escuzione di una persona, di una famiglia, di un piccolo gruppo ben definito.

Su scala piu' ampia ci sono le stragi: quando di gente se ne ammazza un bel po' in una botta sola, e allora e' chiaro che la precisione puo' lasciare a desiderare. Mettiamo: se fai scoppiare la sala d'aspetto di una stazione ferroviaria non e' che puoi passare prima e chiedere i documenti a tutti ed invitare ad allontanarsi chi decidi di graziare. A chi tocca, tocca. Che poi le stragi, a parer mio, servono a questo: a far sapere a tutti che tutti possono essere fatti fuori senza tante storie in qualunque momento e quindi stiano in campana e righino dritto.

Poi ci sono le guerre, e li' si sa che si muore tutti e allora tanto vale che ne mandi al creatore quanti piu' puoi finche' sei in tempo.

A dire il vero non si muore mai tutti, qualcuno si salva sempre. Se no chi potrebbe organizzare il prossimo spettacolo? Ma per salvarsi deve ricorrere almeno una di queste tre condizioni: una fortuna himalayana, che comunque non puo' durare a lungo; una sveltezza a darsela a gambe che neppure Mennea, e anche in questo caso non puoi migliorare ogni giorno il record mondiale; i soldi e il potere (che poi sono la stessa cosa), ma per fare i soldi e tenere il potere non c'e' altro modo che far ammazzare la gente, e quindi la giostra non si ferma mai e non sai mai se mentre tu prepari i tuoi piani qualcun altro piu' ricco e potente di te non ti ha incluso nei suoi e addio alla ghirba.

Ma torniamo al nostro tema, ai delitti tra amici.

*

Per esempio: in questa stanza siamo quattro persone e facciamo tutti questo lavoro, ma io sono legato alla sedia e voi no, e questo significa pure qualcosa, e' chiaro.

Io parlo e voi ascoltate, e per quanto io parli so gia' che voi non direte una parola, e poi verra' una certa ora gia' stabilita e mi porterete da qualche parte e li' ed allora nel mondo ci sara' una persona di meno. Ed e' tutto. Un delitto tra amici.

Pero' non mi avete imbavagliato, quindi pensate di lasciarmi parlare, e se mi lasciate parlare due sono i motivi: il primo, che qualunque cosa io dica non cambiera' niente, e' chiaro; il secondo, che potrei dire qualcosa di utile per voi. Ed io qualcosa da dire di utile per voi magari ce l'ho, ma deve essere utile anche per me. Perche' voi domani sarete ancora vivi ed io invece saro' niente se non riesco ad aiutarmi adesso, ma per aiutare me stesso dovro' aiutare anche voi perche' voi mi dovete ammazzare e perche' non lo facciate dovro' darvi un'ottima ragione, migliore di tutte quelle per cui mi trovo legato ed immagino facilmente che sono ragioni pesanti, sonanti, o almeno fruscianti. Sono anch'io del mestiere.

*

Voglio raccontarvi una storia, ragazzi, e magari il tempo e' poco e non riusciro' a finirla, ma non mi viene in mente niente di meglio.

La storia della fine di Carletto. E nessuno la sa meglio di me, che c'ero, e non come spettatore, non so se mi spiego. Adesso, Carletto era un amico, e cosa diamine avesse combinato di cosi' grave non lo so, io ero solo quello che cala il sipario, nel mestiere si sa che le cose vanno cosi', e' chiaro.

Allora, mi danno l'incarico. Li' per li' mi dispiace, ma penso che se non lo faccio io lo fara' qualcun altro e allora tanto vale che i soldini per la pensione li intasco io, e lo faccio anche soffrire di meno, e' sempre un amico.

Organizzo la cosa con Trillicone e Cicciobbo', che avevano bisogno di lavorare pure loro.

Il fesso era cosi' fesso che non se lo aspettava e stava al bar del Buzzicone come tutte le sere. Arrivo, ci salutiamo, e lui attacca a parlare della Juve, che a me non me ne puo' fregare di meno visto che sono dell'Inter e della Ternana; dopo un paio di birre e di cognacchini mi decido a interromperlo e gli dico che nel bar si soffoca dalla puzza e dal fumo e sarebbe il caso di uscire e andare a mangiare un boccone al "Tremolar della Marina", che e' un locale che c'era a quei tempi, che una volta era stato di uno che per moglie aveva una che si chiamava Marina, poi lo avevano venduto ed era cambiata gestione, ma avevano mantenuto il nome. Usciamo e prendiamo la macchina sua. Al "Tremolar della Marina" troviamo Trillicone e Cicciobbo' che ci aspettavano e che gia' erano al secondo. Ci invitano al loro tavolino e noi, e' chiaro, accettiamo.

Si mangia, si beve, si scherza, si chiacchiera. Poi io e Trillico facciamo una scommessa a chi becca per primo tre barattoli di birra a venti metri a sassate. Compriamo una cassa di birre e si va tutti insieme alla baracca dietro il cantiere di un palazzo allora in costruzione dove Cicciobbo' faceva il guardiano. Entriamo nella baracca e leghiamo a una sedia quel fesso di Carletto, che si mette a strillare e ci tocca imbavagliarlo. Visto che c'eravamo decidiamo di vedere davvero come va a finire la sfida delle birre a sassate. Usciamo fuori io e Trillicone, col tacco tracciamo una riga per terra e piazziamo cinque barattoli delle birre ancora chiusi a una ventina di passi da noi allineati a distanza di un metro l'uno dall'altro, illuminati dai fari della macchina di Carletto, e ci mettiamo a cercare i sassi. A quel punto Cicciobbo' dice che vuole vedere pure lui e esce dalla baracca, io gli dico che uno deve restare dentro con Carletto, lui intigna che vuole vedere chi vince la sfida, e io allora dico che bisogna portare fuori pure Carletto con tutta la sedia, tanto piu' che usiamo la sua macchina per illuminare le birre. Insieme con Trillicone ci tocca andare a prendere Carletto, e' chiaro, Cicciobbo' grasso com'e' non ce la farebbe a tirare su' neppure un topo morto. Comincia la sfida, e ne' io ne' Trillicone riusciamo a colpire neppure una lattina con tutti i sassi che avevamo trovato. Si decide di lasciar perdere e di bersele le birre. Tiriamo fuori il tavolino e le altre sedie dalla baracca e ci mettiamo a trincare. Carletto non si era piu' mosso e ci guardava con occhi avidi. Gli dico che se non si mette a strillare gli levo il bavaglio e facciamo bere anche lui. Fa segno di si' con la testa e gli levo il bavaglio. Quando le birre stanno per finire Cicciobbo' dice che c'e' una sorpresa, entra nel casotto, si sente che apre un armadio, ed esce fuori con due salami lunghi cosi' e quattro fiaschi di vino. E il pane? dice Trillicone. Cicciobbo' rientra nella baracca e torna con due pagnotte congelate. Ciai pure il frigorifero? gli chiedo. Eh si', fa lui. Bisogna riscaldare le pagnotte e si decide di fare un focherello con un po' di tavole del cantiere che fanno un fumo puzzolente, ma siccome nessuno di noi ha voglia di prendersi il cancro, e' chiaro, decidiamo di lasciar perdere. Solo che i salami da soli finiscono in un battibaleno. Che altro c'e'?, dico. Un po' di scatolette, dice. Meglio di niente, dico. Ma a quel punto Trillicone si alza e dice: Se deve essere l'ultima notte di Carletto almeno mangiamo come si deve. Prendo la macchina e faccio un salto da Gennaro. Tutti approviamo, e piu' di tutti Carletto. Trillicone parte con la macchina di Cicciobbo' diretto all'osteria di Gennaro che non chiude mai. Mentre lo aspettiamo finiamo di berci quello che c'e' e apriamo 'ste scatolette e 'sti barattoli di alici, tonno, sottaceti, e altra robetta cosi', che una scatoletta te la fai fuori in due forchettate. A un certo punto Carletto mi chiede: perche'? E io zitto. E lui, Ho capito, ma perche'? E io sempre zitto. Allora pure lui abbassa la testa e sta zitto per un po', poi la rialza e dice solo: Mo' ho capito davero, si', ho capito mo'. Intanto era passata una mezz'ora e pure di piu' e avevamo ricominciato a parlare di pallone, di film, di donne, di macchine no perche' Carletto prima di diventare un esattore e un sicario faceva il meccanico e se comincia non la smette piu'. Finalmente torna Trillocone con ogni ben di dio. Salsicce fresche e secche, caciotte, un pentolone di spaghetti al sugo chiuso con lo scotch da pacchi per non versarne durante il viaggio, cinque o sei pagnotte di pane, una stecca di cioccolata fondente che sara' pesata due chili, tre bottiglioni da dieci litri, un thermos di caffe', e due bottiglie di brandy di marca. Fu una festa di quelle che non si scordano. Lo ammazzammo che era gia' quasi l'alba.

 

5. "I FONDAMENTI ANTROPOLOGICI DELL'OPPOSIZIONE ALLA GUERRA E A TUTTE LE UCCISIONI". UN INCONTRO DI RIFLESSIONE A VITERBO

 

Si e' svolto la sera di martedi' 9 agosto 2016 a Viterbo presso il "Centro di ricerca per la pace e i diritti umani" un colloquio sul tema: "I fondamenti antropologici, morali, giuridici e politici dell'opposizione alla guerra e a tutte le uccisioni".

Il responsabile della struttura nonviolenta viterbese ha riassunto alcuni basilari ragionamenti su cui concordano pressoche' tutti i classici della filosofia, delle religioni e delle scienze umane.

Che ogni essere umano essendo esposto al dolore e alla morte ha bisogno dell'altrui aiuto.

Che la regola aurea delle relazioni interpersonali e' che tu devi agire nei confronti delle altre persone cosi' come vorresti che le altre persone agissero verso di te.

Che vi e' una sola umanita', costitutivamente plurale poiche' esiste solo in quanto insieme di persone ciascuna diversa da tutte le altre e tutte eguali in diritti.

Che il primo diritto umano e' il diritto a non essere uccisi, e quindi il primo dovere di ogni essere umano e di ogni umano istituto affinche' quel diritto si inveri e' il dovere di non uccidere; e poiche' si uccide talora anche soltanto omettendo di soccorrere chi ha bisogno di aiuto, occorre non solo astenersi dall'uccidere ma anche agire per salvare le vite.

Vi e' una sola umana famiglia, in un unico mondo vivente casa comune dell'umanita': ogni uccisione e' dunque fratricida ed ogni omissione di soccorso e' complicita' col male; ogni devastazione della biosfera equivale ad appiccare il fuoco alla casa comune; ogni rifiuto di accogliere chi ha bisogno di aiuto equivale a perseguitarlo.

In questo consiste la civilta': nel mutuo aiuto, nella condivisione dei beni, nel soccorrere, accogliere, assistere ogni persona che si trovi nella paura, nel dolore, nel bisogno.

Se solo cadessero le scaglie dinanzi ai nostri occhi noi vedremmo che veramente oggi nel mondo e' in corso la "terza guerra mondiale a pezzi" di cui giustamente parla Jorge Mario Bergoglio; noi vedremmo che veramente dobbiamo accogliere e salvare chiunque e' stato costretto dalla fame e dalle guerre ad abbandonare la propria casa, la propria famiglia, il proprio paese; noi vedremmo che solo il disarmo fara' cessare le stragi; noi vedremmo che o l'umanita' abolira' la guerra o la guerra annientera' l'umanita'.

Questo dobbiamo fare adesso innanzitutto: opporci con la forza della verita', con la scelta della nonviolenza, alla guerra e a tutte le uccisioni; opporci con la forza della verita', con la scelta della nonviolenza, al razzismo e a tutte le persecuzioni; opporci con la forza della verita', con la scelta della nonviolenza, al maschilismo e a tutte le oppressioni.

Ogni vittima ha il volto di Abele.

Pace, disarmo, smilitarizzazione.

Soccorrere, accogliere, assistere ogni persona che ha bisogno di aiuto.

Il fondamento di una societa' giusta, di una societa' pienamente umana, e' il riconoscimento, il rispetto e la difesa dei diritti umani delle donne.

Solo la nonviolenza puo' salvare l'umanita'.

 

6. UNA BOZZA DI LETTERA DA INVIARE AI COMUNI

 

Al Sindaco del Comune di ...

e per opportuna conoscenza:

a tutti gli assessori della Giunta Comunale

a tutti i consiglieri del Consiglio Comunale

alla Segretaria generale del Comune

Oggetto: Proposta che il Comune di ... realizzi un corso di formazione alla conoscenza e all'uso delle risorse della nonviolenza per tutti gli operatori del Corpo di Polizia Locale.

Gentile sindaco,

forse sapra' gia' che in varie realta' territoriali, da Milano a Palermo, da diversi anni si svolgono attivita' di formazione alla conoscenza e all'uso delle risorse della nonviolenza per gli operatori dei vari Corpi di Polizia.

La nonviolenza appronta infatti strumenti di grande utilita', anche dal punto di vista comunicativo e relazionale, per gli operatori pubblici che nello svolgimento delle loro delicate funzioni possono trovarsi a dover fronteggiare situazioni complesse e critiche.

Con la presente lettera si avanza la proposta che il Comune di ... realizzi un corso di formazione alla conoscenza e all'uso delle risorse della nonviolenza per tutti gli operatori del Corpo di Polizia Locale.

Distinti saluti

FIRMA

LUOGO, DATA

INDIRIZZO COMPLETO DEL MITTENTE

 

7. MALVOLIO STRACCANI: IL FARMACISTA DISTRATTO

 

Se una persona e' distratta e' distratta. Non e' un delitto. Un delitto e' quando si ha l'intenzione malvagia e poi si finisce per ammazzare qualcuno. E io, che mi possa venire la peronospora, non ho mai voluto fare una cattiveria a nessuno, non ho mai ammazzato nessuno e non ho neppure mai bestemmiato, infatti al culmine dell'irritazione sapete che dico? Dico "Mannaggia a li pescetti", dico "Che li possino ammaille", ecco che dico.

Le cose sono andate cosi'.

Era sera e stavo per chiudere la farmacia e si presenta questo tizio, che non conoscevo neppure di vista, e mi dice che ha mal di testa e chiede un analgesico.

E io un analgesico gli do'. Se ne va e poi muore. Poi arrivate voi a dirmi che l'ho ammazzato. Ma io vi querelo per ingiuria e per diffamazione tutti quanti siete in concorso tra loro.

Il veleno per i topi lo tenevo vicino alla cassa per portarmelo a casa, che l'avevo comprato per disinfestare la cantina.

Supponiamo pure per assurdo - e dico per assurdo - che mi sia sbagliato e invece di dargli un analgesico in un momento di distrazione gli abbia dato la scatoletta sbagliata. E se anche fosse, il pover'uomo poteva ben leggere la scatoletta e il bugiardino, che ci stanno a fare senno' le spiegazioni? Che ci sta a fare la scuola dell'obbligo? E il maestro Manzi, lo pagavano coi soldi nostri per friggere l'aria? Uno, se non e' proprio, diciamolo, un troglodita, legge: e se legge "questo e' veleno, roba che ammazza, pussa via" allora lo capisce da se' che non lo deve mandare giu'. La legge - lei mi insegna, caro amico - non ammette ignoranza. E comunque io il veleno non glielo ho dato, faccio il farmacista io, io la salvo la gente, non sono mica Messalina, o Lucrezia Borgia, o Mata Hari, che poi mi manca pure il fisico se posso fare questa divertente battuta.

A volerla dir tutta io penso che quel tizio volesse proprio darsi la morte, si vedeva lontano un chilometro che era un suicida, e basta guardare che vita faceva, che idee balzane, e aveva pure la tessera del Pci, sissignore che lo sanno tutti; ed allora ha messo su' questa messa in scena, ha adocchiato il veleno, ha chiesto l'analgesico, quando mi sono girato per prendere la scatoletta dallo scaffale ha destramente sgraffignato il veleno che infatti poi non l'ho trovato piu', io li' per li' non mi sono accorto di niente e ne e' seguito quel che ne e' seguito. Amen. Anzi: dovrei essere io a denunciarlo per furto, per furto aggravato con destrezza.

E poi, veleno per topi era, e perche' ci muoia un cristiano bisogna ingollarne un sacco e una sporta, e quello che era sul banco a occhio e croce bastava si' e no per fare la polpetta per un cane. Me ne intendo, io.

Prima di fare certe accuse temerarie, temerarie assai, e del tutto avventate ed anche lesive, e dico lesive, dell'onore altrui, ebbene, bisogna pensarci bene, amici cari; e poi prima di aprir bocca bisogna pure aver studiato, signori miei, ed io modestamente ci ho la laurea in farmacia che non sono mica bruscolini, signori cari.

Ah, adesso si' che lo capite che le cose sono sempre piu' complicate di come sembra agli spiriti semplici, ai grulli e agli illetterati. E mi stupisco di lei, appuntato, di lei mi stupisco che da' retta alle malelingue, a certi citrulli rincitrulliti, a gentucola senza arte ne' parte che vuol mettersi contro i galantuomini. Non sanno mettere una parola appresso all'altra e si mettono contro i galantuomini, che abbiamo portato l'Italia in Europa mentre loro stavano a zappare l'orto o a guardare la partita in televisione. Omnia munda mundis, dicevano i latini, mica pizza e cacio.

E tanto per concludere, il paese dovrebbe essere contento che qualcuno ha tolto di mezzo quel furfante matricolato e notorio sovversivo di Baldino l'Arrabbiato, che sono sicuro che l'anno scorso e' stato lui che ha dato fuoco all'oliveto mio e se non era lui qualche compare suo comunista come lui. Mo' giustizia e' fatta, e la cittadinanza contenta e grata dovrebbe essere, e le pubbliche autorita' in primis. Sono benemerenze civiche queste, altro che chiacchiere e squallide illazioni.

 

8. FERMARE LA GUERRA. SI DIMETTA IL GOVERNO

 

Il governo italiano ha ammesso di aver gia' inviato segretamente truppe in Libia.

La cosa piu' folle e scellerata che si potesse fare ed insieme la piu' tragicamente coerente con la politica guerrafondaia, avventurista e golpista dell'esecutivo attuale.

E' un governo di irresponsabili, di insipienti e di fuorilegge.

Che un Parlamento da operetta, incapace di svolgere il suo ruolo, non ha saputo contrastare nei suoi deliri, costantemente avallando a posteriori ogni sciagurata demenza del gabinetto in carica.

Con un Presidente della Repubblica dedito perlopiu' a vacui esercizi retorici e latitante quando si tratta di difendere la legalita' repubblicana, che rinuncia a difendere il decisivo articolo 11 della Costituzione che si apre con le lapidarie, inequivocabili parole "L'Italia ripudia la guerra".

L'Italia si trova ancora illegalmente ed insensatamente in guerra: sia nel teatro afgano, sia in quello siro-iracheno, sia in quello libico.

Sperpera ingentissime risorse pubbliche in pro della guerra, della guerra assassina.

Rifornisce di armi e servizi dittature terroriste.

E partecipa di alleanze militari terroriste e stragiste.

Nel vortice della terza guerra mondiale a pezzi.

*

Cessi immediatamente l'illegale e folle partecipazione italiana alla guerra.

Si dimetta il governo.

Solo la pace salva le vite.

 

9. MALVOLIO STRACCANI: IL RITORNO ALLA NATURA

 

Con Franchino e Rubbacchione eravamo amici da sempre. Abitavamo vicino, giocavamo a pallone insieme, insieme andavamo per osterie, eccetera.

Poi Franchino e' morto (fu una cosa grossa, usci' pure sul giornale) e Rubbacchione e' finito in galera e hanno buttato la chiave.

Io mi sono trasferito qui al nord, e dopo trent'anni ancora non conosco nessuno e ogni mattina penso che quest'aria, questa nebbia, questo freddo, questa piova mi fanno proprio schifo.

Adesso vi racconto come ando' la storia.

Avevamo deciso di tornare a vivere a contatto con la natura. L'idea era di farci una capanna nel folto del bosco, cacciare i cinghiali e quello che altro capitava, evitare la Forestale, abbeverarci scendendo nottetempo al lago, e lasciarci dietro la civilta' che reprime l'eros e riduce l'uomo a una dimensione.

Mentre preparavamo l'impresa si pose il problema delle donne. Perche' almeno una donna ci voleva, ma per quanto ci ragionassimo sopra mattina e sera non ci veniva in mente nessuna a cui potessimo chiedere di seguirci nella nostra esperienza di vita preistorica. E' vero che eravamo un po' imbranati, a quel tempo si poteva avere diciott'anni e non aver mai visto il mare. Io, per esempio, avevo sempre vissuto al paese e ero stato a Roma caput mundi si' e no due o tre volte, eppure bastava salire sul treno e in un paio d'ore ci arrivavi. Soprattutto eravamo stufi di lavorare. Io avevo cominciato ad andare a garzone quando ancora facevo le medie. Franchinetto praticamente non era mai uscito dall'officina del padre, che quando lo vedeva allontanarsi per andare a dare due calci al pallone o a fumarsi una sigaretta lo inseguiva e lo gonfiava di botte. Rubbacchiotto si era allontanato dal paese solo per andare al carcere di Viterbo o a quello di Civitavecchia; ma era quello di noi che la sapeva piu' lunga, perche' in carcere ci era capitato quando c'erano le proteste e gli avevano raccontato di Marx, di Mao e di Marcuse. Era lui che ci aveva portato la notizia della civilta' che reprime l'eros e riduce l'uomo a una dimensione. Non ne sapeva molto di piu', ma per noi poteva bastare. E poi eravamo tutti comunisti, e' naturale, eravamo poveri. Tutti i poveri sono comunisti, che altro dovremmo essere?

Passavamo le serate al bar a organizzarci; alle donne ci avevamo rinunciato, anche perche' discutemmo a lungo se dovevamo rapirne una o piu' d'una ma alla fine decidemmo che se eravamo comunisti noi le donne le rispettavamo. Gli esseri umani non sono ne' merci, ne' un mero ingranaggio nel ciclo economico del regime capitalistico, un regime schiavista che il progresso dell'umanita' abbattera' grazie alla lotta di classe del proletariato. A quei tempi mi piaceva la parola "mero", che mi pare che non significa niente ma ci sta bene nelle frasi lunghe e l'aveva portata pure quella Rubbacchione dalla galera, e la usavamo spesso; a parte noi tre al paese non la capiva nessuno e pensavano che li sfottevamo e noi la dicevamo apposta.

Il problema centrale fu la capanna (perche' se doveva essere vita preistorica mica ci potevamo portare la tenda da campeggio, e le grotte nella macchia vicino al paese nostro non c'erano), cosi' studiammo a lungo su "Tex" come doveva essere fatta, ma certo bisognava cacciare e scuoiare un sacco di cinghiali per avere pelli sufficienti. E per cacciare i cinghiali a fini sia alimentari che abitativi decidemmo che avremmo costruito delle lance, ma ci sembrava ragionevole portarci dalla civilta' delle asce, dei coltelli e delle roncole: pensammo che avremmo potuto fabbricarli noi quegli utensili, che ne so, cominciando con la pietra scheggiata, ma non era grave se accelerando i tempi dell'evoluzione ce li portavamo dall'epoca presente visto che tanto ci saremmo arrivati. E visto che c'eravamo pensammo di portarci anche un po' di chiodi di quelli grossi da staccionata, per farci la punta delle lance. Poi ci servivano dei recipienti per l'acqua, che bisognava andare a prendere al lago e si poteva fare solo di notte, perche' di giorno era pieno di gente che faceva il bagno visto che era d'estate; e siccome avremmo avuto sete anche di giorno i recipienti per l'acqua erano fondamentali. Potevamo fare degli otri con la solita pelle dei cinghiali, ma gia' ci serviva per fare la copertura della capanna, e poi non eravamo sicuri che la nostra caccia sarebbe stata abbondante fin dai primi giorni. Forse potevamo comprare qualche borraccia di pelle, ma quando le cercammo costavano un'iradiddio e allora tanto valeva portarsi qualche fiasco, che potevamo prenderli quanti ne volevamo all'osteria della sora Nocenza; cosi' cominciammo a comprare e a scolarci un fiasco di vino al giorno per fare scorta di contenitori. Dopo un paio di settimane ne avevamo abbastanza, ma continuammo comunque a farci un fiasco al di', non so neppure perche', sono abitudini che quando le prendi sono loro che prendono te e non ti lasciano piu'. Ma tanto tra pochi giorni ce ne dovevamo andare nelle preistoria.

A quel punto venne fuori un problema al quale non avevamo pensato: i vestiti e le scarpe. Per come la vedevamo noi ci saremmo vestiti di pelle e ci saremmo fatti le scarpe, anzi i mocassini, con le solite pelli dei cinghiali con cui dovevamo fare gia' un sacco di altre cose (a proposito: anche dei sacchi per tenerci le vivande e le armi, da appendere ai rami perche' non fossero attaccati dagli animali); ma dovevamo mettere nel conto che nel bosco, e specialmente la notte quando dovevamo scendere al lago, qualcuno poteva vederci, e finche' non avessimo avuto un completo abbigliamento da trapper, era meglio non sembrare dei selvaggi seminudi. A quei tempi c'erano ancora i manicomi, e chi ci finiva non ne usciva piu'. Fu necessario riconoscere che dovevamo portarci dietro i vestiti e le scarpe finche' non avessimo prodotto da noi quanto ci serviva per coprirci e proteggerci con il solito pellame dei cinghiali.

Credo che i preparativi durarono un paio di mesi. Quando ci sembro' di essere pronti dovemmo decidere come far perdere le nostre tracce e se dovevamo scrivere delle lettere ai parenti e dare disposizioni sui nostri beni moderni che avremmo abbandonato per sempre insieme alla civilta'. Non che avessimo molto: Rubbacchiotto aveva un motorino; Franchino un libretto in banca in cui suo padre diceva che gli ci metteva i soldi che non gli pagava per il suo lavoro, ma Franchino non sapeva ne' quanti soldi erano ne' se il libretto c'era davvero, perche' suo padre diceva che glielo teneva lui per evitare che si sputtanasse tutti i baiocchi con quei lazzaroni drogati e ladroni degli amici suoi (che poi eravamo io e Rubbacchiotto); e io una collezione di francobolli (ne avevo parecchi, avevo cominciato da bambino a staccarli con l'acqua calda da tutte le cartoline su cui potevo mettere le mani; naturalmente erano quasi tutti uguali, ma erano veramente tanti, saranno stati almeno duecento; era l'unica collezione che facevo, avevo cominciato anche quella delle scatole dei cerini ma avevo smesso subito. Pensammo che potevamo scrivere una lettera sola tutti e tre insieme, nella quale avremmo spiegato che lasciavamo il paese e che non ci cercassero e che della roba nostra ci facessero quello che gli pareva. Per abbellirla pensammo di copiare quella lettera di Che Guevara, cambiando i nomi qua e la'. E ci parve proprio una bella idea. Quando tutto fu pronto fissammo il giorno e l'ora: me lo ricordo ancora, era un venerdi' sera. L'appuntamento era a mezzanotte dietro il bar, ognuno doveva preparato il suo zaino, poi a piedi ci saremmo inoltrati nella macchia; nei giorni precedenti avevamo aperto a colpi di roncola un sentiero segreto verso il folto.

A mezzanotte meno un quarto io e Rubbacchione eravamo gia' li'. Franchino non si vedeva e Rubbacchiotto era nervoso, sempre piu' nervoso, non riusciva a stare fermo. Verso mezzanotte e mezza, l'una, dissi sottovoce: "Ma perche' Franchino non si vede?". Lui comincio' a mugolare, a fare una specie di uggiolio e a sollevare e battere forte per terra prima un piede e poi l'altro. Mi sembrava fuori di testa, e mi decisi a dirgli: "Ch'e' successo, Rubbacchio'?". E lui scoppio' a piangere e a dire con una voce che non gli avevo mai sentito "L'ho ammazzato, l'ho ammazzato, me dispiace, me dispiace, Corra'. Me dispiace". E tiro' fuori il roncio dallo zaino ed era insanguinato. Restammo li' fino alle quattro. Non dicemmo piu' una parola. Alle quattro io andai alla stazione e presi il treno per Orte e da Orte andai a Milano, o a Torino, o a Genova, neppure mi ricordo piu'. Mi portai via anche il suo zaino e buttai dal finestrino le sue cose e le mie una ad una ogni tanti chilometri e alla fine buttai anche gli zaini.

Aveva vinto la civilta'.

 

10. OPPORSI ALLA GUERRA

 

Opporsi alla guerra e a tutte le uccisioni.

Salvare le vite.

Pace, disarmo, smilitarizzazione.

Soccorrere, accogliere, assistere ogni persona bisognosa di aiuto.

Solo la nonviolenza puo' salvare l'umanita'.

 

11. MALVOLIO STRACCANI: PAURA

 

Sono una persona che sa che cos'e' la paura.

E che ci vuole? direte voi. Tutti sappiamo cos'e' la paura, tutti abbiamo paura.

Sara', ma ognuno ha la sua di paura e la mia per esempio e' che dopo una vita di privilegi - non di soddisfazioni, ma di privilegi si', non sono mica un ipocrita - mi accorgo che sto invecchiando, e tutte le cose che volevo fare e che per indolenza, solo per indolenza (o forse anche per vigliaccheria), non ho ancora fatto, va a finire che non le posso fare piu'.

*

Sentite questa. Tempo fa andavo di fretta per una strada: c'era una scorciatoia ma bisognava saltare un muretto. Sara' stato alto meno di un metro. Ora, lo so anch'io che non e' dignitoso che un maturo signore di mezza eta' di taglia forte (d'accordo, grasso) in giacca e cravatta si metta a saltare muri. Ma il muretto era basso ed io avevo fretta. Lo feci, cioe' ci provai: perche' saranno stati venti o trent'anni che non facevo un salto, e nel frattempo la foza di gravita' deve essere aumentata oltre ogni dire. In breve: il muro mi respinse, avevo lacerato i pantaloni all'altezza delle ginocchia e li irroravo di sangue. Per fortuna erano scuri. Dovetti tornarmene a casa con le pive del sacco attraversando l'intera citta' (ma feci un giro largo, fuori le mura, per non incontrar conoscenti) con olimpica indifferenza ma con un dolore cane.

Insomma, cose cosi'. Oppure sentite quest'altra: tutti abbiamo un repertorio di storie che abbiamo raccontato diecimila volte. Ma viene un giorno che proprio mentre ne racconti una, che pensi di eseguire con maestria di pause e gesti, ti accorgi che hai scordato qualche punto essenziale; e allora continui a parlare cercando di ricordare, e per guadagnar tempo entri in digressioni, ti confondi, annoi l'uditorio, finche' ti decidi a dire che non era poi cosi' interessante e tronchi li', e non sai se e' peggio la reazione sconcertata di alcuni ascoltatori o l'indifferenza degli altri.

Ma la peggiore di tutte e' la questione della vista. Non i denti, la vista. Io ormai uso due diversi paia di occhiali e non ci vedo bene con nessuno dei due. Con un occhio ci vedo peggio da vicino e con l'altro ci vedo peggio da lontano. Ma certe volte ci vedo male con tutti e due gli occhi e basta. Cerco di non mettere gli occhiali, ma senza occhiali non riesco a leggere neppure l'insegna del bar. Ma se metto gli occhiali dopo un po' mi viene da vomitare - lo so che non e' elegante dirlo, ma mi viene veramente da vomitare. Con un paio di occhiali ci vedo meno peggio per scrivere e con l'altro paio ci vedo meno peggio per leggere - e so che fa ridere, ma e' proprio cosi', dannazione.

Ogn tanto compro all'edicola quegli occhialacci di plastica da due soldi, sperando che cosi', a casaccio, ne trovi qualcosa che mi vada bene. Figurarsi, ho riempito un cassetto. Costretto dalla famiglia (anch'io ho famiglia) sono andato una volta dall'oculista, e una volta dall'optometrista (credo si dica cosi', dico bene?). Odio i negozi di ottica, nella mia classifica di luoghi odiosi vengono prima gli studi medici e gli ospedali, poi le banche, poi tutti gli sportelli pubblici, poi tutti i negozi, e tra i negozi innanzitutto chi vende le scarpe, gli occhiali, i vestiti. Faccio spesa al supermercato, e la farei piu' volentieri se fosse tutto automatizzato. In breve: non riesco piu' a leggere non dico un libro - non li ho letti mai e ho campato bene lo stesso -, ma un articolo di giornale o un avviso pubblico.

Voi direte: dedicati alla musica. Si', bravi, alla mia eta'? Con le mani che mi tremano a forza di nutrirmi a caffe' e nicotina? E poi sono sordo come una campana (chissa' perche' si dice cosi', o si dice stonato come una campana? E allora sordo come cosa?). In piu' mi annoio subito e mentre sto facendo una cosa me ne vengono in mente altre cento e mi scordo che stavo facendo.

E tutta questa gente che mi rompe le scatole perche' io risolva i loro problemi. Ma io devo preoccuparmi dei miei di problemi. Sto diventando vecchio, per fortuna che non sono un cavallo che basterebbe guardarmi in bocca per vedere quanti denti mi mancano. No, non li metto finti, ci mancherebbe. Non sono mica come quei babbei che si riempiono di protesi come se fossero sacchi di non dico che, di orecchini da tutte le parti e va' a sapere quante infezioni, di tatuaggi che fanno un tale schifo che se lo meritano il cancro.

Certo che mi ricandido alle elezioni, non sono stato un ottimo sindaco? Chiedete in giro, chiedete in giro.

*

Che dicevo? Ah, la paura. Certo che ho avuto paura, vorrei vedere voi.

E' la paura che ci fa fare le cose brutte, le cose antipatiche, ma anche le cose giuste, le cose che vanno fatte se non siamo femminucce.

Mi hanno denunciato i comunisti; d'accordo, era il prete, ma di sicuro lo hanno sobillato i comunisti, per quella storia degli affricani (e notate che non ho detto negri, non sono mica razzista, mia moglie e' di Reggio Calabria), ma poi che ho fatto? Il mio dovere, solo il mio dovere. Dice bene il prefetto, ci venisse lui a trovare le case per quei pidocchiosi quando qui c'e' gente che ha gia' tanti problemi e i figli da mandare a scuola e all'universita' perche' si facciano un'istruzione. No, no, le cose non sono andate come hanno scritto i giornali, che hanno scritto solo le menzogne che gli hanno detto i comunisti, e il prete, d'accordo, se poi quel prete e' davvero un prete o non e' un comunista che si e' fatto prete; i comunisti sono capaci di tutto, lo sapete che in Russia mangiavano i ragazzini? E' storia, storia vera, non le chiacchiere che dicono in televisione tutti quei giornalisti comunisti.

Che dicevo? Ah si', la storia dei negri. Non e' andata come l'hanno raccontata i comunisti, e figuriamoci se le toghe rosse, che non aspettavano altro, non gli hanno dato retta, sono tutti una mafia, comunisti e giudici. Sono loro la vera mafia. Ah, io quando vedo un'ingiustizia non sto mica zitto. Se mi hanno eletto sindaco ci sara' un motivo. Noi siamo una comunita' sana, di gente perbene, che lavora, e che non le manda a dire. Sicuro, sicuro che sono sereno in attesa del processo. Anche se lo so che c'e' da tremare perche' quei giudici comunisti gia' si sono messi d'accordo di condannarmi. Ma me ne frego, piuttosto vado in esilio, come Dante Alighieri, come Mazzini, come Craxi.

Insomma, ando' cosi': il prefetto ci manda i cinque affricani: nonna, padre, madre e due figli, se poi erano davvero parenti, che questi negri sono tutti uguali, come i cinesi, e va' a capire chi sono e che fanno. Io sono sempre per la verita'. Per la legalita' e per la verita'. E per la patria, naturalmente. Chi non e' per la patria se ne vada in Siberia e vediamo poi quanto e' contento li' col suo Fidelcastro e Maozzetu'. Che dicevo? Ah, gli affricani. Mi si presentano una mattina in Comune. Io ci avevo da fare, ho sempre da fare, mi devo occupare di tutto, io. Manca l'acqua, ci devo pensare io. C'e' da fare una lottizzazione, ci devo pensare io. Devo pensare a tutto, con tutti i problemi di salute che ho, e ce l'ho anch'io una famiglia, e non vi dico quante preoccupazioni, quanti grattacapi, lo sappiamo noi padri di famiglia, lo sappiamo. Io sono d'accordo con quello statista che disse che sulla bandiera italiana bisognava scrivere "ho famiglia", questa e' politica con la p maiuscola, lo dice pure la dottrina sociale della santa chiesa cattolica apostolica romana (se la studiasse il papa, che fa finta di essere italiano e invece e' pure lui un immigrato, certe cose bisogna che qualcuno abbia il coraggio di dirle). Che dicevo? Ah, la famiglia: io sono per la famiglia e per la patria, non le puzzonate dei comunisti senzadio che sono per il libero amore e ci credo, visto che sono tutti figli di enne enne. Insomma si piazzano nell'anticamera questi cinque negri accompagnati dal prete e dall'assistente sociale, quella che poi ho dovuto licenziare (e a che sindacato e' iscritta? Alla Cgil, cioe' ai comunisti - e ditemi se non ho avuto ragione a cacciarla, andasse in Siberia pure lei col suo Ocimi', il suo Polpo' e il suo Nelsommandela). Dov'ero? Si', i negri che si erano accampati nell'anticamera del mio ufficio in Comune con la pretesa di parlare con me, col sindaco, col primo cittadino (perche' io sono cittadino italiano, un italiano vero, e loro va a capire da dove arrivano coi loro barconi pieni di topi che come niente gli avranno attaccato pure la peste, la scabbia e l'aids). Insomma s'erano piazzati li', col prete e tutto, ed e' naturale che danno fastidio alla gente perbene che mi doveva incontrare. Ognuno che entrava nel mio ufficio mi diceva che c'erano quei negri li' fuori, che si erano piazzati li' alle otto e alle due erano ancora li'. Alle due gli uffici chiudono e io avevo fame e volevo arrivare alla trattoria come faccio tutti i giorni, ma insomma c'era di mezzo la mia dignita' di sindaco, mica potevo uscire dall'ufficio e trovarmi mischiato a quella gente che chissa' quali malattie ci hanno. Apposta ho telefonato ai vigili che venissero su e li buttassero fuori. E' andata cosi', ditemi voi se non ho ragione. Quando i vigili arrivano il prete comunista si mette a fare il suo teatrino (ma gli ho telefonato al vescovo, eccome se gli ho telefonato, e adesso lo ha mandato in Affrica a fare il missionario in mezzo ai cannibali con i comunisti amici suoi, a questo mondo c'e' giustizia finalmente). Che dicevo? Ah, si', che il prete comincia a offendere le forze dell'ordine - dico, un prete che offende le forze dell'ordine nell'esercizio delle loro funzioni, ma non c'e' la sospensione a divinis per questi comportamenti bolscevichi? Allora il comandante della polizia municipale mi chiama dal cellulare ma la confusione e' tanta che io non capisco niente di quello che dice, e visto che e' nella mia anticamera gli dico di entrare nel mio ufficio cosi' parliamo senza bisogno del telefono. Sono un uomo pratico, risolvo problemi tutti i giorni. Il comandante entra e mi dice che fanno resistenza, allora gli dico di arrestare tutti i clandestini (lo so che sua eccellenza il prefetto dice che sono richiedenti asilo, ma sempre clandestini sono) e di mandare via quel comunista del prete e quella sgallettata comunista pure lei. Lui esce dal mio ufficio, torna in anticamera e da' ordine ai suoi di procedere, ma quei negri resistono a pubblico ufficiale. E' allora che Cassinelli Benito Adolfo, che oltre che un agente di prim'ordine e un sportivo e' una persona di ottima famiglia che tanto ha benemeritato qui in paese, ha afferrato il ragazzino e per un incidente ha perso la presa mentre lo sollevava con agile e possente movimento rotatorio del tronco e il ragazzino dopo aver colpito il muro e' precipitato per le scale (imbrattando di sangue sia il muro che i gradini: per pulire ho dovuto comprare guanti e tenute sterili perche' gli operai del Comune non volevano toccare quella schifezza rossa che poteva attaccargli chissa' che malattie; avevano ragione gli operai, ci mancherebbe, ma intanto per quei negri ho dovuto spendere i soldi dei contribuenti per detergenti, tute, guanti, e non so che altro, che poi abbiamo dovuto bruciare tutto: me li rimborsa il prefetto i soldi che la comunita' ha speso? O me li rimborsa la Boldrini? Eh?). Ecco i bei risultati a resistere alla forza pubblica, io dico che e' colpa dei genitori se quella creatura e' morta. Io non ho peli sulla lingua, la verita' e' la verita'. Ma il peggio e' venuto dopo. Approfittando di una umana debolezza o di una cattiva disposizione tattica in campo dei miei vigili, il prete e l'assistente sociale hanno forzato illegalmente l'ingresso del mio ufficio, cioe' sono entrati senza autorizzazione, e si sono trascinati dietro il negro. E' allora che ho sparato. E vorrei che fosse chiaro: ho colpito solo il negro, non ho tirato ne' al prete ne' all'assistente sociale, sebbene ne avessi pieno titolo: ero nel mio ufficio e nell'esercizione delle mie pubbliche funzioni, ed ho esercitato la legittima difesa della mia persona e dell'istituzione comunale. Il negro e' morto, ci credo, da quella distanza tre revolverate al petto e due alla testa, modestia a parte sono socio del tirassegno e lo so usare questo gioiellino che mi porto sempre dietro perche' non si sa mai - arma regolarmente denunciata, sia chiaro, io sono sempre per la legalita', e per la patria. Le due donne le ho colpite nell'anticamera e' vero, ma dovevo pur uscire per andare in trattoria, e quelle non solo continuavano a resistere a pubblico ufficiale, ma starnazzavano in quella loro lingua da baluba (se poi si puo' chiamare lingua, che i miei cani da caccia parlano cristiano meglio di loro), che solo a sentirle capivi che gente era. Bisogna farla finita con questi buonismi, poi si vede quali sono i risultati. La vecchia non e' neppure morta e adesso e' assistita all'ospedale provinciale a spese dei contribuenti. L'altra donna ha avuto quello che si e' cercato; dico: non era meglio se se ne restava a morire in Affrica al suo villaggio in mezzo ai misteri della giungla nera? E' stata legittima difesa della piu' bell'acqua: urlavano come ossesse, come ossesse urlavano, e per farsi strada non c'era altro modo che fare fuoco, e stavamo nel palazzo del Comune, nel sacro palazzo del Comune di cui in quanto sindaco io sono per cosi' dire - se mi si passa la metafora audace - come il sommo sacerdote; quella strega e' morta sul colpo, non ha neppure sofferto, un bel tiro anche quello. L'avvocato me lo ha detto chiaro: "flagrante caso di legittima difesa, signor sindaco", ed e' un bravo avvocato, oltre che mio cugino primo. E la bambina poi, che era scappata, chi l'ha fatta cercare e ritrovare? l'ho fatta ritrovare io, e quindi posso dire che l'ho salvata io dal pericolo di finire vittima di clandestini pedofili o di essere rapita dagli zingari o dagli ebrei, e dopo averla debitamente perquisita l'abbiamo trattenuta per la sua incolumita' nella cella di sicurezza nella polizia municipale fino a sera (e ho dovuto pagare lo straordinario a un altro vigile, altri soldi pubblici buttati, e me li rida' la Boldrini? il prefetto? il papa? Baffone Stalin? No, paghiamo noi pure questa volta, paga sempre Pantalone). La sera poi l'abbiamo affidata ai carabinieri perche' su disposizione del magistrato la portassero in carcere minorile. La legalita', innanzitutto.

*

Ecco, e' tutto qui. Ditemi voi che ho fatto di sbagliato. Ho temuto per la mia vita e per la dignita' delle istituzioni, ero nel mio pieno diritto, ho sparato per legittima difesa. Non pretendo di dire di essere un eroe, anche se e' vero che gli eroi sono persone che sanno vincere la paura e fare cio' che va fatto, ed io ho agito proprio cosi'. Ma non pretendo di dire che sono un eroe, ho fatto solo il mio dovere, e mi vanto di essere modesto, siamo tutti peccatori agli occhi di Domineddio. Del resto, non faccio per vantarmi, ma se sono il sindaco ci sara' un motivo. Io mi prendo cura della mia comunita' e qui da noi a scuola ci insegnano la canzone del Piave: non passa lo straniero!

La sera tutto il paese ha fatto una fiaccolata di solidarieta' col suo sindaco. Sono soddisfazioni, sono.

 

12. COME SI FA

 

Come si fa a non vedere la catastrofe in corso?

Come si fa a non capire che occorre far cessare la "terza guerra mondiale a pezzi" prima che la guerra ci divori tutti?

Come si fa a non vedere l'improrogabile necessita' del disarmo e della smilitarizzazione?

Come si fa a non capire che tutto e' collegato?

*

Ogni vittima ha il volto di Abele.

Cessare di uccidere.

Soccorrere, accogliere, assistere ogni persona bisognosa di aiuto.

Il primo dovere e' salvare le vite.

Solo la nonviolenza puo' salvare l'umanita' della catastrofe.

 

13. SEGNALAZIONI LIBRARIE

 

Letture

- AA. VV., La Turchia secondo Erdogan, volume monografico di "Limes. Rivista italiana di geopolitica", n. 10, ottobre 2016, pp. 248 (+ 17 pp. di tavole fuori testo), euro 14.

*

Riletture

- John Dewey, Una fede comune, La Nuova Italia, Firenze 1959, 1972, pp. XXXII + 100.

 

14. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO

 

Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.

Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:

1. l'opposizione integrale alla guerra;

2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione;

3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario;

4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.

Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.

Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli.

 

15. PER SAPERNE DI PIU'

 

Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it

Tutti i fascicoli de "La nonviolenza e' in cammino" dal dicembre 2004 possono essere consultati nella rete telematica alla pagina web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/

 

TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO

Numero 2526 dell'8 novembre 2016

Telegrammi quotidiani della nonviolenza in cammino proposti dal Centro di ricerca per la pace e i diritti umani di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza (anno XVII)

Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it , centropacevt at gmail.com , sito: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/

 

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